mercoledì 27 novembre 2024

Moneta, domanda e inflazione

 

Gli euroausterici insistono a sostenere che l’emissione di moneta sia automaticamente inflazionistica. Il che è smentito dall’esperienza del Quantitative Easing, attuato dal Giappone per trent’anni, e da USA ed Eurozona per quasi dieci, senza nessuna apprezzabile accelerazione nella dinamica dei prezzi.

Un commento sentito di recente è che effettivamente il QE eurozonico non ha prodotto inflazione per molti anni, ma questo era dovuto al fatto che “erano in vigore i limiti di Maastricht”. Quando sono stati rimossi (causa Covid) l’inflazione è arrivata.

Beh, a parte che questa argomentazione varrebbe solo per l’Eurozona (una follia come i limiti di Maastricht è sua esclusiva…), le cose sono andate diversamente.

Il Covid è partito a inizio 2020, i limiti di Maastricht sono stati immediatamente rimossi, e le azioni di sostegno effettuate dai vari governi e banche centrali hanno rapidamente raggiunto livelli mai sperimentati prima. Senza alcun impatto sull’inflazione, che anzi è calata. Per l’elementare ragione che la gente, chiusa in casa, faceva fatica a spendere. Il che dimostra ancora una volta che l’emissione monetaria non crea inflazione (dovrebbe essere ovvio…) finché non si traduce in spesa.

L’inflazione ha cominciato a vedersi dalla seconda metà del 2021 in poi, per due ragioni fondamentali, che hanno a che vedere non con la moneta e per la verità neanche con la domanda.

Hanno a che vedere con l’offerta.

Si sono succeduti, rapidamente, due fenomeni.

Prima la fine dei lockdown, che ha ridato sì fiato alla domanda, ma in presenza di difficoltà degli apparati produttivi a produrre ai livelli precedenti, perché le catene di fornitura si erano dissestate. Riavviare la produzione non è sempre semplice e non è sempre immediato. Quando una catena di fornitori-clienti si blocca, il riavvio dipende dall’anello più lento della catena. Il che ha dei tempi, e produce una situazione in cui temporaneamente l’offerta è carente rispetto alla domanda.

Poi a inizio 2022, la crisi ucraina e l’impennata dei prezzi delle forniture energetiche.

Rientrati questi due fenomeni, è rientrata anche l’inflazione.

Inflazione che peraltro era nel frattempo salita molto meno che altrove dove ? in Giappone, paese che ha fatto deficit come gli altri e più di altri ha fatto acquistare titoli alla sua Banca Centrale…

Il presunto effetto inflazionistico della pura e semplice emissione di moneta, che secondo gli euroausterici dovrebbe essere prodotto dalle “aspettative degli operatori”, è una fantasia.

domenica 24 novembre 2024

E’ dura, ma proviamoci

 

Per vincere la battaglia contro l’austerità, la cosa forse più importante è persuadere una fascia sempre più ampia dell’opinione pubblica che i luoghi comuni sulla finanza pubblica sono privi di qualsiasi senso.

La normalità per uno Stato è avere il bilancio in deficit, non in pareggio. Il deficit pubblico è una fisiologia, non una patologia. Il deficit pubblico è il modo più efficiente per immettere mezzi finanziari nell’economia: e se l’economia cresce, anche i mezzi finanziari devono aumentare, di pari passo.

Il debito pubblico non è uno strumento di cui uno Stato che emette moneta abbia bisogno per finanziare il deficit. Il deficit pubblico genera risparmio privato: non ha necessità di “essere finanziato”. E se lo Stato emette la sua moneta, non ha bisogno di prenderla a prestito DA NESSUNO. DOPO che l’ha messa in circolazione, aumentando il risparmio finanziario privato, PUO’ (ma non è obbligato a) offrire, per esempio, titoli di Stato come mezzo per impiegare il risparmio finanziario medesimo.

Sono concetti in realtà semplici, ma controintuitivi. Vengono denegati anche da persone (che dovrebbero essere) acculturate in materia di economia e di finanza. A volte queste persone sono in malafede, ma a volte no.

Portare la maggioranza dell’opinione pubblica a comprendere questi temi sarebbe un passo in avanti enorme verso il superamento delle scellerate politiche di austerità, di restrizione finanziaria immotivata.

Non è facile, perché giornaloni e TV raccontano il contrario, propagandano fandonie. Non è facile ma è importantissimo. Mettiamocela tutta. Oggi molte persone in più hanno capito. Si può fare.

giovedì 21 novembre 2024

Zerovirgolismi

 

Alcuni esponenti della Lega, tra cui Alberto Bagnai, Alex Bazzaro, Claudio Borghi, hanno il dente particolarmente avvelenato con i partitini che si presentano con un programma eurocritico / euroscettico e conseguono piccole percentuali di suffragi. Zero virgola, uno virgola, cose così.

Ma perché – dicono – queste liste, che hanno un programma sovrapponibile al nostro per magari l’ottanta per cento, non scompaiono ? non hanno possibilità di vincere, sottraggono voti a noi, tirano la volata agli euristi, fanno eleggere candidati del PD.

Perché non prendono esempio da Kennedy jr, che si è ritirato dalla competizione elettorale USA e ha fatto confluire i suoi consensi su Trump ?

Ultimamente ce l’hanno soprattutto con Marco Rizzo di Democrazia Sovrana e Popolare, che un paio di giorni fa ho sentito Borghi invitare a confluire nella Lega.

Capisco la posizione. Però mi pongo un paio di domande.

La prima. Kennedy si è ritirato, certo, ma ha ottenuto in cambio qualcosa di molto significativo. Il ministero della sanità. Al Rizzo della situazione che cosa la Lega è disposta a (e in grado di) offrire ? 

La seconda. Se il Rizzo di turno non accetta, Borghi ne deduce (dedurrebbe) che la sua finalità non è sostenere il fronte eurocritico, ma danneggiarlo a favore di PD e associati. Ma come si risponde al Rizzo che obietta “si vabbè euroscettici e poi vi tenete in casa Giorgetti” ?

E qui la replica di Borghi, “ma Giorgetti l’ha scelto Giorgia Meloni come ministro dell’economia, non io” è deboluccia. Molto deboluccia.

Giorgetti è targato Lega. Mi spiace, ma l’euroscetticismo di un partito che lo tiene nelle proprie fila, e come esponente di primarissimo rilievo, per questo solo fatto perde MOLTA credibilità.

Per il fronte leghista eurocritico, è un problema. Grosso.

 

domenica 17 novembre 2024

L’impossibile crisi fiscale

 

Pochi giorni fa, un interlocutore su Linkedin mi ha chiesto stupito “ma sei serio ?” perché avevo affermato che gli Stati Uniti non fronteggiano nessun rischio di crisi fiscale.

E’ qualcosa che parecchie persone, non sprovvedute, non ignoranti di finanza ed economia almeno a giudicare dalle attività in cui sono impegnati, apparentemente non riescono a comprendere.

Non fanno altro che ripetere “35.000 miliardi di debito pubblico !! oltre il 120% del PIL !!!!”

Ma quale “crisi fiscale” dovrebbe mai fronteggiare un governo che stampa la sua moneta ed emette debito denominato in quella moneta ?

Quando mai rischierà l’insolvenza ? quando mai avrà problemi di finanziamento del deficit ?

Un governo che utilizza la sua moneta spende stampandola e mettendola in circolazione. Per non creare inflazione e per redistribuire reddito e ricchezza tra i cittadini, ritira poi con le tasse una parte della moneta stampata.

Non ha bisogno di “drenare denaro per finanziare il deficit” con il rischio di “distrarre risparmio privato da altri impieghi” perché il denaro lo emette, e facendo deficit GENERA risparmio privato.

Potrebbe non emettere nemmeno debito pubblico, e se lo fa è solo per offrire uno strumento di impiego del risparmio privato PRODOTTO dal deficit.

Sono concetti comprensibili da un bambino di otto anni sveglio, e da un ragazzino di dodici meno sveglio.

Eppure tante persone, discretamente acculturate, non in mala fede, si preoccupano di cose tipo “l’incombente crisi fiscale degli USA, che richiederà complicati e problematici provvedimenti per prevenirla / gestirla / risolverla”.

Boh.

sabato 9 novembre 2024

La crescita negli anni dell’euro: confronti internazionali

 

Ho esteso a vari altri paesi – tutti quelli del G7 più altre due importanti economie europee, Spagna e Svizzera - il confronto Italia – Germania di cui a un precedente post. I dati sono sempre di fonte FMI e sempre relativi al PIL procapite, in dollari a potere d’acquisto omogeneo 2017. I livelli dei vari paesi sono confrontati facendo pari a 100 gli USA.

Saltano all’occhio alcune cose, qualcuna nota, altre sorprendenti.


La prestazione dell’Italia è la peggiore, anche se con, finalmente, un accenno di recupero negli ultimi anni. Nessuna sorpresa qui: l’eurosistema per l’Italia è stata una catastrofe.

Certo, fa male constatare che nel 1998 eravamo sopra Francia e Regno Unito, e oggi sotto. Ma anche qui nessuna sorpresa.

Gli USA hanno guadagnato terreno nei confronti di tutti gli altri. Alla faccia di chi li vedeva in declino, rispetto all’Eurozona, perché “accumulano debito”.

Sorprende invece che a parità di potere d’acquisto, il PIL procapite più basso sia quello del Giappone. L’unica spiegazione che riesco a darmi è che i prezzi interni siano decisamente più alti rispetto al resto del mondo. Il che negli anni 1990-2000 non mi avrebbe stupito, ma che sia ancora così dopo la svalutazione dello yen non me l’aspettavo.


giovedì 7 novembre 2024

Svolta tedesca: possibile, non probabile

 

Si sente dire che la vera notizia della settimana non siano le elezioni USA ma la caduta della maggioranza di governo in Germania. Ed effettivamente è un evento raro, a Berlino non sono abituati a governi che non arrivano a fine legislatura.

Potrebbe essere una svolta per la politica economica tedesca, e per la UE ? lo pensano in parecchi e per quanto mi riguarda non lo escludo. Però non lo considero uno scenario ad alta probabilità.

Certo, la Germania sta pagando le conseguenze di un modello economico insostenibile. Tutto basato sui saldi commerciali esteri, sulla disponibilità di materie prime a basso costo (che la crisi ucraina ha fatto venir meno), sull’austerità fatta trangugiare ai partner europei.

Che a Berlino se ne stiano rendendo conto e siano disposti a comportarsi di conseguenza, però, non lo credo. Ci sono poche cose che pareggiano, nella mentalità e nei comportamenti tedeschi, l’efficienza e la disciplina. E sono l’ottusità, la rigidità, l’incapacità di ammettere i propri errori.

Un futuro governo a guida Merz / CDU non rinnegherà certo i dogmi euroausterici. Al massimo smetterà di devastare il settore dell’auto e altre industrie tradizionali con politiche ambientali autolesionistiche. E non sarebbe poco.

Ma rinnegare i vincoli di bilancio, quello no. Certo, sono diventati pesanti da far digerire ai francesi. Il che però significa che la Francia otterrà una, almeno parziale, esenzione. Come sempre in passato, del resto.

Quindi vere novità no. A meno che…

A meno che le prossime elezioni siano un tale disastro per i partiti tradizionali, con fortissime avanzate di AfD e BSW, da rendere impossibile formare un governo europeista, per quanto di ampia coalizione.

Però mi sembra che siamo ancora lontani da questa eventualità.

domenica 3 novembre 2024

Quello che la MMT non dice

 

I critici della MMT (Modern Monetary Theory) hanno l’abitudine di attribuire a questa scuola di pensiero economico affermazioni che non le appartengono – proprio per nulla.

Una che si sente spesso è che secondo la MMT “solo la moneta produce ricchezza”.

Naturalmente la MMT non afferma niente del genere. La ricchezza nasce dal lavoro, dall’inventiva, dalla creatività, dallo sviluppo della tecnologia, dall’appropriato utilizzo delle risorse naturali.

Ma in un’economia di mercato, in cui si verificano interscambi di beni e di servizi, la moneta svolge un ruolo importantissimo per agevolare l’intermediazione.

E la moneta la creano due soggetti: lo Stato, che la immette nell’economia per il tramite della spesa pubblica, e il sistema bancario, che invece utilizza il canale del credito privato.

Il corretto funzionamento di questi due canali è essenziale per lo sviluppo economico e per la stabilità del sistema. E occorre sempre ricordare che il credito privato è prociclico: c’è molta offerta di credito, e molta volontà di utilizzarlo, quando l’economia va bene. Il contrario nelle situazioni di difficoltà.

Per questo non si può lasciare la creazione di moneta solo al sistema privato. La creazione e l’immissione mediante il deficit pubblico svolge un ruolo fondamentale, sia per assecondare la crescita dell’economia, sia per stabilizzarla con politiche anticicliche.

Questo si comprende studiando la MMT. E questo non capiscono i suoi critici.