venerdì 28 aprile 2023

Il patto di stabilità UE è riformabile ?

 

Il patto di stabilità UE è certamente riformabile e può essere reso sensato, ma solo se prima o poi ci si renderà conto che effettivamente i debiti degli Stati sono un problema e vanno ridotti, ma SOLO per quanto concerne i debiti da rimborsare in MONETA STRANIERA.

E, in aggiunta a ciò, quando si riconoscerà che l’euro – non essendo emesso da nessuno Stato – è PER TUTTI una moneta straniera.

Il debito in moneta straniera espone chiunque al rischio di non riuscire ad approvvigionarsi della moneta necessaria a rimborsarlo.

Il debito in moneta propria (emessa dallo Stato “debitore”) per definizione NON comporta questo rischio.

Un patto di stabilità sensato può essere impostato su obiettivi di riduzione del debito pubblico in moneta straniera, MA SOLO A CONDIZIONE CHE ogni Stato che lo ritenga necessario / opportuno disponga di un mezzo alternativo di finanziamento della spesa pubblica e dell’economia.

Anche mantenendo l’euro in essere, questo mezzo alternativo esiste, ed è la Moneta Fiscale.

Ogni Stato dell’eurozona può emettere e gestire Moneta Fiscale in modo da conseguire appropriati obiettivi di piena occupazione, di stabilità nel livello dei prezzi, e di equilibrio nei conti con l’estero.

I parametri numerici e i “percorsi di rientro” previsti dai trattati UE e dal progetto di riforma del patto di stabilità attualmente in discussione scontentano tutti e non risolvono nulla, perché ignorano la reale natura del problema.

 

martedì 25 aprile 2023

Convegno "Un mondo positivo" - 24 marzo 2023

 Il mio intervento sulla Moneta Fiscale al convegno tenuto presso la Sala dei Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati.



sabato 22 aprile 2023

Contro la denatalità, i crediti d’imposta devono circolare

 

Dopo aver dato il suo fattivo e sostanziale contributo, come da istruzioni dell’insigne Mario Draghi, a insabbiare l’efficacissimo Superbonus, il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti ha “scoperto” che l’Italia è un paese in declino demografico, e che bisogna fare qualcosa per contrastare la tendenza.

E di che cosa sta parlando ? ma guarda un po’, dell’emissione di crediti fiscali a favore di chi fa figli.

Ma naturalmente non è concepibile che prendano la forma dell’esecranda Moneta Fiscale. Si tratterà, nel caso, di crediti d’imposta non cedibili, che potranno essere utilizzati solo dal percettore.

Per usufruirne occorrerà quindi avere capienza fiscale. Che cosa significa ? che i beneficiari saranno coloro i quali hanno sufficienti livelli di imponibile, cioè chi ha redditi al di sopra di un certo livello. E non i segmenti sociali disagiati.

Il credito fiscale che non può circolare avvantaggia i benestanti, mentre non fa nulla a favore di chi ne ha più bisogno. Giorgetti ha scoperto il declino demografico italiano con vent’anni di ritardo, quindi intorno al 2043 si renderà conto anche di questo “dettaglio”.

Restate perciò in fiduciosa attesa del provvedimento. Che sarà d’importo modestissimo (“sapete, data la situazione dei conti di più non si può fare”), sarà usufruibile solo da chi sta ragionevolmente bene (sul piano economico), e non farà differenza sulla decisione di procreare, perché non sposterà praticamente nulla di significativo per le tasche dei “fiscalmente capienti”.

Servirà giusto a fare titoli di giornali per qualche settimana o mese, e una conferenza stampa o due dove il ministrone (con due “i” e una “e”, non viceversa) si vanterà del fatto che “finalmente ci sono azioni concrete contro la denatalità”.

mercoledì 19 aprile 2023

Che succede ai tassi USA ?

 

I mercati finanziari continuano a ritenere che i tassi d’interesse sul dollaro saliranno ancora di poco (secondo le stime della maggior parte degli analisti, un solo altro incremento di un quarto di punto) e poi cominceranno a essere tagliati a partire dagli ultimi mesi del 2023.

Lo si comprende esaminando la curva dei tassi sui titoli di Stato USA. La scadenza che offre, mentre sto scrivendo, il maggior interesse annualizzato è quella a 4 mesi, con il 5,26%.

A un anno siamo al 4,84%, a due anni al 4,27%, a tre anni al 3,97%.

Sono poco convinto della previsione implicita in questi dati. La Fed ha lanciato una rapida manovra di lievitazione dei tassi per contrastare l’incremento dell’inflazione, dal 2021 in poi, ed è stata pesantemente criticata per non averlo fatto prima, con il rischio che le cose andassero fuori controllo.

L’inflazione adesso sta rientrando rispetto alle punte massime raggiunte, intorno al 10%. Siamo al 5%, che è una diminuzione sensibile ma vuol dire essere ancora distanti dal target del 2%.

La Fed vuole evitare ulteriori accuse di lassismo. Il che significa che effettivamente il ciclo di incrementi dei tassi è vicino alla sua conclusione, ma non lascerà il posto a riduzioni, bensì a una stabilizzazione ai livelli attuali.

Solo una pesante recessione potrebbe indurre la Fed a cambiare opinione. Ma i dati USA non danno evidenza dell’approssimarsi di nulla del genere. Una blanda recessione tecnica, un paio di trimestri con marginali riduzioni del PIL reale, è possibile, ma niente di più.

Personalmente sarei stupito di vedere riduzioni nei tassi d’intervento Fed prima del 2024, e anche per l’anno prossimo scommetterei molto più sul secondo semestre che sul primo.

Poi rimango scettico (a dir poco) sul fatto che il maggior costo del denaro sia la strada giusta per contrastare l’inflazione, specialmente se causata da fenomeni molto più legati all’offerta che alla domanda. Ma so bene che questa opinione non è (ancora) condivisa dalle banche centrali.

domenica 16 aprile 2023

L’”indispensabile” riforma MES ?

 

Un’affermazione ricorrente degli euroausterici – ultimamente sentita, tra gli altri, da Romano Prodi – è che la riforma MES deve essere approvata dall’Italia perché è l’unico paese dell’eurozona a non averlo fatto, quindi stiamo bloccando “una cosa ritenuta utile e necessaria dagli altri diciannove”.

A questo si può replicare che se proprio i 19 ci tengono tanto, nessuno impedisce loro di negoziare, approvare e ratificare un trattato con i medesimi contenuti, che escluda però l’Italia.

Non è nulla di inusitato. Il Fiscal Compact nel 2012 fu approvato da 25 paesi su 27: Regno Unito e Repubblica Ceca decisero di non sottoscriverlo.

Più la UE insiste sulla ratifica da parte dell’Italia, più argomenti fornisce a chi afferma che la riforma MES non è di nostro interesse, ma serve potenzialmente ad attivare meccanismi che saranno utili a qualcun altro e a qualcos’altro – e dannosi per noi.

E andando a vedere i contenuti della riforma, per la verità questo è molto più che un sospetto.

Quindi, cara UE e cari partner dell’eurozona, andate pure avanti (che a noi scappa da ridere). Andate avanti con un bel trattatone a 19.

 

mercoledì 12 aprile 2023

La Lega, patria dei sovranisti anti-euro…

 

Bella idea aver votato Lega perché lì stanno gli eurocritici – Borghi, Bagnai, Zanni eccetera – vero ?

Fresca fresca la notizia che Giancarlo Giorgetti ha nominato consigliere del ministero dell’economia Donato Masciandaro, del dipartimento d’economia dell’Università Bocconi.

Essere un bocconiano non vuol dire necessariamente essere un euroentusiasta. Qualche eccezione c’è, e una per esempio la vedo tutte le mattine, quando mi guardo allo specchio per farmi la barba.

Però tra queste eccezioni non rientra Donato Masciandaro, che si premura infatti di farci sapere che

Interessante, vero ? Masciandaro è contento di lavorare con Giorgetti perché “condivide in toto la bussola del ministro riguardo la politica fiscale: i conti pubblici devono essere in ordine, in armonia con il quadro europeo, che è in divenire”.

Sarà anche vero che nella Lega ci sono euroscettici più che altrove. Il problema è che poi diventa ministro Giorgetti, che suscita l’entusiasmo di un bocconiano doc perché la sua bussola sono i conti in ordine, in armonia con il quadro europeo, che non si sa qual è perché è in divenire, ma comunque è la stella polare da seguire sempre e in ogni caso.

Anche nel caso in cui il “divenire” ci portasse a criteri rigidi e austeriani quanto e più di quelli che sono stati applicati nel 2011-2 dall’altro insigne bocconiano Mario Monti, con i catastrofici risultati che conosciamo.

“Divenire” che, viste le notizie che trapelano da Bruxelles, è una possibilità più che concreta.

Magari mi sfugge qualcosa. Ma se qualcuno dice “voti Borghi e Bagnai e ti ritrovi Giorgetti”, il leghista euroscettico che cosa risponde ?

lunedì 10 aprile 2023

Cos’è il PNRR, in sintesi

 

In supersintesi, è un bidone.

In sintesi un po’ meno super, il PNRR prevede che l’Italia riceva dalla UE circa 200 miliardi, di cui 120 a titolo di finanziamenti e 80 a titolo di contributi.

I 120 sono debiti.

Gli 80 miliardi sono fondi che potranno (o meglio potrebbero, vedi seguito) essere spesi, ma che comporteranno maggiori contributi da versare alla UE negli anni successivi per compensare le erogazioni.

I 120 di debiti NON si vanno ad aggiungere alle spese e ai deficit che l’Italia potrà generare nei prossimi anni. I limiti di spesa e di deficit prescindono dal PNRR.

Cosa vuol dire ? che i 120 sono FINANZIAMENTI erogati dalla UE, sotto un mare di condizioni e di vincoli burocratici, per finalità che devono essere approvate dalla UE stessa, e SOSTITUTIVI di altre spese che l’Italia avrebbe comunque potuto effettuare.

Ammesso di riuscire a centrare questi condizioni e a rispettare questi vincoli (cosa, come si sta constatando, tutt’altro che scontata) si tratta quindi di una consistente quota di spesa pubblica che verrà sottratta alle decisioni del governo e del parlamento italiano in quanto dovrà ricevere il placet di Bruxelles.

Per gli 80 si tratta di anticipare, forse in media di un paio d’anni, spese che si sarebbero potute fare più avanti (in quanto i contributi non aumentano il deficit). Questo è un vantaggio (anche se non certo pari all’intero importo dei contributi). A fronte del quale però c’è, anche qui, il problema dei vincoli e dei condizionamenti.

In breve:

I 120 miliardi di finanziamenti era assolutamente meglio NON prenderli.

Sugli 80 di contributi si poteva ragionare e forse (FORSE) arrivare a concludere che si potevano prendere, avendo però ragionato meglio (e avendo ottenuto molti più chiarimenti) sull’effetto intrusivo della UE e sull’efficacia della spesa che sarebbe stata autorizzata, nonché sul rischio di non riuscire poi a effettuarla.

Adesso siamo in un bel ginepraio, come si era capito benissimo fin dall'inizio.

E pensare che c’è la possibilità di spingere sulla Moneta Fiscale

 

giovedì 6 aprile 2023

Alberto Bagnai, la Moneta Fiscale e la partita doppia


In merito alla dichiarazione di voto di Alberto Bagnai, per conto del gruppo parlamentare Lega, in occasione della conversione dell’ultimo decreto legge sul tema Superbonus, mi sembrano opportuni alcuni commenti di natura tecnica. In particolare su questo passaggio:


E ancora più specificamente sulla parte finale:

“Nel momento in cui può circolare illimitatamente, un credito diventa moneta, cioè diventa un’attività finanziaria di qualcuno e, nel mondo della partita doppia, quindi, diventa anche necessariamente una passività finanziaria di qualcun altro, e quel qualcuno altro è lo Stato. Questo è scritto nel manuale Eurostat.

Quindi, punto fermo: ognuno ha diritto alle sue opinioni – e qui ne abbiamo sentite tante – ma, purtroppo, nessuno ha diritto alla sua contabilità, altrimenti si finisce nei tribunali o si finisce sotto l’attacco dei mercati”.

Se Bagnai ha detto quello che pensa, ne deriva in primo luogo che non ha letto il manuale Eurostat.

Eurostat ha infatti chiarito inequivocabilmente che la recente modifica del Manual on Government Deficit and Debt (MGDD) (intervenuta nei primi mesi del 2023, molto dopo che il Superbonus e i crediti fiscali immobiliari avevano iniziato a esistere e a circolare) NON ha cambiato nulla per quanto riguarda la definizione di debito pubblico, in particolare ai sensi dei trattati UE (il “debito di Maastricht”).

Il nuovo MGDD afferma (molto discutibilmente, ma questo è un altro discorso) che i crediti fiscali a circolazione illimitata debbano incidere sul deficit pubblico nell’anno in cui vengono emessi, e non negli anni in cui vengono utilizzati per conseguire sconti fiscali. Ma i crediti fiscali NON RIENTRANO MAI nel debito di Maastricht. Questo era vero prima e rimane vero oggi.

Sul tema della partita doppia, Bagnai aggiunge poi: “nel momento in cui può circolare illimitatamente un credito diventa moneta, cioè diventa un’attività finanziaria di qualcuno e, nel mondo della partita doppia, quindi, diventa anche necessariamente una passività finanziaria di qualcun altro, e quel qualcuno altro è lo Stato”.

Qui il punto è: “un’attività finanziaria di qualcuno” è “necessariamente una passività finanziaria di qualcun altro” ? Se leggete lo stato patrimoniale di una società ci troverete, in avere, il capitale azionario. A fronte del quale ci sono azioni possedute dagli azionisti, che sono sicuramente attività finanziarie. Ma che NON sono passività finanziarie della società, perché in avere vanno le passività E IL PATRIMONIO NETTO. E il capitale azionario rappresenta appunto la titolarità economica del patrimonio. Cosa ben distinta da una passività finanziaria.

Riassumo se non fosse chiaro: in avere vanno PASSIVITA' E PATRIMONIO, che sono due cose distinte, e il patrimonio NON è una passività, tantomeno una passività finanziaria.

E che dire della moneta ? certo, va in avere nello stato patrimoniale dell’istituto di emissione. Ma come si fa ad affermare che è una “passività finanziaria”, nel momento in cui non deve essere rimborsata a nessuno ? è appunto moneta E NON DEBITO, NON PASSIVITA'.

Le affermazioni di Bagnai sarebbero corrette solo se si definisse “passività finanziaria” qualsiasi tipo di partita che va in avere nello stato patrimoniale di una società, di un ente o anche di una persona fisica. Ma allora che senso ha parlare di passività “finanziarie” e non chiamarle passività e basta ? E comunque, anche così, le passività (finanziarie o meno) sono un cosa, la moneta è un’altra e il patrimonio netto un’altra ancora

Qui per una volta ha più logica la posizione dei trattati UE, che si preoccupano del debito pubblico, ma secondo la definizione di Maastricht. Debito che comprende quello che si va a reperire sul mercato, non i crediti fiscali. Debito che quindi NON include, assolutamente NO, la Moneta Fiscale.

In sintesi: la partita doppia dice che i conti devono quadrare, e quindi che a fronte di un movimento in dare ci deve essere un movimento in avere. A fronte di un'attività, che va in dare, ci deve essere qualcosa in avere. Ma questo qualcosa può essere una passività finanziaria, una passività non finanziaria, o qualche altra cosa ancora.

Tutto questo è perfettamente coerente con la partita doppia e con il MGDD di Eurostat. Mentre NON lo è l'intervento di Bagnai.

 

lunedì 3 aprile 2023

Moneta Fiscale da utilizzare, più che mai

 

Eurostat ha, in maniera estremamente discutibile, modificato le regole contabili, affermando che l’emissione di Moneta Fiscale, cioè di crediti fiscali liberamente trasferibili, concorre al deficit pubblico nell’anno, appunto, di emissione e non in quello di utilizzo (per beneficiare degli sconti fiscali).

Ha tuttavia anche riconosciuto non solo che l’emissione è perfettamente possibile, ma che la Moneta Fiscale in circolazione non concorre al cosiddetto “debito di Maastricht”, ovvero al debito pubblico secondo la definizione dei trattati europei.

Ovviamente l’emissione di Moneta Fiscale non concorre nemmeno al fabbisogno finanziario dello Stato: non bisogna reperire euro sul mercato dei capitali, collocando BTP o altri titoli. La Moneta Fiscale la emette fiat lo Stato.

Non si capisce quindi perché lo Stato non effettui consistenti emissioni di Moneta Fiscale, limitando invece il collocamento di BTP. La Moneta Fiscale non incrementa il debito di Maastricht e non richiede collocamento di titoli da parte del Tesoro.

Sostituire ai BTP la Moneta Fiscale, nella maggior misura possibile, come strumento di finanziamento del settore pubblico, non dà altro che benefici in termini di recupero di autonomia nella conduzione della politica economica e di emancipazione dai mercati finanziari.

Se chi sta al governo non si comporta di conseguenza, è segno che al di là delle chiacchiere, NON desidera che l’Italia recuperi autonomia e si emancipi.

Ed è il sospetto di molti.

 

sabato 1 aprile 2023

PNRR, oh che sorpresa…

 

Non era difficile prevedere che il PNRR non avrebbe portato nulla di buono all’Italia, e infatti io (come parecchi altri) ho cominciato a dirlo tre anni fa, fin da quando l’idea è stata partorita (e se ne parlava generalmente sotto il nome di Recovery Fund, di cui il PNRR è il "presupposto di attuazione").

Il PNRR non è altro che un’arma di condizionamento e ricatto. Una in più. Si prendono soldi degli Stati (perché gli Stati o si accollano debito o si impegnano a pagare maggiori contributi alla UE in futuro) e si permette “generosamente” agli Stati medesimi di spenderli – ma SOLO per progetti approvati dalla UE.

Non male la generosità della UE, vero ? ti prendo un euro e poi te lo ridò (nel caso dell’Italia, magari te ne ridò un euro e dieci centesimi) ma solo se fai quello che dico io e “ti comporti bene”. Bene a insindacabile giudizio della UE stessa, beninteso.

Salta fuori ora, dopo che il governo Conte II è stato fatto cadere “perché stava preparando male il PNRR”; dopo che Draghi aveva detto e ripetuto che era “tutto a posto”; salta fuori dicevo che le future erogazioni all’Italia sono a rischio perché “gli obiettivi potrebbero non essere centrati”.

Non si è mai capito che cosa era “fatto male” nel piano Conte II e non si capisce (né si capirà) quali obiettivi sarebbero a rischio di non essere centrati dal governo Meloni.

L’unica cosa chiara era che ne sarebbero nati guai, perché il “funzionamento” dei fondi UE che dovrebbero spettare all’Italia è sempre lo stesso. Prima versiamo, poi non riusciamo a utilizzare tutto quello che abbiamo versato, e ci prendiamo pure dei cretini perché non sappiamo “redigere i piani”.

Siccome magari siamo cretini, ma fino a un certo punto, c’è solamente da dire quanto segue. Cara UE, noi ci teniamo i nostri soldi e ce li spendiamo come pare a noi. Gli esamini e le pagelline falli a qualcun altro.

Fantastico poi un commento che si legge ad ogni piè sospinto, specialmente in questi giorni. Il problema sarebbe che la pubblica amministrazione italiana anche quando ha i soldi “non li sa spendere” perché è disorganizzata e inefficiente. E lo dicono gli stessi che discettano di come l’Italia si sia messa nei guai perché “lo Stato spende troppo”… Ai tempi della lira evidentemente si sapeva spendere. E danni al paese questa capacità di spendere non ne faceva, visto che l’economia marciava come, se non meglio, del resto dell’Europa.

Ma lo sappiamo: inutile attendersi logica o coerenza da un europeista. Il loro tratto caratteristico è l’autorazzismo. Interagendo su un social network, uno di loro ha avuto il coraggio di dirmi “preferisco che ci sia un finlandese a controllare, se no sicuramente sprecheremmo i soldi”.

Bella questa, vero ? diamo i soldi alla greppia comune e poi “meno male” che c’è il finlandese a impedirci di usare la nostra quota.

Così “ragionano”.