In molti
ipotizzano che le banche centrali, e in particolare le due più importanti –
Federal Reserve e BCE – dovranno presto rompere gli indugi e procedere non solo
all’azzeramento dei programmi di Quantitative Easing, ma anche ad azioni di
incremento dei tassi di interesse più rapide di quanto attualmente previsto.
Il problema si
pone in termini diversi tra USA ed Eurozona, per due ragioni.
La prima è che
l’inflazione USA è un paio di punti più alta di quella eurozonica – 6%
abbondante là, 4% qui. Conseguenza di un rimbalzo dell’economia molto più
vigoroso, e di un recupero dell’occupazione decisamente più rapido.
La seconda è che
l’incremento di tassi eurozonici rischia di dissestare il rifinanziamento dei
debiti pubblici di vari Stati, visto che la BCE non fa quello che dovrebbe fare
qualsiasi banca centrale – garantirli incondizionatamente e illimitatamente dal
rischio di default.
Risultato, negli
USA attualmente si ipotizzano due o tre incrementi all’anno nei tassi d’intervento
della Fed, al ritmo di un quarto di punto per ogni incremento. Con il che si
arriverebbe al livello – non certo stellare, su base storica – del 2% circa nel
2024.
Nell’Eurozona, è
tutto ancora sospeso in aria.
Tassi nominali
prossimi a zero con un’inflazione del 4% o del 6%, quindi tassi reali
profondamente negativi, hanno tutta l’aria di un’anomalia.
Per inciso,
anomalia fino a un certo punto: abbiamo vissuto questa situazione – tassi reali
sotto zero – negli anni Settanta. Con la differenza che allora sia l’inflazione
che i tassi nominali erano a doppia cifra, tipo tassi nominali al 10%-15% e
inflazione al 15%-20%.
Ma comunque
anomalia, rispetto all’esperienza degli ultimi quarant’anni. Sottopongo però
una riflessione a quanti ritengono che, di conseguenza, l’atteggiamento di Fed
e BCE dovrà cambiare, prima del previsto.
Le tensioni sui
prezzi nascono, in misura significativa, da un problema di offerta. Gli
approvvigionamenti di componenti e materie prime soffrono di paurosi colli di
bottiglia, di portata nettamente peggiore di quanto si pensasse anche solo
pochi mesi fa.
Molte aziende
hanno ordini ma non riescono a evaderli perché, semplicemente, non trovano
materiali, o li trovano a prezzi impazziti, e comunque senza alcuna
affidabilità sui tempi di consegna.
Come sintetizza
qualcuno, “manca la roba”.
Un fenomeno che
ha preso un po’ tutti di sorpresa. Certo, dopo aver chiuso buona parte del
sistema produttivo mondiale per mesi, rimetterlo in modo non è semplice né
immediato. Però le riaperture sono state sostanzialmente completate più di un anno fa,
e la sorpresa è che i problemi di fornitura sono entrati in una fase critica,
molto più pesante di prima, solo da pochi mesi.
Perché si sia
sviluppata questa dinamica temporale non è chiaro. Forse perché la ripresa
della domanda, per quanto rapida, è stata comunque graduale e quindi ha
raggiunto solo di recente una soglia critica. Forse perché le aziende, a vari
stadi delle catene produttive, avevano buffer
di scorte, che hanno tamponato il problema per sei, nove mesi, ma poi si sono
esaurite.
Poi c’è il
problema dei wafer al silicio per
produrre i semiconduttori. La domanda è esplosa per la crescita delle
applicazioni digitali e di trasmissioni dati, anche in video, e per lo sviluppo
dell’auto elettrica. La capacità produttiva deve essere incrementata – oggi la
maggior parte della produzione mondiale arriva da due megaimpianti, uno in
Corea e l’altro a Taiwan. Va creata nuova capacità. Il problema minore è che
servono molti soldi. Il problema maggiore è che serve molto tempo (tre anni).
Soprattutto, non
sono chiari i tempi di soluzione di queste strozzature. E quindi le banche
centrali sono meno sicure di prima sulla transitorietà dell’inflazione.
Ma la
conclusione è che l’inasprimento del credito sarà più rapido ?
Non è detto, per
la semplice ragione che se “manca la roba”, alzare i tassi non la fa
ricomparire. Anzi, disincentiva gli investimenti necessari per “sbottigliare”
le catene produttive.
Quindi, la
salita rapida dei tassi non è affatto un evento certo.
E se avviene,
ancora meno certo è che non si tratterà / tratterebbe di un errore.
Potenzialmente molto grave. Una mossa sbagliata potrebbe dissestare il sistema
finanziario e bloccare la ripresa.
E sarebbe anche
dubbio l’impatto sull’inflazione. Che potrebbe calare (un risultato ottenuto a
carissimo prezzo) per effetto dei minori livelli di domanda, ma anche no perché
si rallenterebbero le azioni di adeguamento dell’offerta.
Se le banche
centrali sono molto guardinghe quando si parla di alzare i tassi, in definitiva
hanno le loro ragioni.