sabato 12 luglio 2025

Sviluppare la borsa non è la soluzione

 

Uno dei luoghi comuni in voga nell’ambiente finanziario italiano è che molti problemi verrebbero risolti grazie allo sviluppo del mercato azionario nazionale.

Lo sento dire da quarant’anni perché la mia carriera professionale è partita, appunto, quarant’anni fa. Ma senza dubbio lo si diceva anche prima. Con la ricchezza del tessuto imprenditoriale, con la vitalità delle PMI che caratterizza l’Italia, come può il listino di borsa essere composto da poche centinaia di titoli ?

Quarant’anni dopo i titoli sono sempre poche centinaia.

Il motivo per la verità è semplicissimo. Le floride PMI italiane sono aziende che fatturano, nella stragrandissima maggioranza dei casi, pochi milioni o poche decine di milioni.

E aziende di quelle dimensioni in borsa non ha senso che ci vadano. Se lo fanno, i valori scambiati sono risibili. L’interesse degli investitori istituzionali, che hanno grosse somme da muovere, è pressoché inesistente: non perché le aziende non vengano apprezzate, ma perché se hai una corazzata non ti muovi in uno stagno. I costi indotti, legali, di comunicazione, di produzione di dati, sono pesanti, a fronte di utilità scarsa o nulla per la gestione societaria.

Le PMI italiane semplicemente non sono oggetti adatti al mercato azionario. Non è né un bene né un male. E’ un fatto.

domenica 6 luglio 2025

Euro e surplus commerciale

 

Utilizzare l’euro comporta due macroproblemi, di cui uno è forse il più evidente ed è stato il primo, storicamente, a essere identificato. Ma non è il principale, ed è bene avere le idee chiare in merito.

Anche un efficace divulgatore come Claudio Borghi ogni tanto cade nell’equivoco.


“Oggi rivaluteremmo” se uscissimo dall’unione monetaria ? rivaluteremmo perché l’Italia ha un surplus commerciale di 60 miliardi all’anno ?

No, non rivaluteremmo. Il surplus commerciale è una determinante dell’evoluzione del cambio, ma solo una di parecchie.

L’Italia, pur non essendo uscita dall’euro, ha trasformato, tra il 2011 e il 2013, un deficit commerciale in un surplus. Ma questo non significa che sia diventata più competitiva, né che la rottura dell’euro implicherebbe una rivalutazione della Nuova Lira.

Il surplus commerciale è stato conseguito a seguito delle feroci politiche di compressione della domanda interna, e quindi delle importazioni, attuate in quegli anni.

Se l’euro si rompesse, l’Italia non rivaluterebbe la sua moneta. Molto più plausibile è una svalutazione, anche se probabilmente non di grande entità.

Fermo restando che il problema principale dell’euro non è la mancanza di flessibilità del cambio. Che è un problema, grave, molto grave.

Ma non così grave come lo è il non disporre delle leve di azione per condurre una politica economica, e principalmente una politica fiscale, conforme al mandato degli elettori.


sabato 5 luglio 2025

La differenza tra il Superbonus e il PNRR

 

Il Superbonus ha prodotto un rimbalzo del PIL (dopo gli anni del Covid) molto superiore al previsto, senza alcun incremento del rapporto debito pubblico / PIL.

Il PNRR non ha generato nulla di tutto questo. Finito il Superbonus, quando dovevano entrare in azione i mirabili effetti del PNRR, la crescita si è nuovamente afflosciata all’usuale zero virgola (usuale da quando l’Italia è nell’euro, s’intende).

La differenza ?

Il Superbonus sono stati soldi in più entrati nel sistema economico.

Il PNRR no. La quantità di soldi che entrano nell’economia (il deficit pubblico) è invariata, siamo solo vincolati a spendere come da mirabili ricette UE.

Tutto qui.

martedì 1 luglio 2025

Il problema inesistente

 

Non passa giorno che non si legga un articolo, un tweet, un post, con contenuti grosso modo simili a questo (qui riferiti agli USA, ma potrebbe essere qualsiasi altro paese).


Già, perché nessun partito politico “affronta il problema” ?

Risposta: perché il problema NON ESISTE.

Il debito pubblico è semplicemente una forma di impiego, offerta alla collettività, del risparmio finanziario privato.

E in un’economia che si sviluppa, dove le grandezze monetarie e finanziarie aumentano di dimensione nel tempo (per effetto della crescita reale e dell’inflazione, poca o tanta che sia) è ASSOLUTAMENTE NORMALE CHE AUMENTI ANCHE LA DIMENSIONE DEL DEBITO PUBBLICO.

Al mondo ci sono molti problemi veri.

Quello del debito pubblico è un problema inventato.

sabato 28 giugno 2025

Interazione nei popoli

 

Dice l’eclettico, spesso narcisista ma indubbiamente a volte acuto, Nassim Nicholas Taleb:

“Alcuni gruppi, alcune tribù, alcune nazioni sono intelligenti nonostante siano composte da individui stupidi. Altre sono stupide nonostante siano formate da persone intelligenti. E’ tutta una questione di interazione”.

Penso abbia ragione e peraltro una cosa non proprio simile ma in qualche modo assonante l’aveva detta Goethe:

“Ho sempre provato una profonda pena nel pensare al popolo tedesco, così grande nelle sue individualità e così miserabile nel suo insieme”.

mercoledì 25 giugno 2025

Il deficit commerciale USA è un problema ?

 

Da quando Trump ha lanciato la sua (schizofrenica) offensiva su dazi e squilibri commerciali, ho sentito spesso dire che gli USA si trovano a dover agire perché il loro deficit nelle partite con l’estero è “insostenibile”.

Il che mi lascia molto perplesso.

Il deficit commerciale genera passività finanziarie nei confronti dell’estero, certo. Ma nel caso degli USA, che pagano le importazioni in dollari, non vedo in che modo questo possa dare luogo a uno squilibrio insostenibile. Gli USA NON POSSONO “restare a corto di dollari”.

Aggiungo che le passività finanziarie che si vengono a produrre in seguito alle importazioni sono passività del settore privato, non del settore pubblico: per la semplice ragione che il settore pubblico USA acquista, in stragrande prevalenza, beni e servizi da operatori INTERNI, non esterni al paese. Detto altrimenti, sono i privati che importano, non il governo.

Il deficit commerciale può essere un problema se il settore pubblico si indebita in moneta estera, o se il settore privato accumula una tale quantità di passivo in valuta da creare dissesti su larghissima scala, costringendo il governo a intervenire (o se i creditori hanno un’influenza politica così forte da indurre il governo all’intervento, anche dove non sarebbe magari necessario).

Ma questa non è la situazione degli USA, il cui debito prodotto da deficit commerciali è privato e denominato in dollari; non è pubblico e non è denominato in valuta straniera.

Ricordo che la crisi finanziaria del 2008 è stata generata da un eccesso di debito privato accumulato dalle istituzioni finanziarie USA, prodotto non da squilibri commerciali esteri ma da attività speculative sviluppatesi ALL’INTERNO del paese (una grossissima bolla immobiliare).

Peraltro la crisi finanziaria è scoppiata perché le istituzioni pubbliche USA non sono tempestivamente intervenute con salvataggi e nazionalizzazioni, come avrebbero potuto e hanno in realtà fatto, ma solo dopo lo scoppio della bolla.

Non c’erano ragioni tecniche per non farlo prima. C’era un problema di consenso politico.

Trump è fissato con la necessità (a suo modo di vedere) di azzerare o almeno ridurre il deficit negli scambi commerciali con l’estero. Ma sta combattendo contro i mulini a vento.

 

lunedì 23 giugno 2025

Non sono un giurista ma

 

Non sono un giurista ma sto seguendo con interesse il dibattito in merito alla supposta “primazia” del diritto dell’Unione Europea rispetto ai diritti nazionali dei suoi stati membri.

La primazia del diritto UE mi pare una posizione logicamente insostenibile, e la ragione è semplice. Se c’è una cosa che nessuno mette in dubbio è che l’Unione Europea NON è uno stato. Non è una confederazione. Non è una federazione. Non è un’unità politica. E’ un sistema di trattati.

Dai trattati derivano degli impegni, e dall’eventuale mancato rispetto degli impegni possono derivare delle conseguenze.

Ma questo attiene alla sfera delle relazioni internazionali.

Che un organismo estero possa emanare disposizioni con valore di legge sul territorio nazionale degli Stati, e che giudici nazionali possano imporre la disapplicazione di leggi statali sulla base di normative o sentenze di organismi non nazionali, implicherebbe che gli Stati si siano fusi in una nuova entità politica.

Cosa che non è avvenuta.

Si può AUSPICARE che avvenga (io non lo auspico). Ci si può ATTIVARE affinché avvenga (io non mi attivo).

Ma non si può agire sul presupposto che sia già avvenuto. Perché NON E’ AVVENUTO.

Non sono un giurista ma una posizione contraria mi sembra logicamente insostenibile. Anzi, assurda.