martedì 29 ottobre 2019

Euro: uscire o non uscire, rompere o non rompere


Comprendere le valenze e l’opportunità del progetto CCF richiede, tra le altre cose, anche di far chiarezza in merito alla situazione in cui ci troviamo – come paese Italia e come economia italiana.

Gli effetti enormemente negativi dell’ingresso nell’euro e della governance dell’eurosistema sono sotto gli occhi di tutti.

Ma occorre uscire dalla dicotomia restare nell’euro / uscire dall’euro.

Il punto è eliminare le disfunzioni del sistema di governo dell’economia italiana, nel modo più semplice e meno controverso possibile.

Se, per ottenere questi risultati, esista una via migliore – nel senso di altrettanto o magari più efficace sul piano tecnico, ma nello stesso tempo altrettanto o magari più facilmente attuabile, sul piano politico e pratico - sono più che felice di esserne portato a conoscenza.

Ma questa via, nei sette anni intercorsi dalla mia formulazione originaria del progetto CCF, non è emersa. E, di conseguenza, ho la fortissima sensazione che non esista.

Il problema, per motivi notissimi e ampiamente discussi, è che la via di rottura (dell’euro) è estremamente complessa e controversa. Il che non vuol dire impossibile: ma vuol dire che le condizioni per cui la rottura abbia luogo potrebbero non prodursi per svariati decenni.

La posizione gladiatoria (a chiacchiere) “breakup o nulla” è sterile e, se ottiene qualche risultato, è solo quello di spedire il dibattito in un vicolo cieco.

Con determinazione e chiarezza di idee, il progetto CCF è, al contrario, assolutamente percorribile e assolutamente risolutivo.


sabato 26 ottobre 2019

Non contate su un nuovo 2008 per risolvere l’eurocrisi


Parecchi studiosi, ricercatori, commentatori eurocritici esprimono spesso l’opinione che l’euro sia destinato a deflagrare da solo, e in tempi non lunghi, a causa del sopravvenire una pesantissima crisi finanziaria internazionale. Un nuovo 2008, in altri termini.

Non so se definirla una speranza o semplicemente una previsione. Ma ritengo opportuno spiegare perché non sia un evento ad alta probabilità, sicuramente non in un arco di tempo ragionevolmente breve.

La crisi finanziaria del 2008 e la successiva depressione indotta dallo scoppio di una bolla finanziaria speculativa, estesa a livello mondiale, hanno come precedente il crollo del 1929. In mezzo, c’è una arco temporale di settantanove anni.

In termini di caduta dei valori azionari di borsa (calo di oltre il 50% in termini reali), esiste un precedente meno remoto, il 1973-1974. Ma l’origine del fenomeno era diversa – la crisi petrolifera innescata dalla guerra del Kippur – e comunque non ne seguì una depressione economica mondiale. Si avviò una forte ma relativamente breve recessione, e parecchi anni di inflazione a due cifre. Ma cause e dinamica della crisi furono nettamente diverse.

In ogni caso, tra il 1973 e il 2008 sono passati trentacinque anni.

Crolli di mercato tali da produrre conseguenze estese e pesanti sull’economia produttiva, non in un singolo paese bensì a livello internazionale, sono fenomeni ricorrenti, ma a distanza di generazioni, non di anni.

E la frequenza “generazionale” si spiega, appunto, proprio perché certi eccessi speculativi arrivano a livelli incontrollabili quando la generazione precedente di policymakers, investitori, operatori di mercato finanziario non è più in circolazione. Per raggiunti limiti di età, semplicemente.

E’ la generazione successiva che arriva a un certo punto a creare nuovi, grossi guai perché “stavolta è differente”, “abbiamo capito gli errori del passato”, “ci sono strumenti di controllo e analisi del rischio che prima mancavano”. Non è vero niente, si ricade negli stessi errori. Ma ci ricade chi non ha sperimentato sulla propria pelle le conseguenze dei precedenti.

Ci sarà prima o poi un nuovo 2008 ? senz’altro. Entro un anno o qualche anno ? niente è impossibile, ma è un evento altamente improbabile.

Un altro 2008 me lo aspetto con discreta probabilità intorno al 2040, più facilmente nel 2080 o giù di lì. In questo secondo caso, temo proprio di non essere da queste parti per vederlo accadere.

Ma se invece un nuovo 2008 si verificasse da qui a pochi mesi, o a pochi trimestri ? Beh, anche in questo caso che ne consegua la rottura dell’euro non è per niente garantito. Anzi.

L’euro non si rompe per fenomeni endogeni, se c’è la volontà – e c’è, come si è visto nel 2012 – di mettere un coperchio sopra la pentola che sta andando in ebollizione. A questo si riduce il whatever it takes di Draghi, che ha impedito la deflagrazione, senza però rimuovere le cause né tantomeno risolvere la crisi.

Non contiamo che le cose si sistemino da sé, sia pure in conseguenza di un passaggio traumatico. Le disfunzioni dell’eurosistema vanno superate con un intervento mirato, efficace, e non deflagrante. La via esiste, ed è il progetto CCF.


domenica 20 ottobre 2019

Potere d’acquisto e potenziale dell’economia


Immettere moneta – o, alternativamente, CCF – nell’economia per rilanciare la domanda magari è anche opportuno (mi sento dire di tanto in tanto), ma “non risolve i problemi strutturali”, “non migliora il potenziale”, “non fa recuperare all’Italia il deficit di competitività rispetto ad altri paesi”.

Beh, provate un po’ a riflettere su questo esempio.

Sull’Isola A ci sono dieci persone e dieci alberi, da ognuno dei quali si possono raccogliere, ogni giorno, dieci noci di cocco. Per qualche motivo, però, si è deciso che le noci possono essere raccolte solo da chi possiede dei biglietti (uno per ogni noce) emessi da un'Autorità Centrale.

E questa Autorità Centrale ne emette, quotidianamente, solo ottanta, e ne distribuisce dieci a testa a otto persone. Il risultato è che quelle otto persone ogni giorno raccolgono dieci noci ciascuna. Due invece non fanno niente, e restano senza alcuna noce di cocco.

Sull’Isola B le cose funzionano alla stessa maniera, salvo che ogni persona (dieci in tutto anche qui) riceve dodici biglietti ed è in grado di raccogliere dodici noci (la produttività procapite è più alta del 20% rispetto all’Isola A). Tutti raccolgono, e tutti a fine giornata hanno dodici noci.

La produzione totale è quindi ottanta noci al giorno sull’Isola A, mentre è centoventi sull’Isola B.

Sull’Isola A due persone sono disoccupate. Ma questo NON dipende dal fatto che la produttività procapite è inferiore. Dipende dal fatto che queste due persone non ricevono i biglietti.

Ma se stampo venti biglietti in più e li do ai due attuali disoccupati, questi raccoglieranno anch’essi dieci noci a testa. La produzione totale passerà da ottanta a cento noci.

Questo è un miglioramento permanente e strutturale. Anche a produttività invariata, la produzione aumenta del 25%.

A questo punto, non c’è più disoccupazione né sull’Isola A né sull’Isola B. La produzione è sempre maggiore su B rispetto ad A, ma il delta non è più 120 contro 80, bensì 120 contro 100.

E questo risultato lo abbiamo ottenuto senza inventarci chissà che per colmare la differenza di produttività. Abbiamo solo stampato più biglietti, a costo zero.

Poi, ci sono ottime ragioni per ritenere che anche la produttività, successivamente, andrà a crescere sull’Isola A. Le trovate elencate e spiegate qui.

Ma anche se così non fosse, abbiamo fortemente – e strutturalmente – aumentato la produzione, e azzerato la disoccupazione, sull’Isola A. In modo permanente e sostenibile.


venerdì 18 ottobre 2019

La lotta all’evasione non risolleverà l’economia italiana


Il governo giallorosso, molto più del governo gialloverde, è prodigo di dichiarazioni a favore della lotta all’evasione fiscale. Addirittura sembra essere diventata un pilastro della politica economica, nonché un elemento chiave della prossima legge di bilancio.

Il mio giudizio in merito è molto semplice, e cerco di spiegarlo con la massima chiarezza perché i fraintendimenti in questa materia sono molto, ma molto frequenti.

Se la lotta all’evasione nasce da principi di correttezza, equità e rispetto della legge, è giusta e doverosa.

Se l’obbiettivo della lotta all’evasione è “risanare le finanze pubbliche” nonché “reperire risorse da destinare all’espansione economica” siamo completamente, ma proprio COMPLETAMENTE fuori strada.

A parità di ogni altra condizione, un’efficace lotta all’evasione significa aumentare il carico fiscale effettivo e quindi togliere potere d’acquisto dal sistema economico. Due cose che sono le ultime, ma proprio le ULTIME, di cui l’Italia ha bisogno.

L’economia italiana ha bisogno di una forte spinta espansiva sulla domanda interna e sulla competitività delle aziende, e la strada per conseguirla è il progetto CCF.

Va benissimo, per i motivi detti sopra (correttezza, equità, legalità) abbinare al progetto CCF misure di contrasto all’evasione. A condizione che – ed è una condizione IMPRESCINDIBILE – l’effetto netto di tutto quanto si attua sia: più domanda interna, e minore tassazione dei fattori produttivi. Ad esempio: immissione di CCF, e insieme meno evasione fiscale con i relativi proventi RIALLOCATI a favore di domanda e competitività.

Se invece pensiamo di utilizzare i proventi di queste misure per ridurre deficit e debito, otterremo un ulteriore rallentamento della “velocità di crociera” della nostra economia.

E se mettiamo in atto una pura riallocazione (senza il beneficio espansivo dei CCF), l’effetto netto sulla crescita del PIL sarà comunque intorno allo zero. Il che NON toglie l’economia italiana dalla depressione, NON riduce il Maastricht Debt, NON fa niente di positivo per disoccupazione e sottoccupazione e NON risolve il problema della dipendenza dai mercati finanziari.

Bene. Se arrivati a questo punto vi siete fatti l’opinione che “Cattaneo è a favore dell’evasione fiscale”, vi prego: tornate all’inizio del post e rileggetelo da capo.


martedì 15 ottobre 2019

CCF: come uscire dall’eurostallo


Ogni giorno che passa senza risolvere le disfunzioni dell’eurosistema ha costi economici e sociali spaventosi. Ma i toni barricadieri e i conflitti “a chiacchiere” non risolvono niente.

I Certificati di Compensazione Fiscale appaiono, in modo sempre più incontrovertibile, l'unica via operativamente e praticamente percorribile per uscire dalla spaventosa situazione in cui l’economia italiana è caduta a seguito dell’adesione all’euro e delle politiche di austerità “prescritte” dalla UE.

Il governo gialloverde ha suscitato speranze, essendo nato dall’unione di due forze politiche che in passato avevano mostrato di essere consce del problema.

La sua capacità di incidere sulle linee di politica economica si è, purtroppo, rivelata del tutto inadeguata. E oggi abbiamo una nuova coalizione di governo, dove i ministeri chiave sono tornati in mano al PD, ovvero a meri esecutori delle ricette di Bruxelles.

All’interno del M5S non mancano, va detto, persone che con tenacia e determinazione cercano di imprimere una svolta. Una proposta di legge sull'adozione dei CCF è stata presentata dai deputati pentastellati Pino Cabras e Raffaele Trano. Ma se anche venisse approvata, un Ministero dell’Economia in mano a un esponente PD si limiterebbe, senz’altro, a ignorarla.

E la Lega che fa ? il tentativo di Salvini di forzare le elezioni anticipate non ha funzionato. Certo, può darsi che il governo attuale non regga e non è da escludere (anche se oggi non sembra probabile) che a elezioni, in tempi non lunghi, comunque si vada.

Ma se anche la Lega tornasse al governo, stavolta come leader indiscussa di una coalizione di centrodestra, quanto ha le idee chiare in merito ai passi successivi ?

Il responsabile economico della Lega, Claudio Borghi, al quale rinnovo le mie espressioni di simpatia e di stima – lo ritengo una persona molto competente e trovo encomiabile il lavoro di comunicazione che ha svolto in questi anni – punta sui Minibot: uno strumento che ha varie somiglianze con il progetto CCF, ma che ne costituisce una variante (perlomeno nella forma in cui è stato presentato) molto parziale e poco efficace.

Siccome, tra l’altro, i Minibot palesemente non sono risolutivi, è fin troppo facile per chi non vuole cambiare nulla degli assetti attuali ipotizzare che siano solo un ponte verso “qualcos’altro”. Il problema è che il non detto spaventa: è umano e normale che sia così.

I CCF sono invece un progetto chiaro, dettagliato, studiato in profondità a livello sia tecnico che giuridico.

E’ fondamentale comunicarlo in modo completo e privo di ambiguità.

Gli elementi chiave del progetto Certificati di Compensazione Fiscale, da avere ben chiari ogni volta che se ne parla, sono i seguenti.

UNO, non abbiamo nessuna intenzione di rompere l’euro, non perché abbiamo cambiato idea in merito alle disfunzionalità del sistema, ma perché, studiandone attentamente l’assetto, i trattati, i regolamenti, abbiamo trovato il modo per risolverle.

DUE, rompere l’euro sarebbe del resto alquanto complesso e controverso. E’ una via molto difficile da percorrere, e il progetto CCF peraltro la rende non necessaria.

TRE, il progetto CCF rilancia domanda e potere d’acquisto, SENZA incrementare il Maastricht Debt, quello che deve essere rimborsato in euro ed è quindi fonte di potenziali turbolenze sui mercati finanziari, rischi d’insolvenza, rischi di ridenominazione eccetera.

QUATTRO, appunto perché il Maastricht Debt non si incrementa – anzi scende gradualmente in rapporto a un PIL in ripresa – la tutela per i creditori e per i mercati finanziari AUMENTA.

CINQUE, una quota delle emissioni di CCF andrà a riduzione del cuneo fiscale a vantaggio delle aziende, consentendo un immediato recupero di competitività del sistema produttivo italiano ed evitando quindi che una parte dell’effetto espansivo si disperda a seguito del peggioramento dei saldi commerciali esteri.

SEI, i CCF rilanciano la domanda in modo enormemente più efficace rispetto ad azioni di politica monetaria quali il Quantitative Easing, e permettono anche di uscire dall’attuale contesto di tassi d’interesse bassissimi o addirittura negativi, che penalizza pesantemente i risparmiatori.

SETTE, i CCF sono in grado, correggendo le disfunzioni dell’Eurosistema, di ottenere un assetto efficace e stabile. Integrato dai CCF, l’euro è in grado di funzionare senza che ci si chieda costantemente se potrà o meno sopravvivere.

E’ totalmente sterile “abbaiare alla luna” invocando la rottura dell’euro o la revisione dei trattati che governano l’eurosistema. La prima è troppo complicata e controversa. Per la seconda, non c’è neanche la più pallida ombra di consenso tra gli stati membri dell’Eurozona.

“Abbaiare” magari è utile nei talkshow e nei comizi. Ma non risolve nulla. Zero.

Occorre invece muoversi con chiarezza di idee e determinazione, forti del fatto che con i CCF non abbiamo bisogno di chiedere nulla a nessuno, né di creare turbolenze, né di generare deflagrazioni.


giovedì 10 ottobre 2019

I CCF su "Sovranità Popolare"

Con regolarità mensile (o quasi) alcuni articoli pubblicati su questo blog escono anche, in forma estesa, su "Sovranità Popolare", rivista diretta da Maurizio Torti.

Alla rivista è anche possibile accedere in formato pdf, vedi questo link. Nel caso specifico, il mio articolo è a pagina 3.

martedì 8 ottobre 2019

La UE e i settant’anni di pace


Ringraziamo la UE per aver messo fine ai conflitti tra nazioni europee: quante volte l’avete sentito dire ? Settant’anni di pace giustificano bene qualche “piccola inefficienza” riguardo (per esempio) alla gestione dell’economia e dell’eurosistema.

Credo opportuno chiarire, molto sinteticamente, alcune cose.

La UE in effetti esiste dal 1992 (Trattato di Maastricht) e non da settant’anni, ma diciamo pure che questa è una pignoleria. La UE è l’evoluzione di istituzioni precedenti, la CEE (nata con il trattato di Roma del 1957) e la CECA (trattato di Parigi del 1951).

Più significativa mi sembra però un’altra riflessione. I conflitti armati tra potenze europee sono cessati grazie ai trattati di Parigi, di Roma, di Maastricht ?

Mi pare che le cause siano altre.

La prima è che la potenza continentale che nei decenni precedenti era stata più aggressiva, nonché militarmente più attrezzata, dopo la seconda guerra mondiale si è trovata priva di un esercito minimamente in grado di intraprendere azioni belliche su vasta scala.

Non voglio affermare che tutta la colpa delle guerre mondiali sia da attribuire alla Germania (non della prima, quantomeno). Ma l’averla messa in condizioni di (militarmente) non nuocere, ha avuto – diciamo – un certo peso.

La seconda causa è che la Germania, ma anche l’Italia e molti altri paesi, sono stati, a partire dal 1945, riempiti di basi NATO.

La terza, è che la tecnologica bellica e il potenziale distruttivo delle armi, anche convenzionali, sono diventati un forte dissuasore dell’opportunità di risolvere con le guerre i conflitti tra Stati.

Tutto questo, con la UE e con le istituzioni a lei precedenti, c’entra…

esattamente zero.


sabato 5 ottobre 2019

Come presentare il progetto CCF


Gli elementi chiave per comprendere la logica del progetto Certificati di Compensazione Fiscale e per presentarlo correttamente sono i seguenti.

UNO, non abbiamo nessuna intenzione di rompere l’euro, non perché abbiamo cambiato idea in merito alle disfunzionalità del sistema, ma perché, studiandone attentamente l’assetto, i trattati, i regolamenti eccetera, abbiamo trovato il modo per risolverle.

DUE, rompere l’euro sarebbe del resto alquanto complesso e controverso. E’ una via molto difficile da percorrere, e il progetto CCF peraltro la rende non necessaria.

TRE, il progetto CCF rilancia domanda e potere d’acquisto, SENZA incrementare il Maastricht Debt, quello che deve essere rimborsato in euro ed è quindi fonte di potenziali turbolenze sui mercati finanziari, rischi d’insolvenza, rischi di ridenominazione eccetera.

QUATTRO, appunto perché il Maastricht Debt non si incrementa – anzi scende gradualmente in rapporto a un PIL in ripresa – la tutela per i creditori e per i mercati finanziari AUMENTA. Il progetto CCF riduce le tensioni sui mercati, non viceversa.

CINQUE, i CCF rilanciano la domanda in modo enormemente più efficace di quanto possano fare manovre di politica monetaria quali il Quantitative Easing, e permettono anche di uscire dall’attuale contesto di tassi d’interesse bassissimi o addirittura negativi, che penalizza pesantemente i risparmiatori.


giovedì 3 ottobre 2019

Proposta di legge CCF

E' stata depositata la proposta di legge sui Certificati di Compensazione Fiscale (CCF), da parte dei deputati M5S Pino Cabras e Raffaele Trano. Trovate qui il testo.

E' un passaggio decisivo ? non ancora, perché la proposta dev'essere calendarizzata, discussa, approvata e, nel caso, occorre un ministro dell'economia che sfrutti le valenze dei CCF per attuare, finalmente, una decisa azione espansiva a beneficio dell'economia italiana.

Non è un passaggio decisivo, ma significativo sì. Vediamo il seguito.