lunedì 23 novembre 2015

Accelerare la velocità di circolazione della moneta aiuta la ripresa ?



Commentavamo, con Stefano Sylos Labini, l’eventualità di erogare CCF alle famiglie con un vincolo di decadenza (dei CCF) se l’erogazione non dà luogo a una maggiore spesa entro un periodo di tempo molto breve: un mese dall’assegnazione, per esempio.

La domanda che ci si poneva era se questo avrebbe intensificato l’azione espansiva prodotta dall’assegnazione di CCF. Credo che la risposta sia negativa.

Sospetto, in effetti, che siamo in presenza di uno dei tanti equivoci che nascono dalla scorretta interpretazione della formula

MV = PQ

con la quale si sintetizza la cosiddetta “teoria quantitativa della moneta”.

La formula indica che

Moneta (M) moltiplicato per Velocità di circolazione della moneta (V)
Uguale
Livello generale dei prezzi (P) per Produzione del sistema economico in quantità fisiche (Q)

ed è in sé vera: siccome si produce per vendere, e ad ogni transazione corrisponde uno scambio monetario, il valore nominale degli scambi (PQ, che a livello di sistema economico corrisponde al valore nominale del PIL) equivale alla quantità di mezzi monetari esistenti moltiplicata per la loro velocità di circolazione, cioè per il numero di volte in cui, in un determinato periodo, passano di mano.

La relazione è quindi vera ma è, in effetti, una tautologia, e com’è tipico delle tautologie non dice, in realtà, un granché di utile.

Anzi, rischia di essere fuorviante. Buona parte della fiducia riposta nel “Quantitative Easing” deriva proprio dal ritenere che, se MV = PQ, incrementare la quantità di moneta in circolazione (M) otterrà “evidentemente, a parità di altre condizioni” l’effetto di accrescere il livello dei prezzi P, e/o le quantità prodotte Q. Quindi più inflazione (quella che la BCE sta disperatamente cercando di ottenere) e ripresa produttiva, giusto ?

No, non è giusto. E il motivo è molto semplice: “a parità di altre condizioni” implica “se V rimane invariata”. Invece V NON rimane invariata: la BCE emette moneta per acquistare titoli, non per effettuare azioni fiscali espansive (in altri termini, non si diminuiscono le tasse, né si incrementa la spesa pubblica e/o i trasferimenti alle famiglie).

Di conseguenza, il potere d’acquisto in circolazione nell’economia reale non aumenta, la domanda nemmeno, e la maggior moneta in circolazione rimane “chiusa” nel recinto dell’economia finanziaria, senza alimentare maggiori scambi di beni e servizi. M aumenta, certo, ma V diminuisce…

Tornando a quanto si diceva all’inizio: se mettiamo in circolazione moneta, o un equivalente monetario come i CCF, con un vincolo di decadenza in caso di mancato utilizzo entro un breve periodo di tempo, aumentiamo l’effetto espansivo sulla domanda di beni e servizi ?

No, perché l’azione espansiva si produce solo a seguito dell’incremento di reddito disponibile per famiglie e aziende. E’ questo che innesca maggiore spesa, produzione, occupazione, e ulteriore aumento dei redditi.

Se l’azione espansiva viene attuata emettendo una moneta, o un equivalente monetario, che decade rapidamente in caso di mancata spesa, non c’è incremento ADDIZIONALE del potere d’acquisto dovuto al vincolo di decadenza. L’incremento del reddito disponibile è sempre lo stesso.

Certo, se i CCF assegnati scadono dopo un mese, verranno spesi subito per intero, invece di essere magari in parte risparmiati. Ma quello che avverrà è che non verrà spesa (verrà quindi risparmiata) moneta ordinaria che gli assegnatari dei CCF già possedevano.

In altri termini, la velocità MEDIA di circolazione dell’aggregato CCF + moneta ordinaria rimarrà invariata perché i CCF a scadenza rapida avranno una velocità molto alta, ma si abbasserà quella della moneta ordinaria.

In definitiva, l’elemento chiave è incrementare i redditi disponibili per famiglie e imprese, aumentare la domanda di beni e di servizi, e di conseguenza riassorbire il sottoutilizzo delle risorse produttive: il che produce anche (e soprattutto) la diminuzione della disoccupazione.

Naturalmente, tutto questo vale in presenza di una condizione di significativo output gap (sottoutilizzo delle risorse produttive, appunto): quella in cui ci troviamo attualmente.

C’è poi da gestire il vincolo esterno – evitare che l’espansione della domanda crei squilibri nei saldi commerciali esteri. A questo fine, se non è possibile riallineare il cambio, effetti analoghi sono ottenibili rivolgendo una parte della manovra espansiva all’abbassamento dei costi indiretti sul lavoro (quindi del cuneo fiscale).

Giocare sull’accelerazione della velocità con cui circolano gli aggregati monetari non mi sembra invece in grado di dare benefici apprezzabili. Sento ogni tanto menzionare esempi storici di “demurrage” (moneta che perde di valore nel tempo) ma a quanto mi risulta sono stati tutti abbandonati, dopo poco tempo o comunque senza che abbiano condotto a risultati apprezzabili.

venerdì 20 novembre 2015

NoEuro sì, NoEuro no…



Si commentava, nei giorni scorsi, un articolo apparso sul Foglio. L’autore mi sembra essere uno tra i parecchi opinionisti che ha in forte antipatia lo posizione cosiddetta “NoEuro”: cosa in sé legittima, ovviamente, che spinge tuttavia lui e altri, ogni volta che – ad esempio – Grillo o Salvini parlano dieci minuti e non menzionano l’euro (perché stanno parlando d’altro, d’immigrazione o di reddito di cittadinanza, magari) a balzare in piedi al grido di “ecco ! hanno cambiato idea !”

Dietro a tutto questo c’è un equivoco che sarebbe utile chiarire. Che cos’è un NoEuro ?

Se NoEuro è solo ed esclusivamente chi vuole il breakup immediato e deflagrante della moneta unica, e non vede e non accetta di prendere in considerazione alcuna alternativa – i NoEuro in questa accezione probabilmente non esistono.

La distinzione rilevante, a mio parere, è un’altra. E’ tra chi:
è pronto a intraprendere, ANCHE UNILATERALMENTE, una strada che porta all’uscita dai vincoli dell’Eurosistema,
e chi invece
critica l’Eurosistema ma ritiene che nessuna azione possa essere attuata se non in modo concordato con la UE, la BCE, i partner dell’Eurozona eccetera eccetera.

La mia posizione è la prima delle due sopracitate. Se questo è essere NoEuro, mi riconosco come tale. Dopodiché c’è un tema di modalità pratiche, che è importante, anzi fondamentale: proprio da lì prende le mosse la proposta CCF, finalizzata a raggiungere l’obiettivo, appunto, senza far deflagrare nulla.

Detto ciò, chiaramente qualsiasi “unilateralista” che non sia un fanatico squilibrato, alla domanda “accetteresti di discutere una soluzione concordata, se i partner dell’Eurozona se ne dichiarassero disponibili” risponde affermativamente. Di Maio per esempio tempo fa ha affermato che, a suo parere, avverrà proprio questo, se un governo italiano si mostrerà deciso a percorrere una via autonoma. Salvini direbbe invece (penso) “certo che sì, ma non ci credo”.

Il dato di fatto politico, comunque, mi sembra essere che due schieramenti – M5S e centrodestra – che complessivamente valgono il 60% dell’elettorato, oggi manifestano la volontà / disponibilità ad attuare azioni unilaterali.

Sono quindi NoEuro nel senso di cui sopra. Detto ciò, alla luce di quanto detto, la definizione NoEuro probabilmente non è né la più precisa né la più opportuna. Io ne userei un’altra, ma mi rendo conto che “EuroRiformatoriAncheUnilateralistiSedelcaso” (ERAUS ??) sul piano della comunicazione non è probabilmente il massimo. Graditi suggerimenti…

Molto più importante, comunque, è il dato del 60% sopra citato. Un livello molto significativo, che personalmente mi spinge a considerazioni ben diverse rispetto all’articolista del Foglio.

NB HERAUS (con l'acca davanti) in tedesco significa "fuori". Giuro che me ne sono ricordato solo dopo essermi inventato l'acrostico. Forse non è così male...

martedì 17 novembre 2015

Report Mediobanca sui Certificati di Credito Fiscale



Trovate qui il link a un report pubblicato in data odierna da Mediobanca, che contiene, a partire da pagina 49, un’ampia sezione relativa ai Certificati di Credito Fiscale.

Scusate se vi costringo a passare tramite il sito dell’Associazione Sylos Labini. A parte che consiglio di frequentarlo (se già non lo conoscete) perché ricco di contenuti di notevole interesse, il motivo del doppio passaggio è che Stefano SL ha provveduto ad effettuare l’upload del pdf Mediobanca, e se mi ci metto io su questo blog temo conseguenze dirompenti (data la mia nota imperizia informatica, e per tutto ciò che è pratico in generale…).

Ritengo significativo il supporto e la “validazione” che un’istituzione finanziaria del prestigio di Mediobanca fornisce, con questo report, al progetto CCF. Un grosso ringraziamento ad Antonio Guglielmi.

Nel report sono ipotizzate emissioni annue massime di CCF per un valore facciale di 40 miliardi. Le dimensioni del programma sono considerevolmente inferiori a quanto ipotizzato nel progetto base. E’ una versione “light”, che consente comunque di innalzare i tassi di ripresa del PIL a livelli (3% annuo) adeguati a produrre un netto “cambio di passo” dell’economia italiana.