giovedì 25 luglio 2024

martedì 23 luglio 2024

Niente scuse per la Fornero

 


Cottarelli si sbaglia, come si è sbagliata Elsa Fornero, e nessun suo critico si deve scusare. Lo squilibrio tra occupati e pensionati può essere riequilibrato allungando l'età lavorativa (di chi è nelle condizioni di lavorare, s'intende) ma SOLO a condizione che I POSTI DI LAVORO CI SIANO. Il problema della riforma Fornero, in un contesta di feroce austerità promossa da Monti su istruzioni UE, non è di aver fatto lavorare di più ma di aver creato disoccupazione ed esodati. QUESTO è il problema del sistema pensionistico, ma prima ancora dell'economia, finché si seguono le euroricette.

sabato 20 luglio 2024

Come argomentano gli euroausterici

 Qualche giorno fa mi imbatto in un tweet di Riccardo Trezzi, economista sedicente keynesiano, in realtà euroausterico.




La risposta di Riccardo Trezzi (di cui non posso fare screenshot per evidenti motivi) ? "Non sono qui per farmi insultare. Ora la blocco".

Inutile chiedersi dove sarebbe l'insulto. Inutile chiedersi se questa sia un'argomentazione.

Questo è il livello.

martedì 16 luglio 2024

Voleva dire lasche

 Oggi sul Sole 24Ore. Per scrivere sul prestigioso organo della Confindustria, conoscere l'economia non è un requisito indispensabile. Questo lo sapevamo.

Però almeno l'italiano.

Beda Romano a pagina 12.

"Dovrà essere restrittiva nel 2025 la politica di bilancio dei paesi della zona Euro, secondo i ministri delle finanze dell'unione monetaria che si sono riuniti ieri a Bruxelles. La presa di posizione nasce in un contesto economico incerto, ma mentre preoccupa in molti paesi l'elevato debito pubblico. Lo sguardo corre alla Francia. Una fetta dell'establishment tedesco teme che la deriva francese possa condurre altri paesi a politiche troppo lascive".

Zoppica anche la sintassi.

Sull'analisi macroeconomica stendiamo un velo.

mercoledì 10 luglio 2024

Il disastro Giorgetti

 

Come si fa a risollevare il paese se il ministro dell’economia infila una serie di sfondoni come quelli inanellati da Giorgetti e puntualmente riportati dal Sole 24 Ore odierno (pagina 2, articolo sull’assemblea ABI di ieri) ? e come si fa a ritenere la Lega un partito euroscettico e antiausterità, se uno dei suoi principali esponenti si esprime in questi termini ?

“Il ritorno al pareggio del bilancio pubblico al netto dei costi del debito pregresso” è “un dovere morale per le prossime generazioni” prima ancora di essere “un obiettivo politico” o un vincolo comunitario, anche per “uscire dalla condizione di paese ad alto debito perennemente sotto esame”.

Questo ha dichiarato l’ineffabile ministro.

Neanche quattro righe, che contengono però tre autentiche bestialità.

UNO, non c’è nulla di “morale” nel pareggio del bilancio pubblico. Il deficit, cioè l’eccesso di spesa pubblica rispetto alle tasse, è il principale canale tramite il quale lo Stato immette nell’economia mezzi di pagamento, che sono anche unità di potere d’acquisto. E questi mezzi DEVONO crescere nel tempo, perché l’economia e i suoi valori monetari nel tempo CRESCONO. Da cui: la condizione NORMALE del bilancio pubblico è IL DEFICIT, NON IL PAREGGIO. E infatti, salvo rare e transitorie eccezioni, i bilanci pubblici di tutti gli Stati sono in deficit.

DUE, ma se avesse ragione Giorgetti, cioè se il pareggio di bilancio fosse un “dovere morale”, perché allora parlare di pareggio “al netto dei costi del debito pregresso”, cioè esclusi gli interessi ? Gli interessi sul debito pubblico sono una forma di spesa “più morale” rispetto, per esempio, alla spesa per la sanità, per l’istruzione, per le infrastrutture pubbliche ?

TRE, vogliamo capire una volta per tutte che l’Italia NON è un “paese ad alto debito” ? l’Italia è un paese CREDITORE NETTO SULL’ESTERO. Le attività finanziarie e patrimoniali possedute da residenti italiani all’estero sono SUPERIORI ai beni italiani detenuti da stranieri. Quello che è alto è il debito della pubblica amministrazione, che NON è debito del paese, perché in misura preponderante è detenuto da italiani. E (questo spero che lo capisca anche Giorgetti) i cittadini italiani fanno parte del paese tanto quanto la sua pubblica amministrazione.

Un ministro dell’economia che non fa altro se non rifriggere stantii e logori luoghi comuni, smentiti mille volte sia in teoria che in pratica. Come del resto i suoi predecessori. Ma anche peggio.

 

martedì 9 luglio 2024

La truffa europeista

 

E’ perfettamente lecito sostenere che i paesi europei si troverebbero in una posizione economica, geopolitica, sociale molto più forte, molto più solida, molto più prospera, se si fondessero in un’unica entità politica. Non è la mia opinione, ma è assolutamente legittimo esporre e difendere le motivazioni per andare in quella direzione.

E’ però completamente truffaldino affermare che SICCOME l’unità politica è una bella cosa, OCCORRE mettere in atto tutti i possibili passaggi preliminari, in termini di cessioni di sovranità, per raggiungere quell’obiettivo finale.

E’ truffaldino perché l’unità politica non è affatto un obiettivo condiviso dalla maggioranza dei cittadini dei vari stati dell’Unione Europea, paese per paese. E senza questa opinione favorevole, l’unione politica può essere bella o può essere brutta, ma rimane un traguardo verso il quale NON si è ancora formata la volontà di dirigersi.

Nel frattempo le forme di integrazione e di cooperazione messe in atto all’interno della UE non vanno giudicate in funzione di un ipotetico, ma al momento inesistente (nel senso di non condiviso) obiettivo finale: bensì per i risultati che ottengono.

Inutile quindi dire (per esempio) che la moneta unica o le regole di bilancio “magari” hanno dei difetti ma non possono essere messe in discussione per non compromettere l’obiettivo degli Stati Uniti d’Europa. L’obiettivo oggi non c’è.

Ci sono invece i risultati della governance eurozonica. E sono pessimi.

 

sabato 6 luglio 2024

Potenziale di crescita, a breve e a lungo termine

 

La mancanza di potere d’acquisto tarpa la crescita dell’economia, e questo blog è dedicato infatti a spiegare che certi limiti sono puramente artificiali, che sono un fattore di strumentalizzazione politica, e che possono essere rimossi.

Però occorre aver chiaro che i limiti fisici esistono e, inoltre, che non sono gli stessi nel breve e nel lungo periodo.

Esempio.

Supponiamo di voler aumentare il numero di persone, esistenti in tutto il mondo, che sanno leggere e scrivere. E supponiamo che su otto miliardi di persone il numero degli analfabeti sia il 10% del totale, cioè ottocento milioni.

Se avviamo un programma intensivo di istruzione e alfabetizzazione, possiamo insegnare a leggere e a scrivere a tutte queste persone. Servono grandi risorse di strutture e di personale, ma concettualmente è possibile. In quanto tempo ? diciamo in un anno, con un grande sforzo organizzativo.

Bene.

Ora supponiamo di porci un obiettivo ancora più ambizioso. Non ci basta portare il numero degli alfabetizzati da 7,2 a 8 miliardi. Vogliamo arrivare a 10.

E’ concettualmente possibile raggiungere questo obiettivo in un anno ?

No, perché quei due miliardi di persone in più semplicemente non esistono.

E’ possibile in un periodo più lungo ?

Sì, avviando un programma intensivo di supporto alla natalità, incentivando le nascite, generando due miliardi di bambini E POI insegnando loro a leggere e a scrivere.

Dovrebbe essere evidente che generare due miliardi di bambini richiede AL MINIMO nove mesi, e che per alfabetizzare un bambino occorre che raggiunga una certa età, mediamente stimabile diciamo in sei anni.

Per quante risorse si possano mettere a disposizione, aumentare il numero degli individui alfabetizzati sulla terra ha dei tempi. E mentre per un incremento di ottocento milioni il tempo può, almeno in teoria, essere di un anno, per un incremento superiore il tempo non può essere inferiore a oltre sei anni.

Rimuovere i limiti al pieno impiego delle risorse produce risultati di breve termine (metto all’opera le risorse che ci sono) e di lungo termine (creo le condizioni per disporre di più risorse fisiche). Ma i tempi non sono gli stessi. Il recupero del potenziale inespresso può essere relativamente rapido, l’incremento del potenziale massimo richiede più tempo.

Fermo restando che la rimozione dei limiti artificiali alla crescita permette di conseguire entrambi gli obiettivi. In tempi diversi, però.

Applicato all’economia questo che cosa significa ? che se un determinato settore economico ha un 10% di manodopera qualificata inoperosa, quel 10% può essere messo al lavoro in tempi relativamente rapidi. E’ “solo” questione di potere d’acquisto e di domanda.

Ma oltre quel 10%, devo formare nuovo personale qualificato. E questo ha dei tempi più lunghi.

 

mercoledì 3 luglio 2024

Chi è indipendente da chi ?

Nelle alte sfere europee ed eurocratiche c’è molto nervosismo per gli esiti del secondo turno delle elezioni politiche francesi. Ed è interessante riflettere su due recenti dichiarazioni.

Da un lato, il ministro delle finanze tedesco, Christian Lindner, ha affermato che la Germania potrebbe opporsi all’intervento della BCE per calmierare i tassi sui titoli di Stato francesi (s’intende, in caso di esito “troppo favorevole” a Marine Le Pen, che potrebbe mandare in fibrillazione i mercati finanziari).

Dall’altro, il presidente di una grande banca francese (Société Générale), che peraltro è un italiano (Lorenzo Bini Smaghi, già membro del comitato direttivo BCE) ha ribattuto che la dichiarazione di Lindner “ha oltrepassato il limite perché ha dato l’impressione di minare l’indipendenza della Banca Centrale Europea”.

Ora, lungi da me sostenere la posizione di Lindner, esponente dell’euroausterismo più ottuso. Però l’affermazione di Bini Smaghi ripropone la solita domanda: ma perché è anatema mettere in dubbio l’indipendenza della BCE dai governi, mentre viene ritenuto perfettamente normale, al contrario, che la BCE condizioni pesantemente l’operato dei governi medesimi (come è del tutto evidente almeno dal 2011, cioè dalla famigerata lettera Trichet – Draghi inviata al governo Berlusconi) ?

Una volta di più, si riconferma che l’eurozona è un mostro antidemocratico. L’istituto di emissione monetaria è indipendente dai governi, che non si devono neanche azzardare a mettere in discussione questo dato di fatto. Ma l’istituto di emissione monetaria condiziona pesantemente le politiche degli stati membri, fino a mettere in atto vere e proprie azioni di ricatto. E questo agli eurocrati e agli euroausterici appare invece perfettamente normale.

Tutto questo sarebbe inaccettabile anche se producesse effetti positivi sul benessere economico dei cittadini dell’Eurozona. Ma gli effetti sono invece pessimi.

La domanda (retorica) è la solita. Per quanto tempo ancora dobbiamo accettare questa situazione ?

 


domenica 30 giugno 2024

Che cosa comporta l’euro per l’economia italiana

 

In buona sostanza, l’euro comporta (sul piano economico) due cose per l’Italia.

La prima è l’adesione a un sistema di regole che impediscono di utilizzare la leva fiscale per promuovere il pieno impiego. Detto altrimenti, un sistema di regole che implicano alti, immotivati livelli di disoccupazione e di sottoccupazione.

La seconda è una perdita di competitività, perché si utilizza una moneta più forte di quella che era, e sarebbe se esistesse ancora, la lira. Si utilizza quindi una moneta troppo forte per i fondamentali della nostra economia.

La debolezza della domanda interna prodotta dalle euroregole di bilancio spinge le aziende a cercare compensazioni sui mercati esteri. Chi può, spinge sull’export.

Ma questo è possibile solo se le retribuzioni rimangono compresse, perché il cambio fisso con il Nord Europa, in particolare con l’ex area marco, non lascia altre leve di azione efficaci. La competitività persa per il cambio viene recuperata "grazie" alla compressione salariale.

Per le aziende, almeno per alcune, la combinazione di tutto ciò è più sopportabile di quanto sembrerebbe a prima vista. Chi è orientato all’export campa, e anche discretamente e talvolta molto bene, visto che il costo del lavoro viene tenuto “sotto controllo” dall’austerità fiscale.

Per i lavoratori, quindi per i comuni cittadini, è un disastro.

 

venerdì 28 giugno 2024

Il non senso dell’integrazione politica europea

 

Un mantra europeista è che “le sfide globali, i problemi posti dall’attuale contesto politico, economico, sociale, possono essere affrontati solo da un’Europa unita. Nessun singolo paese europeo ha da solo le risorse, i mezzi, per affrontarli”.

Si tratta di un’affermazione di cui non vedo alcun supporto logico né fattuale. Condividere risorse non le incrementa. Le risorse disponibili sono sempre le stesse. Il punto è farle lavorare al meglio. Allora la domanda da porsi è: imporre scelte da parte di un’entità centrale è più pratico che decidere ognuno per conto proprio, coordinandosi su base volontaria dove e quando necessario ? 

L’esperienza dell’ultimo quarto di secolo non fornisce nessuna risposta affermativa, nemmeno parziale, a quest’ultima domanda.

Un altro mantra europeista, collegato al precedente, è che “oggi sulla scena mondiale, al contrario che in passato, agiscono paesi grandi come continenti”.

In realtà la dimensione media degli Stati che esistono al mondo è casomai diminuita, non aumentata. Per una Germania che si è riunificata abbiamo un’Unione Sovietica, una Jugoslavia, una Cecoslovacchia che si sono frammentate.

Ma la Cina, ma l’India ? la Cina e l’India esistevano, nelle medesime condizioni territoriali, anche cinquant’anni fa. Quello che è cambiato è che prima erano attori economici quasi irrilevanti; oggi sono operatori di prima grandezza.

Questo è vero, ma in che modo un’entità politica dovrebbe muoversi meglio, nei loro confronti e in generale sulla scena mondiale, in funzione della dimensione ?

La Corea del Sud è un paese paragonabile all’Italia per PIL e popolazione. E’ incastrato tra Cina, India e anche Giappone. Sta pensando a integrarsi politicamente con qualcuno ? soffre per il fatto di essere tre, dieci, trenta volte più piccolo dei vicini ? no a tutte a due le domande.

L’integrazione politica è un progetto che si sta perseguendo solo in Europa. Necessità ineluttabili non se ne vedono. La validità del progetto va giudicata solo in funzione dei risultati.

Che fin qui sono pessimi.

 

domenica 23 giugno 2024

Il Giappone contrasta l’inflazione facendo… nulla

 

Negli ultimi tre anni, il Giappone ha avuto l’inflazione, misurata sull’indice dei prezzi al consumo, più bassa tra tutti i paesi del G7. Il dato cumulato 2021-2023 è il seguente:

Giappone 8,4%

Francia 13,1%

Canada 14,3%

Italia 15,9%

Germania 16,3%

Stati Uniti 16,7%

Regno Unito 20,8% 

e il dato medio annuo:

Giappone 2,7%

Francia 4,2%

Canada 4,6%

Italia 5,0%

Germania 5,2%

Stati Uniti 5,3%

Regno Unito 6,5%

Chissà quali politiche monetarie restrittive avranno adottato i giapponesi per ottenere questo risultato, in un periodo in cui materie prime e componenti sono andati alle stelle ?

Risposta: hanno tenuto i tassi d’interesse INCHIODATI A ZERO.

Però la BCE afferma che i tassi devono scendere con grandissima cautela perché “non si può abbassare la guardia nella lotta contro l’inflazione”.

Se avete qualche dubbio sulla competenza o sulla buona fede dei banchieri centrali occidentali, non sono d’accordo con voi.

Non c’è da avere “qualche dubbio”.

C’è da avere granitiche certezze.

Del contrario.

mercoledì 19 giugno 2024

“Esperti” geopolitici che non sanno di macroeconomia ?

 

I due più noti esperti italiani di geopolitica sono Lucio Caracciolo, il direttore di Limes, e Dario Fabbri, suo “delfino” storico che si è recentemente messo in proprio.

Sono i più noti, ma sono bravi ? sono affidabili ?

A tutti e due ho sentito formulare, nei video che circolano su Youtube e social media vari, i seguenti concetti.

Uno, la Germania garantisce il debito pubblico italiano.

Due, l’Italia ha bisogno di questa garanzia. Un bisogno vitale. A causa, s’intende, del suo “enorme” debito pubblico.

Ora, queste due affermazioni sono due sfondoni colossali.

La Germania non garantisce assolutamente nulla. In realtà uno dei problemi dell’Eurozona è la mancanza di una garanzia sui debiti pubblici degli stati membri da parte dell’istituto di emissione. Che peraltro è la BCE, non la Germania.

E

L’Italia non ha bisogno di garanzie esterne da parte di nessuno. Basta (basterebbe) che lo Stato italiano riprenda a finanziarsi utilizzando moneta nazionale. Come potrebbe tranquillamente fare, in qualsiasi momento, emettendo Moneta Fiscale.

Caracciolo e Fabbri, si dirà, non sono economisti. E l’economia non è tutto.

Certo. Ma se non è tutto, l’economia è molto, MOLTISSIMO. Non è possibile interpretare la posizione di forza e di debolezza degli Stati, non è possibile valutarne le strategie nel contesto internazionale, non è possibile giudicarne i punti di forza e di debolezza, partendo da assunzioni COMPLETAMENTE sbagliate in merito alla condizione delle loro economie.

Si può parlare di economia senza conoscere la geopolitica, ma non si può parlare di geopolitica senza conoscere l’economia. Perché la geopolitica è una disciplina estremamente ampia, ai limiti dell’onnicomprensivo.

Penso che Caracciolo e Fabbri se ne rendano conto. Ma cadono vittima di quell’accozzaglia di luoghi comuni che passa per pensiero economico mainstream.

 

domenica 16 giugno 2024

La bussola persa dell’Occidente


Leggere i giornaloni paludati, quelli che meglio rappresentano il pensiero dell’establishment – o per meglio dire, che ne convertono le veline in articoli – dà un’impressione alquanto sconfortante in merito alla capacità dell’establishment stesso di evolversi.

Putin è imperialista e colonialista e tutti devono capire che va combattuto. Putin è tutto questo, certo. Ma che lo dicano i leader di un Occidente che tutto il resto del mondo percepisce come imperialista e colonialista molto più di Putin non è una posizione molto convincente, mi pare.

Le destre avanzano nei paesi più importanti della UE. In Francia e in Germania mettono in dubbio la stabilità dei governi. In Italia al governo ci sono già. E la risposta dell’establishment com’è ? Solo e soltanto repressiva. Bisogna impedire che vadano al governo o se ci vanno cooptarli o se no isolarli, comunque metterli in condizione di non nuocere, di non modificare l’assetto politico dell’Occidente. Prima ancora che in Europa, negli USA: hai visto mai che ritorna Trump ?

Il problema è che i partiti al di fuori dell’establishment magari non hanno le risposte giuste, o magari non riusciranno a metterle in pratica. Ma avanzano perché l’Occidente, e soprattutto l’Unione Europea, insistono su un modello di azione politica, e in particolare di governance economica, che ha prodotto stagnazione, crescita delle diseguaglianze, insicurezza. La reazione dell’establishment non è capire e correggere: è mettere a tacere chi si fa interprete dell’inquietudine degli elettorati.

L’Occidente dice di voler difendere la democrazia liberale ma l’ha trasformata in un’oligocrazia imperniata su una globalizzazione antisociale e sullo strapotere della finanza speculativa. L’Occidente ha perso la bussola da un quarto di secolo, e non dà segnali di volerla ritrovare. E’ questo che preoccupa.

mercoledì 12 giugno 2024

Giorgia Meloni e la prossima commissione UE


Che cosa si può sperare come conseguenza dei risultati elettorali dello scorso weekend ?

La maggioranza numerica per una riedizione della coalizione Ursula sulla carta c’è ancora. Però è meno forte di cinque anni fa, quanto VDL fu eletta con solo nove voti di margine: perché all’interno degli schieramenti che la sostengono c’è ben poca compattezza, incluso nel PPE.

Giorgia Meloni, che tra i capi di governo dei maggiori paesi UE ha ottenuto il risultato di gran lunga migliore, ha quindi una carta importante da giocare. Non creando una maggioranza ID + ECR, che non ha i numeri, ma sostenendo un candidato PPE. Che mi auguro non sarà VDL, anche se VDL è un puro (e scadente) esecutore di ordini esterni, quindi non credo che la sua mancata rielezione sia in sé chissà quale svolta epocale.

La cosa importante è – sarebbe – che Giorgia Meloni abbia le idee sufficientemente chiare, e che sia dotata di sufficiente  abilità politica, da ottenere, in cambio del sostegno al PPE, una grossa, GROSSA contropartita.

Tipo il commissario agli affari economici, ma con portafoglio pieno, non dimezzato come quello attribuito a Gentiloni. Senza la subordinazione al Dombrovskis di turno. E che non sia Gentiloni, ovviamente. Ma neanche Giorgetti.

E che questo commissario faccia passare una revisione, o un’interpretazione, del patto di stabilità che finalmente abbia senso e possa funzionare. 

Ovviamente l’ideale sarebbe il libero utilizzo della Moneta Fiscale.

domenica 9 giugno 2024

Il controllo politico sull’istituto di emissione

 

La funzione di emissione della moneta deve essere istituzionalmente subordinata a un governo democraticamente eletto. E’ indispensabile per preservare la democrazia.

Di fronte a questa affermazione, spesso mi viene proposta la seguente obiezione. Chi lavora presso le banche centrali e i ministeri dell’economia è comunque fortemente condizionato dall’establishment finanziario. E la ragione è evidente: si tratta di persone che hanno ambizioni di carriera, magari proprio presso le grandi istituzioni finanziarie, che offrono (tra l’altro) posizioni pagate molto, MOLTO meglio. E ingraziarsi l’establishment finanziaria è quindi una tentazione a cui non è facile sfuggire.

Ma questo è un motivo in più, non in meno, per cui la funzione di emissione monetaria debba essere FORMALMENTE sotto il pieno controllo del potere politico. Perché SOSTANZIALMENTE lo sarà solo a metà. Ma l’alternativa è avere un governo dell’economia COMPLETAMENTE in mano alle grandi istituzioni finanziarie e al big business.

Il potere del denaro resterà sempre forte, parecchio forte. Ma appunto per questo serve un sistema di contrappesi. E non mi viene in mente nulla di meglio della democrazia parlamentare per fare in modo che i contrappesi esistano e operino.

lunedì 3 giugno 2024

Finanza pubblica: il dibattito non è serio

 

La grande maggioranza degli articoli riguardanti la politica economica sono, semplicemente, privi di qualsiasi serietà e quindi di qualsiasi interesse. Idem per i dibattiti da talk-show.

E il motivo è semplice. Articoli e dibattiti prendono le mosse dall’assunto che il problema principale dell’economia italiana (e di molti altri paesi) sia la finanza pubblica.

Beh, è un’impostura totale.

Il mondo è in regime di moneta fiat dal 1971. La moneta è un bene che gli stati possono produrre liberamente.

Quindi è una falsità smaccata sostenere che la finanza pubblica possa essere un problema.

L’inflazione può essere un problema. Le diseguaglianze possono essere un problema. La carenza di investimenti può essere un problema. La produttività può essere un problema. L’inadeguatezza dei servizi pubblici può essere un problema.

Ma gli approfondimenti su questi temi finiscono per non proporre soluzioni, o per identificare ben che vada palliativi inadeguati quando non risibili, perché “mancano i soldi”.

Il dibattito non è serio perché assume l’esistenza di un vincolo che è in realtà completamente inventato, e assumendolo impedisce di dire cosa sensate praticamente su tutto il resto.

sabato 1 giugno 2024

La definizione di austerità

 

A sentire gli euroausterici – ne avevo già parlato in post precedenti, ad esempio in questo – in Italia non si è mai fatta austerità, dopo la Grande Crisi Finanziaria del 2008, se non (forse) nel periodo 2011-2013. Perché viene sostenuta questa tesi ? perché c’è sempre stato un deficit pubblico, e perché il debito pubblico in rapporto al PIL non è diminuito.

E’ un’affermazione insensata perché deficit e debito sono la risultante non solo delle politiche fiscali, ma anche e soprattutto dei loro effetti di retroazione. Che in parole povere significa: se io adotto politiche restrittive, l’effetto sul deficit e sul debito può essere di innalzarli e non di abbassarli, in quanto le restrizioni riducono il gettito fiscale e riducono il PIL.

Detto altrimenti, se deficit e debito non calano, ciò NON significa necessariamente che si stiano adottando politiche espansive. Può essere che le politiche siano restrittive – MA CONTROPRODUCENTI, anche dal punto di vista dei saldi di finanza pubblica. E in Italia è avvenuto esattamente questo.

Il che rende però necessaria una definizione più precisa di che cosa si intenda per austerità. E la definizione che propongo è la seguente.

C’è austerità quando, nonostante livelli di inflazione sotto controllo e magari addirittura inferiori al target del 2% generalmente adottato dalle banche centrali, l’occupazione è debole: ci sono molti disoccupati, molti lavoratori potenziali che rinunciano a cercare lavoro perché scoraggiati, e molti lavoratori precari e part-time.

Secondo questo criterio, dal 2011 in poi in Italia c’è SEMPRE stata austerità, salvo nel periodo in cui il Covid ha costretto il governo a effettuare forti interventi di sostegno (e la UE ad accettare che avvenissero). La crescita è stata debole se non inesistente o negativa, l’occupazione problematica e precaria, e l’inflazione – rispetto ai target fissati dalla BCE stessa – troppo bassa.

L’unico periodo di inflazione elevata è stato causato non da eccesso di domanda, ma da fenomeni esterni – problemi nelle catene di fornitura post lockdown, guerra in Ucraina. Ma siamo ormai rientrati stabilmente sotto il 2%.

Per cui sì, in Italia dal 2011 abbiamo vissuto, E SIAMO TUTTORA, in un contesto di austerità pressoché permanente. Con gravissimi danni all’occupazione, alla crescita, al tessuto economico. E SENZA aver minimamente risolto i problemi della finanza pubblica – problemi che peraltro non sarebbero MAI esistiti se non fossimo entrati nell’euro.

martedì 28 maggio 2024

Il deficit pubblico non è un costo

 

Un passo fondamentale per migliorare ENORMEMENTE la gestione economica dell’Italia (e per la verità di molti altri paesi) è rendersi conto che il deficit pubblico NON E’ UN COSTO.

Perfino i più accaniti critici del superbonus, ad esempio, ammettono che ha prodotto un significativo, e insperato, recupero di PIL e di occupazione, ma, affermano, “a un costo troppo alto”.

In regime di moneta fiat, generare un deficit pubblico NON COMPORTA COSTI. Se riattiva risorse produttive al momento inoperose, tramite incremento di domanda e di occupazione, è solo un beneficio macroeconomico, non un costo.

Se invece non ci sono risorse produttive da riattivare, il deficit genera inflazione. Quindi è un errore incrementarlo in quelle condizioni, perché crea disordine e effetti redistributivi indesiderati, senza necessità. Ma è un’inefficienza. NON E’ UN COSTO.

Il costo per il sistema economico è l’austerità: una carenza di potere d’acquisto nell’economia che produce sottoccupazione delle risorse produttive. QUELLO è uno spreco puro, e va assolutamente evitato. Mentre le regole dell’eurosistema sono concepite in modo tale da crearlo.

domenica 26 maggio 2024

Marcello Spanò: una pregevolissima analisi socio-economica

 Ho molta stima di Marcello Spanò, docente all'Università dell'Insubria, che considero uno dei migliori economisti italiani (ma non essendo mainstream, difficilmente ne sentirete parlare sui giornaloni paludati).

Qui trovate un suo recentissimo pezzo, del 7 maggio scorso, che invito tutti a leggere e a prendere come spunto di seria riflessione.

I partiti socialisti europei hanno lanciato un appello a liberali e conservatori affinché non cedano alla tentazione di "normalizzare la destra nazionalista" dopo le elezioni. L'orizzonte che si prospetta dopo le prossime elezioni di giugno, come tutti si stanno accorgendo, è un'avanzata dei partiti di destra lepeniana-orbanista-alternativefürdeutschlandista che al momento sono all'opposizione.
Il problema è che queste forze di estrema destra rastrellano voti provenienti dalle fasce sociali escluse dal benessere economico che i partiti espressione dell'attuale alleanza della commissione Von Der Leyen (tra cui i socialisti) stanno governando da decenni.
Sono movimenti di ispirazione autoritaria che rispondono a una forte richiesta di protezione, sia da parte delle imprese a rischio di sopravvivenza, sia da parte del lavoro precario e povero, sottoposto alla concorrenza del lavoro ancora più precario e più povero proveniente dai confini dell’Europa. Il loro concetto di protezione non è universalistico, ma si fonda sull’esclusione di alcuni soggetti a vantaggio di altri. I soggetti esclusi per eccellenza sono gli stranieri (ma non solo: si pensi per esempio alla questione dei diritti civili e alle politiche per la famiglia).
La destra, quindi, avanza perchè gli esclusi dal benessere economico nel tempo aumentano. Questa semplice considerazione dovrebbe interrogarci tutti, e in primis i partiti che ancora si denominano "socialdemocratici", sul tipo di democrazia che abbiamo costruito in Europa.
La politica e la stessa architettura istituzionale europea si fondano su un compromesso sociale post-fordista, che rompe con quello fordista prevalente fino più o meno agli anni settanta del novecento. Il patto sociale fordista, ormai rottamato, può essere a grandi linee definito come un'alleanza fra una parte del capitale industriale e il lavoro salariato. Il patto post-fordista è invece caratterizzato grosso modo dall'alleanza fra il capitale finanziario e una parte del lavoro salariato. La parte del lavoro salariato che è stata beneficiata da questo nuovo patto sociale è, con una scala di sfumature, quella del lavoro a maggiore qualificazione e ad alto grado di istruzione. Il blocco sociale che sostiene sia il macronismo in Francia, sia l'attuale maggioranza von Der Leyen nell'UE, sia i governi di grossa coalizione tedeschi, sia i governi italiani tutti, è grosso modo espressione di questo patto post-fordista.
Il patto, o compromesso, post-fordista ha progressivamente portato a diverse conseguenze socialmente pericolose: l'incremento delle disuguaglianze, lo smantellamento dello stato sociale l'aumento della precarietà, la crescita delle sacche di povertà, l'estromissione delle fasce sociali popolari dai principali centri urbani, un'alta disoccupazione strutturale. Questi effetti, se da un lato hanno funzionato come strumento per abbassare il grado di conflittualità sociale, che negli anni sessanta e settanta era andato crescendo, dall'altro hanno di anno in anno, di crisi in crisi e di riforma in riforma eroso il consenso politico intorno ai governi di (sempre più) grossa coalizione.
In un contesto in cui il consenso politico intorno agli attori del compromesso post-fordista vacilla, e in cui viene meno il sostegno degli elettori alle "riforme necessarie" (smantellamento dello stato sociale, precarizzazione del mercato del lavoro, redistribuzione dei redditi verso l'alto), la democrazia stessa - dal punto di vista delle classi dominanti - è vista come un ostacolo. Per difendersi dal rischio di delegittimazione e di perdita di egemonia, nel corso degli anni la classe dominante, in mancanza di argomentazioni più convincenti, si è aiutata direttamente con la forza e la violenza di Stato (come in Francia contro chi protestava), oppure agitando lo spauracchio mediatico di un'emergenza o di un pericolo per la democrazia stessa. In Italia (l'avanguardia europea della normalizzazione), il pericolo è stato rappresentato da Berlusconi e i suoi accoliti negli anni novanta, via via normalizzati per fronteggiare l'emergenza dei grillini populisti, successivamente normalizzati per fronteggiare (con l'aiuto dei supertecnici supercompetenti) l'emergenza del pericolo sovranista (va be', adesso questi hanno fatto breccia e sono al governo, ma fanno quello che l'UE e gli USA dicono di fare: chi saranno, allora, i prossimi topi di fogna da normalizzare?). In Francia, il pericolo è transitato in fasi alterne dai terroristi islamici, alla "feccia" delle banlieux, ai lepenisti. Negli anni recenti, grazie anche al pretesto della pandemia, il cambiamento climatico è stato adottato come argomento emergenziale per giustificare sacrifici sociali, favori al grande capitale, ulteriore impoverimento delle fasce medio basse. Nel 2024, alle soglie delle elezioni europee, il pericolo Putin ha preso gran parte della scena un po' ovunque. La destra estrema, peraltro, condivide gran parte dei valori e della filosofia politica di Putin, quindi quale occasione migliore per fare di tutta l'erba un fascio e alimentare la narrazione di una democrazia accerchiata da pericoli esterni?
Alla luce delle considerazioni precedenti, a me sembra tuttavia evidente che ad accerchiare la democrazia oggi non è Putin, non sono i picchiatori fascisti nostrani, ma sono stati, e non da oggi, gli stessi partiti che lanciano l'allarme. E la ragione è semplice: la sopravvivenza del compromesso post-fordista è incompatibile con la democrazia parlamentare come l'abbiamo conosciuta nel dopoguerra.
I socialdemocratici, poi, sono particolarmente ipocriti, perchè per raccogliere voti non esitano a sventolare la bandiera del lavoro, del salario e dello stato sociale, facendo leva su punti di forza, parole chiave, visioni del mondo appartenenti al vecchio patto fordista che loro stessi hanno attivamente contribuito a rottamare. Più che contro la normalizzazione dell'estrema destra, sarebbe opportuno lanciare un appello per la de-normalizzazione dei socialdemocratici europei.

giovedì 23 maggio 2024

Moneta, fisco e mistificazioni

 

E’ perfettamente possibile che una moneta nasca come mezzo di scambio in seguito a un libero accordo tra privati. Ma è del tutto normale che la moneta principalmente in uso in uno Stato, quella quotidianamente e ordinariamente utilizzata, sia la moneta in cui lo Stato stesso chiede di pagare le tasse.

In altri termini, una Moneta Fiscale. Lo Stato del resto è di gran lunga il singolo soggetto economico di maggior rilievo, dato che intermedia una quota di PIL compresa, nella maggior parte dei paesi, tra il 30% e il 50%.

E’ quindi del tutto ridicolo, è un’affermazione comica (se non avesse conseguenze tragiche) che uno Stato “abbia bisogno di farsi prestare i soldi” e debba soffrire di limiti di spesa in seguito alle opinioni dei mercati finanziari.

Lo Stato può spendere fino a saturazione delle proprie risorse produttive e non ha limiti fintantoché l’inflazione rimane ragionevolmente sotto controllo.

E’ una verità elementare che però viene costantemente e quotidianamente negata, da quasi tutti i politici, dagli economisti mainstream e da quasi tutti i commentatori.

Questa è una delle grandi tragedie del mondo occidentale moderno, ed è una delle cause, forse la principale, della sua decadenza.

lunedì 20 maggio 2024

Il non problema del deficit pubblico

 

Il mondo occidentale soffre di un gravissimo problema nella gestione delle sue politiche economiche. La ragione ? si è diffusa e viene alimentata la convinzione che il deficit pubblico sia un problema.

Perché mai uno Stato che spende più di quanto incassa sotto forma di imposte dovrebbe andare in difficoltà, se la spesa avviene utilizzando moneta emessa dallo Stato medesimo ?

Si tratta, in realtà, di un meccanismo tramite il quale la moneta viene immessa nel sistema economico.

E la moneta che circola nel sistema economico DEVE AUMENTARE NEL TEMPO, via via che le economie si sviluppano. E’ totalmente logico e normale che ci sia più moneta in circolazione oggi rispetto a 50 o a 100 anni fa, perché produzione e consumi sono decisamente più alti oggi che 50 o 100 anni fa.

Naturalmente l’immissione di moneta nel sistema economico può essere eccessiva e produrre inflazione. Di conseguenza NON è corretto dire che QUALSIASI livello di deficit è appropriato.

Ma è assolutamente vero che la condizione NORMALE di uno Stato è il deficit del bilancio pubblico. Normale, non patologico.

E affermare che uno Stato con il bilancio in pareggio è “virtuoso” mentre uno Stato con un deficit del 3%, del 5%, o del 7% “ha un problema” e “deve mettere in ordine i conti” è, semplicemente, un’asserzione priva di fondamento.

sabato 18 maggio 2024

I vincoli inesistenti della finanza pubblica giapponese

 

La bestia nera degli euroausterici, il Giappone, vive tranquillo e non ha nessun problema di finanza pubblica con il suo debito / PIL al 260%. Perché ? ma perché è debito in yen, che è la moneta sovrana giapponese.

Qualcuno cerca, nonostante ciò, di favoleggiare che in realtà il Giappone ha un potenziale problema, perché “è obbligato a tenere i tassi a zero”. Altrimenti la spesa per interessi “andrebbe fuori controllo”.

Non si capisce perché “uscirebbe di controllo”, dato che gli interessi su un debito in yen sono anche loro moneta sovrana, emessa dallo stato giapponese.

In realtà il Giappone potrebbe benissimo riconoscere tassi d’interessi più alti sui titoli di Stato. Semplicemente non lo vuole fare, non vuole riconoscere questo tipo di rendimento ai suoi rentiers.

Questo, insistono gli euroausterici, ha però come conseguenza l’indebolimento dello yen sul mercato dei cambi, che a loro dire “non può proseguire all’infinito” e quindi costringerebbe prima o poi il Giappone ad abbandonare la politica dei tassi zero, o quasi, sul debito pubblico.

Indebolimento dovuto per inciso al fatto che i tassi sul dollaro, sull’euro, eccetera, non sono a zero (non più) ma stanno al 3% o al 4%.

Sfugge però che questo indebolimento del cambio non crea nessuna difficoltà al Giappone, in quanto non ha avuto alcun impatto di maggior inflazione. Anzi, l’inflazione giapponese non ha neanche sofferto, se non in minima parte, dell’incremento subito in Occidente con la fine dei lockdown e con il conflitto ucraino.

Il cambio debole dello yen al contrario ha prodotto due notevolissimi vantaggi alle aziende e agli investitori: ha reso le aziende più competitive, e ha aumentato il valore degli investimenti esteri detenuti da residenti giapponesi.

Il debito pubblico giapponese è assolutamente un non problema, e la sua politica dei tassi non soffre di alcun vincolo. Questa è la realtà che gli euroausterici non vogliono accettare. Normale: hanno un modello di analisi sbagliato e ci hanno costruito troppi castelli in aria, per troppi anni, per abbandonarlo.

domenica 12 maggio 2024

Fantasticherie sul Superbonus: fatevi due domande

 

L’ineffabile Giancarlo Giorgetti è arrivato a paragonare l’effetto del Superbonus sui conti pubblici alla catastrofe del Vajont. Ci sarebbe da ridere se non fosse stata chiamata in causa una tragedia che ha prodotto migliaia di morti.

Fatevi invece due domande in merito alle affermazioni di Giorgetti, anzi aggiungetene poi una terza.

La prima domanda: se veramente il Superbonus ha prodotto una catastrofe sui conti pubblici, come mai non si registra alcuna tensione sullo spread e sui rendimenti dei titoli di Stato italiani ?

La seconda: se veramente c’è “un buco da 200 miliardi” com’è che le manovre correttive che (si ipotizza) saranno necessarie in sede di prossima legge di bilancio sono dell’ordine di QUALCHE miliardo, non decine o centinaia ?

E poi la terza domanda:

possiamo veramente credere all’utilità di votare Lega per “rafforzarne l’ala sovranista”, nel momento in cui la Lega è il partito di Giancarlo Giorgetti ?

Io la mia risposta ce l’ho, ed è una risposta che non mi piace.

Ma non mi pare una buona idea coltivare illusioni, né credere alle favole.

giovedì 9 maggio 2024

Chiariamoci sul Giappone

 

Il Giappone è una delle bestie nere degli euroausterici: enorme debito pubblico, altissimi e persistenti deficit, monetizzazione costante ed elevata da parte della Banca Centrale, tassi vicini a zero da trent’anni. Dovrebbe avere rischi enormi di insolvenza e/o di inflazione – SE la visione euroausterica avesse qualche atomo di plausibilità – e invece ? e invece no.

Non tutti gli euroausterici però demordono. Anzi qualcuno arriva a dire che “eh ma il Giappone è un caso diverso, i motivi sono noti, non puoi prenderlo a paragone”.

Per quali ragioni il Giappone “sarebbe diverso” ? perché hanno gli occhi a mandorla e hanno inventato Godzilla ? no, l’euroausterico in questo caso cerca di argomentare. Ma non va lontano.

“In realtà il dato giapponese di debito pubblico / PIL, il 260%, non è confrontabile perché c’è un diverso trattamento contabile degli impegni pensionistici”. Scrivere al Fondo Monetario Internazionale, please. I dati li riportano loro, c’è da supporre che siano rilevati in modo coerente e omogeneo, e dicono che il debito / PIL giapponese è quasi il doppio di quello italiano e più del doppio di tutti gli altri.

“Il Giappone ha grandi riserve valutarie”. E allora ? queste riserve non sono poste in alcun modo, né formale né sostanziale, a garanzia del debito.

“Una percentuale molto alta del debito pubblico giapponese è posseduto da residenti”. Quindi ? la “tutela” sarebbe che nel caso il governo si riserva la possibilità di non ripagare i residenti, cioè di espropriarli ?

“Il Giappone ha bassa fiscalità e quindi margini per aumentarla”. Se fosse così l’Italia sarebbe tranquilla perché ha alta spesa pubblica e “può quindi tagliarla”. Gli effetti li abbiamo visti in seguito all’applicazione delle politiche di austerità, 2011-3. L’austerità non aiuta in alcun modo la gestione del debito pubblico.

“Una grossa quota del debito pubblico giapponese è detenuta dalla Banca Centrale”. QUI CI SIAMO, ma l’euroausterico a questo punto ci sta solo dando ragione. Il debito in moneta propria, garantito e nel caso acquistato dal proprio istituto di emissione, non genera MAI rischi d’insolvenza.

Alla fine del salmo, l’euroausterico ammette (forse senza accorgersene) che abbiamo ragione noi. Il problema della finanza pubblica italiana è un problema INVENTATO, e deriva dalla rinuncia a utilizzare la PROPRIA moneta.

Tutto qui.

lunedì 6 maggio 2024

Il superbonus e le buche di Keynes

 

Sarebbe stato meglio utilizzare il superbonus per qualcosa di diverso dall’efficientamento energetico degli edifici ? questo si può senz’altro sostenerlo. Ma è una critica ben diversa rispetto a vaneggiare di un presunto “buco” che il superbonus avrebbe creato.

Ipotizziamo pure che il superbonus abbia incentivato una forma di spesa completamente inutile. Si tratterebbe, nel caso, di un’esemplificazione dell’apparente paradosso keynesiano: quando le risorse produttive sono fortemente inutilizzate, quando c’è carenza di domanda, produzione e occupazione, è ENORMEMENTE meglio pagare qualcuno per scavare buche e poi riempirle, rispetto a non far nulla, o peggio ancora rispetto a fare tagli e aumentare tasse per cercare di ridurre il deficit di bilancio pubblico.

Una volta di più, ricordiamo che la completa uscita degli Stati Uniti dalla Grande Depressione è avvenuta solo con la seconda guerra mondiale. Cioè con l’enorme aumento della spesa militare. Che sul piano economico è la forma di spesa più inefficiente che esista. E’ spesa distruttiva: spreco puro.

Il superbonus, l’emissione di Moneta Fiscale, ha permesso all’economia italiana di riprendersi molto più intensamente e rapidamente rispetto alle aspettative più ottimistiche. E non crea nessun buco. Problemi ci saranno solo se per rincorrere parametri di bilancio privi di qualsiasi logica si attueranno tagli di deficit. Quando invece è perfettamente possibile emettere nuova Moneta Fiscale, via via che quella esistente viene utilizzata.

Lasciate pure che i Monti, i Boeri, i Perotti, i Cottarelli, i Trezzi, le De Romanis, i Fubini, i De Bortoli delirino. La Moneta Fiscale funziona e deve diventare uno strumento permanente per l’attuazione delle politiche economiche necessarie al paese. Poi discutiamo sulle TIPOLOGIE di applicazione. Alcune sono migliori di altre. Discutiamo di TEMPISTICHE e di DIMENSIONI. Alcune sono più appropriate di altre. Ma non sogniamoci nemmeno per un istante di dar credito a chi da anni cerca di spingere l’Italia nella direzione sbagliata.

 

domenica 28 aprile 2024

Banche centrali ed eserciti mercenari

 

Mi era balzato in testa il seguente parallelo: l’esistenza di una banca centrale, o per essere più precisi un istituto di emissione monetaria, indipendente dal potere politico, equivale ad avere in casa un esercito mercenario, dopo essersi privati del proprio.

Ma dopo breve riflessione, mi sono reso conto che in realtà è anche peggio.

Un esercito mercenario non è necessariamente formato da stranieri. E’ in effetti un esercito di volontari, non di leva, che paghi per il servizio che ti rende. Può essere estremamente efficiente ed affidabile e servire con lealtà e scrupolo il suo committente (almeno finché il committente paga). Leali e scrupolosi si dice ad esempio che fossero, durante il tardo Medioevo e il Rinascimento, i mercenari svizzeri.

Una banca centrale indipendente dal potere politico non è l’equivalente di un esercito di volontari pagati. E’ l’equivalente di una forza di occupazione straniera.

Straniera anche se magari è in parte o in tutto formata da cittadini del tuo paese: perché se è “indipendente” significa che non risponde al tuo governo, quindi non risponde al tuo elettorato, quindi non risponde alla TUA POPOLAZIONE.

Un vulnus gravissimo, inaccettabile, per la democrazia.

Se poi non credete alla democrazia, perorate pure la causa dell’istituto di emissione indipendente.

Però siate onesti e ditelo: siete antidemocratici.

venerdì 26 aprile 2024

Stima e simpatia per Claudio Borghi, ma

 

Di Claudio Borghi ho stima, e sulla base delle poche volte che ho avuto occasione di incontrarlo e di parlargli mi è anche simpatico.

Però quando perora la causa di “votare Lega per cambiare la UE da dentro” ho tre perplessità, alquanto robuste.

La meno importante delle tre, è che anni fa Borghi sosteneva come e qualmente “cambiare la UE da dentro” fosse una mission impossible. E’ la meno importante perché cambiare idea è lecito, e a volte anche saggio.

Le due più importanti sono che all’interno della Lega troviamo:

Giancarlo Giorgetti, che da ministro dell’economia ha fatto di tutto per affossare la Moneta Fiscale

nonché

Alberto Bagnai, che gli ha tenuto bordone con sproloqui pseudoragionieristici da matita blu (vedi qui e qui).

Il punto è che la Moneta Fiscale è la via plausibile e percorribile per risolvere le spaventose disfunzioni dell’Eurozona. L’unica realistica: tecnicamente e soprattutto politicamente.

E sparare contro la Moneta Fiscale non mi dice bene in merito alle capacità della Lega di cambiare la UE.

Da dentro o da fuori o da sopra o da sotto o da destra o da sinistra.

Felice, nel caso, di sbagliarmi.