Rimane, chissà perché, molto folta la compagine di
economisti, politici, commentatori economici (da bar ma anche no) convinti che
uno dei problemi dell’Italia sia la bassa dimensione media delle aziende, e che
si risolverebbe chissà che cosa con provvedimenti tipo incentivi alle
aggregazioni.
Tempo fa avevo debunkato l’argomentazione riguardante
la bassa produttività del lavoro delle microaziende. Vedi qui: la bassa
produttività del lavoro si accompagna a un’alta produttività del capitale
investito, e dipende dal fatto che le PMI sono tipicamente poco capital
intensive. Se hai bisogno di molto capitale fisico per operare,
naturalmente la tua produttività del lavoro deve essere elevata (se no chiudi),
ma hai anche spese elevate per investimenti e manutenzione degli impianti,
quindi non è affatto detto che il tuo modello d’impresa sia più efficace e più
sostenibile.
Però comunque le grandi aziende pagano meglio delle
piccole. Si dice. Ma è vero ?
Pochi giorni fa vedo circolare su LinkedIn questi dati
(fonte non citata, ma non ho ragione di dubitare della loro affidabilità)
secondo i quali le micro- e piccole aziende pagano effettivamente retribuzioni
più basse della media. Per cui comunque la crescita di scala resta un obiettivo
da perseguire. No ?
No. Sicuramente non sulla base di quei dati.
La tabella indica, ad esempio, che il costo del lavoro
medio per le aziende sotto i dieci dipendenti è 25.000 euro all’anno, ben al di
sotto della media nazionale di 36.800.
Non è però messo in evidenza un dettaglio, tutt’altro
che irrilevante. L’azienda sotto i dieci dipendenti è, evidentemente, un
piccolo esercizio commerciale o artigianale. Dove il titolare lavora fianco a
fianco dei dipendenti, ma non è un dipendente. Percepisce il suo reddito come
lavoratore autonomo, o come amministratore, o magari come detentore delle quote
di capitale.
Prendiamo ad esempio un’ipotetica aziendina con cinque
dipendenti, che lavorano fianco a fianco con, e alle dipendenze del, titolare.
I cinque percepiscono 25.000 euro lordi, il titolare (che ha avviato l’azienda,
che si assume il rischio di impresa, che in genere è più avanti di età e più esperto)
si paga 100.000 euro lordi di emolumenti da amministratore.
Il costo del lavoro VERO è 25.000 x 5 + 100.000 =
225.000 cioè 37.500 euro a persona. E la differenza rispetto alla media
nazionale di 36.800 sparisce.
Un esempio irrealistico o comunque ipotetico ? ve ne
faccio un altro concreto. Sto negoziando la possibile acquisizione di una
piccola ma florida azienda meccanica, con 24 dipendenti e un costo del lavoro
totale (nel 2022) di 1.200.000 euro all’anno. Il costo del lavoro per
dipendente qui è sopra la media, l’azienda del resto impiega un buon numero di
tecnici specializzati: 50.000 euro.
Ma quest’ultimo dato è una sottostima perché nell’azienda
opera anche il titolare, che si paga la bellezza di 500.000 di emolumenti annui
nonché 1.200.000 di dividendi.
Fare la media mettendo nel conto tutto ciò che
percepisce il titolare non sarebbe corretto. Questa comincia a essere un’azienda
strutturata, che ha effettuato investimenti, che ha un valore a prescindere da
chi la conduce. Tanto è vero che, in vista della possibile cessione, si è già
definito di assumere un direttore generale che prenderà le funzioni dell’attuale
titolare.
E il manager entrante non percepirà, naturalmente,
500.000 euro all’anno né tantomeno 1.200.000 o 1.700.000. Sarà un dipendente, non
un azionista. Ma un dipendente altamente qualificato e specializzato, con una
retribuzione lorda annua di 250.000 euro.
Il che significa che non avremo più un monte
retribuzioni di 1.200.000 per 24 persone, ma di 1.450.000 per 25. E “come per
magia” la media salirà da 50.000 a 58.000.
Cosa ci dice tutto questo ?
Che bisogna interpretare i dati e non prendere una tabella
come un oracolo, senza riflettere sulla realtà sottostante. La grande
maggioranza delle aziende sotto i 50 dipendenti, ma anche moltissime di quelle
tra i 50 e i 250, hanno pochi o nessun dirigente perché le funzioni manageriali
sono svolte dai titolari (che spesso sono più di una persona, e magari
comprendono membri della stessa famiglia).
E i titolari abbassano la media del costo del lavoro
per dipendente perché… non sono dipendenti.
La crescita implica migliori retribuzioni per i
dipendenti ? sì, ma non perché le aziende “si concentrano”. Implica migliori
retribuzioni se l’economia è in pieno impiego, se la domanda è tonica, se le
aziende (grandi e piccole) sono incentivate a competere per assicurare buone
condizioni ai lavoratori.
Non è il modello PMI italiano che è diventato obsoleto.
L’economia italiana è andata in crisi perché da un quarto di secolo sta facendo
austerità per cercare di risolvere (senza riuscirci) un problema inventato (il
debito pubblico, che lasciandolo in lire problema non sarebbe mai stato). E
perché usa una moneta straniera, sopravvalutata per i propri fondamentali.
Ma a chi ha sostenuto la demenziale decisione di
entrare nell’euro e di aderire ai trattati europei, naturalmente, i capri
espiatori fanno comodo. E le PMI sono uno dei capri espiatori preferiti.