giovedì 11 dicembre 2025

La moneta è il carburante

 

A pranzo con alcuni amici, pochi giorni fa, spiegavo un concetto ben chiaro ai lettori di questo blog: che per uno Stato un bilancio pubblico in deficit non è un’aberrazione ma, al contrario, una situazione totalmente normale. Perché un’economia, via via che si sviluppa, ha bisogno di incrementare le attività finanziarie in circolazione, il potere d’acquisto in circolazione, la moneta in circolazione. E il deficit pubblico è il sistema più efficace per attuare questo incremento.

Non mi ha sorpreso sentire controbattere a questa argomentazione un’obiezione tipicissima: che bisogna però che il deficit sia ben impiegato, ben indirizzato, che i soldi siano spesi bene.

E chi lo nega ?

L’osservazione è corretta ma porta fuori strada. E’ come dire: l’auto è a secco ma se fai il pieno certo, si rimetterà in moto, “ma poi bisogna vedere come guidi”.

Per carità. Una volta che l’auto parte, sarà meglio non mandarla a sbattere contro un muro.

Ma l’alternativa non è lasciarla a secco e rimanere fermo.

E l’Italia invece da venticinque, trent’anni, da Maastricht e dall’euro in poi, è ferma perché qualcuno ci ha raccontato, e ci racconta ancora, che è giusto stare a secco e che bisogna vergognarsi di fare il pieno.

 

lunedì 8 dicembre 2025

La follia dell’ingresso italiano nell’euro

 

L’economia italiana ha smesso di crescere nel momento in cui ha adottato l’euro. Di fronte a questa constatazione, si sente spesso obiettare che l’euro ce l’hanno anche gli altri (paesi dell’Eurozona).

La risposta è duplice. In primo luogo, l’euro per metà dei paesi dell’Eurozona è una moneta più forte rispetto alla precedente moneta nazionale. Per l’altra metà, è più debole. I secondi, al contrario dei primi, hanno avuto un vantaggio in termini di competitività internazionale.

Però altri paesi a valuta debole, tipo Spagna e Portogallo, se la sono cavata meglio dell’Italia. Motivo ? semplice: l’Italia ha preso molto più sul serio i vincoli fiscali UE, si è sforzata molto di più di rispettare il vincolo del 3%.

La ragione ? l’Italia è entrata nell’euro con un’incidenza del debito pubblico sul PIL più alta degli altri. Quindi questa incidenza andava comunque ridotta, anche se avessimo tenuto la lira, no ?

No.

Il debito pubblico denominato in moneta nazionale era assolutamente un non problema. Era un utile strumento di impiego del risparmio finanziario privato, e non creava nessun rischio di insolvenza. Nessuno ti può mandare in default per un “debito” espresso nella moneta che emetti tu.

La conversione del debito pubblico da lire ad euro ha creato un problema dove non ce n’era nessuno.

L’euro è un progetto insensato e disfunzionale. Ma non ha danneggiato nessun paese quanto l’Italia.

Se non si comprende questo, tutte le altre analisi, diagnosi e proposte in merito al malessere economico italiano sono chiacchiere prive di interesse e di contenuto.

sabato 6 dicembre 2025

Invertire il declino demografico

 

Credo non sia sufficientemente chiaro che il mondo economicamente sviluppato, anzi tutto il mondo fatta eccezione (per ora) per l’Africa e per alcuni paesi islamici, va incontro a un fenomeno di contrazione della popolazione.

Questo è particolarmente evidente in Italia, dove anno dopo anno si assiste a un declino delle nascite, ormai poco sopra le 300.000, contro il milione annuo del periodo del baby boom. Ma è un fenomeno rilevabile, in termini più o meno accentuati, praticamente in tutta Europa, Asia e America.

Come ho già detto, l’austerità fiscale enfatizza il problema ma una volta tanto non ne è la causa principale. La causa principale è l’evoluzione della società. In termini molto crudi e magari imputabili di non essere politically correct, le donne oggi hanno alternative rispetto al fare figli per assumere un ruolo nella società.

Alternative che in un passato non lontanissimo non erano disponibili, perlomeno nella stragrande maggioranza dei casi. Sempre per essere molto chiaro: quando ero un ragazzino una trentenne non sposata e senza figli era considerata una sfortunata zitella. Forse non da tutti, ma nel comune sentire popolare era così. Oggi non più, e io non rimpiango certo il passato. Ma l’origine del declino demografico è questa.

Se vogliamo riportare le nascite sopra il tasso di sostituzione, che per l’Italia significa almeno 500.000 nati all’anno, e salvo ipotizzare che prenda piede l’ectogenesi (ma non mi è chiaro se i problemi tecnologici, e ancora di più quello etici e legali, siano superabili) è necessario che la maternità torni a essere un’attività socialmente ambita, nonché sostenuta da adeguati incentivi economici.

Quest’ultimo punto magari sembra intuitivo ma temo sfugga che cosa dovrebbero essere gli “adeguati incentivi economici”. Non qualche migliaio di euro una tantum ma qualche DECINA di migliaia di euro TUTTI gli anni per ogni figlio minorenne.

A regime, 500.000 nati all’anno vorrebbero dire nove milioni di bambini e ragazzi a fronte dei quali erogare alle famiglie, poniamo, 30.000 euro cadauno. Fa 270 miliardi annui, corrispondenti al 12% del PIL (odierno).

Vi pare molto ? non lo è, se pensate alle ricadute in termini di sviluppo economico. Se pensate all’alternativa in termini di spopolamento del paese. Se riflettete sul fatto che si discute serenamente di spendere il 5% del PIL per la difesa.

Io credo che qualcosa di simile possa diventare un’eventualità di cui si parlerà seriamente entro una decina d’anni, e che potrebbe essere attuata entro una ventina.

Basta liberarsi delle attuali credenze superstiziose in merito ai “vincoli di finanza pubblica”, e ci si rende conto che nulla di quanto sopra è impossibile.

 

martedì 2 dicembre 2025

Debito pubblico e debito estero, la solita confusione

 

I presunti, sedicenti esperti che si candidano ad assumere la conduzione dell’economia del paese, affermando di possedere diagnosi e ricette, cadono in terrificanti confusioni su concetti che dovrebbero ormai essere chiari a chiunque.

Poco fa Luigi Marattin vaneggiava su twitter, pardon su X, che l’Italia è il terzo paese più indebitato al mondo, dopo Giappone e Grecia, e tra poco sarà il secondo.

Quello a cui Marattin si riferisce in realtà è il rapporto tra debito pubblico e PIL. Ma il debito pubblico non è il debito DEL PAESE. E’ il debito del SETTORE PUBBLICO, appunto.

Se parliamo di debito del paese, l’indicatore rilevante è la NIIP (Net International Investment Position), cioè il saldo netto tra attività patrimoniali estere possedute da residenti italiani, e attività patrimoniali italiane possedute da residenti esteri.

Questo è il dato che possiamo considerare il migliore indicatore del debito (netto) estero. Solo che non è un debito. La NIIP dell’Italia al 30.6.2025, come riportano i dati Bankitalia, era POSITIVA per 238 miliardi. Era un CREDITO.

Come è possibile avere una NIIP a credito in presenza di un alto debito pubblico ? ma semplicemente perché il debito pubblico è in larga maggioranza detenuto da residenti italiani.

Suggerimenti sensati di politica economica possono provenire da chi è così fuori strada su un tema così elementare ? Non contateci.

sabato 29 novembre 2025

Finanza pubblica, sproloqui e come contrastarli

 

A tutti quelli che sproloquiano sul “deficit pubblico che impoverisce il paese” e sul “debito pubblico che incombe sulle future generazioni”, fate notare che

Ogni volta che si forma un deficit nei conti pubblici, significa che sono stati immessi nel settore privato dell’economia più soldi di quanti se ne siano prelevati con le tasse.

Ogni volta che il debito pubblico si incrementa, significa che il settore privato dell’economia si trova a detenere una maggior quantità di risparmio finanziario, sotto forma (in genere) di titoli di Stato.

Quindi: 

il cosiddetto “risanamento dei conti pubblici” significa prelevare risorse finanziarie dal settore privato e ridurre il risparmio finanziario detenuto dal settore privato.

mercoledì 26 novembre 2025

Procedure di deficit eccessivo

 

Se proprio si volesse dare un senso logico alla prassi UE di gestire la governance economica tramite l’apertura di “procedure per deficit eccessivo”

(…come se “UE” e “senso logico” potessero essere messe nella stessa frase…)

se proprio si volesse, l’unico approccio sensato sarebbe richiedere agli Stati di adottare misure fiscali utili al contenimento dell’inflazione, se quest’ultima rischia di diventare troppo elevata.

Ma attenzione: queste misure non devono necessariamente basarsi sulla riduzione del deficit pubblico. Misure antinflazionistiche appropriate, soprattutto in presenza di tensioni sui prezzi provenienti dal lato degli input, dell’energia, delle materie prime, possono benissimo basarsi sulla riduzione delle imposte indirette, della tassazione dei consumi, delle accise.

Siccome avrebbe senso logico, lungi da me sperare che a Bruxelles qualcuno spinga in questa direzione.

martedì 25 novembre 2025

Giappone come la Turchia ??

 Il buon Robin Brooks come fa spesso ha piazzato un grafico su twitter per criticare la politica economica giapponese, sulla base della considerazione che lo yen "è debole in termini reali quanto la lira turca".

Ora, sarà anche vero che lo yen in un determinato arco temporale si è svalutato, rispetto a quanto giustificato dalle differenze d'inflazione, quanto la lira turca. Il punto però è che questa svalutazione in Giappone non ha generato alcun preoccupante livello d'inflazione.


E perché ci si dovrebbe preoccupare di una svalutazione in assenza d'inflazione ? i prezzi interni non aumentano. Le aziende esportatrici diventano più competitive. E gli investimenti in valuta estera dei giapponesi aumentano in termini di potere d'acquisto.

Dove sta il problema, Robin ?