giovedì 23 novembre 2023

Le confusioni sui saldi commerciali esteri

 

Alcune recenti discussioni su twitter, pardon su X, mi hanno fatto capire come il tema che pensavo di avere adeguatamente sviscerato in questo post generi ancora, invece, parecchie incomprensioni e confusioni.

L’argomento è: i deficit commerciali esteri sono un potenziale problema, per un paese ?

E la mia risposta, in sintesi, è che non lo sono se sono finanziati, direttamente o indirettamente, in moneta nazionale, cioè se il settore estero nel suo complesso è disposto ad aumentare le attività finanziarie nella moneta sovrana dell’importatore. Il che in pratica equivale a dire che il deficit commerciale è finanziato con emissione di moneta propria.

Altrimenti il paese in deficit aumenta il suo debito netto in moneta estera. E’ vero che si tratta di debito privato e non di debito pubblico, ma i debitori possono subire, in circostanze economiche negative, un dissesto che oltre certe proporzioni può mettere in difficoltà l’intera economia nazionale. E questo dissesto è molto più facile da “tamponare” se il passivo dei debitori privati è in moneta nazionale; decisamente più difficile se è in valuta straniera.

A questa argomentazione, mi sento spesso replicare che in realtà il problema non sussiste, perché l’importatore che deve pagare (poniamo) dollari ed è residente (poniamo) in Messico deve semplicemente andare dalla sua banca centrale e vendere pesos contro dollari, con i quali paga l’esportatore.

Piccolo dettaglio che questa linea di pensiero trascura: la banca centrale messicana per ottenere i dollari o si indebita, o li compra vendendo a sua volta pesos.

Ma in regime di cambio flessibile (mi si obietta) il cambio si aggiusterà in modo da consentirlo, giusto ? sarà quindi sempre possibile vendere pesos ottenendo dollari in quantità sufficiente.

Beh la risposta è che no, oltre certi livelli non è possibile. Altrimenti il Burundi (per esempio) potrebbe importare tutti i beni che vuole. Basterebbe emettere franchi burundiani e convertirli.

Il punto è che il cambio flessibile aiuta a gestire e anche a riassorbire i deficit commerciali da finanziare con pagamenti esteri. Ma solo entro certi limiti. Passati i quali, la pressione al ribasso sul cambio rende impossibile ottenere la valuta straniera nelle quantità necessarie.

Certo, gli USA non hanno problemi a finanziare il loro deficit commerciale – perché pagano dollari.

Certo, l’Australia ha registrato deficit commerciali per quarant’anni consecutivi senza generare difficoltà – perché il settore estero ha accettato di aumentare la sua detenzione di attività finanziarie in dollari australiani.

Ma non tutti i paesi si trovano in questa situazione. E quindi il deficit commerciale in moneta estera, cioè l’eccesso di importazioni pagate in valuta rispetto alle esportazioni a fronte delle quali si riceve valuta, ha un limite, oltre il quale diventa un problema.

2 commenti:

  1. Luigi Secchi: Un articolo chiarissimo come sempre. Un dubbio però. La tua potrebbe essere un'argomentazione (cervelloticamente) pro-euro. Assumendo che l'euro verrà utilizzato come valuta di riserva parziale (un dollaro di seconda scelta...) dal mondo, si potrebbe allora sostenere che l'euro rispetto alla lira ha questo beneficio: che, per il meccanismo che descrivi, la lira ci costringeva ad un maggiore equilibrio sulla bilancia dei pagamenti, l'euro invece ci permette di importare di più. La controargomentazione -forse- è far notare che questo è un gioco pericoloso...

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    1. Da un lato è pericoloso, dall'altro sarebbe in qualche modo un vantaggio se l'euro lo emettessimo noi. Ma è una moneta straniera, quindi una moneta a debito...

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