martedì 19 dicembre 2023

Ma quanti economisti cascano sulla partita doppia ?

 

Sul sito Eurointelligence, promosso e coordinato da Wolfgang Munchau, leggo oggi un pezzo di analisi economica che inizia con il seguente paragrafo:

Per essere (stando all’articolo) un “grande economista monetario”, Charles Goodhart dimostra di avere qualche “piccola” lacuna in materia di ragioneria, partita doppia e contabilità nazionale. La prima ragione da lui citata per temere che l’occidente sia destinato a una crisi fiscale è infatti il livello troppo basso dei tassi di risparmio.

Per cui non si riuscirebbe a finanziare i deficit pubblici salvo monetizzarli, creando inflazione incontrollata.

Caro Goodhart, ma è così difficile capire che, essendo il deficit del settore pubblico pari all’eccesso della spesa governativa rispetto alle tasse raccolte, il deficit medesimo si traduce, centesimo per centesimo, in FORMAZIONE DI RISPARMIO PRIVATO ?

I soldi immessi nell’economia tramite il deficit pubblico NON SI BRUCIANO. Rimangono all’interno del settore privato. Certo, circolano perché chi li riceve a un certo punto li spende. Ma spendendoli, li passa a un altro esponente del settore privato stesso – azienda o individuo che sia. Sempre risparmio privato di qualcuno è.

Le economie occidentali potrebbero non riuscire a raggiungere i loro obiettivi perché cercano di produrre beni e servizi eccedenti la loro capacità produttiva. Questo potrebbe creare problemi dal lato dei deficit COMMERCIALI esteri, oppure generare eccessi di inflazione.

Ma la supposta “carenza di risparmio privato” non c’entra veramente, MA VERAMENTE, NULLA.

 


3 commenti:

  1. Luigi Dagos: Non è proprio così... se la stampa di euro non ha un sottostante dato dall'economia reale (non dal risparmio) si crea inflazione. Con l'inflazione il risparmio privato crolla nel potere di acquisto, viceversa il debito pubblico è come se diminuisse, essendo meno costoso.

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    1. Sì ma non deriva da carenza di risparmio privato. Deriva dal tentativo di spingere l'economia oltre i suoi limiti di capacità produttiva.

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  2. Ugo Lenzi: Infatti il punto è proprio il commercio estero.
    Nel mondo moderno è indispensabile che l'economia di una nazione sia soggetta ad una forma indiretta di direzione e controllo.
    Se lo stato potesse stampare moneta e finanziasse in questo modo un reddito universale, nella situazione data, questo produrrebbe un deficit commerciale che, sussistendo il meccanismo regolatore del cambio, si traduce in una svalutazione della divisa nazionale.
    MA, se lo stato indirizza la spesa in infrastrutture che aumentano la produttività, un certo deficit della bilancia commerciale si verifica ugualmente (chi realizza le infrastrutture incassa l'investimento e, quindi, lo spende) però se la cosa avviene in un quadro di governo generale della economia, diventa possibile sostenere la produzione nazionale che grazie all'aumento della produttività per gli investimenti statali, acquisisce competitività con i produttori esteri e quindi da un lato si sviluppa una industria nazionale e dall'altro si intercetta parte della domanda riducendo il deficit commerciale.
    Nella situazione data, al contrario, fare impresa in Italia è impresa sovraumana. La mancanza del regolamento del cambio costringe di sostenere la competizione con i tagli a stipendi e salari, e un generale peggioramento delle condizioni dei lavoratori.
    Per queste ragioni i crediti fiscali liberamente negoziabili sono una idea GENIALE che concilia la possibilità dello sviluppo interno senza danni alla bilancia dei pagamenti.
    Non riesco a capacitarmi di come i nostri governanti non capiscano una cosa così semplice.
    E non è nemmeno da dire che sono venduti perché al Governo non sarebbe costato nulla, scaricando la colpa su quelli passati, rendere negoziabili, nelle more della loro maturazione, i crediti fiscali in via del tutto eccezionale e necessità dalla necessità di evitare le 7 piaghe d'Egitto (che a creare giustificazioni i nostri politici sono maestri).
    Visto che la propensione marginale a risparmiare i crediti fiscali, con ogni probabilità, sarebbe stata molto bassa, buttare 35 miliardi di crediti fiscali sulla liquidità, avrebbe verosimilmente generato un aumento di PIL in beni e servizi nazionali, di 4 o 5 volte.
    Vorrei vedere il potere contrattuale della Premier andando in Europa con l'Italia che, dopo 10 mesi di governo , avesse avuto un PIL cresciuto del 5 o 6% mente gli altri hanno fatto lo 0 virgola.
    Proprio non li capisco.

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