giovedì 12 novembre 2020

L’ultima difesa degli euroausterici

 

Uno Stato può, utilizzando la propria moneta, immettere potere d’acquisto nell’economia spendendo più di quanto preleva in tasse (il cosiddetto “deficit pubblico”, che in realtà è surplus del settore privato).

C’è naturalmente un vincolo da rispettare: non spingere l’immissione di potere d’acquisto nell’economia a livelli tali da portare la domanda al di là della capacità produttiva del sistema economico. L’eccesso di potere d’acquisto, infatti, innesca livelli eccessivi d’inflazione.

Gli ultimi mohicani che sostengono ancora l’utilità dell’attuale eurosistema – quelli che io chiamo euroausterici – e in generale i critici della MMT, nel cercare di contestare queste affermazioni si appigliano ancora a un’estrema linea di difesa. Ovvero: quanto detto sopra vale “se si emette una valuta di riserva internazionale”. Quindi lo possono fare gli USA, il Giappone, il Regno Unito (ma la sterlina è ancora una valuta di riserva ?), la Svizzera, ma non lo potrebbe fare l’Italia con la lira.

Sul perché questo debba essere vero, non ho letto nessuna spiegazione sensata. Magari c’è e quindi ringrazio in anticipo se qualcuno me la segnala.

Ma al momento, a me pare che lo status di valuta di riserva (concetto non del tutto ben definito, per la verità) c’entri poco o niente. Casomai si può affermare che se il tuo paese è di grande dimensione e rappresenta quindi un importante mercato di sbocco per i tuoi partner commerciali, puoi essere in grado di imporre il pagamento nella tua moneta per i beni e servizi che importi.

Questo evita il problema di generare debito (privato) in moneta estera per finanziare deficit commerciali, e li rende quindi maggiormente sostenibili nel tempo (non necessariamente, però, opportuni: alla lunga c’è il rischio di erodere la propria struttura produttiva).

Anche per un paese che paga le importazioni in moneta estera, comunque, mi pare proprio che le affermazioni di cui sopra siano perfettamente applicabili – con un’aggiunta.

Uno Stato può, utilizzando la propria moneta, immettere potere d’acquisto nell’economia spendendo più di quanto preleva in tasse (il cosiddetto “deficit pubblico”, che in realtà è surplus del settore privato).

I vincoli sono: non spingere l’immissione di potere d’acquisto a livelli tali da portare la domanda al di là della capacità produttiva del sistema economico, innescando eccessivi livelli d’inflazione; e non generare eccessi di domanda che causino alti e persistenti deficit commerciali da finanziare con indebitamento in moneta estera.

L’Italia oggi – con inflazione a zero e 60 miliardi all’anno di surplus commerciale – ha spazi ENORMI per immettere potere d’acquisto nel sistema economico.

Più esattamente: LI AVREBBE. Se emettesse la SUA moneta. O un appropriato succedaneo, quale i Certificati di Compensazione Fiscale.

 

4 commenti:

  1. I CCF mi paiono spariti dai radar. Fermi nelle secche di un comitato ristretto.

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    1. Ma si lavora per sbloccare. Il comitato ristretto intanto è stato nominato. Ed è partito un progetto di legge analogo al Senato (presentato da Fd'I).

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  2. Mi potrebbe chiarire in poche parole la differenza tra Suoi CCF e i Minibot di Borghi? Grazie

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    1. In supersintesi, i Minibot servono a circolarizzare crediti fiscali già esistenti, i CCF li creano invece ex novo. Più in dettaglio, v. il post del 18.6.2019.

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