sabato 10 febbraio 2018

Scende la borsa ma che fa…

Il ribasso dei mercati azionari alimenta supposizioni, commenti e tentativi di spiegazione. Ogni volta che la borsa entra in un periodo di alta volatilità (e la volatilità di solito è verso il basso, i rialzi tendono a essere graduali e costanti) è inevitabile che ci si chieda (1) perché succede (2) quanto durerà (3) se si aprono opportunità per gli investitori o al contrario è meglio affrettarsi a uscire (4) se ci sono da temere conseguenze per l’economia reale.

Sul “perché succede”, se ne leggono di tutti i colori. Possibile ripartenza dell’inflazione sia in USA che in Europa (ma nei dati ancora non si vede). Possibile salita più rapida del previsto dei tassi d’interesse (ma la Fed, nelle dichiarazioni dei suoi esponenti, rimane gradualista, e la BCE ha tuttora in corso – senza una previsione affidabile su quando terminerà – il Quantitative Easing).

Poi ci sono altre incertezze, di cui magari si parla meno ma che non sono affatto da escludere. Hard Brexit (e sì, non è per niente sicuro che tra Regno Unito e UE si trovi un accordo ragionevole). Instabilità politica (e no, non è ancora certo che in Germania la Grosse Koalition si faccia; per non parlare dei pochissimo prevedibili scenari italiani post voto del 4 marzo). Eurosistema che rimane fortemente disfunzionale (e no, le proposte di riforma franco-tedesche NON risolveranno nulla, al massimo si può sperare in un nulla di fatto - o in "riforme" puramente cosmetiche, che perlomeno non facciano danni). Tensioni commerciali tra USA e UE che potrebbero sfociare in guerre valutarie, applicazione di dazi o altro ancora.

Tutto questo è, o può rivelarsi, vero. Ma le incertezze sono, in realtà, sempre esistite. Il mondo non è diventato un posto più agitato del solito adesso (nel senso che lo era altrettanto anche prima).

Molto più banalmente: i punti di svolta del mercato sono imprevedibili. Ma diventano più probabili (a) quando i valori sono alti, nonché (b) in seguito a una lunga fase ascendente dei prezzi, senza correzioni.

Riguardo al mercato azionario di maggiore dimensione – gli USA - e prendendo a riferimento l’indice più liquido e significativo, l’SP500, la condizione (b) si è senza dubbio verificata. Contrariamente alle previsioni di allora, l’elezione di Trump ha innescato una lunga fase rialzista. Tra la chiusura dell’8.11.2016 e il massimo del 26.1.2018, l’indice è passato da 2.140 a 2.873: un incremento del 34% in 15 mesi scarsi. Di per sé non è un fatto inusitato. Ma colpisce (ed è un’anomalia) che si sia trattato di un rialzo pressoché ininterrotto, senza mai storni o correzioni (rispetto al massimo precedente) superiori al 3%.

Riguardo alla condizione (a), la domanda da porsi è: i valori massimi – o quelli attuali, dopo la correzione degli ultimi giorni – erano / sono sopravvalutati, o no ?

Da marzo 2009 in poi, i mercati azionari sono fortemente saliti: ci sono stati aggiustamenti, rientrati però in tempi di solito rapidi, generalmente in poche settimane. Ma i livelli di allora (in particolare il livello da cui è partito il recupero, 666) erano decisamente a buon mercato, in quanto riflettevano il crollo prodotto dalla crisi finanziaria internazionale del 2007-8 e in particolare dal fallimento Lehman.

Le correzioni venivano quindi riassorbite abbastanza prontamente perché riconducevano i valori azionari su soglie molto attraenti per i compratori.

Dopo quasi nove anni di incrementi, la situazione oggi è diversa.

Un metodo che trovo particolarmente affidabile per stimare i livelli “equilibrati” del mercato azionario si basa sull’analisi di serie storiche di lunga durata. Nel suo “Stocks for the Long Run”, Jeremy Siegel è arrivato a determinare che il rendimento reale (inclusi i dividendi e al netto dell’inflazione) del mercato azionario converge, su archi di tempo pluridecennali, intorno al 6,5% - 7% annuo.

Sulla base di questa constatazione, è possibile - utilizzando dati riferiti a un arco temporale il più lungo possibile - determinare una curva di crescita per il valore “corretto” (“Fair Value”) del mercato azionario. “Corretto” nel senso che i valori effettivi oscillano nel tempo, al disopra e al disotto, ma le fasi di sopravvalutazione e di sottovalutazione (tenuto conto sia della durata che dell’intensità) si equivalgono.

Il metodo implica delle approssimazioni perché si ottengono risultati un po’ differenti a seconda della lunghezza del periodo esaminato. Il risultato, comunque, è un valore (riferito alla data odierna) di 2.400, più o meno 100 punti circa. Quindi un intervallo ragionevolmente stimabile in 2.300 – 2.500.

Ieri sera Wall Street ha chiuso a 2.620. In altri termini, il mercato non è diventato sottovalutato. E’ meno alto di prima, ma con ogni probabilità ancora sopra il Fair Value.

Le previsioni di breve termine, riferite al mercato azionario, sono così aleatorie che è scarsamente utile dedicarci troppo tempo. Ma il fattore che negli anni scorsi produceva rapidi rimbalzi dopo uno storno (valutazioni scese a livelli attraenti) in questo momento non sussiste.

Se la flessione di borsa non verrà rapidamente recuperata, vanno messe in conto ricadute sull’economia reale ? Non è detto. Ai valori attuali, il mercato è comunque un 20% circa più alto rispetto a un anno fa. Non è che si sia creata di colpo una vasta platea di investitori impoveriti: quasi tutti, comunque, hanno ampiamente guadagnato. E del resto, per citare Paul Samuelson, “il mercato azionario ha previsto nove delle ultime cinque recessioni…”.

Ma ricordiamoci anche, banalmente, che le recessioni prima o poi arrivano. Nessuna fase espansiva dell’economia mondiale dura senza interruzioni. E il problema, nel caso dell’Italia, è che non si è visto nulla che possa realmente essere definito una ripresa.

La fase congiunturale negativa dell’economia mondiale può non essere imminente, ma prima o poi arriverà. Il che sottolinea una volta di più come per l’Italia sia VITALE, INDISPENSABILE svincolarsi dall’attuale eurosistema. Chi lo nega (se in buona fede) dimostra un colossale, inaccettabile livello di incompetenza.

Dobbiamo recuperare output gap, crisi di domanda, disoccupazione e sottoccupazione. Riportare la nostra economia a corrette condizioni di funzionamento. Uscire da un sistema perverso, che ha generato danni enormi imponendo azioni procicliche nel momento più sbagliato.



4 commenti:

  1. Che ne pensi dell'impatto della riforma fiscale di Trump? Ho l'impressione che lo scopo principale sia quello di ridurre il deficit della bilancia commerciale col resto del mondo, quindi per noi si metterebbe molto male dato che sostanzialmente siamo ancora a galla perché riusciamo a fare surplus con gli USA

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    1. Indubbiamente uno degli obiettivi di Trump è quello, e per noi è un rischio. D'altra parte, i partner commerciali internazionali non possono accettare all'infinito un eurosistema impostato sulla compressione artificiale della domanda interna e sulla ricerca ossessiva di surplus commerciali.

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  2. Tre semplici regole per la Borsa: 1) Acquisti solo per contanti 2)Divieto di vendere prima di aver incassato 2 dividendi (1anno e 1 giorno) 3)Valutazioni settimanali, o al massimo 1 al dì, come le pillole, per i più malati.Così mandiamo a quel paese tutti gli speculatori...
    Claudio Zanasi.

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    1. Una volta ho detto a un amico, amministratore delegato di una SIM, che la borsa dovrebbe essere aperta un giorno all'anno. Suo commento: "mi rovineresti, però sarebbe giusto..."

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