mercoledì 21 febbraio 2024

Debito buono, debito cattivo e limiti del Draghipensiero

 

Non tanti anni fa, prima del periodo alla presidenza del consiglio, Draghi ha fatto parlare di sé (ancora più del solito) a seguito della sua affermazione che non tutto il debito, e in particolare non tutto il debito pubblico, è cattivo. Esiste anche il debito buono.

Con questo Draghi intendeva che dipende dalle finalità: se l’assunzione di debito genera rendimenti positivi, aumenta il reddito nazionale e migliora (cioè abbassa) il rapporto debito / PIL, può essere considerato “buono” e può essere corretto aumentarlo.

Ai tempi questa affermazione fu considerata, dai giornaloni e dagli altri media paludati, geniale e rivoluzionaria. Naturalmente era invece, grosso modo, la scoperta dell’acqua calda. Ma certo si distaccava dai mantra euroausterici e fu quindi salutata come una grande innovazione.

Un passo avanti lo si era fatto, ma non è durato molto. A fine 2023 la UE ha messo in cantiere una riforma del patto di stabilità che da un lato ha fallito completamente l’obiettivo di semplificarlo e di razionalizzarlo; dall’altro, ancora peggio, ha riaffermato il concetto che il debito pubblico va ridotto. Perché ? perché sì. Perché l’unico debito buono è il debito morto.

In realtà Draghi aveva fatto un passettino in avanti, ma molto modesto. Anche rispetto al suo approccio di allora, ci sono da dire cose molto più vere e molto più incisive.

C’è da dire che l’unico debito pubblico veramente pericoloso è quello emesso in moneta straniera sopravvalutata rispetto alle condizioni della propria economia.

C’è da dire che uno Stato che controlla e gestisce la propria moneta non ha bisogno di emettere debito: semplicemente può realizzare deficit spendendo più di quello che tassa.

C’è da dire che l’emissione di moneta attuata dallo Stato mediante il deficit è normale e fisiologica, perché in un’economia che cresce i mezzi di pagamento in circolazione devono aumentare.

C’è da dire che il deficit può essere eccessivo, ma non in conseguenza del superamento di un limite numerico prestabilito, bensì dell’eventuale generarsi di tensioni inflazionistiche.

C’è da dire che il deficit pubblico non ha bisogno di essere finanziato e non drena MA CREA risparmio privato. L’eccesso di spesa rispetto alle tasse rimane nelle tasche del settore privato e ne incrementa il risparmio finanziario.

C’è da dire che il debito pubblico in moneta propria non è altro che uno strumento che lo Stato offre al settore privato per allocare questo risparmio. NON E’ UN ONERE SULLE FUTURE GENERAZIONI.

Insomma Draghi aveva fatto un passettino, ma ne servivano molti altri.

Nel frattempo l’ineffabile UE ha fatto marcia indietro anche rispetto a quel passettino.

 

1 commento:

  1. Stefano Sylos Labini: Draghi vuole l'Europa federale e cioè una centralizzazione degli investimenti finanziati con debito comune e con tasse europee. Al contempo vuole restringere ancora di più l'azione dei vari governi nazionali. Per questo ha ostacolato con tutti i mezzi la Moneta Fiscale, uno strumento che può dare maggiore autonomia e flessibilità alle politiche economiche degli Stati nazionali.

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