mercoledì 10 agosto 2022

Il vulnus democratico, ma anche tecnico, della BCE

 

L’eurosistema confligge gravemente con la democrazia perché impedisce agli Stati di gestire autonomamente l’emissione della moneta, strumento essenziale per attuare la propria politica economica.

Un pretesto (forse il principale) con cui si è introdotto l’euro, dal punto di vista tecnico, è stata la presunta necessità di imporre agli Stati un sistema di gestione dell’emissione monetaria. Questo, allo scopo di evitare fenomeni di inflazione incontrollata, o comunque eccessiva.

Successivamente, si sono in effetti avuti parecchi anni – dopo la crisi finanziaria mondiale del 2008 e fino al termine dei “Covid lockdowns” – in cui il problema che la BCE cercava di risolvere era, al contrario, l’inflazione troppo bassa, non troppo alta.

In realtà gli avvenimenti dell’ultimo decennio stanno dimostrando che la BCE, o in generale la banca centrale, non è in grado di assicurare il mantenimento dell’inflazione in linea con gli obiettivi (livelli bassi ma stabili, non superiori ma vicini al 2%) prefissati.

Quando l’inflazione è troppo bassa, emettere moneta senza destinarla all’economia reale, tramite maggiore spesa pubblica e minori tasse, non aumenta l’inflazione.

Quando l’inflazione è troppo alta a seguito di problemi dal lato delle forniture e degli approvvigionamenti (come oggi) aumentare i tassi non risolve il problema, a meno che l’incremento sia di portata tale da produrre una recessione spaventosa – dai costi sociali inaccettabili.

In effetti, la politica fiscale è molto più efficace della politica monetaria non solo per gestire le oscillazioni di domanda e occupazione, ma anche l’inflazione. Servono politiche fiscali espansive se la domanda è carente. Politiche fiscali restrittive se è troppo euforica. Politiche fiscali ancora espansive, ma rivolte soprattutto alla riduzione delle imposte indirette, se c’è eccesso di inflazione dovuto non a eccesso di domanda ma a problemi dal lato degli approvvigionamenti.

Tutto questo è possibile riportando l’emissione della moneta sotto il controllo degli Stati. SE (cosa non indispensabile) si decide di emettere titoli di debito pubblico, la banca centrale deve limitarsi a garantirne il rifinanziamento.

Questa garanzia è estremamente facile da fornire (anche se la BCE non lo fa, e torniamo al vulnus democratico). Sul resto, le possibilità d’intervento della banca centrale sono invece limitate e scarsamente (molto scarsamente) efficaci.

In aggiunta a quanto sopra, i governi possono vincolarsi ad attuare politiche fiscali che tendano anche a stabilizzare a livelli costanti e moderati l’inflazione, oltre che a massimizzare l’occupazione. Appunto perché la politica fiscale è molto più efficace della politica monetaria anche riguardo al controllo dell’inflazione, e la gestione della politica fiscale è responsabilità dello Stato.

La politica monetaria, intesa come controllo dei tassi d’interesse e del credito, ha un ruolo da svolgere, in coordinamento con le politiche fiscali. Ma un ruolo subordinato.

La politica economica deve tornare pienamente in mano agli Stati. Per rispettare un principio di democrazia, ma anche per renderla molto, ma molto più efficace di quanto sia oggi.

 

4 commenti:

  1. Giovanni Piva: Marco, ok. Solo una cosa: i neo liberisti martellano , tramite il mainstream, la testa del popolo con il discorso inflazione. Mi dici per favore in uno stato sviluppato economicamente, dagli anni 70 in poi, dove si è verificata una forte inflazione da domanda? Quella degli anni 70 e primi anni 80 era da costi: aumento del petrolio a seguito della guerra dello yom Kippur e della rivoluzione islamica in Iran. Quella di oggi è sempre da costi (in aggiunta al discorso " rottura della catena di fornitura" causa pandemia covid). La mia domanda è retorica ed ovviamente nn è rivolta a te....

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    1. Chiarissimo. In pratica nel mondo sviluppato NON c’è mai stata in 50 anni un’inflazione veramente seria che non fosse dovuta a problemi di approvvigionamenti, forniture, materie prime e simili.

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  2. Si è prestata poca attenzione , anche in coloro che hanno una visione critica, al varo del TPI da parte della BCE.
    Leggo che il giudizio sui futuri acquisti di bonds in funzione anti spread sarà effetttuato dalla BCE insieme alla Commissione ed ai vertici del MES, in base al rispetto dei principi di 1-disciplina fiscale 2-stabilità macroeconomica 3-sostenibilità del debito pubblico 4- rispetto delle condizionalità e prescrizioni della Commissione legate al PNRR/NextGeneration.
    In pratica una istituzionalizzazione di una troika europea (mi pare che manchi il FMI ) e del commissariamento macroeconomico in nome dei soliti vecchi principi.
    Aggiungendo a questo la nostra recente perdita di surplus nella bilancia commerciale ed in quella dei pagamenti,mentre si avvicina una probabile recessione, credo che ne vedremo delle belle .

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    1. Marco Cattaneo: il TPI è un ulteriore potenziale strumento di ricatto, è vero. Ma sinceramente non fa una grande differenza, perché UE e BCE ne hanno già predisposti millanta, dal fiscal compact al MES al PNRR…

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