lunedì 17 febbraio 2014

Il prossimo governo


In questo momento non ho opinioni in merito alla riuscita del tentativo di Renzi. Né a che cosa abbia intenzione di fare nel caso in cui diventi il prossimo capo del governo.

Molto chiaro è, comunque, che il suo successo come eventuale premier dipende solo da una cosa. Dalla capacità di produrre una reale e significativa ripresa dell’economia.

Altrettanto chiaro è che c’è un sistema rapido e sicuro per ottenere questo risultato. Sforare in misura significativa i vincoli attualmente imposti dagli accordi assunti in sede UE.

Immaginiamo per esempio che il governo Renzi decida di innalzare dal 3% al 6% il rapporto deficit pubblico / PIL (ricordo che il 6% sarebbe un livello comunque inferiore a quello raggiunto nel 2013 da Spagna e Irlanda, paesi che di recente sono stati definiti come “più avanti dell’Italia” sulla strada delle “riforme”).

In realtà tre punti in più di deficit equivalgono non a tre ma a circa sei punti d’incremento del saldo netto (a parità di condizioni) tra spesa pubblica e tasse.

L’azione espansiva consentita da questo incremento innalza, infatti, il PIL e quindi le entrate fiscali, producendo un automatico recupero di una parte del maggior deficit.

Inoltre, nelle condizioni attuale (domanda estremamente depressa rispetto alle capacità produttive dell’economia italiana) l’azione espansiva ha effetti più che proporzionali rispetto alle cifre messe inizialmente in gioco. La maggior domanda spinge le aziende ad assumere, aumentano consumi e investimenti, parte un circolo virtuoso che si autoalimenta.

Avremmo per esempio:

6% in più di deficit / PIL (a parità di condizioni)

8% di recupero del PIL (non immediatamente, diciamo distribuito nell’arco di 24 mesi)

3% (almeno) di maggiori incassi fiscali

6% meno 3% = 3% in più di deficit / PIL (al netto del recupero fiscale).

E anche un rapporto debito pubblico / PIL inferiore, grazie al recupero del denominatore.

Un 6% in più tra spesa e minori imposte significa oltre 90 miliardi, da distribuirsi tra maggior spesa, minori tasse ai privati e sgravio del carico fiscale e contributivo che pesa attualmente sui costi di lavoro sostenuti dalle aziende. Una ripartizione 30-30-30 potrebbe essere grosso modo quella da adottare. La quota che andrebbe a beneficio delle aziende le renderebbe automaticamente più competitive nei confronti della concorrenza estera ed eviterebbe quindi che l’incremento di domanda e di PIL produca uno squilibrio della bilancia commerciale. Bilancia commerciale che attualmente è grosso modo in pareggio, e l’obiettivo è che tale rimanga.

A chi ha “metabolizzato” i dettagli del progetto CCF, risulterà chiaro che questa ne è una riedizione su scala più contenuta (ma comunque significativa) e attuata senza introdurre un nuovo strumento monetario, bensì semplicemente sforando i parametri di Maastricht.

Confido in Renzi perché faccia questo ? non confido in niente, mi limito a sintetizzare i dati del problema e a indicare un possibile percorso di soluzione.

Il progetto CCF diventa superfluo ? al contrario, la chiave per sbloccare la situazione con la UE potrebbe proprio essere indicare che è possibile realizzarlo. E che quindi è inutile pretendere di impedire qualcosa che l’Italia è COMUNQUE in grado di attuare per altre vie…

16 commenti:

  1. Mauro Ammirati: Lo "sforamento" si annullerebbe da solo. Come volevasi dimostrare.

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  2. Roberto Mora: Se lo sfori è perché vuoi aiutare i nostri fornitori esteri, non certo il mercato interno italiano...

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    1. Se 30 miliardi su 90 li destini a ridurre gli oneri fiscali e contributivi, quindi il costo del lavoro per le aziende (con corrispondente recupero di competitività import - Export) no.

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    2. Roberto Mora: Ma a livello di export noi siamo già competitivi, abbiamo fatto il record nel 2013 ( anche per l'abbassamento del costo del lavoro ). Una politica fiscale espansiva a me sembra che sia propedeutica solo a far rientrare le Banche dalle loro sofferenze ed a peggiorare la Bilancia dei pagamenti.

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    3. E allora a cosa serve la svalutazione ? i dati di export sono gli unici che tengono perché in Italia non c'è domanda e fuori sì. Ciò non toglie che con una migliore competitività (minor CLUP a parità di retribuzioni nette) esporti ancora di più e riguadagni quota di mercato nei confronti dell'import. Questo risultato lo puoi ottenere in due modi (senza abbassare i salari): svalutando OPPURE riducendo gli oneri fiscali e contributivi che gravano sul lavoro. Questa seconda possibilità per qualche strano motivo non si riesce a farla capire a Bagnai e Borghi, ma ESISTE...

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    4. Roberto Mora: Ma se le aziende che esportano stanno già esportando e bene, a loro non serve uno sgravio fiscale. Servirebbe alle aziende che operano sul territorio, ma sappiamo tutti che è inutile in un regime di moneta unica. O vuoi riconvertire le PMI in macchine esportatrici? E poi, correggimi se sbaglio, se diventi più competitivo sull'export ma non hai la capacità industriale per poter seguire l'aumento della domanda estera, potresti creare processi inflattivi interni, che con lo stato in cui versiamo sarebbero deleteri...

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    5. Ripeto: uno sgravio fiscale che abbassa il costo del lavoro è ESATTAMENTE EQUIVALENTE a una svalutazione perché mette le aziende che esportano in condizione di esportare ancora di più E INOLTRE di competere nei confronti di prodotti importati che oggi sono più convenienti. E' LA STESSA COSA che ci si otterrebbe mediante la svalutazione. Che cosa c'entrano i "processi inflattivi interni" ? se il costo del lavoro totale SCENDE, casomai hai un fenomeno di CONTENIMENTO DELL'INFLAZIONE. Anche perché al contrario del caso svalutazione, NON HAI incrementi di costo delle materie prime.

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    6. Roberto Mora: mmmm... mi riprendo l'Acocella che parla appunto di politiche fiscali espansive in regime di cambio fisso. Sbaglierò ma diceva cose diverse da quelle che dici tu. Poi, oh, sei tu l'esperto.

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    7. Se mi linki il pezzo ti ringrazio sospetto che Acocella dicesse una cosa giusta e anche evidente: se espandi la domanda più dei tuoi concorrenti sbilanci i saldi commerciali A MENO CHE non introduci un fattore di miglioramento di competitività. Il punto è che la svalutazione è UNA POSSIBILITA' ma non l'unica. L'intervento sul cuneo fiscale (lato azienda) evidente è un'altra. Vedi anche l'articolo del 15.3.2013 ;)

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    8. Roberto Mora: no, lui diceva che la svalutazione in presenza di un'importante elasticità dell'export deve essere sorretta da risorse "libere" da impiegare nell'aumento della produzione dovuta all'aumento della domanda estera. Se l'economia del paese non riesce a sorreggere l'aumento di domanda, si rischia che i prezzi all'export aumentino e di rimbalzo aumentino anche quelli interni. L'effetto poteva essere mediato attraverso un oculato trasferimento della svalutazione sui prezzi all'export. questo per quanto riguarda la svalutazione. Per ciò che riguarda la politica fiscale espansiva lui faceva riferimento al fattore "velocità di recepimento" di tale politica dei capitali esteri e dell'import dei beni esteri. Se erano i capitali ad essere "più veloci" ci sarebbe stato un incremento del trend di aumento dei redditi, mentre se erano i beni, l'effetto aumento dei redditi sarebbe stato frenato. Vado a memoria...

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    9. Certamente, "risorse "libere" da impiegare nell'aumento della produzione dovuta all'aumento della domanda estera". Infatti la svalutazione non è certamente (in generale) una strategia consigliabile in situazione di pieno impiego. Ma oggi l'Italia ha una capacità industriale inutilizzata dell'ordine del 30%...

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  3. Il M5S ha fatto passare un emendamento che consente la compensazione dei crediti delle imprese verso la pubblica amministrazione con le tasse. Inoltre mi pare che la commissione europea abbia dichiarato che i debiti della pubblica amministrazione vanno pagati anche a costo di sforare il limite del 3%. Se così fosse qualora i CCF venissero usati per il pagamento dei debiti della PA la Commissione Europea non potrebbe obiettare nulla?

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    1. Se è così mi sembra un precedente positivo, molto importante, in effetti.

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  4. Buona sera Sig. Marco Cattaneo. Sto leggendo il suo/vs. "La soluzione per l'Euro" che ritengo molto interessante per l'idea CCF. Concordo sull'utilità per lavoratori e datori di lavoro. Però i CCF non contemplano le categorie sofferenti di disoccupati (circa 3 milioni), pensionati con assegni sotto i 500/1000/2000 mensili (alcuni milioni), disabili/handicappati (circa 5 milioni). Sono "numeri/persone" significativi. Si possono prendere in considerazione? Se sì, in che modo? Ringrazio, cordialmente: fornaromario@libero.it

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    1. Sicuramente sì. Il libro non entra nello specifico di tutte le azioni che si possono effettuare con la creazione di potere d'acquisto consentita dai CCF: ma come ricorderà quasi 50 miliardi su 200 sono destinati, nella proposta, a interventi diversi dal sostegno a lavoratori e datori di lavoro. C'è molto spazio per interventi di spesa sociale. Fermo restando che, per quanto riguarda i disoccupati, il primo e più importante beneficio sarà... il diminuirli fortemente, grazie alla ripresa e alla conseguente generazione di posti di lavoro.

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