domenica 23 febbraio 2014

CCF locali: sono possibili ?


Era da tempo che intendevo scrivere in merito alla possibilità di applicare il progetto CCF a un’entità pubblica territoriale di dimensioni inferiori a quella dell’intero Stato nazionale.

E’ una richiesta che mi fanno in tanti. In attesa che maturino le condizioni politiche per risolvere il problema euro nella sua interezza, non sarebbe affatto male cominciare a sbloccare la situazione a partire da singoli comuni, o magari anche da singole regioni.

Esiste purtroppo un problema di fondo. Un ente pubblico territoriale locale (comune, provincia o regione) gestisce solo una frazione delle entrate complessive della pubblica amministrazione nel suo territorio di competenza. Praticamente solo una parte dell’IMU (o come diamine si chiama adesso), la TARES, le multe, il fatturato delle aziende municipalizzate e poco altro.

Immaginiamo per esempio che il Comune di Livorno (non è un esempio a caso, ho elaborato alcuni dati e li ho forniti a David Penco per esaminare la possibilità di formulare una proposta in vista delle prossime elezioni comunali) introduca i CCF livornesi.

Da recenti dati Istat, i residenti a Livorno sono 157.000, il PIL procapite circa 27.000 euro per un totale di PIL prodotto localmente di circa 4,2 miliardi.

Non ho verificato i dati, ma credo (analogamente a quanto constatato in altri casi) che il Comune di Livorno incassi annualmente imposte, tributi locali e fatturati delle aziende municipalizzate per un importo di circa 100 milioni di euro, quindi circa il 2 / 2,5% del PIL locale.

Come ricorderete, il progetto CCF applicato a livello Italia prevede di emettere e assegnare gratuitamente Certificati di Credito Fiscale, utilizzabili due anni dopo l’emissione per pagare imposte, tasse e qualsiasi altro tipo di obbligazione nei confronti della pubblica amministrazione NAZIONALE, per 200 miliardi di euro, che corrispondono al 13% dell’attuale PIL Italia.

I CCF vengono assegnati a lavoratori e aziende, e utilizzati per altre finalità di spesa pubblica. La domanda riparte, la disoccupazione viene riassorbita, il PIL recupera. La quota assegnata alle aziende è funzione dei costi di lavoro da esse sostenute e quindi riduce il costo di lavoro per unità di prodotto, ottenendo per vie diverse benefici simili a quelli di una svalutazione – ed evitando quindi che il recupero del PIL mandi in deficit la bilancia commerciale italiana.

Dopo due anni i CCF vengono utilizzati per pagare tasse e quant’altro, ma a quel punto il PIL è salito e anche le entrate pubbliche complessive. Deficit e debito pubblico rimangono sotto controllo e anzi il debito pubblico in percentuale del PIL cala fortemente.

Ora, i CCF hanno valore fin dal momento della loro assegnazione (anche se sono utilizzabili due anni dopo) perché il percettore sa che lo Stato italiano incassa complessivamente quasi 800 miliardi all’anno. I 200 miliardi che giungono a scadenza annualmente (a partire da due anni dopo l’emissione originaria) sono quindi solo una parte degli incassi statali complessivi. Sono a tutti gli effetti moneta che ha un valore certo A TERMINE, e quindi già nell’immediato saranno accettati e scambiati – con qualche punto percentuale di sconto per il fattore di attualizzazione, tipo 5% del facciale: ma avranno SUBITO un valore.

I CCF locali, per esempio “livornesi”, potranno essere emessi solo per un importo inferiore a quello degli incassi comunali annui. Altrimenti anche se li rendiamo utilizzabili a partire per esempio da due anni dopo l’assegnazione originaria, l’utilizzo effettivo si diluirà in svariati anni e il valore attuale sarà modesto.

Una possibile soluzione è quella di introdurre i CCF locali E CONTEMPORANEAMENTE una nuova imposta locale pagabile in CCF. Per esempio una “super-IMU” livornese.

Per esempio: a Livorno puntiamo a ottenere un recupero di PIL locale dell’8%, pari a circa 369 milioni annui. Facendo affidamento su un moltiplicatore keynesiano (rapporto tra incremento di PIL e stimolo della domanda) di 1,3, occorrerebbe immettere 284 milioni di potere d’acquisto.

Immaginiamo di farlo, destinando per esempio 120 milioni alle aziende, 106 milioni ai lavoratori e 58 ad altre iniziative di spesa.

Per le modalità di erogazione ad aziende e lavoratori, si può utilizzare uno schema di legge analogo a questo.

Le aziende private del comune di Livorno hanno costi di lavoro lordi stimabili in circa 1,2 miliardi di euro. Otteniamo quindi un 10% di riduzione del CLUP locale (120 / 1.200). Questo serve a evitare che l’incremento della domanda nell’area territoriale del comune livornese si rivolga a beni e servizi prodotti al di fuori di esso: o meglio, in parte succederà ma sarà all’incirca compensato da maggiore competitività delle aziende locali, quindi maggiori vendite fuori dal comune e sostituzione con produzione interna di beni e servizi attualmente acquistati da aziende situate all’esterno del comune.

Ora, 284 milioni di emissioni annue di CCF “livornesi” si confrontano però (abbiamo detto) solo con 100 milioni circa di incassi gestiti dalle pubbliche amministrazioni locali. Per cui al momento dell’emissione questi CCF locali non varrebbero “poco meno”, ma “parecchio meno” dell’importo facciale, perché occorrerebbero quasi tre anni in più per utilizzarli.

Altro problema: a termine, si crea un buco nelle casse comunali, perché la ripresa dell’economia locale produce sì maggior gettito, ma per la maggior parte si tratta di maggiore IVA, maggiori imposte dirette e in generale imposizioni che non vanno al Comune di Livorno, ma allo Stato italiano.

Tecnicamente una soluzione è la seguente. Il Comune di Livorno contestualmente ai CCF locali introduce una “super-IMU”, pagabile in CCF e dovuta solo nel momento in cui i CCF diventano utilizzabili (due anni o magari tre dall’assegnazione originaria).

Il gettito della super-IMU sarebbe pari alle emissioni annue di CCF, quindi sempre 284 milioni.

Se a Livorno esistono prime case pari al numero di famiglie locali e la famiglia media è formata da 2,75 persone, questo corrisponde (su 157.000 residenti) a circa 57.000 unità abitative. Per un valore medio stimabile in 150.000 euro, il valore di questo patrimonio immobiliare è pari a circa 8,6 miliardi di euro.

Immaginiamo che un ulteriore 50% di patrimonio immobiliare sia il totale di seconde case, immobili industriali e altri cespiti immobiliari tassabili. Arriviamo a un patrimonio di circa 13 miliardi di euro.

Quindi la super-IMU sarebbe pari a circa 284  / 13.000 = 2,2% del valore immobiliare, ovvero 3.300 euro annui per un’unità abitativa media (si può ridurre l’importo per le unità medie e medio-basse dando una struttura di progressività all’imposta).

Per il Comune, il cerchio si chiude nel senso che al momento della scadenza, i CCF locali pagano la super-IMU.

Naturalmente l’obiezione che sorge spontanea è: ma perché i cittadini livornesi dovrebbero sentirsi incentivati a spendere di più e a rimettere in moto l’economia, se sanno che a termine i mezzi finanziari a loro erogati serviranno a pagare una nuova tassa ? non entra in gioco l’”equivalenza ricardiana” ? problema, questo, che non esiste per il progetto CCF applicato a livello nazionale.

Su questo punto, le mie riflessioni sono le seguenti.

PRIMO, per chi riceve CCF ma non possiede immobili, il problema non sussiste.

SECONDO, chi riceve CCF che dopo un paio d’anni dovrà riversare, in quanto possiede immobili, sostanzialmente riceve un finanziamento che gli consente (nel frattempo) di consumare e/o di investire. Lo stimolo c’è, altrimenti non funzionerebbe il deficit spending keynesiano finanziato con debito (chiamiamolo deficit spending “tradizionale”, non quello finanziato con moneta versione MMT – anche se si sta sempre più comprendendo che proprio quest’ultima versione è quella più omogenea al pensiero keynesiano autentico e originario !)

TERZO, l’azienda che subirà la super-IMU sull’immobile strumentale ma si vede detassato il costo del lavoro è comunque incentivata a lavorare, produrre e assumere, anche se il vantaggio economico che ne deriva è eroso dalla maggior tassazione sull’immobile (ma vedi anche il punto successivo: il recupero dell’economia incrementerà i valori immobiliari e compenserà, a livello patrimoniale, l’effetto della maggior tassazione).

QUARTO, il proprietario immobiliare che subirà la super-IMU ma non è datore di lavoro né lavoratore ha un danno finanziario a termine. Tuttavia la ripresa economica incrementa il valore del cespite in misura probabilmente non inferiore al danno prodotto dalla maggior tassazione.

Ci sono poi un paio di importanti temi giuridici e fiscali da chiarire: (a) come evitare come l’assegnazione di CCF locali sia considerata reddito imponibile per il ricevente e (b) se la legislazione consenta l’introduzione di una super-IMU congegnata come descritto.

In sintesi, c’è spazio a mio parere per lavorare su un concetto di CCF locale. Anche se indubbiamente l’attuazione del progetto a livello nazionale è molto più semplice e diretta, e anche di efficacia più sicura.

5 commenti:

  1. Con l'amico Roberto Natale Cuzzola, abbiamo nel frattempo sviluppato un progetto di introduzione di CCF regionali in Calabria. Gli incassi complessivi della regione, a titolo di imposte, tributi, fatturati di società gestite dalla regione eccetera, incidono in misura decisamente maggiore rispetto al caso di un comune (5,7 miliardi di euro nel 2012 su un PIL regionale di 33,5). Un progetto di CCF regionali calabresi (ma lo stesso può valere per altre regioni) ha quindi potenzialità decisamente interessanti, anche se naturalmente non quanto sarebbe il caso adottando i CCF a livello nazionale.

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  2. Il progetto nazionale oltre ad essere più corposo prevede l'uscita morbida, controllata, dall'euro.

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  3. Per le regioni, considerato il gettito fiscale complessivo i CCFR sono certamente praticabili, infatti, prima della stesura definitiva della proposta, per il programma regionale del M5S per la Calabria, abbiamo lavorato tanto con Marco Cattaneo (a disposizione a qualunque ora del giorno e della notte ) tenendo presente il bilancio della Calabria. In effetti Marco non aveva considerato in precedenza la possibile applicazione alle regioni, prima che qualcuno gliene fornisse lo stimolo pensando che, vista l'ottima proposta la politica la traducesse subito in legge dello stato. Nell'attesa che ciò avvenga la Calabria è la prima regione la cui proposta dei CCFR è stata approvata dal gruppo di lavoro economia del M5S Calabria (Sharing Lab), a disposizione dei consiglieri che vogliano tradurla in azione per risollevare le sorti dall'Italia, nome originario della Calabria.

    Certificati di Credito Fiscale Regionali del candidato alle primarie del M5S per le elezioni regionali, Roberto Natale Cuzzola, proposta approvata per il programma regionale:
    https://docs.google.com/document/d/1QEVtPMXoqsWakJ7teGLc-5afra8iQ943Sbv6Sxr27RI/edit

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  4. A naso sembra bello, ma non ho le competenze tecniche per valutarlo. L'importante, a mio parere, è che siano di ESCLUSIVA competenza Regionale e/o Comunale e che vengano gestiti dalle Tesorerie Regionali e/o Comunali o da Banche Pubbliche. Se ci dovessero speculare sopra le Banche Private, sarebbe un ulteriore regalo a questi signori della truffa.

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    1. Capisco la preoccupazione e sicuramente è opportuno evitarlo.
      Teniamo conto, comunque, che si tratterebbe di titoli molto liquidi e sicuri, in quanto utilizzabili con certezza a scadenza per pagamenti presso le pubbliche amministrazioni.
      Qualche sondaggio preliminare effettuato con riferimento a un'altra ipotesi attualmente allo studio (CCF per cartolarizzare sgravi fiscali concessi a fronte di attività di ristrutturazione immobiliare) ha indicato che le banche sconterebbero titoli con queste caratteristiche a un tasso attualmente non superiore al 3% su base annua.
      E' senz'altro opportuno che sia anche meno ! ma non mina comunque la validità del progetto. Chi riceve 100 euro in CCFR con utilizzabilità a due anni ha un notevole vantaggio già se sono convertibili in 94 euro cash. Meglio ancora se 96 o 98, certo, ma il vantaggio rimane apprezzabilissimo.

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