giovedì 14 marzo 2019

La "Belt and Road Initiative"


In moltissimi si chiedono, e alcuni di conseguenza chiedono anche a me, che opinione ci si possa fare in merito all’annunciata partecipazione italiana al megaprogetto cinese, noto come Belt and Road Initiative (BRI) o anche come Nuova Via della Seta.

La mia risposta è che al momento faccio fatica a formarmi un giudizio, semplicemente perché si sta parlando della firma di un memorandum d’intesa piuttosto vago nei contenuti e di carattere, a quanto pare, del tutto non vincolante.

Resta il fatto che l’amministrazione USA (e anche la UE, per quanto in maniera più soffusa nei toni) ha espresso preoccupazione e si è detta, senza mezzi termini, infastidita dal fatto che un paese del G7 come l’Italia si accinga, in qualche modo, a sostenere i progetti di espansione mondiale dei cinesi.

Non sarebbe una buona notizia se in qualche modo si deteriorassero i rapporti italiani con gli USA, tenuto anche conto che Trump ha fin qui espresso molta simpatia per il governo Conte.

Ha anche ragione, d’altra parte, chi fa notare che tutti gli altri paesi del mondo in realtà fanno affari e collaborano con la Cina. Che cosa ci sia nella BRI di più minaccioso rispetto a quanto già avviene non mi è chiaro.

Allo stesso modo, tuttavia, non so giudicare se la BRI – che in larga misura si impernia su grandi progetti infrastrutturali, soprattutto marittimi e ferroviari – possa essere un importante volano di alimentazione per gli investimenti in Italia, tale da dare una necessarissima spinta alla domanda interna.

Una cosa comunque va notata. Se devono affluire in Italia risorse finanziarie che rilancino produzione e occupazione, le strade sono due: reperirle all’esterno o crearle all’interno.

La creazione interna è una strada possibilissima, modificando la governance dell’eurosistema: via impercorribile se si cerca il consenso dei partner, Germania in primis; immediatamente attivabile, invece, se si parte con il progetto MF / CCF, che non richiede nessun consenso né nessuna modifica dei trattati.

La valenza della Moneta Fiscale è ben più certa e rapida dei benefici che l’Italia potrebbe ottenere dalla BRI. Non ci si decide a lanciarla, con ogni probabilità, perché troppi gruppi d’interesse, esterni e interni al paese, la osteggiano.

Fare sponda sugli USA, da questo punto di vista, potrebbe essere estremamente utile. Se l’amministrazione Trump fa valere il suo peso politico – e non deve fare nient’altro se non esprimere il proprio apprezzamento per il progetto, implicitamente facendo sapere alla UE che “gradisce” se non si mette di traverso - la Moneta Fiscale può diventare realtà in tempi rapidissimi.

Con ricadute positive, sull’economia italiana, molto più certe e veloci rispetto alla BRI.

Quello che farei al posto di Conte è rassicurare in tutte le maniere possibili gli USA in merito alla natura non lesiva dei loro interessi della futura partecipazione italiana alla BRI. E in cambio ottenere la loro “dichiarazione di apprezzamento” – e lanciare la MF.


6 commenti:

  1. Da quello che ho capito leggendo varie info i timori sulla BRI riguardano il fatto che la Cina presta i soldi ai Paesi che vi partecipano e poi se questi non riescono a restituire il prestito la Cona si prende le infrastrutture ivi costruite. Domanda: ma l'amministrazione Trump conosce il progetto ccf? Il governo glielo ha esposto? Direi di no

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    1. Ragione di più perché si decida a farlo...

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    2. Va comunque notato che può essere anche che questa infrastruttura non serva solo a far passare merci di origine cinese.
      Tanto più che questa infrastruttura sembra connettere il 70% della popolazione mondiale.
      D'altra parte ora come ora , almeno di facciata, i gialli offrono infrastrutture e commerci, i blu tempeste finanziarie: e questo sta iniziando a dar fastidio.
      Immagino che nei prossimi anni scopriremo se era un'azione seria, un bluff, un tentativo fallito o qualcos'altro.

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    3. Già: dalla Cina arrivano proposte che forse sono buone e forse no, si vedrà. Dalla UE arrivano vincoli e vessazioni. E questo è un fatto, non un'ipotesi da verificare.

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  2. Dott. Cattaneo, nell'ambito dell'accordo sulla BRI si è parlato di un eventuale contropartita che la Cina avrebbe offerto sull'acquisto dei nostri BTP, se fosse confermato secondo lei quali implicazioni potrebbe avere sul nostro debito pubblico e sulla nostra dipendenza dalla BCE?

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    1. Per avere implicazioni significative dovrebbe trattarsi di acquisti o di garanzie di dimensioni veramente notevoli. Personalmente, fino a prova contraria, le ritengo illazioni infondate.

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