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domenica 28 aprile 2024

Banche centrali ed eserciti mercenari

 

Mi era balzato in testa il seguente parallelo: l’esistenza di una banca centrale, o per essere più precisi un istituto di emissione monetaria, indipendente dal potere politico, equivale ad avere in casa un esercito mercenario, dopo essersi privati del proprio.

Ma dopo breve riflessione, mi sono reso conto che in realtà è anche peggio.

Un esercito mercenario non è necessariamente formato da stranieri. E’ in effetti un esercito di volontari, non di leva, che paghi per il servizio che ti rende. Può essere estremamente efficiente ed affidabile e servire con lealtà e scrupolo il suo committente (almeno finché il committente paga). Leali e scrupolosi si dice ad esempio che fossero, durante il tardo Medioevo e il Rinascimento, i mercenari svizzeri.

Una banca centrale indipendente dal potere politico non è l’equivalente di un esercito di volontari pagati. E’ l’equivalente di una forza di occupazione straniera.

Straniera anche se magari è in parte o in tutto formata da cittadini del tuo paese: perché se è “indipendente” significa che non risponde al tuo governo, quindi non risponde al tuo elettorato, quindi non risponde alla TUA POPOLAZIONE.

Un vulnus gravissimo, inaccettabile, per la democrazia.

Se poi non credete alla democrazia, perorate pure la causa dell’istituto di emissione indipendente.

Però siate onesti e ditelo: siete antidemocratici.

giovedì 20 luglio 2023

Le banche centrali sono tecnicamente inutili

 

A qualcuno, anzi a molti, può sembrare un’affermazione assurda, se non eretica. Ma la verità è che sul piano tecnico-economico non esiste la più pallida ragione per cui le banche centrali debbano esistere.

La moneta ufficiale, l’unica di conto avente corso legale nell’ambito di uno Stato, è definita dalle leggi e deve essere gestita dal settore pubblico. Non c’è giustificazione di merito per cui debba esistere un istituto di emissione distinto dagli altri organi di governo, e dotato di gradi ampi se non totali di autonomia e di indipendenza.

Affidare una funzione così importante come la gestione e il controllo della moneta a un organismo parzialmente o totalmente fuori dal controllo di uno Stato democratico vuol dire indebolire i presidi stessi della democrazia.

Poi, se la democrazia non vi piace e se ritenete che un organo tecnocratico sia in grado, in teoria e/o in pratica, di svolgere meglio determinate funzioni, parliamone pure, rispetto la vostra opinione come qualsiasi altra – ma non la condivido (perché non mi pare confermata dalla storia di questi ultimi decenni).

Rispetto la vostra opinione, ma non appigliatevi però a necessità tecniche. O a logiche di intrinseca efficienza economica. Quello che fa una banca centrale lo può fare un dipartimento del ministero dell’economia o del tesoro. Rispondendo a un governo, che goda a sua volta della fiducia di un parlamento. Democraticamente eletto e rappresentante della volontà popolare.

giovedì 15 dicembre 2022

Indipendenza delle banche centrali: perché non va

 

Il mio amico Paolo Canziani è tutt’altro che un euroausterico: anzi, come me, critica l’euro da prima che esistesse, da quando era ancora solo un progetto. Tuttavia è perplesso in merito alle conclusioni che si traggono dal mio recente post riguardante l’(inopportunità della) indipendenza delle banche centrali.

Se è vero, come è vero, che una banca centrale indipendente rende il governo dipendente da lei stessa, e se crediamo nella democrazia, la conclusione che se ne deriva è che la banca centrale debba essere DIPENDENTE dal governo. Perché altrimenti la banca centrale DIVENTA il governo. Un governo non eletto dalla popolazione.

E in effetti, se la banca centrale deve dipendere dal governo, tanto vale fare del tutto a meno della BC, e affidare le funzioni di emissione monetaria direttamente al Ministero dell’Economia. Ne avevo parlato tempo addietro.

Su questo punto, Paolo esprime il timore che si ritorni alla situazione di certi periodi dell’impero romano, quando alcuni imperatori “tosavano” le monete d’oro pretendendo che mantenessero lo stesso valore.

In merito a questa obiezione, ci sono varie risposte.

La prima, è che se devo scegliere tra due rischi, preferisco una (presunta) tendenza inflattiva di governi che devono conquistarsi il mandato passando dalle consultazioni elettorali, rispetto alla tendenza deflattiva e predatoria di un establishment finanziario che non deve rendere conto alla popolazione.

La seconda, è che in regime di fiat money il mondo lo è dal 1971. Siamo sprofondati nell’iperinflazione ? no, eccessi d’inflazione in effetti li abbiamo visti solo negli anni 70-80, e poi oggi: ma in connessione a problemi di approvvigionamento e forniture di materie prime (il petrolio allora, il gas oggi), non di comportamenti irresponsabili dei governi (quantomeno nelle economie avanzate).

La terza, è che il paese meno inflattivo, in particolare oggi, è stato ed è proprio quello in cui la banca centrale è più dipendente dal governo, che tiene i tassi a zero, che compra enormi quantità di titoli di Stato emettendo moneta: il Giappone.

La quarta, è che l’establishment finanziario è enormemente potente e influente. Proprio per questo richiede un contrappeso. E l’unico possibile è un assetto politico-istituzionale che renda l’emissione monetaria dipendente dal governo. Questo non eliminerà l’influenza della grande finanza, ma creerà  necessarissimi argini e calmieri.

Il problema, nel mondo odierno, non è una grande finanza troppo debole, ma TROPPO FORTE, nei confronti della politica. Dare in mano a quel sistema anche l’emissione monetaria è la strada per cancellare la democrazia. Il che sarebbe inaccettabile anche se fosse premiante in termini di efficienza economica – e la storia di questi ultimi decenni mostra che non lo è.

 

venerdì 1 luglio 2022

Banche centrali, finte divinità

 

La principale funzione, il principale obiettivo delle banche centrali – quello che tutte condividono – è il controllo dell’inflazione. Ma sono realmente in grado di perseguire questo obiettivo ?

Per anni si è dato credito alla tesi di Milton Friedman – “l’inflazione è sempre un fenomeno monetario” – e quindi alla teoria seconda la quale se controlli la moneta controlli l’inflazione.

Alla prova dei fatti, la teoria non regge.

Per svariati anni il mondo occidentale è stato alle prese con un problema di inflazione troppo bassa, al di sotto degli obiettivi, che sia la Fed che la BCE ponevano al 2%. Il Quantitative Easing è stata l’arma utilizzata per alzare i livelli d’inflazione – ed ha fallito, nonostante anni e anni (se non decenni, vedi Giappone) di sforzi.

Dopo la fine dei lockdown e complice anche la crisi ucraina, l’inflazione è finalmente salita – troppo. Ma le cause vanno identificate molto più nella situazione dell’offerta (rottura delle catene produttive, problemi di approvvigionamento di gas, petrolio e materie prime in genere, aggravati dalla crisi ucraina) che in quella della domanda.

In effetti le banche centrali sono in grado di raffreddare la domanda alzando i tassi d’interesse e in generale imponendo condizioni più restrittive per l’accesso al credito. Ma nelle condizioni attuali un’azione di questo genere sarebbe efficace (nel senso di ottenere un calo rilevante dell’inflazione) solo a costo di produrre una recessione violentissima.

Non è meglio allora lasciar fare alla politica fiscale, che può anch’essa agire – e in modo anche più diretto - sulla domanda aggregata ? e in più – molto importante – è in grado di mitigare, sia congiunturalmente che strutturalmente, le cause dell’attuale inflazione: abbassando accise e imposte indirette su beni energetici e prodotti di prima necessità; e incentivando investimenti nelle diversificazione delle risorse produttive (materie prime e componenti).

Se queste ultime azioni non vengono attuate, o non nella misura e nelle modalità necessarie, la ragione sono i vincoli (inventati) di finanza pubblica. Perché preoccuparsi di deficit e debito pubblico se vengono utilizzati per attuare interventi che mitigano l’inflazione ? solo per la pretesa (insensata sul piano economico) che gli Stati non possano emettere direttamente moneta, e perché ci si preoccupa di un potenziale default del settore pubblico.

Preoccupazione quest’ultima che è assurda se il debito è in moneta sovrana; mentre è reale nel manicomio dell’Eurozona, ma solo perché si è creato un assetto – la “moneta senza Stato” – privo di qualsiasi logica economica.

Abbiamo divinizzato le banche centrali, ma i loro poteri sono tutt’altro che divini. E la loro effettiva necessità e utilità è, a dir poco, molto ma molto dubbia.

 

martedì 23 novembre 2021

Da chi dipendono le banche centrali

 

Secondo alcune opinioni, molto diffuse (anche se probabilmente oggi un po’ meno in che passato), l’indipendenza delle banche centrali sarebbe un bene prezioso, da difendere con le unghie e con i denti.

Una posizione che mi ha sempre lasciato estremamente perplesso.

Il potere di emettere e gestire la moneta è un fattore assolutamente di primaria importanza nella conduzione delle economie e degli Stati.

Può essere lasciato nelle mani di un organo autoreferenziale, svincolato da meccanismi di designazione e controllo, avulso da processi di scelta democratici ?

Il punto non è se le banche centrali debbano essere indipendenti o meno. Chiaramente, i banchieri centrali sono influenzati, quindi nei fatti sono dipendenti, da qualcuno.

Il punto è stabilire chi debba essere questo “qualcuno”.

Le alternative in ultima analisi si riconducono alle due seguenti.

La prima è considerare la banca centrale un organo dello Stato, la cui designazione e la cui azione debba rispondere a criteri di scelta e di vigilanza da parte delle istituzioni, e di conseguenza (se crediamo nella democrazia), da parte (almeno indirettamente) del corpo elettorale.

La seconda, è svincolare le banche centrali da tutto questo.

Se le svincoliamo da tutto questo, i banchieri centrali tenderanno a essere fortemente condizionati, quindi nei fatti diventeranno dipendenti, dalle grandi istituzioni finanziarie.

Per quale motivo ? perché i banchieri centrali sono corrotti ? no, perché provengono da quel mondo, sono legati a quel mondo, in molti casi al termine del loro mandato torneranno in quel mondo.

Intendiamoci, le grandi istituzioni finanziarie, i grandi interessi economici, esercitano una notevolissima influenza sui banchieri centrali anche se la banca centrale è al cento per cento dipendente dallo Stato.

A maggior ragione, questo legame, questa dipendenza dallo Stato, deve esistere: anzi ne è assolutamente indispensabile il rafforzamento.

Perché se il legame esiste, si crea una dialettica, sufficientemente equilibrata (si può sperare) tra esigenze dei poteri economici ed esigenze della popolazione, tra ortodossia monetaria e sviluppo economico inclusivo, tra tutela dei sistemi finanziari e salvaguardia dell’occupazione. E si genera una distribuzione del reddito e delle opportunità accettabilmente equa.

Altrimenti…

L’”altrimenti” l’abbiamo toccato con mano negli ultimi decenni.

mercoledì 16 agosto 2017

Il debito pubblico non dovrebbe neanche esistere

Uno Stato che emette la propria moneta non ha bisogno di indebitarsi. Se desidera immettere potere d’acquisto nell’economia, spendendo più di quanto preleva in tasse, non deve fare nient’altro che emettere moneta per la differenza.

Questo non significa che l’emissione monetaria possa essere espansa all’infinito. Se l’emissione monetaria alimenta domanda per beni e servizi reali in misura eccedente le capacità produttive dell’economia, non stimola produzione e occupazione, ma solo crescita dei prezzi - quindi inflazione.

Il punto da aver chiaro, tuttavia, è che nel momento in cui si parla di “debito pubblico” si sta facendo riferimento a una situazione in cui lo Stato spende soldi (al netto delle tasse incassate) la cui emissione è demandata a un soggetto parzialmente o totalmente indipendente dallo Stato stesso. Si tratta, ovviamente, della Banca Centrale.

Se la Banca Centrale dipendesse integralmente dallo Stato, o addirittura se non esistesse affatto – se l’emissione monetaria, in altri termini, fosse affidata a un ufficio statale – il concetto stesso di “debito pubblico” sarebbe privo di significato.

Lo Stato non dipenderebbe dalla volontà di soggetti terzi per introdurre potere d’acquisto nella propria economia, mediante spesa netta effettuata nella moneta legale dello Stato stesso. Sarebbe libero di determinare il livello della spesa netta in funzione dei suoi obiettivi di promozione dell’occupazione e di stabilità dei prezzi.

Poiché il potere d’acquisto immesso in circolazione si traduce in risparmio del settore privato, lo Stato potrebbe offrire un servizio di gestione di questo risparmio permettendo a chi lo desidera di lasciarlo depositato presso un’apposita agenzia statale, e riconoscendo un tasso di remunerazione (un interesse) dipendente dal vincolo di durata del deposito.

Ma non sarebbe indispensabile farlo, e se lo si facesse non avrebbe senso affermare che lo Stato si è “indebitato”, e che deve “gestire le finanze pubbliche” tenendo conto delle esigenze di “rifinanziamento del debito”.

L’indebitamento dello Stato esiste solo se e in quanto l’emissione di moneta è demandata a un soggetto diverso dallo Stato medesimo, implicando che quest’ultimo debba prendere a prestito da qualcuno l’eccesso di spesa che ritiene opportuno immettere nell’economia.