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domenica 22 dicembre 2024

Il caso Luigi Mangione: riflessioni di Marcello Spanò

 Sul caso dell'omicidio del CEO di UnitedHealthCare, da parte dell'italo-americano Luigi Mangione, trovo molto interessanti (come d'abitudine) le riflessioni di Marcello Spanò. Potete essere d'accordo in parte, in tutto, o per nulla. Però leggetele e rifletteteci, ne vale la pena.



domenica 26 maggio 2024

Marcello Spanò: una pregevolissima analisi socio-economica

 Ho molta stima di Marcello Spanò, docente all'Università dell'Insubria, che considero uno dei migliori economisti italiani (ma non essendo mainstream, difficilmente ne sentirete parlare sui giornaloni paludati).

Qui trovate un suo recentissimo pezzo, del 7 maggio scorso, che invito tutti a leggere e a prendere come spunto di seria riflessione.

I partiti socialisti europei hanno lanciato un appello a liberali e conservatori affinché non cedano alla tentazione di "normalizzare la destra nazionalista" dopo le elezioni. L'orizzonte che si prospetta dopo le prossime elezioni di giugno, come tutti si stanno accorgendo, è un'avanzata dei partiti di destra lepeniana-orbanista-alternativefürdeutschlandista che al momento sono all'opposizione.
Il problema è che queste forze di estrema destra rastrellano voti provenienti dalle fasce sociali escluse dal benessere economico che i partiti espressione dell'attuale alleanza della commissione Von Der Leyen (tra cui i socialisti) stanno governando da decenni.
Sono movimenti di ispirazione autoritaria che rispondono a una forte richiesta di protezione, sia da parte delle imprese a rischio di sopravvivenza, sia da parte del lavoro precario e povero, sottoposto alla concorrenza del lavoro ancora più precario e più povero proveniente dai confini dell’Europa. Il loro concetto di protezione non è universalistico, ma si fonda sull’esclusione di alcuni soggetti a vantaggio di altri. I soggetti esclusi per eccellenza sono gli stranieri (ma non solo: si pensi per esempio alla questione dei diritti civili e alle politiche per la famiglia).
La destra, quindi, avanza perchè gli esclusi dal benessere economico nel tempo aumentano. Questa semplice considerazione dovrebbe interrogarci tutti, e in primis i partiti che ancora si denominano "socialdemocratici", sul tipo di democrazia che abbiamo costruito in Europa.
La politica e la stessa architettura istituzionale europea si fondano su un compromesso sociale post-fordista, che rompe con quello fordista prevalente fino più o meno agli anni settanta del novecento. Il patto sociale fordista, ormai rottamato, può essere a grandi linee definito come un'alleanza fra una parte del capitale industriale e il lavoro salariato. Il patto post-fordista è invece caratterizzato grosso modo dall'alleanza fra il capitale finanziario e una parte del lavoro salariato. La parte del lavoro salariato che è stata beneficiata da questo nuovo patto sociale è, con una scala di sfumature, quella del lavoro a maggiore qualificazione e ad alto grado di istruzione. Il blocco sociale che sostiene sia il macronismo in Francia, sia l'attuale maggioranza von Der Leyen nell'UE, sia i governi di grossa coalizione tedeschi, sia i governi italiani tutti, è grosso modo espressione di questo patto post-fordista.
Il patto, o compromesso, post-fordista ha progressivamente portato a diverse conseguenze socialmente pericolose: l'incremento delle disuguaglianze, lo smantellamento dello stato sociale l'aumento della precarietà, la crescita delle sacche di povertà, l'estromissione delle fasce sociali popolari dai principali centri urbani, un'alta disoccupazione strutturale. Questi effetti, se da un lato hanno funzionato come strumento per abbassare il grado di conflittualità sociale, che negli anni sessanta e settanta era andato crescendo, dall'altro hanno di anno in anno, di crisi in crisi e di riforma in riforma eroso il consenso politico intorno ai governi di (sempre più) grossa coalizione.
In un contesto in cui il consenso politico intorno agli attori del compromesso post-fordista vacilla, e in cui viene meno il sostegno degli elettori alle "riforme necessarie" (smantellamento dello stato sociale, precarizzazione del mercato del lavoro, redistribuzione dei redditi verso l'alto), la democrazia stessa - dal punto di vista delle classi dominanti - è vista come un ostacolo. Per difendersi dal rischio di delegittimazione e di perdita di egemonia, nel corso degli anni la classe dominante, in mancanza di argomentazioni più convincenti, si è aiutata direttamente con la forza e la violenza di Stato (come in Francia contro chi protestava), oppure agitando lo spauracchio mediatico di un'emergenza o di un pericolo per la democrazia stessa. In Italia (l'avanguardia europea della normalizzazione), il pericolo è stato rappresentato da Berlusconi e i suoi accoliti negli anni novanta, via via normalizzati per fronteggiare l'emergenza dei grillini populisti, successivamente normalizzati per fronteggiare (con l'aiuto dei supertecnici supercompetenti) l'emergenza del pericolo sovranista (va be', adesso questi hanno fatto breccia e sono al governo, ma fanno quello che l'UE e gli USA dicono di fare: chi saranno, allora, i prossimi topi di fogna da normalizzare?). In Francia, il pericolo è transitato in fasi alterne dai terroristi islamici, alla "feccia" delle banlieux, ai lepenisti. Negli anni recenti, grazie anche al pretesto della pandemia, il cambiamento climatico è stato adottato come argomento emergenziale per giustificare sacrifici sociali, favori al grande capitale, ulteriore impoverimento delle fasce medio basse. Nel 2024, alle soglie delle elezioni europee, il pericolo Putin ha preso gran parte della scena un po' ovunque. La destra estrema, peraltro, condivide gran parte dei valori e della filosofia politica di Putin, quindi quale occasione migliore per fare di tutta l'erba un fascio e alimentare la narrazione di una democrazia accerchiata da pericoli esterni?
Alla luce delle considerazioni precedenti, a me sembra tuttavia evidente che ad accerchiare la democrazia oggi non è Putin, non sono i picchiatori fascisti nostrani, ma sono stati, e non da oggi, gli stessi partiti che lanciano l'allarme. E la ragione è semplice: la sopravvivenza del compromesso post-fordista è incompatibile con la democrazia parlamentare come l'abbiamo conosciuta nel dopoguerra.
I socialdemocratici, poi, sono particolarmente ipocriti, perchè per raccogliere voti non esitano a sventolare la bandiera del lavoro, del salario e dello stato sociale, facendo leva su punti di forza, parole chiave, visioni del mondo appartenenti al vecchio patto fordista che loro stessi hanno attivamente contribuito a rottamare. Più che contro la normalizzazione dell'estrema destra, sarebbe opportuno lanciare un appello per la de-normalizzazione dei socialdemocratici europei.

domenica 9 ottobre 2022

Marcello Spanò su come mitigare l’inflazione odierna

 

Sul tema della mitigazione dell’inflazione odierna, personalmente ho scritto alcuni post: vedi ad esempio qui.

Ma non ho letto nulla di più chiaro, efficace e, nello stesso tempo, metodologicamente impeccabile di queste considerazioni di Marcello Spanò. E tutto in soli due paragrafi e poco più di una dozzina di righe.

“In presenza d’inflazione importata dall’aumento dei costi energetici, mantenere in pareggio il bilancio pubblico significa lasciare che l’aumento dei prezzi eroda il potere d’acquisto e di conseguenza generi, in termini reali, un calo della domanda aggregata e del prodotto interno lordo. È un’arma che potrebbe avere effetti antinflazionistici solo dopo aver fatto strage sul piano sociale e dell’efficienza economica.

Viceversa, un aumento del disavanzo pubblico generato da una riduzione dell’IVA o da qualsiasi misura che riduca il costo dei beni energetici per i consumatori e le imprese avrebbe un effetto immediato di contrasto all’inflazione, di difesa del potere d’acquisto, e quindi dei livelli reali di domanda e prodotto interno lordo. Al contrario di quanto predicano i custodi della teoria economica dominante, il disavanzo pubblico non sarebbe altro che una conseguenza dell’aumento dei prezzi (un adeguamento endogeno della quantità di moneta circolante) e non la causa”.

Ripeto, veramente impeccabile.

lunedì 24 gennaio 2022

Video: Rilanciare l'economia con i Conti di Correnti di Risparmio

Un video con Giovanni Zibordi, che propone l'utilizzo dei Conti Correnti di Risparmio e dibatte sul tema con Marcello Spanò e con me. Il tutto moderato da Francesco Chini.


Molto in sintesi, in questo post ho chiarito perché ritengo i Conti Correnti di Risparmio una buona idea - della quale bisogna fare però attenzione a non esagerare le potenzialità. Ma nel video tutto questo è ampiamente discusso, con molti dettagli in più...

domenica 17 maggio 2020

Moneta Fiscale e imprese predatorie


Un interessante commento di Marcello Spanò invita a riflettere su temi di grande importanza e merita quindi una replica (spero) convincente.

Così Marcello:

“In uno dei confronti video organizzati da Sottosopra, Stefano Fassina avanzava perplessità sulla proposta di Moneta Fiscale perché, a suo dire, lo strumento andrebbe a sostituirsi ai pagamenti in moneta legale, causando una penalizzazione a chi riceverebbe MF in luogo di euro. Marco Cattaneo e Pino Cabras gli replicavano che la MF non sostituisce pagamenti in euro, ma è uno stanziamento aggiuntivo destinato a finanziare lavoro o investimenti per i quali, senza MF, non esisterebbe domanda.

Io credo che i proponenti della MF abbiano assolutamente ragione in teoria, tuttavia Fassina rischia di averla in pratica.

Basta guardare ai comportamenti predatori che le imprese stanno attuando già adesso. Lo Stato ha stanziato, per aiutare i lavoratori autonomi sotto un certo reddito, un contributo di 600 euro. Molti di questi sono in effetti autonomi a monocommittente, cioè all’atto pratico finti autonomi, dipendenti senza adeguato inquadramento contrattuale. Ebbene, i datori di lavoro in vari casi non si sono fatte problemi a tagliare i compensi dell’esatto ammontare del sussidio pubblico.

Idem per i dipendenti che hanno avuto un’estensione della cassa integrazione a causa del Coronavirus. Le imprese li hanno obbligati a continuare a lavorare dichiarando di essere in cassa integrazione, scaricando sullo Stato il costo del lavoro.

Il mondo delle imprese si arroga ormai da decenni il diritto di avvantaggiarsi dei propri lavoratori con atti di prepotenza senza alcun rischio di sanzione. E’ troppa la paura di perdere il posto di lavoro per pensare di denunciarli.

Il mercato del lavoro è stato ridotto in poltiglia da decenni di “riforme strutturali” che anziché renderle più competitive le hanno rese più voraci, generando una finta competitività da pataccari, costruita sui costi al ribasso e non sulla qualità.

Se verrà introdotta, come sarebbe bene, la Moneta Fiscale, mi aspetto un esercito di imprese che dichiareranno stati di necessità e licenzieranno lavoratori (o non richiederanno più i servizi degli autonomi) “a meno che” lo Stato non accetti di erogare MF “aggiuntiva” per sostituire pagamenti in euro che il datore di lavoro non effettuerà più.”

I temi che pone Marcello sono più che rilevanti. Tuttavia, per quanto possano predatori i comportamenti delle imprese – almeno di alcune – c’è un punto  fondamentale da mettere in evidenza. I 600 euro o simili vengono erogati, in questo periodo, a fronte di reddito che non viene prodotto a causa della crisi sanitaria. Evitano in qualche misura a chi li percepisce di subire una caduta di potere d’acquisto, ma non spingono a incrementare la produzione (in questo momento è impossibile) né, di conseguenza, a competere per offrire migliori condizioni ai dipendenti.

La MF al contrario accresce la domanda totale di beni e servizi. Questo spinge le aziende ad assorbire manodopera disoccupata, o sottoccupata, accrescendo la forza contrattuale dei lavoratori.

I salari quindi salgono, e le aziende fanno profitti grazie al maggiore utilizzo della propria capacità produttiva, non grazie alla compressione salariale. Se non fosse così, nessuna azione di stimolo alla domanda, di deficit spending, funzionerebbe.

Parecchi (non tutti i) datori di lavoro sono predatori e scorretti. Ma non lo sono diventati maggiormente negli ultimi decenni perché la loro natura o la loro etica è peggiorata. Lo sono diventati perché le politiche di compressione della domanda, di austerità, introdotte in Italia prima per entrare nella moneta unica, e poi per restarci, hanno enormemente indebolito la possibilità dei lavoratori di negoziare condizioni più favorevoli.

E nello stesso tempo, in un contesto di domanda perennemente debole, la ricerca della competitività sul prezzo e della compressione di salari e diritti è diventata una delle poche strategie di sopravvivenza per molte aziende.

I datori di lavoro non sono diventanti più scorretti e più cinici. Diversi di loro lo sono oggi, ma né più né meno rispetto agli anni del boom economico e della crescita salariale – nel cinquantennio successivo alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

I datori di lavoro reagiscono a incentivi, e si muovono in un contesto di forza negoziale più o meno a loro favorevole. Lo stesso vale per i lavoratori.

La Moneta Fiscale consente di uscire da questo circolo vizioso non perché inietta bontà nell’animo umano, né in quanto elimina il cinismo di alcuni individui. Lo consente perché stimola la domanda, rende più forte la posizione dei lavoratori, e spinge gli imprenditori a sfruttare le opportunità date dalla crescita economica.

Non mi faccio illusioni, né ho suggerimenti da dare, su come migliorare la natura umana. Ma so che i comportamenti sono in larghissima misura influenzati dalle condizioni esterne. E se è vero che nell’ultimo quarto di secolo le condizioni sono diventate pesantemente negative per i lavoratori, e quindi per la grande maggioranza della popolazione, è anche vero che invertire la tendenza è possibile, intervenendo in modo appropriato su ben precisi meccanismi di funzionamento e di governo dell’economia.

E’ possibile, è avvenuto in passato, può accadere di nuovo, e il Progetto Moneta Fiscale lo consente.


giovedì 1 marzo 2018

Milano, sabato 10 marzo 2018, ore 14

Intervengo con una relazione sulla Moneta Fiscale a questo ciclo di incontri presso il circolo ARCI Bellezza di Milano (Via Giovanni Bellezza 16).

Diversamente da quanto comunicato in precedenza, il mio intervento avverrà nell'ambito di una "mini"-tavola rotonda con Chiara Zoccarato e Marcello Spanò (in funzione di moderatore), che inizierà alle ore 14 (non 17).

Nel frattempo vediamo come saranno andate le elezioni. Perché di Moneta Fiscale e varianti sul tema si parlerà, credo e spero, parecchio, dopo il 4 marzo...

Tra parentesi consiglio vivamente a tutti l'intero ciclo, contenuti e relatori mi sembrano veramente interessanti.