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domenica 9 novembre 2014

CCF e Riforma Morbida su Micromega

Ecco qui l'articolo: in bella evidenza, grazie ad Enrico Grazzini.
 
A 36 ore dall'uscita abbiamo superato i 500 "Mi piace". Le letture quindi sono state molte di più.
 
E su facebook ieri ho passato parecchio tempo a rispondere a critiche. Il che secondo me è un ottimo segno: chi critica ha letto, con attenzione, e si sforza di capire.

domenica 2 novembre 2014

Alcune considerazioni sul moltiplicatore fiscale


Uno dei presupposti della Riforma Morbida è l’esistenza di un moltiplicatore fiscale superiore a 1. In altri termini, i CCF emessi rappresentano un’azione di stimolo della domanda. Se questa si traduce in un’espansione più che proporzionale del PIL, al momento in cui i CCF saranno utilizzati per saldare obbligazioni finanziarie nei confronti dello stato emittente (due anni dopo le assegnazioni, nella proposta attuale) le maggiori entrate fiscali prodotte dalla ripresa compenseranno l’utilizzo dei CCF ed eviteranno che deficit e debito pubblico si incrementino rispetto al PIL. Diversamente, si verificherebbe un peggioramento dei parametri di finanza pubblica.

Sull’argomento, è stato ampiamente citato, dal momento della sua pubblicazione (gennaio 2013) in poi, l’articolo di Olivier Blanchard e Daniel Leigh, entrambi del Fondo Monetario Internazionale (Blanchard ne è il capo economista), dal titolo “Growth Forecast Errors and Fiscal Multipliers”.

Significativi sono i seguenti passaggi, tratti dall’introduzione dell’articolo.

“All’inizio del 2010… vari piani pluriennali di consolidamento fiscale, di ampie dimensioni, sono stati intrapresi, particolarmente in Europa… A causa dell’impossibilità di portare sotto zero i tassi d’interesse nominali (… situazione altrimenti nota come “trappola della liquidità”…) è risultata impossibile un’azione delle banche centrali per compensare gli effetti negativi di breve termine del consolidamento fiscale sull’attività economica. In secondo luogo, la riduzione della produzione e del reddito, abbinata a un sistema finanziario scarsamente funzionante, implica che il consumo possa dipendere più dal reddito corrente che da quello futuro, e che gli investimenti possano dipendere più dagli utili attuali che da quelli futuri, condizioni che entrambi portano i moltiplicatori ad assumere dimensioni elevate (Eggertsson e Krugman, 2012). In terzo luogo… vari studi empirici hanno riscontrato che i moltiplicatori fiscali sono probabilmente maggiori quando nell’economia esiste un alto livello di capacità inutilizzata. Sulla base di dati statunitensi, Auerbach e Gorodnichenko (2012b) hanno constatato che i moltiplicatori fiscali associati alla spesa pubblica possono fluttuare tra valori prossimi a zero in tempi normali fino a circa 2,5 in periodi di recessione”.

Quanto sopra mette in luce varie delle ragioni per le quali l’azione di consolidamento fiscale attuata, soprattutto da metà 2011 in poi, nell’Eurozona, è risultata controproducente, non solo per quanto attiene a PIL e occupazione ma anche rispetto agli obiettivi di finanza pubblica che ci si proponeva di conseguire. Ma fa anche capire che esistono, oggi, condizioni che appaiono altamente appropriate affinché l’azione espansiva contemplata nel progetto CCF possa generare moltiplicatori superiori a 1: l’ipotesi di 1,3 su cui ci si è basati per formulare le previsioni macroeconomiche sottostanti alla proposta appare, in effetti, prudenziale.

Alcune condizioni essenziali (previste, peraltro, nel progetto CCF) per confermare tutto ciò sono le seguenti:

PRIMO, l’azione espansiva – in termini di riduzione del carico fiscale per cittadini e aziende e, in misura minore, di ampliamento di spesa sociale e di investimenti pubblici – deve essere presentata come permanente, in modo da creare il clima di fiducia che spingerà gli operatori economici a spendere (e non a risparmiare) la parte preponderante del maggior reddito ottenuto per mezzo dei CCF assegnati, avviando quindi una catena di effetti positivi (domanda che espande la produzione, quindi l’occupazione, quindi, ulteriormente, i redditi, eccetera).

SECONDO, una parte dell’azione espansiva deve andare alle aziende per ridurre i loro costi di produzione, in particolare i costi di lavoro lordi (a parità di retribuzione netta). Questo evita che il recupero della domanda porti a uno squilibrio nei saldi commerciali esteri e limiti l’espansione di produzione e occupazione domestica.

Un fattore fondamentale che giustifica la valenza dell’azione espansiva prevista nel progetto CCF è proprio l’attuale esistenza, in Italia (e in tutti i paesi dell’Eurozona mediterranea) di un livello molto alto di disoccupazione e di sottoutilizzo della capacità produttiva delle aziende, come risultato della crisi iniziata nel 2008 con il fallimento Lehman Brothers e aggravatasi (soprattutto da metà 2011) in poi con l’accelerazione delle politiche di austerità fiscale.

In questa situazione, esiste un alto livello di domanda insoddisfatta, da un lato, e di offerta in grado di soddisfarla, dall’altro. Il fattore necessario e sufficiente a far ripartire produzione e occupazione, senza effetti negativi sull’inflazione, è la disponibilità per cittadini e aziende, in dimensioni significative e su base permanente, di maggior potere d’acquisto.

 

Olivier Blanchard - Daniel Leigh
“Growth Forecast Errors and Fiscal Multipliers”
IMF, Gennaio 2013
 
Alan Auerbach – Yuriy Gorodnichenko
“Measuring the Output Responses to Fiscal Policies”
American Economic Journal, 2012
 
Gauti Eggertsson – Paul Krugman
“Debt, Deleveraging and the Liquidity Trap”
Quarterly Journal of Economica, 2012

sabato 1 novembre 2014

Dichiarazione unilaterale di avvio della Riforma Morbida


Spesso mi viene obiettato che non è realistico avviare la Riforma Morbida “di nascosto” da BCE, UE e partner dell’Eurozona (Germania in particolare).

Il punto è che non si sta proponendo di nascondere nulla. Non è necessario, né utile. Il governo italiano (o di qualsiasi altra nazione che adotta la Riforma Morbida) dovrebbe semplicemente rilasciare un comunicato che dica all’incirca quanto segue.

UNO: Inizieremo l’assegnazione di CCF, secondo i principi contemplati dalla Riforma Morbida.

DUE: Il Ministero dell’Economia inizierà inoltre ad emettere BTP fiscali (titoli di stato che, come i CCF, non sono da rimborsare in euro, bensì i cui interessi e capitale di rimborso sono utilizzabili per saldare tasse e altre obbligazioni finanziarie verso la pubblica amministrazione).

TRE: Ai possessori di titoli di stato “tradizionali” (quelli attualmente in essere, da rimborsare in euro) verrà offerta la possibilità di convertirli, su base volontaria e in qualsiasi momento fino alla loro scadenza, in BTP fiscali con scadenze più lunghe e tassi d’interesse più alti (per esempio tre anni in più con una maggiorazione di rendimento del 2%). Questo limita fortemente la possibilità di attacchi speculativi sui titoli di stato attualmente in circolazione, in quanto l’opzione di conversione in BTP fiscali (con un valore garantito dal fatto di poterli utilizzare per onorare impegni finanziari verso lo stato) crea di fatto una soglia minima di valore.

QUATTRO: L’assegnazione di CCF integrerà la capacità d’acquisto di cittadini ed aziende e ridurrà i costi di produzione di queste ultime, ottenendo l’obiettivo di (i) produrre una rapida ripresa di produzione e occupazione.

CINQUE: (ii) Mantenere in equilibrio i saldi commerciali esteri, facendo sì che l’accresciuta competitività delle aziende, quindi le maggiori esportazioni nette, compensi la crescita delle importazioni di materie prime ed altri beni causata dalla ripresa economica.

SEI: (iii) Innalzare il livello di inflazione, attualmente troppo basso, e in seguito stabilizzarlo intorno al livello obiettivo del 2%, tenuto conto anche della politica monetaria sviluppata dalla BCE.

SETTE: Fermi restando gli obiettivi sopra menzionati, l’emissione di CCF e di BTP fiscali permetterà di raggiungere le finalità per le quali i trattati che regolano l’eurosistema, e in particolare il Fiscal Compact, sono stati concepiti, ovvero ridurre tendenzialmente a zero il saldo tra incassi e spese della pubblica amministrazione da corrispondersi in euro e ridurre il rapporto tra debito pubblico da rimborsarsi in euro e PIL.

OTTO: I CCF e i BTP fiscali, peraltro, non danno luogo a obbligazioni di rimborso in euro per lo stato emittente, e quindi non incidono sul deficit pubblico e sul debito pubblico come descritti al punto precedente.

NOVE: In tal modo diventa possibile ottenere gli obiettivi di stabilità finanziaria che i trattati che regolano l’eurosistema si prefiggono di ottenere, ma che sono aritmeticamente impossibili da conseguire nella situazione odierna. Tentare di ridurre deficit e debiti pubblici in un contesto di domanda depressa riduce occupazione e PIL, e vanifica gli obiettivi di finanza pubblica che i trattati si prefiggono.

DIECI: Gli obiettivi dei trattati diventano invece realizzabili se gli stati membri dell’Eurozona hanno a disposizione strumenti, quali i CCF e i BTP fiscali, che permettano di incrementare domanda e occupazione senza emettere (anzi riducendo le emissioni di) strumenti di debito destinati essere rimborsati in euro.

mercoledì 29 ottobre 2014

Altre riflessioni sulla moneta complementare statale


In merito al progetto CCF, stiamo raccogliendo pareri e commenti di diversi economisti. Trovate qui di seguito una serie di mie considerazioni in risposta ad alcune opinioni che abbiamo ricevuto. Non cito l’autore delle argomentazioni a cui replico, e non le riporto testualmente, solo perché mi manca il tempo di riceverne autorizzazione. Credo, comunque, che siano facilmente intuibili dalle mie risposte.

 

****************************************************************

 

Sotto il profilo strettamente giuridico, con particolare riferimento ai trattati che governano il funzionamento dell’Eurozona, la proposta CCF si muove inevitabilmente in un’area “ibrida” o “grigia”, appunto perché introduce uno strumento innovativo, che non era stato concepito del momento in cui i trattati venivano redatti. La mia opinione, comunque, è che la coerenza dei CCF con i trattati è sostenibile con argomenti più forti di quelli che sono stati adottati a supporto dell’OMT, o degli acquisti di titoli italiani e spagnoli effettuati dalla BCE ancora nel 2010-2011.

 

Ciò premesso, gli argomenti più solidi a supporto di un’innovazione come i CCF sono politici e “fattuali”. Il sistema odierno non regge, i tentativi di negare la realtà stanno producendo danni economici e sociali sempre più gravi, e minano la stabilità politica di tutti i paesi dell’Eurozona mediterranea. Accettare questa realtà e trarne le dovute conseguenze si scontra con le inerzie e le resistenze dei processi decisionali e di potere, ma i fatti spingono in questa direzione e non saranno sottigliezze giuridiche, peraltro altamente opinabili, a bloccare questo processo.

 

Non c’è dubbio che i CCF non risolvano temi di fondo quali il problema della creazione privata di moneta e le sue conseguenze sull’instabilità cronica del sistema finanziario. Vanno però nella direzione giusta perché sono un modo rapido ed efficace per immettere potere d’acquisto nell’economia reale, mediante uno strumento monetario di diretta emissione e gestione da parte dello Stato. Sono in grado di risolvere questa crisi e anche altre eventuali future prodotte dall’instabilità del sistema finanziario: rimane poi aperta la riflessione su come PREVENIRE queste crisi, e qui entrano in gioco le riflessioni in merito all’evoluzione della regolamentazione, alla reintroduzione della separazione banche commerciali / banche d’investimento, a “Positive Money” eccetera. Su cui occorre lavorare e lo stiamo facendo – ma che non devono bloccare gli interventi la cui necessità è imminente, anzi immediata. Non ci sono ancora le condizioni per riformare il sistema finanziario nella sua interezza, ma questo non deve assolutamente essere un indugio a risolvere il problema odierno.

 

La proposta CCF si collega poi a idee come quella dei “BTP fiscali” che accelerano ulteriormente il processo di “rinazionalizzazione” del debito pubblico, cioè della progressiva (ma rapida) trasformazione del debito non sovrano (quello in euro, cioè il debito vero, soggetto a rischio di default) in strumenti monetari non soggetti a default (CCF e BTP fiscali), che di fatto sono forme di moneta nazionale. A mio parere questo processo, con un corretto intervento di stimolo della domanda e dell’economia come quello consentito dai CCF, potrà essere effettuato senza ricorrere ad azioni coercitive. Detto questo, se fosse necessario, o politicamente opportuno, introdurre una forma (nei fatti) di imposizione patrimoniale mediante sostituzione forzosa di titoli in euro con BTP fiscali, in un contesto di domanda e di economia che ripartono, per accelerare il processo di “rinazionalizzazione” sopra descritto, si tratterebbe di un’azione molto più indolore delle ipotesi di ristrutturazione che vengono di tanto in tanto ventilate (e che senza una contestuale azione espansiva sulla domanda non risolverebbero, in realtà, la crisi in atto).

 

PS in merito a quest’ultimi punto, ribadisco che, a mio parere, sono azioni assolutamente non necessarie. Ne parliamo a breve (ho promesso alcune analisi numeriche, come qui accennato, e manterrò la promessa, credo già con il prossimo post…).

lunedì 27 ottobre 2014

Introdurre i CCF è un’euroexit


Insieme a Biagio Bossone, Enrico Grazzini, Stefano Sylos Labini e Giovanni Zibordi, si sta lavorando a una serie di iniziative (articoli, appelli, convegni) per stimolare nel modo più ampio ed efficace possibile l’attenzione di organi d’informazione, economisti ed opinione pubblica in merito alla Riforma Morbida.

E’ bene ribadire un punto che non mancherà di creare equivoci.

Emettere moneta complementare nazionale – i Certificati di Credito Fiscale – è già a tutti gli effetti una forma di uscita dall’euro. Nel momento in cui si torna ad emettere una propria moneta, si riacquista la capacità di sviluppare politiche macroeconomiche autonome e si superano i vincoli dell’attuale eurosistema.

Per questa via, l’euro può evitare un processo di rottura deflagrante, con tutti i rischi, le complicazioni, e le gravi inefficienze che questo comporterebbe.

Ma è molto probabile che comunque, nel giro di alcuni anni, l’euro venga gradualmente sostituito dai CCF, che da moneta complementare si trasformeranno nella moneta a circolazione predominante, e saranno sempre più frequentemente utilizzati per contratti di ogni tipo, sia pubblici che privati. Finendo per trasformare l’euro in quello che prima del 1999 era l’ECU: una moneta utilizzata per fini statistici e per alcune particolari transazioni, soprattutto finanziarie, ma di scarso e poco rilevante utilizzo nella pratica quotidiana.

Tutto ciò potrebbe essere attuato grosso modo come ho sintetizzato qui. Mi pare il modo più razionale per uscire dall’assurda situazione in cui questo progetto sbagliato e insostenibile, la moneta unica europea, ha condotto il nostro continente.

venerdì 24 ottobre 2014

CCF e BTP fiscali


La soluzione dell’eurocrisi, che darebbe all’Eurozona un assetto permanente e stabile, può a mio parere svilupparsi sulla base dei seguenti principi.

Ogni stato si impegna a mantenere il saldo tra incassi e pagamenti pubblici in euro al di sotto di una percentuale prefissata del PIL, anno per anno. Il limite potrebbe essere il 3% di cui al trattato di Maastricht, o anche un livello più conservativo: si può arrivare al pareggio di bilancio pubblico (definito come sopra – saldo incassi / pagamenti in euro).

I paesi che hanno un eccesso nel rapporto debito pubblico lordo / PIL, rispetto al 60%, si impegnano a ridurlo anno per anno, entro un arco di tempo di vent’anni come previsto dal Fiscal Compact (o anche più breve). Per debito pubblico si intende quello che deve essere rimborsato in euro.

Il raggiungimento di questi obiettivi è impossibile mediante l'adozione di politiche di austerità, che comprimono il PIL e vanificano il beneficio sul deficit pubblico che da ormai tre anni ci si propone (senza successo) di raggiungere mediante tagli di spesa e incrementi di tassazione.

Diventa invece possibile se vengono adottati gli strumenti previsti dalla Riforma Morbida:

Certificati di Credito Fiscale, ovvero titoli che vengono attribuiti gratuitamente alle aziende per ridurre i loro costi di produzione, ai lavoratori per integrare i loro redditi, e vengono inoltre utilizzati per effettuare altre azioni di spesa, investimenti pubblici e integrazione di potere d’acquisto di varie categorie di soggetti (integrazioni pensionistiche, reddito di cittadinanza, ecc.). I CCF danno diritto al possessore, a partire da due anni dopo la loro attribuzione, di utilizzarli per pagare tasse e per saldare obbligazioni finanziarie di qualsiasi tipo nei confronti della pubblica amministrazione.

BTP fiscali: vengono emessi titoli che lo Stato non si impegna a rimborsare bensì ad accettare (alla scadenza di capitale e interessi) a soddisfacimento di tasse e altre obbligazioni finanziarie nei confronti della pubblica amministrazione (analogamente ai CCF).

In aggiunta, ulteriori aggiustamenti utili a conseguire gli obiettivi di riduzione del deficit pubblico e del debito pubblico da rimborsarsi in euro possono, se necessario in particolari contesti e situazioni, essere conseguiti:

Offrendo ai possessori di CCF e/o di BTP fiscali la possibilità di dilazionare il loro utilizzo, a fronte di una maggiorazione dell’importo utilizzabile.

Proponendo su base volontaria, per alcune voci di spesa, la conversione dei pagamenti e della denominazione dei contratti da euro a CCF.

Mi riprometto, a breve, di aggiornare ed estendere le proiezioni economiche in modo da rendere esplicito sotto quali ipotesi l’Italia può conseguire i risultati sopra descritti, e nello stesso tempo rilanciare l’economia e l’occupazione, mantenere l’inflazione a livelli moderati ed evitare squilibri nei saldi commerciali esteri.

giovedì 16 ottobre 2014

Breve commento sulla legge finanziaria


Scusate, a me non piace chiamarla legge di stabilità. La chiamo legge finanziaria come si usava ai tempi. Mi sembra più appropriato e, soprattutto, in questo momento c’è bisogno di cambiamento, non di stabilità. L’Italia anzi l’Eurozona se continua con questo tipo di stabilità punta dritta alla stabilità del cimitero (un luogo altamente stabile, non c’è dubbio).

Allora, commento non tecnico: si parla di 36 miliardi di minori tasse e maggiori spese, con coperture molto generiche e indeterminate.

Dovrebbe trattarsi di allargamento di deficit dal 2,2% precedentemente previsto al 2,9%, di effetti della spending review, di benefici dalla lotta all’evasione e di altre voci alquanto vaghe.

Non sono un fan di Renzi né di Padoan (questo, penso sia chiaro a chi mi legge) tuttavia esprimo un certo ottimismo su tutto ciò. E l’ottimismo nasce, appunto, dalla vaghezza delle coperture.

La cosa migliore che ci si può augurare, relativamente alla legge finanziaria, è che le coperture siano tutte finte, e che quindi la manovra sia effettivamente espansiva, creando maggior deficit spending per l’intero importo di 36 miliardi. Che non risolvono tutti i problemi economici dell’Italia, ma sono pur sempre un 2% abbondante del PIL. Non malaccio, per cominciare.

Tutto questo verrà accettato da Bruxelles ? gli ultimi rumours lasciano pensare che la commissione UE sia sostanzialmente, oggi, un pugile suonato. Non in condizione di bloccare alcunché: un cane che farà qualche abbaio, ma di pura immagine. Oggi ha i denti di gomma: sul tavolo ci sono la Francia con una proposta di deficit decisamente più alta (ma se provano a bocciarla c’è la caduta di Hollande e la Le Pen al governo, pronta dietro l’angolo), gli USA imbufaliti perché l’Eurozona rischia di creare una recessione mondiale, il Fiscal Compact che è un’impossibilità aritmetica (cosa, ogni giorno che passa, sempre più evidente per tutti).

Naturalmente molto più razionale ed efficace sarebbe sedersi tutti quanti intorno a un tavolo e ridisegnare in modo più sensato le regole di funzionamento dell’Eurozona. E forse accadrà.

Per adesso, comunque, una legge finanziaria a coperture finte (se tali sono, come mi auguro) non la butto via.

martedì 14 ottobre 2014

CCF: proiezioni economiche aggiornate

Ecco i dati completi. Rimangono validi i commenti di cui all'ultimo articolo.



Previsione inerziale cautelativa (MC) 20142015201620172018201920202021
Prodotto Interno Lordo  1.6271.6271.6271.6271.6271.6271.6271.627
Variazione reale PIL          
Variazione deflatore PIL  
Variazione nominale PIL          
Debito pubblico   2.1412.1902.2392.2882.3362.3852.4342.483
Debito pubblico / PIL  131,6%134,6%137,6%140,6%143,6%146,6%149,6%152,6%
Incassi pubblici   786786786786786786786786
Spese pubbliche interessi esclusi758756754753751749747746
Spese pubbliche835835835835835835835835
*di cui interessi7779818284868889
Incassi pubblici / PIL  48,3%48,3%48,3%48,3%48,3%48,3%48,3%48,3%
Spese pubbliche interessi esclusi / PIL46,6%46,5%46,4%46,3%46,1%46,0%45,9%45,8%
Spese pubbliche / PIL51,3%51,3%51,3%51,3%51,3%51,3%51,3%51,3%
*di cui interessi   4,7%4,8%4,9%5,1%5,2%5,3%5,4%5,5%
Deficit pubblico   -49-49-49-49-49-49-49-49
Deficit pubblico / PIL  -3,0%-3,0%-3,0%-3,0%-3,0%-3,0%-3,0%-3,0%
Saldo primario   2830323335373940
Saldo primario / PIL  1,7%1,8%1,9%2,1%2,2%2,3%2,4%2,5%
Crescita esportazioni   3,0%3,0%3,0%3,0%3,0%3,0%3,0%
Importazioni / PIL   -26,5%-26,5%-26,5%-26,5%-26,5%-26,5%-26,5%-26,5%
Esportazioni di merci e servizi 476490505520536552568585
Importazioni di merci e servizi-431-431-431-431-431-431-431-431
Saldo commerciale45597489105121137154
Altre voci partite correnti-22-22-22-22-22-22-22-22
Saldo partite correnti  233752678399115132
Saldo commerciale / PIL  2,8%3,6%4,5%5,5%6,4%7,4%8,4%9,5%
Saldo partite correnti / PIL  1,4%2,3%3,2%4,1%5,1%6,1%7,1%8,1%
Ipotesi base per introduzione CCF 20142015201620172018201920202021
Lavoratori dipendenti totali  16.400.00016.846.49517.196.42117.407.32717.653.47617.906.00918.165.17618.431.240
Redditi netti inferiori a 20.000 euro6.100.0006.266.0746.396.2306.474.6776.566.2326.660.1626.756.5596.855.522
Redditi netti compresi tra 20.000 e 42.500 euro5.800.0005.957.9076.081.6616.156.2506.243.3036.332.6136.424.2696.518.366
Redditi netti superiori a 42.500 euro4.500.0004.622.5144.718.5304.776.4014.843.9424.913.2344.984.3475.057.353
Datori di lavoro per lavoratori dipendenti del settore privato13.300.00013.662.09713.820.05113.789.69613.984.69014.184.74114.390.04714.600.818
Costo azienda unitario inferiore a 45.000 euro4.900.0005.033.4045.137.9555.126.6705.199.1645.273.5385.349.8665.428.225
Costo azienda unitario compreso tra 45.000 e 95.625 euro4.700.0004.827.9594.857.8394.847.1694.915.7114.986.0305.058.1975.132.284
Costo azienda unitario superiore a 95.625 euro3.700.0003.800.7343.824.2563.815.8573.869.8153.925.1733.981.9854.040.309
Lavoratori autonomi6.600.0006.779.6876.853.8526.838.7996.935.5037.034.7157.136.5347.241.062
Reddito lordo inferiore a 45.000 euro2.150.0002.208.5342.254.4092.249.4572.281.2662.313.8992.347.3902.381.772
Reddito lordo compreso tra 45.000 e 95.625 euro2.100.0002.157.1732.170.5242.165.7572.196.3822.227.8012.260.0452.293.148
Reddito lordo superiore a 95.625 euro 2.350.0002.413.9802.428.9202.423.5852.457.8562.493.0152.529.0982.566.142
ASSEGNAZIONI DI CCF PER LAVORATORE
Lavoratori dipendenti totali  euroeuroeuroeuroeuroeuroeuroeuro
Redditi netti inferiori a 20.000 euro 3.5003.5003.5003.5003.5003.5003.500
Redditi netti compresi tra 20.000 e 42.500 euro 1.5001.5001.5001.5001.5001.5001.500
Redditi netti superiori a 42.500 euro  1.5001.5001.5001.5001.5001.500
Datori di lavoro per lavoratori dipendenti del settore privatoeuroeuroeuroeuroeuroeuroeuroeuro
Costo azienda unitario inferiore a 45.000 euro 7.0007.0007.0007.0007.0007.0007.000
Costo azienda unitario compreso tra 45.000 e 95.625 euro 3.0003.0003.0003.0003.0003.0003.000
Costo azienda unitario superiore a 95.625 euro  3.0003.0003.0003.0003.0003.000
Lavoratori autonomieuroeuroeuroeuroeuroeuroeuroeuro
Reddito lordo inferiore a 45.000 euro 3.5003.5003.5003.5003.5003.5003.500
Reddito lordo compreso tra 45.000 e 95.625 euro 1.5001.5001.5001.5001.5001.5001.500
Reddito lordo superiore a 95.625 euro   1.5001.5001.5001.5001.5001.500
ASSEGNAZIONI DI CCF TOTALI IN MILIARDI
Lavoratori dipendenti totali   31393940404141
Redditi netti inferiori a 20.000 euro 22222323232424
Redditi netti compresi tra 20.000 e 42.500 euro 999991010
Redditi netti superiori a 42.500 euro  777778
Datori di lavoro per lavoratori dipendenti del settore privato 50626263646566
Costo azienda unitario inferiore a 45.000 euro 35363636373738
Costo azienda unitario compreso tra 45.000 e 95.625 euro 14151515151515
Costo azienda unitario superiore a 95.625 euro  111112121212
Lavoratori autonomi 11151515151516
Reddito lordo inferiore a 45.000 euro 8888888
Reddito lordo compreso tra 45.000 e 95.625 euro 3333333
Reddito lordo superiore a 95.625 euro   444444
SINTESI ASSEGNAZIONI, COMPRESI ALTRI INTERVENTI DI SPESA2015201620172018201920202021
Lavoratori dipendenti con redditi netti <20.000 22222323232424
Lavoratori dipendenti con redditi netti >20.000 9161617171717
Datori per dipendenti con costo azienda <45.000 35363636373738
Datori per dipendenti con costo azienda >45.000 14262626272728
Lavoratori autonomi con redditi netti <45.000 8888888
Lavoratori autonomi con redditi netti >45.000 3777777
Altri interventi di spesa 357777777777
TOTALE    92150193195196198200
CCF in circolazione a fine anno  92242343388391394398
Incremento della retribuzione netta per un lavoratore dipendente con una retribuzione annua netta di 20.000 euro, 
e decremento del costo azienda totale per il suo datore di lavoro (45.000 euro prima dell'intervento): 15%-17% circa. 
Lavoratori dipendenti del settore privato13.300.00013.662.09713.820.05113.789.69613.984.69014.184.74114.390.04714.600.818
Lavoratori dipendenti del settore pubblico3.100.0003.184.3983.376.3703.617.6313.668.7863.721.2683.775.1293.830.423
Lavoratori autonomi6.600.0006.779.6876.853.8526.838.7996.935.5037.034.7157.136.5347.241.062
Lavoratori totali   23.000.00023.626.18224.050.27424.246.12624.588.97924.940.72425.301.71025.672.303
Attualizzazione valore CCF - tasso annuo3,0%a due anni -94,26%     
Valore attuale erogazioni di CCF  86142182183185187188
Moltiplicatore keynesiano   1,301,301,301,301,301,301,30
Valore attuale riduzione costo azienda  47585859606162
*Effetto moltiplicativo su export 0,500,500,500,500,500,500,50
*Effetto moltiplicativo su sostituzione import 0,500,500,500,500,500,500,50
Previsione con introduzione CCF 20142015201620172018201920202021
Prodotto Interno Lordo  1.6271.7551.8541.9421.9992.0582.1202.183
Variazione reale PIL   6,9%4,1%2,8%1,0%1,0%1,0%1,0%
Variazione deflatore PIL 0,9%1,5%1,9%1,9%1,9%1,9%2,0%
Variazione nominale PIL   7,9%5,6%4,8%2,9%3,0%3,0%3,0%
Deficit pubblicoescluso effetto CCF-49-49-49-49-49-49-49-49
Incassi pubblici / PILescluso effetto CCF48,3%48,3%48,3%48,3%48,3%48,3%48,3%48,3%
Maggiori incassi pubblici 62110152180208238269
Utilizzo CCF 92150193195196
Interessi su debito pubblico  7779818284868889
Considerando i CCF come moneta:  
Surplus (deficit) pubblico-49136112-19-33-523
Surplus (deficit) primario289214194655282113
Debito pubblico2.1412.1282.0672.0552.0752.1082.1132.090
Surplus (deficit) pubblico / PIL-3,0%0,7%3,3%0,6%-1,0%-1,6%-0,3%1,1%
Surplus (deficit) primario / PIL1,7%5,2%7,6%4,9%3,2%2,5%3,9%5,2%
Debito pubblico / PIL  131,6%121,3%111,5%105,8%103,8%102,4%99,7%95,7%
Considerando i CCF come parte di deficit e debito:        
Surplus (deficit) pubblico-49-79-90-89-64-37-920
Surplus (deficit) primario280-9-7214979109
Debito pubblico2.1412.2202.3092.3992.4622.4992.5082.488
Surplus (deficit) pubblico / PIL-3,0%-4,5%-4,8%-4,6%-3,2%-1,8%-0,4%0,9%
Surplus (deficit) primario / PIL1,7%0,0%-0,5%-0,4%1,0%2,4%3,7%5,0%
Debito pubblico / PIL  131,6%126,5%124,6%123,5%123,1%121,4%118,3%114,0%
Crescita esportazioniescluso effetto CCF 3,0%3,0%3,0%3,0%3,0%3,0%3,0%
Importazioni / PILescluso effetto CCF-26,5%-26,5%-26,5%-26,5%-26,5%-26,5%-26,5%-26,5%
Maggiori esportazioni per effetto CCF 23292930303031
Sostituzioni di importazioni per effetto CCF 23292930303031
Esportazioni di merci e servizi 476490505520536552568585
Importazioni di merci e servizi-431-441-462-485-500-515-531-547
Saldo commerciale4549433536373738
Altre voci partite correnti-22-24-25-26-27-28-29-30
Saldo partite correnti  23251889999
Saldo commerciale / PIL  2,8%2,8%2,3%1,8%1,8%1,8%1,8%1,7%
Saldo partite correnti / PIL  1,4%1,4%1,0%0,4%0,4%0,4%0,4%0,4%