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venerdì 19 luglio 2013

Che cosa succede dopo le elezioni tedesche ?


Se state leggendo questo articolo, probabilmente il titolo vi ha incuriosito.
 
Esordisco in modo deludente. Che cosa succede dopo le elezioni tedesche del 22 settembre 2013 non lo so.
 
So (credo di sapere) che cosa succede fino alle elezioni tedesche. Niente.
 
Per quanto odioso sia lo spot elettorale inscenato da Schaeuble in Grecia giusto in questi giorni, va preso per quello che è. Uno spot a beneficio dei suoi elettori, appunto.
 
Fino alle elezioni tedesche, tutto resterà sopito. I mercati finanziari partiranno dal presupposto che la BCE non tollererà agitazioni sui titoli periferici dell’Eurozona, e quindi non avranno convenienza o interesse a farle accadere.
 
Poi ci sarà la riconferma di un governo a guida CDU, oppure (in caso di risultato per loro deludente abbinato a una frana dei tradizionali partner liberali) una “Grosse Koalition” con la SPD.
 
In teoria un risultato ancora peggiore per il centro destra aprirebbe scenari di coalizioni di centro sinistra: SPD + Linke + Verdi, inclusi magari (in uno strano assemblaggio) Pirati e AfD se superassero il blocco del 5%. Questa sarebbe l’alternativa più positiva e costruttiva nei confronti di un possibile cambio di atteggiamento verso la crisi dell’Eurozona.
 
Ma non so costruttiva fino a che punto (il fondatore della Linke, Lafontaine, è forse la voce più raziocinante, in Germania, riguardo all’Eurocrisi, ma non rappresenta una posizione maggioritaria neanche nel suo partito). E siamo ai confini della fantapolitica, e probabilmente anche oltre.
 
CDU o CDU + SPD che sia, ai primi di ottobre il nuovo governo tedesco si siederà a esaminare una realtà che conosce benissimo, in effetti, anche oggi. Conti della periferia sud dell’Eurozona super sfondati e risultati sempre più disastrosi delle politiche di austerità.
 
Basta a produrre un cambio di atteggiamento ? solo se, temo, questo si sarà riflesso sulla situazione tedesca in modo sufficiente a trasformare l’attuale previsione di crescita del PIL da un pallido più (0,3%) in un deciso meno.

Questo potrebbe avvenire, e avere sul tavolo una proposta di riforma del sistema monetario europeo che risolva il problema, evitando però ai tedeschi quello che temono di più:
 
perdita di valore dei loro crediti verso il Sud
spaccatura dell’euro
rivalutazione del nuovo marco
 
potrebbe essere decisivo.

Intraprendere questa strada non richiede, in realtà, il consenso della Germania. L’Italia potrebbe e dovrebbe procedere anche da sola.

Ma temo che questo sia ancora più fantapolitico.

sabato 16 marzo 2013

Perché non dobbiamo attendere la Germania

Né nessun altro.

Nelle ultime settimane, di pari passo al continuo aggravarsi della crisi economica europea, ho letto vari commenti in merito a un possibile mutamento dell’atteggiamento tedesco verso la crisi dell’euro.

L’evidenza dei fatti ha una sua forza, ovviamente, e il disastroso fallimento delle politiche di austerità imposte dall’asse Bruxelles – Berlino – Francoforte è sempre più difficile da negare.

E le voci che esprimono opinioni ragionevoli hanno spazio sui media “tradizionali”, in Germania, anche più che in Italia. Vedi per esempio questo talk-show dello scorso 7 marzo sulla ZDF. L’esperto finanziario, il leader della Linke, Lafontaine, e il capofila del neonato movimento antieuro Alternative fur Deutschland, Lucke, esprimono concetti sensati e ben motivati. Suscitando un’ottima impressione rispetto al ministro lussemburghese “sognatore-europeista” e al capo della FDP, Bruderle.

Ma sarebbe un errore gravissimo adagiarsi sull’attesa che la realtà dei fatti produca da sé la soluzione del problema. Può succedere, ma nel frattempo i due maggiori partiti tedeschi, la CDU e l’SPD, non sono retrocessi di un millimetro sui dogmi dell’euro, dell’austerità, delle riforme come unica soluzione per i paesi in difficoltà eccetera.

Dopo le elezioni tedesche del prossimo autunno, il quadro politico vedrà forse un rafforzamento, ma comunque ancora un ruolo marginale dei partiti critici dell’attuale euro-assetto. Una strategia negoziata di riforma del sistema monetario europeo rischia di non avere, ancora, interlocutori di peso in Germania. Senza contare l’enorme complicazione di gestire e contemperare gli interessi dei vari paesi, che sono e rimarranno divergenti.

Ma poi, a che scopo ? l’Italia (e tutti i paesi in difficoltà dell’eurozona) hanno a disposizione le modalità tecniche per ristrutturare da sole il proprio sistema monetario. Senza ledere gli interessi di nessun altro paese.