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sabato 15 marzo 2025

La UE non è un condominio - purtroppo

 

Voi sovranisti, dicono i pro-UE, dovreste farvene una ragione. Criticate la UE, criticate le sue regole, criticate il fatto che esistano, ma dovete anche rendervi conto che se si abita nello stesso condominio le regole servono.

Il problema è che la metafora del condominio si poteva applicare alla vecchia CEE. Non all’Unione Europea.

I condomini sono vicini di casa, certo. E giustamente ogni anno fanno alcune assemblee dove si discute (magari per ore…) di temi epocali quali il costo del portinaio e la manutenzione dell’ascensore.

Però vicini di casa significa che ognuno STA NEL SUO APPARTAMENTO. Che ognuno sta A CASA SUA.

La UE ha trasformato, o quanto meno ci sta provando in tutti i modi, il condominio in una cosa diversa. Uno stanzone gigantesco in cui, abbattute tutte le pareti, tutti i soffitti, tutti i pavimenti, gli (ex) condomini stanno in un ambiente unico.

Da buoni vicini di casa, in Europa si può convivere ragionevolmente bene. Certo con collaborazioni, certo con momenti di discussione sui diritti di transito, sui diritti di pesca, sui sussidi all’agricoltura. L’equivalente del portinaio o dell’ascensore.

Ma se si pretende di trasformare in una megafamiglia qualcosa che famiglia non è, non funziona. Non funzionerebbe neanche se le regole non fossero spesso cervellotiche, spesso assurde e molte volte controproducenti. Come invece sono.

 

mercoledì 4 marzo 2020

Munchau e il fallimento del progetto europeo


Cito spesso il sito gestito da Wolfgang Munchau (eurointelligence.com) perché ritengo il suo ideatore un “europeista disincantato” oltre che intelligente e ben informato. Munchau vorrebbe vedere il progetto d’integrazione aver successo, ma è da tempo (da parecchi anni, in effetti) sempre più scettico.

L’altro ieri, un articolo del sito (non tutti gli articoli, va precisato, sono scritti da Munchau stesso) è stato particolarmente esplicito sull’argomento:

“Per quanto ci riguarda, il test sarà il processo che condurrà alla prossima modifica dei trattati, a partire dalla conferenza sul futuro dell’Europa, quest’anno. Se non produrrà significativi cambiamenti, anche noi pro-UE dovremo concludere che la seconda fase del processo d’integrazione, quella che è partita con il trattato di Maastricht, è fallita. Questa conclusione, se ampiamente condivisa, avrà profonde implicazioni per il futuro della stessa UE”.

Personalmente, vado più in là e ritengo che il fallimento sia già oggi ampiamente conclamato. La UE ha miseramente fallito nel gestire tutte le emergenze e tutti i principali progetti di cui si è occupata.

L’eurozona rimane pesantemente disfunzionale, la crisi migratoria non è risolta e anzi sta entrando in una fase ancora più acuta con le tensioni al confine tra Turchia e Grecia, la Brexit ha avuto luogo e il Regno Unito appare molto serio in merito alla possibilità di interrompere i negoziati per un nuovo accordo commerciale.

L’emergenza Coronavirus è partita da poco quindi il giudizio è ancora prematuro: chiaramente, però, ogni paese può far conto solo sulle sue forze, e anche in merito alla gestione delle ricadute economiche UE e BCE danno chiari segni di volersi, come d’abitudine, contemplare l’ombelico, fino a quando non si vedranno degenerazioni (e danni) potenzialmente molto pesanti.

La cosa più logica e sensata sarebbe smantellare la UE e tornare alla cara vecchia CEE. Un’area di buon vicinato commerciale e di cooperazione economica: ma ognuno in casa propria.

Prima o poi “l’istinto delle combinazioni”, direbbe Vilfredo Pareto, prevarrà sulla “persistenza degli aggregati”. I tempi però sono imprevedibili.


martedì 8 ottobre 2019

La UE e i settant’anni di pace


Ringraziamo la UE per aver messo fine ai conflitti tra nazioni europee: quante volte l’avete sentito dire ? Settant’anni di pace giustificano bene qualche “piccola inefficienza” riguardo (per esempio) alla gestione dell’economia e dell’eurosistema.

Credo opportuno chiarire, molto sinteticamente, alcune cose.

La UE in effetti esiste dal 1992 (Trattato di Maastricht) e non da settant’anni, ma diciamo pure che questa è una pignoleria. La UE è l’evoluzione di istituzioni precedenti, la CEE (nata con il trattato di Roma del 1957) e la CECA (trattato di Parigi del 1951).

Più significativa mi sembra però un’altra riflessione. I conflitti armati tra potenze europee sono cessati grazie ai trattati di Parigi, di Roma, di Maastricht ?

Mi pare che le cause siano altre.

La prima è che la potenza continentale che nei decenni precedenti era stata più aggressiva, nonché militarmente più attrezzata, dopo la seconda guerra mondiale si è trovata priva di un esercito minimamente in grado di intraprendere azioni belliche su vasta scala.

Non voglio affermare che tutta la colpa delle guerre mondiali sia da attribuire alla Germania (non della prima, quantomeno). Ma l’averla messa in condizioni di (militarmente) non nuocere, ha avuto – diciamo – un certo peso.

La seconda causa è che la Germania, ma anche l’Italia e molti altri paesi, sono stati, a partire dal 1945, riempiti di basi NATO.

La terza, è che la tecnologica bellica e il potenziale distruttivo delle armi, anche convenzionali, sono diventati un forte dissuasore dell’opportunità di risolvere con le guerre i conflitti tra Stati.

Tutto questo, con la UE e con le istituzioni a lei precedenti, c’entra…

esattamente zero.


martedì 28 giugno 2016

Brexit



Fossi un cittadino britannico, avrei votato per l’uscita, per una ragione molto semplice: il progetto di integrazione UE è fallimentare, e anche se il Regno Unito – grazie al fatto di essere fuori da Maastricht, da Schengen e dal Fiscal Compact – subisce le conseguenze di questo fallimento in misura molto inferiore rispetto (per esempio…) all’Italia, non vedo l’utilità di rimanere associati a una costruzione in pieno sfaldamento.

Detto questo, posso capire che sulla base di valutazioni strettamente opportunistiche e di breve termine la scelta del Remain fosse difendibile. Ridefinire un sistema di accordi commerciali, di circolazione delle persone e di cooperazione economica è complesso e richiede tempo. Sono convinto che verrà fatto senza particolari effetti distorsivi né inefficienze (rispetto alla situazione odierna, quanto meno). Però si poteva sicuramente valutare – e molti Remainers senz’altro avranno ragionato così – che in termini di stretta convenienza, per il Regno Unito le ricadute negative di essere nella UE (ma non in Maastricht, non in Schengen, non nel Fiscal Compact) non giustificassero le complicazioni del passaggio Brexit.

Tuttavia, pur rispettando queste argomentazioni, avrei votato Leave perché dover affrontare alcune complicazioni non giustifica - come alternativa - accettare di ridurre spazi di democrazia – e la UE è un’istituzione la cui antidemocraticità si definisce sempre più chiaramente.

Dal punto di vista di chi nella UE ci rimane, e in particolare dell’Italia e degli altri Stati membri dell’Eurozona, sarebbe auspicabile che il Brexit fosse un punto di svolta per correggere le paurose disfunzioni dell’Eurozona: patti di stabilità, Fiscal Compact, regolamentazione bancaria eccetera. Francamente non me lo aspetto. L’incapacità di Bruxelles, di Berlino e di Francoforte  di comprendere e correggere l’impostazione del sistema è stata fin qui totale, e segnali di ripensamento non ne vedo.

Gli scenari di possibile soluzione del problema mi sembrano essere i due seguenti. Azioni unilaterali di singoli Stati, che correggano l’inefficienza del sistema senza sfasciarne l’architettura: e in merito al tema euro, il progetto CCF è in grado di ottenere questi risultati.

Oppure, la UE che perde altri tasselli – Francia, Olanda, Italia, Austria, paesi dell’Est ? – avviando, nei fatti, un processo di scioglimento. Al termine del quale una cosa che si chiama UE potrebbe anche continuare a esistere, ma limitata a un sistema di accordi commerciali e di cooperazione economica. La vecchia CEE, per intenderci.