Qui in anteprima, alcuni commenti ricevuti in merito al progetto Moneta Fiscale, e le nostre considerazioni al riguardo.
Moneta vuol dire fiducia:
perché i CCF rischiano di non funzionare
Guido Iodice
(Keynesblog.com)
Thomas Fazi (Oneuro
eunews.it/oneuro)
Marco Cattaneo e Giovanni
Zibordi hanno avanzato, in un loro libro edito da Hoepli, la proposta di
istituire una forma di “moneta fiscale”, poi rilanciata in un appello promosso
da Stefano Sylos Labini e firmato anche da Luciano Gallino e infine meglio
esplicitata nell’e-book di MicroMega. I certificati di credito fiscale (CCF)
verrebbero emessi dal governo e sarebbero in sostanza dei crediti sulle tasse
future (a due anni). Con i CCF, lo Stato potrebbe aumentare la spesa pubblica,
ridurre il cuneo fiscale e immettere liquidità nel sistema economico. I CCF
sarebbero (quasi-)moneta in più, in modo tale che lo Stato non dovrebbe
sostituire parte della sua spesa pubblica in euro con spesa in CCF, ma attivare
più spesa grazie a questi ultimi. L’auspicio è che essi vengano percepiti come
moneta e utilizzati negli scambi, per lo meno tra imprese e tra imprese e Stato.
Secondo i promotori, i CCF si ripagherebbero da soli perché, una volta rimessa
in moto l’economia, il PIL tornerebbe a crescere e gli introiti fiscali ad
aumentare, coprendo quindi l’ammanco dovuto all’utilizzo finale dei
certificati, cioè lo sconto sulle imposte.
Un merito della proposta è
che essa esplicitamente riconosce l’impraticabilità e i rischi di un’uscita
unilaterale dall’eurozona e pertanto si preoccupa di trovare una soluzione
“morbida”. I problemi però sono molteplici. In primo luogo i promotori danno
per scontato che l’emissione di questa quasi-moneta non violi i Trattati.
Ammesso che sia così, tuttavia è facilmente immaginabile che la Commissione
europea chiami lo Stato a rispondere davanti alla Corte di giustizia. L’incertezza
sull’esito farebbe precipitare il valore del CCF nei confronti dell’euro,
rendendo via via meno efficace il programma. Ammettendo però di superare questo
scoglio, un ulteriore problema è costituito dal fatto che i CCF andrebbero
sommati allo stock del debito pubblico. Anche qui, i promotori insistono
sostenendo che non sia un problema, ma la Commissione potrebbe porre comunque
ostacoli che minerebbero la fiducia del pubblico.
In sostanza, i promotori
sopravvalutano una affermazione della Modern
Money Theory, secondo la quale la moneta legale ha valore perché con essa
si pagano le tasse. Se fosse così semplice, allora nessun paese soffrirebbe mai
di crisi monetarie e di iperinflazione, né vedremmo economie che ruotano di
fatto intorno a valute estere (basti pensare all’Islanda prima della crisi del
2008). Nella realtà la moneta legale, come qualsiasi moneta priva di valore
intrinseco, è fiduciaria e quindi ha valore in base alla credibilità di chi la
emette. Chi ha una banconota da 100 euro in tasca sa che c’è un impegno, da
parte dell’emittente, a fare in modo che essa sia scambiabile tra un mese o un
anno con un paniere di prodotti il cui valore reale sarà, nel peggiore dei
casi, solo di poco inferiore a quello odierno (è questo il senso del target
inflazionistico). O che, se non bassa, l’inflazione sia almeno stabile e perciò
prevedibile. Viceversa i cittadini di paesi che sperimentano tassi di
inflazione elevati e crescenti per lungo tempo, alla fine, perdono fiducia
nella moneta legale esattamente come la perderebbero in un assegno firmato da
un noto protestato, e si rivolgono alle monete emesse da soggetti più
affidabili (tipicamente gli Stati Uniti). Sia chiaro, non si sta dicendo qui
che l’Italia farebbe la fine dello Zimbabwe, ma semplicemente che un dubbio sul
valore futuro dei CCF li renderebbe pressoché inservibili come stimolo alla
domanda.
Supponendo tuttavia di
superare a pieni voti il test dell’incertezza, si pone paradossalmente il
problema della possibile tesaurizzazione dei CCF. Per quanto riguarda la parte
utilizzata per i trasferimenti, il pubblico potrebbe semplicemente decidere di
non spenderli, ma detenerli fino a quando potranno essere usati per pagare le
imposte, peraltro l’unico momento in cui il valore dei CCF potrebbe essere
considerato sicuro ed uguale a quello facciale. In tal caso, l’effetto moltiplicativo
sarebbe nullo e lo Stato si troverebbe con un buco di bilancio imprevisto.
Non vogliamo tuttavia
apparire troppo demolitori nei riguardi di questa proposta. Al contrario, essa
contiene in nuce qualche buona idea che potrebbe essere effettivamente
applicata. L’importante è non cadere nell’illusione di un keynesismo
“meccanico” o “idraulico”, nel quale l’immissione di nuova acqua fa girare il
mulino dell’economia, checché ne pensino gli agenti economici (per inciso,
Keynes non era affatto un keynesiano “idraulico”).
Se la proposta dei CCF è
prona alle critiche testé illustrate, a maggior ragione lo è quella immaginata
da alcuni in caso i default di uno Stato all’interno dell’eurozona, seguito
dall’emissione di “euro-cambiali” che verrebbero utilizzate come liquidità
sostitutiva. Il modello spesso richiamato è quello dello Stato della California
che nel luglio 2009, di fronte ad una grave crisi delle proprie finanze, emise
delle “promesse di pagamento” (Registered
Warrants) per pagare i dipendenti pubblici, i fornitori e coloro che vantavano
diritti a rimborsi fiscali per 2,37 miliardi di dollari. L’esperimento non fu
propriamente un successo: appena pochi giorni dopo l’emissione iniziale, le
principali banche si rifiutarono di accettare questi “pagherò” (o come li
chiamano gli americani, IOU, che sta per I
Owe You, “io ti devo”). Solo dopo ingenti tagli di spesa e aumenti delle
imposte decisi dallo Stato, alcune di esse tornarono sui loro passi e
ricominciarono ad accettare i Warrants.
Se l’operazione ha mostrato i suoi limiti in California, lo Stato con il
reddito più alto nel paese più ricco del mondo, la speranza che funzioni in
luoghi come i PIIGS è pressoché nulla, sebbene possa rivelarsi l’unica,
disperata, opzione se non si vuole uscire dall’euro. In tal caso, si può
immaginare che il pubblico possa dare fiducia agli IOU a seguito di un accordo
europeo che dia una qualche certezza sul fatto che gli “euro-pagherò” si
potranno trasformare in euro “veri” entro un tempo ragionevole. In caso
contrario non si capisce come la gente possa dare valore a pezzi di carta che riportano
una promessa di pagamento in euro firmati da un governo che ha appena
dichiarato la propria insolvenza su debiti in euro.
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Replichiamo con piacere,
su invito di Micromega, ai commenti di Guido Iodice e di Thomas Fazi in merito
al nostro progetto di Moneta Fiscale, da attivarsi mediante emissione di
Certificati di Credito Fiscale (CCF). E ringraziamo Iodice e Fazi per l’interesse
dimostrato al riguardo. Dobbiamo però notare che pare essere loro sfuggito un
aspetto chiave della proposta. I CCF non sono titoli di debito: lo stato
emittente non assume alcun impegno a rimborsarli in euro, ma solo ad accettarli
a compensazione di pagamenti di imposte future, o di qualsiasi altra forma di
pagamento ad esso (lo stato) altrimenti dovuti. Sono titoli che conferiscono a
chi li riceve il diritto a uno sconto fiscale futuro; sono cedibili a terzi e
sono convertibili in euro per essere spesi immediatamente. Chi li vende vuole
spendere, chi li compra vuole usarli per abbattere le proprie tasse e
accrescere le proprie risorse per consumi e investimenti.
I CCF non sono quindi IOU
analoghi al caso californiano, né ai titoli emessi in altri contesti di
tensioni finanziarie (un esempio ancora più noto è quello della crisi argentina
del 2001). Non esiste nessuna fattispecie né teorica né pratica sotto la quale
lo stato emittente possa essere costretto a non onorare (quindi a fare default)
su un CCF.
La loro natura non-debitoria
e non-monetaria è all’origine anche dell’ammissibilità dei CCF ai sensi di
trattati e regolamenti UE. Se non sono debito, i CCF non sono neanche “legal
tender” nel senso in cui lo è l’euro. Non sono moneta legale che debba essere
obbligatoriamente accettata in tutta l’Eurozona, sebbene possano diventare
sostituti della moneta, secondo che il pubblico e il mercato siano disposti ad
accettarli in pagamento. Ma questo vale in linea di principio per qualunque
titolo e non per questo mette in discussione l’euro come moneta legale. I CCF
traggono il loro valore dalla dichiarazione unilaterale e volontaria di
accettazione da parte del singolo stato che li emette. Non confliggono con il
monopolio della BCE riguardo all’emissione di moneta legale ad accettazione
obbligatoria.
Quanto all’affermazione
che “i promotori sopravvalutano una affermazione della Modern Money Theory, secondo la quale la moneta legale ha valore
perché con essa si pagano le tasse. Se fosse così semplice, allora nessun paese
soffrirebbe mai di crisi monetarie e di iperinflazione”: naturalmente qualsiasi
attività di natura monetaria o quasi-monetaria può subire un depauperamento di
valore al di sopra di certe soglie di emissione. Se i CCF venissero emessi in
misura pari a un multiplo degli incassi annui dello stato (per esempio)
italiano, passerebbero degli anni prima che il possessore riesca effettivamente
a utilizzarli: ne seguirebbe una notevole perdita di valore. Ma le analisi
numeriche ampiamente illustrate nell’ebook mostrano come l’Italia (ma vale
anche per la Grecia) otterrebbe una forte ripresa della domanda e dell’economia
con livelli di emissione annua che sono una frazione, non certo un multiplo,
degli incassi sopracitati.
Riguardo poi al rischio di
tesaurizzazione, questo è un dubbio applicabile a qualsiasi forma di azione
espansiva attuata mediante incentivi alla spesa privata (riduzione di tasse o
anche incrementi di trasferimenti, quali ad esempio le pensioni). Questo timore
non inficia la validità del progetto: casomai può condurre a formulare l’azione
espansiva allocando i CCF in maggior proporzione (rispetto a quanto già
previsto nel progetto) a chi ha maggiori necessità di spesa, a chi ha una più
elevata propensione al consumo e all’espansione della spesa pubblica con
effetto diretto sul PIL (per esempio utilizzando i CCF a parziale finanziamento
di opere di pubblica utilità).
Facciamo comunque notare
che le azioni restrittive messe in atto in Italia (e in molti altri paesi
dell’Eurozona) dal 2011 ad oggi hanno compresso la spesa privata (maggiori
imposte e minori trasferimenti) più della spesa pubblica diretta. L’ipotesi
alla base dell’”austerità espansiva” era che cittadini e aziende, pur
trovandosi con meno soldi in mano, non avrebbero (se non marginalmente)
compresso la loro spesa, grazie ai benefici effetti psicologici prodotti dalla
constatazione che “i conti pubblici stavano tornando sotto controllo”.
Alla prova dei fatti, la
“fata fiducia” (come la chiama Paul Krugman) si è rivelata una pura fantasia.
Gli agenti economici, che poi sono, in ultima analisi, persone in carne ed ossa,
si comportano in modo molto più semplice e lineare. Spendono meno quando hanno
pochi soldi in tasca, e di più quando glieli rimetti e non li minacci di
toglierglieli per altra via…
Il progetto CCF non ha
nulla di magico. E’ l’applicazione di un concetto in definitiva intuitivo. Quando
un sistema economico opera a livelli fortemente inferiori al suo potenziale (e
soffre di conseguenza di disoccupazione massiccia e di rischi di deflazione),
il recupero di domanda, produzione e occupazione è ottenibile (senza alcun
rischio per la stabilità finanziaria e monetaria) immettendo potere d’acquisto,
direttamente nella disponibilità degli agenti economici. Stampando moneta (o un
suo equivalente) o emettendo strumenti che generano potere d’acquisto. In tal
senso, i CCF creano capacità di spesa immediata e la conferiscono a chi quella
spesa ha maggiore necessità di effettuarla. Si tratta di uno strumento
direttamente destinato a incrementare la domanda e a ridurre significativamente
la fiscalità che grava sulle famiglie, i lavoratori e le aziende (ottenendo
così anche un recupero di competitività ed evitando squilibri nei saldi
commerciali esteri).
dove sbagliano i "detrattori" di cattaneo
RispondiEliminapur essendo la bce molto credibile e pur mantenendo una disciplina ultra-tedesca , l'euro è in crisi a pochi anni dalla sua nascita. se per far tenere l'euro sono necessarie riforme allora questo sfata la teoria dei detrattori sul target credibile. come dimostrano palesemente appunto i QE mai avvenuti prima. altro errore è affermare la credibilità del dollaro senza spiegarne il motivo ovvero come mai l'uso del dollaro che l'europa afferma essere "grossolano" fa ripartire l'economia dopo una crisi mentre la piccola grecia dà problemi alla ultra perfetta e tedesca bce? forse i problemi non sono nella bce o nella fed ma da qualche altra parte. il target pur essendo uno strumento fondamentale non c'entra un fico secco con i problemi europei e italiani
dove sbaglia cattaneo
le monete esistono da migliaia di anni prima che esistessero gli stati che sono una invenzione recente. la teoria "statale fiscale" è quindi sfatata in partenza. riguardo i CCF non debito è una utopia. anche se lo stato non prende in prestito la moneta, essendo comunque debito mostrerà il suo volto prima o poi. e non c'è nulla di male in questa funzione credito-debito. e siccome i ccf (ammesso e non concesso che siano accettati) sono moneta e i pagamenti sono dilazionati e le crisi prima o poi arrivano ecco che non tutti i cittadini riescono a pagare e quindi le insolvenze finiranno sul bilancio dello stato e quindi sui cittadini. altro errore è negare l'evidenza che prezzi e costi sono eccessivi in italia e superiori ad altri paesi e quindi lo stato emettitore di ccf si troverebbe subito nella necessità di stampare ulteriori ccf per alleviare le sofferenze delle fasce più basse colpite dalla stagflazione innescando appunto una bolla seppure in "buona fede".
"Le monete esistono da migliaia di anni prima che esistessero gli stati che sono una invenzione recente. la teoria "statale fiscale" è quindi sfatata in partenza": ma noi non abbiamo mai detto che una moneta non può avere valore se non è accettata da uno stato in pagamento delle tasse. Abbiamo detto che questa accettazione sicuramente gli conferisce un valore ! è una condizione sufficiente, anche se non strettamente necessaria. Le monete ad accettazione volontaria dei privati, non sostenute dalla possibilità di usarle per pagamenti verso lo stato, esistono e possono anche funzionare piuttosto bene (vedi il Sardex e il Wir). A maggior ragione funzioneranno i CCF, che partono con l'essere accettati da un soggetto economico che intermedia quasi la metà del PIL...
Elimina"I CCF non debito è una utopia": non li devo rimborsare, non possono creare eventi di default e quindi neanche le potenziali instabilità finanziarie connesse a debiti pubblici da rimborsare in moneta che lo stato debitore non emette.
lo stato non gli conferisce un bel nulla. lo stato può solo decretarne l'ufficialità e lo stato ha detto che l'euro è moneta ufficiale e le tasse si pagano in euro. se adesso lo stato cambia idea e si mette a stampare altre cose con cui pagare le tasse il mercato reagirà.
Eliminase anche non prendi ccf in prestito dalla banca non significa che non sia debito. emetti debito lo stesso. e quello insolvente finirà sul tuo bilancio. in realtà lo sapete ma lo negate e questa negazione è la base di tutte le contraddizioni della proposta ccf così come dell'euro stesso che però può sempre cambiare in itinere
Nulla vieta allo stato, fin da domattina, di dire che le tasse si pagano in CCF oltre che in euro. Quanto all'insolvenza: essere insolventi su un titolo che non devi rimborsare - il CCF - è impossibile. Punto.
Eliminaanche i derivati non dovevano essere rimborsati eppure sono finiti sul bilancio fed e bce e quindi sugli stati e quindi sui cittadini. e sono stati proprio i cittadini a invocare i QE anche in europa per mesi e mesi. quello che vieta allo stato di farsi pagare le tasse in ccf non è tanto un problema giuridico o costituzionale ma di credibilità che si ripercuote sui mercati e quindi sui ccf nel momento stesso in cui lo stato si mettesse a fare cose quando ne aveva promesse delle altre
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
EliminaI derivati possono dar luogo a impegni di pagamento, i CCF no.
Eliminai ccf sono danno luogo all'impegno di pagamento per le tasse e chi emette tasse è lo tesso che emette ccf. siete voi stessi che lo avete scritto e siete voi stessi che negate questo impegno. ed è proprio questa continua negazione degli impegni che fa perdere agli stati le proprie sovranità. sono i cittadini italiani che hanno votato per l'europa.
EliminaSono UTILIZZABILI per ridurre impegni di pagamento altrimenti dovuti allo Stato (per tasse o altro) ma NON configurano alcun impegno di pagamento dello Stato verso il titolare. Lo Stato non potrà MAI essere costretto al default sull'impegno preso con l'emissione di un CCF.
Eliminanon c'è alcuna differenza su chi prende l'impegno iniziale. lo stato sono i cittadini e i cittadini sono lo stato. quell'impegno tornerà in testa allo stato e quindi ai cittadini. la separazione tra emettitore e tassatore ha la stessa funzione tra governo e opposizione. i ccf creano un cortocircuito unendo i due cavi dell'alta tensione. cortocircuito che in politica è già avvenuto come potete vedere.
EliminaInizia il conto alla rovescia: L'EURO è FINITO....
RispondiEliminaShardan
MA I DUE CHE FANNO LE PULCI A CATTANEO PARLANO DI ALCUNE BUONE IDEE CHE I CCF AVREBBERO MA NON DICONO QUALI SAREBBERO QUESTE BUONE IDEE.
RispondiEliminai ccf non c'entrano nulla con i titoli emessi dalla california che erano garantiti dal tesoro e pagavano un interesse. lo sconto anticipato era ovviamente accettabile solo se lo stato avesse fatto tagli come è giusto che sia. per evitare ulteriori emissioni. ma siccome gli "statalisti" di questo forum non accettano la parola tagli e preferiscono solo tassare ecco che denigrano il successo californiano commettendo il primo errore (funzionarono) e commettono il secondo errore quando li paragonano ai ccf che non sono affatto warrants bensì moneta seppure solo elettronica.
RispondiEliminaovviamente cattaneo essendo italiano non ci pensa minimamente a tagliare la spesa e a ripagare i ccf o a dare un interesse e tanto meno a mantenere le promesse di inflazione altrimenti che italiano sarebbe?
Quelli emessi dalla California non erano CCF, effettivamente. Quindi il parallelo (che non ho fatto io, del resto) è inappropriato.
Elimina"Gli "statalisti" di questo forum non accettano la parola tagli e preferiscono solo tassare": i CCF sono da noi proposti come incentivo rivolto prevalentemente alla spesa PRIVATA, non a quella pubblica. E sono a tutti gli effetti una riduzione di tassazione. Quanto ai tagli, la storia di questi ultimi quattro anni (nell'Eurozona) ha ampiamente dimostrato che sono controproducenti se effettuati in situazione di domanda depressa. Non siamo sostenitori della spesa pubblica ma neanche denigratori. Siamo a favore della spesa ben effettuata. Ma in un contesto di depressione economica, i tagli di spesa servono solo a ridurre produzione e occupazione e a peggiorare anche la situazione delle finanze pubbliche. Come si sa da ottanta e più anni... vedi il post (primo dei due interventi) del 3.2.2013.
infatti cattaneo ha ragione e chi fa questo paragone dimostra di non aver capito . è vero che i ccf sono rivolti soprattutto al consumo ma questo è un male ulteriore della proposta ccf perché non abbiamo bisogno di consumo ma di investimenti e condizioni migliori per creare lavoro in italia. sono proprio le condizioni migliori con prezzi e costi minori che alzeranno il consumo a parità di potere di acquisto e quindi posti di lavoro.
EliminaNon solo al consumo: riducono anche i costi delle aziende, intervenendo sul cuneo fiscale. Vedi post del 15.9.2013. Migliorano immediatamente la competitività delle imprese, impedendo tra l'altro che l'azione espansiva sulla domanda generi squilibri nei saldi commerciali esteri.
Eliminama non sono condizionati ad investimenti. questo dimostra come per ottenere il consenso dello "status quo" attuale date soldi senza allargare la torta. non volete allargare la torta perché siete appunto contro il mercato e volete difendere lo "status quo". ma è proprio il mercato che allarga la torta aumentando i posti di lavoro (come nelle espansioni inflattive e non inflazionistiche) abbassando i prezzi con la concorrenza anche quando circolano più soldi. e costringendo lo "status quo" ad investire nell'economia reale (e meno in finanza) per riprendersi le quote di mercato create con l'allargamento. lo "status quo" che voi difendete rifiuta però la proposta ccf perché è pericolosa proprio per lo stato e quindi per lo "status quo" attuale
EliminaOggi il primo problema non è aumentare la capacità produttiva, ma rimettere al lavoro le risorse produttive inutilizzate: cioè riassorbire la disoccupazione, e il sottoutilizzo degli impianti. Via via che questo avviene, ripartiranno anche gli investimenti.
Eliminasaliranno i prezzi se fate così, senza occupazione. stagflazione. esclusione sociale. prezzi che sono già alti in italia. e che non si sono abbassati neanche con l'austerità perché caricati sui bilanci delle banche che fallirebbero se li svalutano. è l'assenza di concorrenza che vi impedisce di inflazionare. senza concorrenza solo lo stato può assumere per risolvere la disoccupazione e quindi deve alzare le tasse e quindi svalutare i ccf facendoli cadere. non riuscite ad avere una visione completa perché non la accettate. la negate. negate il mercato. cioè la ragione per cui vi siete arricchiti in italia negli anni passati. ovvero l'allargamento di una torta rimasta chiusa per secoli col medioevo.
EliminaLE COSE NON SONO COSì SEMPLICI
EliminaA chi lo dice ? Io mi sforzo di farmi capire da tre anni :) eppure m'hanno sempre detto che sono discretamente bravo a spiegarmi.
Eliminaquesto è vero cattaneo spiega molto bene con calma e chiarezza e anche i video sono interessanti anche se purtroppo i concetti risalgono all'800. sulla semplicità è una battuta che dice tutto e nulla.
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