martedì 28 novembre 2023

I problemi che la sovranità monetaria risolve

 

“Ma sei proprio convinto che eliminando l’euro / introducendo una moneta nazionale / ripristinando la sovranità monetaria l’Italia risolva tutti i problemi della sua economia ?”

No. E quando mai l’ho detto ?

Ho detto che ripristinare la sovranità monetaria risolve i problemi creati dalla sua ASSENZA.

Problemi che non sono di poco conto:

Essere forzati a politiche procicliche quando il contesto economico è già di suo debole.

Utilizzare una moneta che toglie competitività alle produzioni italiane, perché troppo forte per i fondamentali della nostra economia.

Delegare le decisioni di politica economica a entità esterne su cui l’elettorato italiano non ha influenza, e che non sono state create per, né hanno interesse a, operare per il benessere del nostro paese.

Tutti questi GRAVISSIMI problemi derivano dalla rinuncia a esercitare la sovranità monetaria del paese.

Se ti caricano sulle spalle uno zaino di cinquanta chili avrai problemi a camminare ? sì.

Se te lo togli correrai veloce come Marcell Jacobs ? no.

Ma camminerai meglio, più agevolmente, più rapidamente ? senz’altro.

giovedì 23 novembre 2023

Le confusioni sui saldi commerciali esteri

 

Alcune recenti discussioni su twitter, pardon su X, mi hanno fatto capire come il tema che pensavo di avere adeguatamente sviscerato in questo post generi ancora, invece, parecchie incomprensioni e confusioni.

L’argomento è: i deficit commerciali esteri sono un potenziale problema, per un paese ?

E la mia risposta, in sintesi, è che non lo sono se sono finanziati, direttamente o indirettamente, in moneta nazionale, cioè se il settore estero nel suo complesso è disposto ad aumentare le attività finanziarie nella moneta sovrana dell’importatore. Il che in pratica equivale a dire che il deficit commerciale è finanziato con emissione di moneta propria.

Altrimenti il paese in deficit aumenta il suo debito netto in moneta estera. E’ vero che si tratta di debito privato e non di debito pubblico, ma i debitori possono subire, in circostanze economiche negative, un dissesto che oltre certe proporzioni può mettere in difficoltà l’intera economia nazionale. E questo dissesto è molto più facile da “tamponare” se il passivo dei debitori privati è in moneta nazionale; decisamente più difficile se è in valuta straniera.

A questa argomentazione, mi sento spesso replicare che in realtà il problema non sussiste, perché l’importatore che deve pagare (poniamo) dollari ed è residente (poniamo) in Messico deve semplicemente andare dalla sua banca centrale e vendere pesos contro dollari, con i quali paga l’esportatore.

Piccolo dettaglio che questa linea di pensiero trascura: la banca centrale messicana per ottenere i dollari o si indebita, o li compra vendendo a sua volta pesos.

Ma in regime di cambio flessibile (mi si obietta) il cambio si aggiusterà in modo da consentirlo, giusto ? sarà quindi sempre possibile vendere pesos ottenendo dollari in quantità sufficiente.

Beh la risposta è che no, oltre certi livelli non è possibile. Altrimenti il Burundi (per esempio) potrebbe importare tutti i beni che vuole. Basterebbe emettere franchi burundiani e convertirli.

Il punto è che il cambio flessibile aiuta a gestire e anche a riassorbire i deficit commerciali da finanziare con pagamenti esteri. Ma solo entro certi limiti. Passati i quali, la pressione al ribasso sul cambio rende impossibile ottenere la valuta straniera nelle quantità necessarie.

Certo, gli USA non hanno problemi a finanziare il loro deficit commerciale – perché pagano dollari.

Certo, l’Australia ha registrato deficit commerciali per quarant’anni consecutivi senza generare difficoltà – perché il settore estero ha accettato di aumentare la sua detenzione di attività finanziarie in dollari australiani.

Ma non tutti i paesi si trovano in questa situazione. E quindi il deficit commerciale in moneta estera, cioè l’eccesso di importazioni pagate in valuta rispetto alle esportazioni a fronte delle quali si riceve valuta, ha un limite, oltre il quale diventa un problema.

mercoledì 22 novembre 2023

Milei può dollarizzare l’Argentina ?

 

Un curioso personaggio, Javier Milei, è stato eletto presidente dell’Argentina. Curioso per l’aspetto (folti basettoni che a me hanno ricordato quelli del suo predecessore di qualche decennio fa, Carlos Menem: a quanto pare i basettoni fanno colpo sull’elettorato locale), ma ancora di più per il suo programma di politica economica.

In comizi infuocati e ad alto contenuto di decibel, Milei ha promesso di tagliare sprechi “con la motosega”, di chiudere una decina di ministeri, di privatizzare di tutto di più, nonché di dollarizzare l’economia del paese.

In pratica quest’ultimo punto equivale ad abolire la banca centrale e la moneta nazionale, e a trasformare il dollaro USA nella moneta legale utilizzata all’interno del paese.

Proprio Menem, in collaborazione con il ministro dell’economia Domingo Cavallo, aveva messo in atto qualcosa di simile negli anni Novanta. Non abolendo il peso, ma fissando un tasso di conversione “irrevocabile” di uno a uno con il dollaro.

Il risultato fu che inizialmente affluirono in Argentina molti finanziamenti esteri, generando un boom economico. Finanziamenti attratti da alti tassi di interessi e dalla garanzia di pari valore dollaro / peso.

Dopo un po’ gli investitori esteri cominciarono a sospettare che il gioco non fosse destinato a reggere: i finanziamenti si ridussero a un rigagnolo, e la scarsità di moneta, dovuta all’insufficienza del sottostante con cui garantire la convertibilità, produsse una gravissima crisi deflattiva.

Effetto finale, negli ultimi giorni del 2001: default sul debito in valuta estera e revoca dell’”irrevocabile” impegno di conversione. Cioè svalutazione.

Se Milei riuscirà ad assicurarsi una sufficiente quantità di finanziamenti in dollari, potrà mettere in atto la sua proposta. Potrebbe anche in questo caso verificarsi un boom iniziale ma finirà come l’altra volta: con una tremenda crisi e con un default.

In effetti però c’è anche un’altra strada tramite la quale Milei potrebbe attuare il suo piano. Dare effettivamente valore legale al dollaro – che in ogni caso già oggi è ampiamente utilizzato all’interno del paese – ma nello stesso tempo utilizzare come strumento finanziario complementare un titolo emesso dallo Stato e accettato per pagare le tasse.

In altri termini, garantire un adeguato livello di circolazione monetaria affiancando al dollaro una Moneta Fiscale nazionale.

Sarebbe, certo, sorprendente se un presidente-economista di scuola austriaca finisse per implementare uno schema di finanza funzionale / MMT.

Chissà però, la vita è strana.

 

venerdì 17 novembre 2023

L’orgoglio della moneta forte

 

Tra le varie motivazioni (tutte sbagliate) che hanno condotto alla catastrofica decisione italiana di entrare nell’euro, una che può sembrare un po’ folkloristica, un po’ naif, ma che ha avuto un suo peso, è la seguente.

Il tipico funzionario della Banca d’Italia o del Ministero del Tesoro si sentiva un qualche modo sminuito, in qualche modo esponente di istituzioni “deboli”, o “problematiche”, quando le oscillazioni valutarie, quando i riallineamenti dei tassi di cambio, avvenivano con la lira che regolarmente si indeboliva nei confronti del marco tedesco.

Il tipico funzionario ma anche i vertici. Non è motivo di orgoglio utilizzare una moneta forte e stabile ? possibile che dobbiamo essere sempre dal lato debole dell’equazione ? Questi erano tra i pensieri dominanti, al MEF e in Bankitalia.

La domanda che si sarebbero dovuti porre ai tempi (ma a quanto pare non l’hanno fatto) è: ma perché una moneta di cui “andare orgogliosi”, o, semplicemente, una moneta che funziona ragionevolmente bene in Italia, deve essere forte tanto quanto quella tedesca ? o addirittura essere la stessa ?

Dagli anni Cinquanta del Ventesimo Secolo in poi, tutte le valute mondiali con pochissime eccezioni (il franco svizzero e non so chi altro) si sono gradualmente, costantemente, più o meno velocemente indebolite nei confronti della moneta tedesca. Il dollaro, la sterlina, la peseta, il franco francese, la corona svedese.

Perché proprio noi, e solo noi, avremmo dovuto percepire questa situazione come un problema, come una diminutio ?

Mai sentita una risposta minimamente razionale e ragionevole a questa domanda.

Eppure come un problema era percepita. E sulla tragica scelta dell’ingresso nella moneta unica anche questo ha avuto un peso.

martedì 14 novembre 2023

L’Unione Europea è una truffa

 

Nei fatti (qualunque cosa si pensi delle intenzioni) la UE è una truffa, esattamente per le ragioni indicate da Mario Draghi (vedi l'ultimo post: o la UE diventa un’unione politica, o tornerà a essere un semplice accordo di libero scambio, come in sostanza era la vecchia CEE).

La UE è una truffa perché tutti i processi di cessione di sovranità, primo tra tutti l’unione monetaria (a cui peraltro non tutti i paesi UE aderiscono) dovevano appunto essere passi che conducevano all’unione politica, e che anzi la rendevano inevitabile.

A trent’anni (abbondanti) dalla nascita della UE, l’unione politica non è nei fatti ma neanche nelle intenzioni degli stati membri: né delle classi politiche né delle popolazioni. E ci ritroviamo di conseguenza con una sovrastruttura burocratica inefficiente e pletorica, e con un’unione monetaria pesantemente disfunzionale, senza che si capisca come il processo che le ha generate possa condurre a un'evoluzione sensata.

Sono del tutto convinto che alla nascita della UE abbiano contribuito ANCHE parecchie persone dotate delle migliori intenzioni. E che non pochi di quelli che sostengono tuttora l’utilità, per non dire la necessità, dell’Unione Europea siano animati da una buona fede degna di miglior causa.

Purtroppo buone intenzioni e buona fede non bastano per generare buoni risultati. Quelli della UE sono pessimi.

domenica 12 novembre 2023

Mario Draghi: ma fare autocritica ?

 

Pochi giorni fa, parlando a un evento organizzato dal Financial Times, Mario Draghi ha dichiarato che “o l’Europa agisce insieme e diventa un’unione più profonda, un’unione capace di esprimere una politica estera e una politica di difesa, oltre a tutte le politiche economiche… oppure temo che l’Unione Europea non sopravviverà se non come mercato unico”.

Parecchi dei giornaloni italiani si sono profusi in encomi, come del resto fanno d’abitudine quando Draghi parla, esterna, mormora, comunica o sospira. Che visione, che lungimiranza, un fuoriclasse davvero, mica come l’attuale premier. Quella sta alle prese con rotture in famiglia, telefonate con falsi presidenti africani, accordi più o meno plausibili per gestire l’immigrazione clandestina facendo sponda sull’Albania.

A me invece viene da dire qualcos’altro. Ma se è vero (e non sarò certo io a negarlo…) che dopo venticinque, trent’anni dalla firma del trattato di Maastricht, dalla nascita dell’eurozona, l’Unione Europea è a rischio di non sopravvivenza (se non come mercato unico, tornando cioè alla CEE, a quello che c’era prima), non è che l’architettura è stata mal concepita fin dall’inizio ? MOLTO mal concepita ?

E dato che tra gli architetti Mario Draghi ha giocato un ruolo di primissimo piano, non ci starebbe bene, non sarebbe appropriata una serena e solida autocritica ?

“Ci siamo sbagliati, abbiamo venduto un progetto di integrazione che sul piano economico ha fatto danni enormi, sul piano politico non ha creato nessuna spinta verso legami più forti e più armonici, che va riformato in profondità - ma non c’è alcun consenso per una revisione sensata di schemi e regole”.

Se l’unione politica non nasce è anche e soprattutto perché l’unione economica non funziona.

E a chi imputare di essere andati, e di avere portato centinaia di milioni di europei, fuori strada ? a mia zia ? a vostra nonna ? alla mamma di Paperino ?

O (tra gli altri, ma in primissimo piano) al Dott. Prof. Cav. Pres. Sua Emin. Mario Draghi ?

giovedì 9 novembre 2023

La “moneta forte in tasca”

 

“Che vantaggi pensi che ti dia, come cittadino italiano, essere nell’euro ?”

Chi ancora ci crede, spesso risponde in modo sintetico e semplice “così ho in tasca una moneta forte, non quella schifezzuola della lira”.

Risposta di encomiabile sintesi e semplicità, certo. Ma priva di senso.

Avere in tasca una moneta forte era possibile, e molto facile, anche quando si usavano le lire. Bastava andare in banca e farsele cambiare in dollari, o meglio ancora in marchi, o in franchi svizzeri.

Il problema è che questa conversione ovviamente non ti rendeva più ricco. E non ha reso più ricco il paese. Ha solo costretto a utilizzare un’unità monetaria il cui controllo è in mano ad entità situate al di fuori dei confini nazionali.

L’euro è una moneta più forte di quanto era, e sarebbe se ci fosse ancora, la lira. Ma l’euro NON viene emesso dall’Italia. L’Italia si è solo vincolata a farne uso all’interno del paese.

E quali vie ha l’Italia per acquisire gli euro ? dato che non li emette, solo due: esportare beni e servizi (cosa che si faceva molto meglio con una moneta più debole), o prendere a prestito.

Usare l’euro non ti rende in nessun modo più ricco. Molto più facilmente, ti pone nella condizione di avere in tasca meno unità di una moneta forte, invece di più unità di una moneta debole.

In compenso ti genera vincoli e condizionamenti, nella gestione della tua politica economica, disegnati da soggetti che non hanno nessuna particolare volontà di lavorare per il tuo benessere, e sui quali comunque non hai controlli: non li puoi rimuovere se non fanno i tuoi interessi.

Che vantaggi dà “essere nell’euro” ?

Non se ne vedono proprio. Né in teoria né, purtroppo, nella pratica di questo quarto di secolo.

I danni invece si vedono, ahinoi, benissimo.

domenica 5 novembre 2023

Il Giappone e l’inflazione

 

Non è mai una cattiva idea dare un’occhiata ai dati dell’economia giapponese, per rendersi conto di quanto siano fuori strada le tesi euroausteriche.

Un economista mainstream è di regola convinto che un alto livello di debito pubblico, soprattutto se finanziato da acquisti della banca centrale (quindi da emissione di moneta) non può che avere terribili impatti sull’inflazione. Specialmente nel periodo in cui fattori esogeni (il dissesto delle catene di fornitura post Covid, la guerra in Ucraina) la spingono (l’inflazione) verso l’alto.

E’ la storia del triennio 2021-3, che forse sta volgendo al termine ora.

Vediamo cosa ci dice l’ultima edizione (ottobre 2023) del World Economic Outlook pubblicato dal Fondo Monetario Internazionale.

Confrontando tre grandi blocchi economici, gli USA a fine 2023 hanno un debito pubblico pari al 123,3% del PIL, di cui il 26,6% detenuto dalla Federal Reserve.

L’Eurozona, l’89,6% del PIL, di cui il 15% posseduto dalla BCE.

Il Giappone, il 255,2% del PIL, di cui il 96,7% posseduto dalla Bank of Japan.

Quindi – penserà il nostro baldo euroausterico – il Giappone non può che affogare nell’inflazione incontrollata, anzi nell’iperinflazione, giusto ?

La realtà dei fatti è che la variazione media annua dell’indice dei prezzi al consumo, tra 2021 e 2023, negli USA è stata pari al 5,1%.

Nell’Eurozona, al 5,5%.

E in Giappone ? all’1.8%.

A quanto pare, un alto debito pubblico largamente finanziato da emissione di moneta TIENE L’INFLAZIONE BASSA…

mercoledì 1 novembre 2023

Chi ha creato il debito pubblico ?

 

Chi ha creato il debito pubblico negli anni, chiede Crudelia De Mon su twitter – cioè scusate, su X.

Il debito pubblico l’hanno creato i governi, tutti i governi, perché la normalità per uno Stato è avere conti pubblici in deficit. Ma NON perché i governi sono corrotti, inefficienti, spreconi, incompetenti.

La normalità per uno Stato è avere conti pubblici in deficit perché le economie crescono, e di pari passo con la crescita i mezzi finanziari in circolazione devono aumentare. E il deficit pubblico è uno dei due principali canali (l’altro è il credito privato) tramite il quale questa crescita ha luogo.

Non è affatto indispensabile che il deficit pubblico dia luogo a debito. Il deficit pubblico si attua emettendo moneta. Questa moneta rimane in circolazione, e il debito pubblico è un apprezzato strumento messo a disposizione della collettività per impiegare la moneta stessa (che costituisce risparmio privato di chi la detiene). E’ un’opportunità, non una necessità.

Non esiste nessun preciso livello dimensionale del deficit e del debito pubblico che DI PER SE’ costituisca un problema. Il deficit può formarsi tramite spese e tasse mal concepite. Il deficit di un particolare anno può essere eccessivo (o carente) per dimensione. E’ eccessivo se l’economia è surriscaldata, è carente se l’economia è depressa.

Ma non esiste alcun livello numerico che sia DI PER SE’, in qualsiasi circostanza, eccessivo.

Idem per il debito pubblico. Il debito pubblico può creare guai se (senza alcuna valida motivazione economica) viene emesso in moneta straniera forte. Cosa scelleratamente attuata dall’Italia a seguito dell’adesione all’euro.

Mentre il debito pubblico in moneta propria è SOLO un (utile, non indispensabile) strumento di impiego del risparmio privato.