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sabato 16 agosto 2025

Vi hanno raccontato che il deficit pubblico è brutto

 

Vi hanno raccontato che il deficit pubblico è un problema. Che va ridotto. Che è un pericolo. Che lo Stato rischia di finire i soldi.

Non vi hanno invece detto che:

Quando lo Stato spende più di quanto preleva, il settore privato dell’economia aumenta il suo potere d’acquisto.

Quando lo Stato spende più di quanto preleva, il settore privato dell’economia incrementa i mezzi finanziari in suo possesso, quindi il suo risparmio finanziario.

E l’incremento di risparmio finanziario è permanente, anche se i soldi ricevuti dal settore privato tramite il deficit dello Stato vengono spesi. Perché la spesa trasferisce risorse finanziarie da un soggetto a un altro, ma sempre nell’ambito del settore privato.

Vi hanno raccontato una cosa che sembra ovvia e naturale.

E invece è una BUGIA ENORME. Una delle più grandi menzogne mai raccontate.

martedì 12 agosto 2025

Chiarimenti sull’effetto espansivo del deficit pubblico

 

Conversando con Giovanni Piva, mi sono reso conto della necessità di chiarire alcune cose in merito all’effetto espansivo del deficit pubblico e a come questo effetto (non) vari in funzione di come viene “finanziato”.

Deficit pubblico significa che lo Stato spende più di quanto preleva con le tasse. Quindi immette moneta nell’economia. Questo è (dovrebbe essere ?) chiaro a chiunque.

Tuttavia, se contestualmente lo Stato emette titoli per “finanziare il deficit”, la moneta immessa viene ritirata e quindi l’effetto espansivo sparisce. Giusto ?

NO.

Lo Stato quando spende, spende MONETA. Quella entra nell’economia.

E se lo Stato spende per stipendi pubblici o per investimenti, IMMEDIATAMENTE genera PIL. La moneta passa di mano (arrivando al dipendente pubblico o al fornitore delle opere pubbliche) che si ritrovano con un incremento del loro risparmio finanziario.

Se viene loro offerta una forma di impiego sotto forma di titoli di Stato, sono di solito interessati ad utilizzarla. Ma l’effetto espansivo sul PIL SI E’ COMUNQUE GIA’ VERIFICATO.

NON è affatto vero che “l’effetto espansivo svanisce perché la moneta precedentemente emessa viene ritirata”.

OK, obietta qualcuno, ma se invece il deficit alimenta trasferimenti (esempio, pensioni) o riduzioni di tasse, che non contribuiscono direttamente al PIL ?

In questo caso l’effetto espansivo avviene per la quota di trasferimenti / riduzioni di tasse che si trasforma in spesa del ricevente, e non in crescita del suo risparmio personale. Una stima plausibile è che l’80% sia spesa e il 20% sia risparmiata.

Bene, su 1.000 euro di deficit 800 verranno spesi, e accresceranno le disponibilità finanziarie dei fornitori di beni e servizi verso cui la spesa si è diretta. I quali saranno poi interessati a utilizzare i titoli di Stato, SE vengono emessi, come strumento di impiego delle LORO accresciute disponibilità finanziarie. I 200 resteranno ai percipienti, i quali a loro volta li impiegheranno – magari in titoli di Stato.

Spero a questo punto sia chiaro che l’effetto espansivo del deficit pubblico deriva dalla quota di deficit che viene SPESA IN BENI E SERVIZI, a prescindere che il deficit pubblico si accompagni all’emissione di titoli di Stato – o meno.

Un altro esempio che forse aiuta a chiarire ulteriormente quanto sopra. Immaginiamo che lo Stato spenda non utilizzando la moneta ma DIRETTAMENTE titoli di Stato. Esempio: assume un insegnante o un infermiere e lo paga in BTP. Non si usa, ma non c’è nulla di tecnicamente impossibile, e neanche di tecnicamente complesso.

L’incremento di PIL è esattamente dello stesso importo rispetto all’eventualità (di gran lunga più comune) di pagarlo in moneta.

E se paghiamo in titoli di Stato una pensione ?

Il pensionato in parte la spende (vendendo prima i BTP) e in parte trattiene i titoli come forma di risparmio.

E da dove viene la domanda per i BTP venduti dal pensionato ?

Dal fatto che la spesa del pensionato in beni e servizi accresce le disponibilità finanziarie del fornitore dei beni e servizi medesimi.

In sintesi: che a fronte del deficit pubblico si emettano titoli di Stato o meno; che la spesa pubblica avvenga in moneta o in titoli; NON CAMBIA NULLA riguardo all’effetto di espansione del PIL.

L’effetto espansivo nasce DA UN’ALTRA COSA: dalla quota di deficit che alimenta, direttamente o indirettamente, la spesa in beni e servizi.

E l’emissione di titoli di Stato non vanifica nulla dell’effetto espansivo perché “la moneta precedentemente emessa viene ritirata”.

Conta la maggior disponibilità di potere d’acquisto a disposizione dell’economia (che il deficit automaticamente incrementa, sia che vengano sia che non vengano emessi titoli) e la propensione a spendere questo potere d’acquisto.

 

mercoledì 18 giugno 2025

Panzane e no

 

Commento ricevuto relativamente a questo post:

“Sì vero, basta incrementare i deficit e le sofferenze umane finirebbero all’istante. Nella pratica nessuno lo fa perché sono panzane. Neanche agli studenti di Macro 1 si raccontano queste bestialità”.

No, effettivamente agli studenti di Macro 1 queste “bestialità” non si raccontano. Si racconta invece una panzana vera: si racconta che Stati gestori della propria moneta abbiano un problema di finanziamento del deficit e della spesa. Come possa essere vero, come possa essere creduto, è un mistero gaudioso. Produco a costo zero una cosa ma devo “farmela prestare” ???

Ci sono limiti ai livelli appropriati di deficit pubblico (limiti connessi, essenzialmente, all’inflazione). Ma che il problema sia finanziarlo, è una delle grandi bugie della storia umana.

domenica 15 giugno 2025

Non è il risparmio che finanzia il deficit

 

Come facciamo a finanziare il deficit pubblico ? per fare deficit occorre risolvere il problema di finanziarlo. Bisogna attingere al risparmio privato il che primo, non è ovvio né scontato; secondo, lascia meno soldi in circolazione per la spesa e per gli investimenti privati.

Vero ?

No.

No

NO………….

Il deficit pubblico IMMETTE soldi nell’economia. La differenza tra spesa pubblica e tasse raccolte, che è il deficit pubblico, LASCIA MAGGIORI RISORSE NEL SETTORE PRIVATO DELL’ECONOMIA.

Non esiste NESSUN problema di finanziamento del deficit pubblico. Casomai è il deficit pubblico che finanzia il settore privato.

Non esiste, a meno di aver deciso, senza alcuna motivazione logica né economica, che lo Stato spenda moneta che non emette.

Non esiste a meno di spendere moneta straniera.

Come ad esempio l’euro.

mercoledì 4 giugno 2025

Ebbene sì, le tasse servono

 

Non bisogna lasciarsi trascinare dalla vis dialettica nel dibattere con gli euroausterici. Non bisogna lasciarsi andare ad affermazioni scorrette.

A volte sento esprimere ad attivisti MMT il concetto che “uno Stato che emette moneta non ha bisogno delle tasse per spendere”. Il che è vero nel senso che se lo Stato è il monopolista dell’emissione monetaria, e la moneta emessa dallo Stato è quella che deve essere utilizzata per pagare le tasse, PRIMA lo Stato spende e POI lo Stato tassa.

Ma questo non deve indurre a credere che uno Stato, con le dimensioni che il settore pubblico tipicamente assume, possa evitare, su base continuativa, di imporre tasse (e la MMT, applicata e interpretata correttamente, su questo è in realtà molto chiara).

La ragione è che la spesa pubblica al netto delle tasse prelevate, cioè il deficit pubblico, immette moneta nell’economia. E la crescita della moneta in circolazione deve essere pari a qualche punto percentuale all’anno, perché il potenziale di crescita del PIL nominale è di qualche punto percentuale. Non di DECINE di punti percentuali: a meno di accettare decine di punti annui di inflazione, intesa come crescita media dei prezzi.

Se la spesa pubblica è pari al 20%, al 30%, al 50% del PIL, una parte preponderante di questi ammontari deve essere sistematicamente prelevata in forme varie di tassazione.

O limitiamo la dimensione del settore pubblico a una frazione dell’attuale…

…oppure… le tasse dovranno, già solo per questa ragione, continuare ad esistere.

domenica 11 maggio 2025

Il deficit pubblico che non si finanzia

 

Come si può credere che esista un problema di “finanziamento del deficit pubblico” ?

Con il deficit pubblico, con l’eccesso di spesa governativa rispetto alle tasse prelevate, si IMMETTONO soldi nell’economia privata.

Non è il risparmio dei privati che deve essere utilizzato per finanziare il deficit pubblico. E’ il deficit pubblico che PRODUCE RISPARMIO PRIVATO.

Avere in testa che lo Stato abbia bisogno di “raccogliere risparmio se vuole spendere più di quanto tassa”, cioè se il suo bilancio è in deficit, equivale ad accettare che l’emissione di moneta non sia una funzione statale.

E come si può accettare che non sia una funzione statale ?

Significa demandare a interessi privati la gestione del sistema economico-monetario.

Significa svuotare di contenuto l’attività statale, e quindi vanificare il controllo dell’elettorato su di essa.

Significa svuotare di contenuto la democrazia.

lunedì 28 aprile 2025

Che cosa NON è il deficit pubblico

 

NON è un onere che incombe sulle future generazioni.

NON è un’indicazione che i politici siano spreconi e disonesti, e/o che comprino consenso con i soldi pubblici.

Ridurlo o azzerarlo NON è virtuoso.

Il deficit pubblico serve a immettere potere d’acquisto nell’economia. E in un’economia che cresce, il potere d’acquisto in circolazione DEVE aumentare gradualmente nel tempo.

Più lentamente se l’economia tende a surriscaldarsi. Più velocemente se l’economia è fiacca.

Il deficit pubblico è una condizione necessaria delle economie.

Prova ne è il fatto che tutti gli Stati sono quasi sempre in situazione di deficit pubblico.

Il pareggio di bilancio è una condizione anomala e transitoria, non un obiettivo da perseguire.

Il deficit pubblico è la normalità.

sabato 15 febbraio 2025

Abbiamo bisogno del deficit pubblico

 

Esistono due canali di generazione della moneta: quello pubblico e quello privato. Il canale pubblico è quello dello Stato, che spende, e ritira moneta mediante le tasse in misura inferiore alla spesa – quindi attua un deficit pubblico. Mentre il canale privato è il credito concesso dal sistema bancario.

Apparentemente se ne può identificare un terzo, il surplus commerciale verso l’estero, ma il surplus estero non genera moneta, la trasferisce soltanto, dal paese deficitario al paese eccedentario.

Ora, l’economia, e il sistema creditizio in particolare, alternano momenti di euforia e momenti di depressione. Di conseguenza la formazione di moneta mediante il canale creditizio a volte è eccessiva e a volte è carente.

Di conseguenza il canale pubblico di creazione della moneta, il deficit dello Stato, DEVE ESISTERE, e deve agire in modalità ANTICICLICA. Occorre evitare che in un’economia in espansione la moneta sia prodotta solo dal canale privato. E occorre che la creazione di moneta tramite deficit pubblico compensi, agendo in senso contrario, le fasi in cui il canale privato si sta attivando troppo, o troppo poco.

domenica 19 gennaio 2025

Annullare il debito pubblico ? no

 

Il debito pubblico non va annullato. Il debito pubblico è un falso problema. Il debito potenzialmente problematico è quello in moneta straniera. Il debito in moneta nazionale è una semplice e utile forma di impiego del risparmio privato che si crea automaticamente quanto lo Stato introduce moneta nell’economia mediante il deficit pubblico.

L’Italia non deve annullare il debito pubblico in euro. Deve tornare a emettere la sua moneta nazionale – per esempio, moneta fiscale – e introdurre QUELLA nell’economia tramite i deficit pubblici.

Tenuto conto della crescita reale dell’economia e di un minimo di inflazione, l’incidenza del debito pubblico in moneta straniera – L’UNICO che può rappresentare un problema – comincerà gradualmente a calare. Smetterà in poco tempo dall’essere percepito come un rischio e come un vincolo, e in un periodo di tempo non lungo diventerà completamente irrilevante.

martedì 3 dicembre 2024

Il deficit che non si finanzia

 

Ma è così difficile far ragionare chi si preoccupa del “finanziamento del deficit” e del “drenaggio di risorse finanziarie che rischiano di non lasciare spazio agli investimenti produttivi” ?

Preoccuparsi di questi “problemi” equivale a credere che le economie funzionino ancora in regime di “moneta-merce”, di cui l’esempio classico è il gold standard.

Se l’unica moneta esistente fosse l’oro, lo Stato naturalmente non potrebbe metterla in circolazione in quantità superiore alle riserve aurifere che possiede. E se non le avesse, dovrebbe farsele prestare da qualcuno.

Ma il regime aureo è scomparso totalmente dal mondo nel 1971, con la fine degli accordi di Bretton Woods.

Oggi, quando lo Stato fa deficit, cioè quando spende più di quello che tassa, NON ha il problema né di “reperire risorse finanziarie” né di “drenare risorse che altrimenti verrebbero utilizzate per altri impieghi”.

Al contrario. Lo Stato, spendendo più di quanto tassa, IMMETTE risorse finanziarie nel sistema privato.

Se esagera, può sorgere un problema di inflazione. Ma il finanziamento del deficit non è MAI un problema.

Si pretende che lo sia solo perché lo Stato si impone limitazioni prive di senso economico, al punto di demandare l’emissione di moneta a banche centrali “indipendenti” (da che cosa ? dal controllo democratico) o, nel caso della BCE, addirittura sovranazionali.

Il finanziamento del deficit pubblico è semplicemente un problema inventato ad arte. Allo scopo di strumentalizzarlo e di limitare la sovranità popolare su una funzione fondamentale per la corretta gestione dell’economia.

martedì 29 ottobre 2024

Una cosa ovvia ma difficile da far capire

 

La macroeconomia non è una materia difficile, ma spesso è controintuitiva. Per questo a volte trae in inganno anche persone intelligenti e in buona fede.

Ad esempio, dovrebbe essere ovvio e indiscutibile che il deficit pubblico non ha bisogno di essere “finanziato” perché è in realtà un meccanismo per immettere moneta nell’economia privata. Se il settore pubblico spende più di quanto raccoglie in tasse, il settore privato si trova più risorse finanziarie: la spesa pubblica finisce in tasca a qualcuno, e se le tasse sono inferiori alla spesa pubblica, si forma automaticamente un saldo finanziario positivo per il settore privato.

Obiezione tipica che mi viene fatta a questo punto della spiegazione: sì ma bisogna vedere se i privati che si trovano con questi maggiori saldi finanziari poi effettivamente li risparmiano oppure li spendono.

Beh non c’entra nulla. Se li spendono, li trasferiscono a un altro soggetto privato. Il risparmio privato creato del deficit pubblico è costituito da saldi finanziari che, dopo essere stati immessi nell’economia, si trasferiscono poi da un soggetto all’altro. MA NON SCOMPAIONO. Sono SEMPRE maggiori saldi finanziari per il settore privato.

Va aggiunto che i saldi finanziari possono essere spesi in importazioni. A questo punto producono comunque risparmio finanziario privato, ma in capo a soggetti esteri e non nazionali.

Ma questo non è una conseguenza del deficit pubblico, bensì dei saldi commerciali esteri e della bilancia dei pagamenti.

Il deficit pubblico si trasforma, CENTESIMO PER CENTESIMO, in risparmio privato. E’ difficile da capire ? non mi pare.

Eppure…

venerdì 25 ottobre 2024

La verità su debito e moneta

 

Scaletta per un futuro evento – seguiranno comunicazioni

SEZIONE UNO: Perché è normale per uno Stato avere un bilancio pubblico in deficit.

SEZIONE DUE: Cos’è realmente il debito pubblico e perché non impoverisce il paese.

SEZIONE TRE: Qual è il livello appropriato di deficit pubblico.

SEZIONE QUATTRO: Le tasse sono necessarie – ma non per la ragione che vi dicono.

SEZIONE CINQUE: L’assurdità dell’euro, e in generale del non usare la propria moneta.

SEZIONE SEI: Moneta e democrazia.

domenica 6 ottobre 2024

Che cosa non è il debito pubblico

 

Se uno Stato spende la moneta che emette, il debito pubblico (dovrebbe essere evidente) NON è un mezzo di finanziamento del deficit.

Il deficit pubblico si traduce automaticamente in risparmio privato. L’eccesso di spesa rispetto alla tassazione equivale, nel settore privato, a soldi ricevuti eccedenti quanto pagato in tasse: quindi a un incremento del risparmio.

Se lo Stato spende la moneta che emette, non ha bisogno di collocare titoli di debito pubblico per finanziarsi. Il debito pubblico ha una funzione diversa: è uno strumento offerto al settore privato per impiegare il risparmio finanziario generato dal deficit pubblico.

Il problema del debito pubblico, in Italia, esiste SOLO perché utilizziamo una moneta emessa da un soggetto diverso dallo Stato.

venerdì 4 ottobre 2024

I soldi del deficit pubblico

 

Chi segue questo blog mi ha visto molte volte spiegare che il deficit pubblico non è un impoverimento del paese, in quanto la differenza tra spese del settore pubblico e incassi fiscali (il deficit pubblico) rimane in tasca al settore privato. Se lo Stato spende più di quanto incassa, il settore privato incassa più di quanto spende. Questa è un’identità contabile su cui c’è poco, anzi nulla, da discutere.

OK, mi sento a volte replicare: sarà così, ma i sottoscrittori dei titoli del debito pubblico sono in parte stranieri. Per cui è vero che il deficit pubblico si trasforma, o meglio genera, risparmio privato: ma questo risparmio privato finisca in parte in mano a residenti esteri, quindi fuoriesce dal paese.

Le cose stanno un po’ diversamente. 

Il deficit pubblico alimenta automaticamente risparmio privato e non ha bisogno che vengano emessi titoli per finanziarlo. I titoli del debito pubblico sono un’opportunità offerta ai risparmiatori per impiegare, appunto, il risparmio.

Il risparmio fuoriesce dal paese se il saldo commerciale, cioè la differenza tra esportazioni e importazioni di beni e servizi, è negativa. Se è positiva, al contrario, il risparmio non defluisce dal, ma affluisce nel, paese.

E il saldo commerciale dell’Italia verso l’estero è ampiamente positivo, per circa 50-60 miliardi annui.

E’ vero che una parte dei titoli di Stato offerti dalle pubbliche amministrazioni è sottoscritto da risparmiatori esteri; ma a fronte di questo, ci sono risparmiatori italiani che comprano attività finanziarie straniere. Sono scelte di portafoglio, che derivano da valutazioni di rischio e redditività, dalla volontà di diversificare, in ultima analisi dai gusti personali di ognuno.

Il saldo tra investimenti finanziari e patrimoniali dei residenti italiani verso l’estero, da un lato, e dei residenti stranieri verso l’Italia, dall’altro (la cosiddetta Net International Investment Position, NIIP) è anch’esso positivo: per 165 miliardi secondo il più recente dato Bankitalia (al 31.3.2024).

Per cui, nel caso del nostro paese è del tutto corretto affermare che il deficit pubblico si converte in risparmio privato ITALIANO. Il fatto che una parte dei titoli di Stato emessi vengano acquistati da soggetti stranieri NON rileva e NON smentisce questo dato di fatto.

 

venerdì 13 settembre 2024

MMT, che cosa dice e che cosa non dice


I critici della MMT hanno una spiccata attitudine a criticarla sulla base di una rappresentazione fuorviante delle affermazioni di questa scuola di pensiero economico. 

In particolare, un classico è accusare la MMT di volere sempre e comunque incrementare il deficit pubblico, in quanto all’incremento del deficit pubblico corrispond(erebbe) sempre e comunque incremento di ricchezza privata.

Bene: l’affermazione degli economisti MMT può sembrare superficialmente quella, ma è invece MOLTO differente.

La MMT NON dice che all’incremento del deficit pubblico corrisponde sempre e comunque incremento di ricchezza privata.

La MMT DICE che all’incremento del deficit pubblico corrisponde sempre e comunque incremento di risparmio finanziario nominale privato.

Questo deriva da un’identità contabile che dovrebbe (dovrebbe…) risultare ovvia a chiunque: il deficit è l’eccesso di spesa pubblica rispetto al prelievo fiscale. Se il settore pubblico spende più di quanto tassa, il settore privato incrementa le sue disponibilità finanziarie, perché riceve più di quanto paga.

Questo in termini nominali. In termini reali, il valore effettivo di questo maggior risparmio può depauperarsi se il deficit produce una crescita del livello dei prezzi. E questo è possibile se si immette nel settore privato capacità di spesa che non va ad alimentare maggiore produzione di beni e servizi. Motivo per cui la gestione della finanza pubblica deve tenere conto della capacità produttiva del sistema economico.

Poi ci sono i temi di distribuzione. Altre critiche delle politiche di deficit vertono sul fatto che il deficit potrebbe essere “utilizzato male”, in maniera inefficiente o iniqua, o alimentare spesa verso l’estero, quindi incrementare sì il risparmio privato, ma all’esterno del paese.

Questi sono temi importanti. Ma sono temi di allocazione delle risorse.

E i critici della MMT che vorrebbero il pareggio di bilancio perché sono preoccupati per la (eventualmente) scorretta allocazione delle risorse, si pongono in contraddizione con un’altra loro tipica affermazione.

I critici della MMT spesso attaccano le politiche economiche di stampo socialista affermando che si preoccupa (il socialismo) di redistribuire reddito e ricchezza, ignorando che prima va creato.

Ma allora non dovrebbero sostenere il pareggio di bilancio, perché il pareggio sistematico del bilancio pubblico, in presenza di un sottoutilizzo delle risorse produttive, limita la creazione di reddito e ricchezza. Preoccupandosi della distribuzione di reddito e ricchezza, ne tarpano quindi la generazione.

Proprio quello che a loro dire è il difetto più grave delle politiche economiche socialiste.

 

mercoledì 14 agosto 2024

Debito pubblico, il grande equivoco

 

Il grande, gigantesco equivoco, quando si parla di finanza pubblica, è pensare che il debito sia un mezzo per finanziare le attività dello Stato.

Non è nulla di tutto questo.

I punti essenziali da comprendere sono i seguenti.

I mezzi di pagamento in circolazione, in un’economia in sviluppo, DEVONO aumentare.

Il deficit pubblico provvede a garantire che questo aumento si verifichi. Deficit vuol dire che le spese pubbliche superano le entrate fiscali: rimane un delta, che PER DEFINIZIONE resta in possesso del settore privato. Questo delta incrementa la disponibilità di potere d’acquisto del settore privato medesimo. E incrementa il suo risparmio finanziario.

Emettere debito pubblico quindi NON SERVE A FINANZIARE IL DEFICIT. Uno Stato che emette la sua moneta non ha NESSUN bisogno di emettere debito. Il deficit si finanzia da sé.

Il debito pubblico è semplicemente uno strumento di impiego del risparmio privato che si FORMA AUTOMATICAMENTE in conseguenza dei deficit pubblici. Non è indispensabile emetterlo.

Può essere un servizio utile offerto alla collettività.

Ma quanto sentite dire che lo Stato deve “garantirsi la benevolenza dei mercati”, che è “soggetto al giudizio degli investitori”, sappiatelo: è UNA SPUDORATA MENZOGNA.

 

sabato 27 luglio 2024

La ricchezza del debito pubblico

 

Il mainstream degli economisti e degli organi d’informazione è riuscito a mettere nella testa di larga parte della popolazione il concetto che il debito pubblico impoverisca il paese, e che di conseguenza sia necessario, essenziale, vitale, indispensabile ridurlo.

E’ un’affermazione completamente infondata.

Il debito pubblico in moneta propria può essere in qualsiasi momento estinto o rifinanziato dal paese che lo emette. Non è un onere, non crea vincoli di solvibilità.

Il debito pubblico corrisponde, centesimo per centesimo, a risparmio di chi possiede i titoli. E il debito pubblico di un paese, e in particolare dell’Italia, è tipicamente detenuto da residenti del paese stesso.

Il debito pubblico è una forma di impiego del risparmio privato che viene automaticamente generato quando lo Stato spende più di quello che tassa. I titoli di Stato sono risparmio, sono valore. Ridurre l’ammontare in circolazione non significa arricchire il paese. Al contrario.

L’eccesso di spesa dello Stato rispetto alla tassazione, cioè il deficit pubblico, oltre certi livelli (che non corrispondono a nessun limite numerico definito a priori) può essere da evitare in quanto inflazionistico. Ma questo è un altro discorso, che non ha nulla a che vedere con la solvibilità dello Stato.

I “vincoli di finanza pubblica”, nei termini in cui ne parla il mainstream, sono una colossale mistificazione. Sono un problema creato senza alcuna necessità. L’ha generato esclusivamente, per quanto riguarda l’Italia, la decisione di aver rinunciato alla propria moneta. Senza alcuna ragione economica.

 

sabato 20 luglio 2024

Come argomentano gli euroausterici

 Qualche giorno fa mi imbatto in un tweet di Riccardo Trezzi, economista sedicente keynesiano, in realtà euroausterico.




La risposta di Riccardo Trezzi (di cui non posso fare screenshot per evidenti motivi) ? "Non sono qui per farmi insultare. Ora la blocco".

Inutile chiedersi dove sarebbe l'insulto. Inutile chiedersi se questa sia un'argomentazione.

Questo è il livello.

sabato 1 giugno 2024

La definizione di austerità

 

A sentire gli euroausterici – ne avevo già parlato in post precedenti, ad esempio in questo – in Italia non si è mai fatta austerità, dopo la Grande Crisi Finanziaria del 2008, se non (forse) nel periodo 2011-2013. Perché viene sostenuta questa tesi ? perché c’è sempre stato un deficit pubblico, e perché il debito pubblico in rapporto al PIL non è diminuito.

E’ un’affermazione insensata perché deficit e debito sono la risultante non solo delle politiche fiscali, ma anche e soprattutto dei loro effetti di retroazione. Che in parole povere significa: se io adotto politiche restrittive, l’effetto sul deficit e sul debito può essere di innalzarli e non di abbassarli, in quanto le restrizioni riducono il gettito fiscale e riducono il PIL.

Detto altrimenti, se deficit e debito non calano, ciò NON significa necessariamente che si stiano adottando politiche espansive. Può essere che le politiche siano restrittive – MA CONTROPRODUCENTI, anche dal punto di vista dei saldi di finanza pubblica. E in Italia è avvenuto esattamente questo.

Il che rende però necessaria una definizione più precisa di che cosa si intenda per austerità. E la definizione che propongo è la seguente.

C’è austerità quando, nonostante livelli di inflazione sotto controllo e magari addirittura inferiori al target del 2% generalmente adottato dalle banche centrali, l’occupazione è debole: ci sono molti disoccupati, molti lavoratori potenziali che rinunciano a cercare lavoro perché scoraggiati, e molti lavoratori precari e part-time.

Secondo questo criterio, dal 2011 in poi in Italia c’è SEMPRE stata austerità, salvo nel periodo in cui il Covid ha costretto il governo a effettuare forti interventi di sostegno (e la UE ad accettare che avvenissero). La crescita è stata debole se non inesistente o negativa, l’occupazione problematica e precaria, e l’inflazione – rispetto ai target fissati dalla BCE stessa – troppo bassa.

L’unico periodo di inflazione elevata è stato causato non da eccesso di domanda, ma da fenomeni esterni – problemi nelle catene di fornitura post lockdown, guerra in Ucraina. Ma siamo ormai rientrati stabilmente sotto il 2%.

Per cui sì, in Italia dal 2011 abbiamo vissuto, E SIAMO TUTTORA, in un contesto di austerità pressoché permanente. Con gravissimi danni all’occupazione, alla crescita, al tessuto economico. E SENZA aver minimamente risolto i problemi della finanza pubblica – problemi che peraltro non sarebbero MAI esistiti se non fossimo entrati nell’euro.

martedì 28 maggio 2024

Il deficit pubblico non è un costo

 

Un passo fondamentale per migliorare ENORMEMENTE la gestione economica dell’Italia (e per la verità di molti altri paesi) è rendersi conto che il deficit pubblico NON E’ UN COSTO.

Perfino i più accaniti critici del superbonus, ad esempio, ammettono che ha prodotto un significativo, e insperato, recupero di PIL e di occupazione, ma, affermano, “a un costo troppo alto”.

In regime di moneta fiat, generare un deficit pubblico NON COMPORTA COSTI. Se riattiva risorse produttive al momento inoperose, tramite incremento di domanda e di occupazione, è solo un beneficio macroeconomico, non un costo.

Se invece non ci sono risorse produttive da riattivare, il deficit genera inflazione. Quindi è un errore incrementarlo in quelle condizioni, perché crea disordine e effetti redistributivi indesiderati, senza necessità. Ma è un’inefficienza. NON E’ UN COSTO.

Il costo per il sistema economico è l’austerità: una carenza di potere d’acquisto nell’economia che produce sottoccupazione delle risorse produttive. QUELLO è uno spreco puro, e va assolutamente evitato. Mentre le regole dell’eurosistema sono concepite in modo tale da crearlo.