lunedì 8 gennaio 2018

Moneta Fiscale e moneta garantita da attivi


Riflessioni su uno spunto di Stefano Sylos Labini. E’ concettualmente diverso emettere moneta fiat, che ha valore in quanto lo Stato la accetta in pagamento delle obbligazioni d’imposta, rispetto a moneta garantita da attività reali ? sì, è diverso, ma il tema merita un approfondimento.

Il Venezuela sta, a quanto pare, valutando la possibilità di emettere una “criptovaluta inizialmente garantita da una parte delle riserve sotterranee del petrolio venezuelano”. C’è molto scetticismo su questa iniziativa, a causa – naturalmente - dell’instabilità politica e sociale del paese sudamericano. Ma l’idea in sé è concettualmente sbagliata ?

In ultima analisi, sia la Moneta Fiscale (MF) che la moneta garantita da attivi (MGA) hanno valore in funzione della capacità di generazione di reddito dello Stato emittente.

La MF è un progetto che ha senso, in questo momento, per l’Italia, in quanto la capacità produttiva del paese è fortemente sottoutilizzata e i vincoli dell’Eurosistema impediscono di saturarla immettendo maggiore domanda nel sistema economico mediante gli strumenti tradizionali. Non si possono emettere titoli di Stato oltre certi livelli (livelli oggi insufficienti); né euro (perché l’Italia utilizza l’euro ma non lo emette).

Se non esistesse questo enorme livello di sottoutilizzo delle risorse produttive, il progetto MF non sarebbe in grado di ottenere nulla di positivo.

In effetti, anche la MGA ha valore in quanto esiste un potenziale inespresso di produzione di reddito. Le riserve petrolifere avranno un valore nel momento in cui verranno estratte e rese commercializzabili - da qui deriva il maggior reddito potenziale. Ma l’estrazione dell’intero ammontare delle riserve si svilupperà in un arco di tempo molto esteso: il valore può allora essere reso disponibile in anticipo, emettendo MGA e utilizzando le riserve come garanzia.

Qual è la principale differenza ? Che la MF fa leva su un sottoutilizzo di capacità produttiva del sistema economico. E una volta portata a regime, la maggior capacità produttiva – quindi anche di generazione di reddito – è destinata a rimanere, anzi ad accrescersi nel tempo, via via che l’accumulazione di capitale fisico e i progressi tecnologici lo consentono.

Le riserve di petrolio invece sono destinate ad esaurirsi. La MGA rischia quindi di mettere a disposizione della collettività nazionale un potere d’acquisto che non potrà essere mantenuto in futuro. E nel frattempo, di produrre inflazione (perché si spinge la domanda interna ben al di sopra della capacità produttiva del paese) e di rendere non competitive le produzioni interne.

La Norvegia ha fatto qualcosa che può essere considerato l’opposto dell’emissione di MGA. Invece di emettere moneta garantita dallo sfruttamento futuro delle riserve petrolifere, ha creato un gigantesco fondo sovrano accantonando una grossa quota dei proventi derivanti dal loro sfruttamento. Il fondo ha raggiunto un valore investito di circa 1.000 miliardi di dollari, enorme in assoluto e ancora di più se lo confrontiamo con una popolazione di poco più di cinque milioni. Sono quasi 200.000 dollari a persona, per ogni cittadino norvegese.

Lo scopo è non scaricare sull’economia interna un potere d’acquisto del tutto sproporzionato rispetto alle capacità del sistema produttivo, di ripartire nel tempo i benefici delle risorse petrolifere (il cui sfruttamento è destinato a declinare nel prossimo futuro) e anche di smussare gli effetti delle fluttuazioni nel prezzo del petrolio.

Tornando alla MGA, è un progetto che può avere senso se il valore delle emissioni viene utilizzato (in misura adeguata) per investire e migliorare la capacità produttiva del sistema economico, in modo da assicurare la coerenza tra il maggior potere d’acquisto implicito nella MGA, e livelli sostenibili di generazione di reddito (sostenibili, s’intende, anche quando lo sfruttamento dei giacimenti declinerà).

Nel caso della MF applicata all’Italia, il problema non esiste perché la capacità produttiva esiste già: si tratta di portarne a regime l’utilizzo, eliminando la carenza di domanda interna.

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