domenica 27 aprile 2014

La Riforma Morbida è “la” soluzione per l’euro


Fabio Castellucci mi ha rivolto una serie di complimenti (largamente immeritati) di cui lo ringrazio, definendomi “posato, autorevole, serio e calmo”.

Nello stesso tempo, mi dice che il limite di quello che propongo è politico.

Per citarlo: “non ce ne facciamo nulla della centesima ottima soluzione se non diventa l’azione di una forza politica che ha uomini all’altezza e consenso sufficiente ad attuarla come governo”.

Allora Fabio, tu hai ragione naturalmente. Nessuna soluzione è attuabile in assenza di consenso politico.

Però adesso lasciami essere immodesto. Poi forse mi considererai meno posato, meno autorevole, meno serio e meno calmo. Ma pazienza.

L’editore Hoepli, io e Giovanni Zibordi siamo stati schifosamente vanagloriosi. Abbiamo pubblicato un libro intitolandolo “La soluzione per l’euro”.

“La”, non “una”.

NON è la “centesima ottima soluzione”. Dove sono le altre novantanove ?

Si può risolvere la crisi dell’euro modificando tutti i limiti di rapporto deficit pubblico / PIL, facendo sottoscrivere o garantire dalla BCE le maggiori emissioni di debito e utilizzandole, nella misura necessaria, per ridurre le tasse sul lavoro e riportare il costo del lavoro per unità di prodotto di tutti i paesi dell’Eurozona al livello della Germania ? tecnicamente sì. Politicamente non se ne parla.

La Germania può incrementare il suo costo del lavoro del 20% ? tecnicamente sì. Politicamente non se ne parla.

La Germania può uscire lei dall’euro ? tecnicamente sì e questo risolverebbe (in parte, non del tutto) alcune delle complicazioni tecniche del breakup. Politicamente, non se lo sogna neanche.

Funzionerebbe l’adozione dell’”eurobancor” ? tecnicamente sì. Ma a parte la complicazione di un accordo che coinvolge vari paesi, la Germania non ci starà mai, e ritorniamo quindi al problema di come gestire il breakup.

Magari altre novantanove soluzioni completamente diverse esistono. Io però non ne ho vista neanche una – a parte la Riforma Morbida, si capisce – dotata delle seguenti caratteristiche.

UNO, può essere adottata per iniziativa unilaterale da ogni singola nazione.

DUE, non modifica nessuno dei rapporti contrattuali in essere. Crediti, debiti, contratti di lavoro, pensioni eccetera rimangono in euro.

TRE, permette al paese che la adotta di incrementare la domanda interna e il valore effettivo delle retribuzioni, di ritornare al pieno impiego e nello stesso tempo di abbassare il costo del lavoro per unità di prodotto delle sue aziende, evitando quindi sbilanci commerciali con l’estero.

QUATTRO, consente al paese che la adotta di finanziarsi con emissioni di titoli in moneta sovrana e quindi di emanciparsi dai mercati dei capitali internazionali.

CINQUE, non crea perdite a nessun detentore di crediti finanziari verso controparti (pubbliche o private) italiane ed evita quindi contenziosi legali e azioni di rivalsa verso beni italiani all’estero.

SEI, non deve essere adottata di sorpresa ed evita quindi tutti i rischi legati a fughe di notizie, turbolenze sui mercati finanziari, fughe di depositi bancari.

SETTE, non implica una svalutazione e quindi non produce incrementi nei costi delle materie prime e dei beni importati in genere.

OTTO, non impone ai paesi settentrionali dell’Eurozona la rivalutazione della moneta da loro utilizzata.

Certo, sono tutti punti tecnici. E le logiche della politica, della comunicazione e della formazione del consenso della pubblica opinione hanno spesso poco a che vedere con la tecnica. Se non fosse così, del resto, l’euro non sarebbe mai nato.

Però la battaglia per superare la crisi economica e per ripristinare la sovranità monetaria dell’Italia è lunga e difficile. Mi piacerebbe che qualcuno mi spiegasse come e perché ignorare una strada semplice e continuare a insistere su quelle complesse dovrebbe aiutare a vincerla.

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