Le ragioni
formali – legali e contabili – per cui la Moneta Fiscale (MF) è totalmente in
regola con la struttura dell’Eurosistema sono state chiarite in molti articoli
che ho pubblicato in questo blog, e in molti altri predisposti dal nostro gruppo
di ricerca. Vedi, tra i tanti, questo.
Ma il punto di
maggiore sostanza, che è importante avere ben chiaro prima ancora di esaminare
(e senza volerne sminuire l’importanza) i temi formali, è il seguente.
La regola del
pareggio di bilancio nonché il Fiscal Compact hanno un senso in quanto fin dal
momento in cui l’euro è stato creato, ci si è basati sul principio che nessun
paese fosse obbligato a farsi carico delle passività di un altro.
In realtà questo
principio è stato disatteso in varie circostanze, la principale delle quali è
stato il whatever it takes di Mario
Draghi. Senza il quale, peraltro, l’euro sarebbe collassato nell’estate del
2012.
Ora, se i debiti
pubblici degli Stati non sono garantiti dalla potestà di emissione monetaria
degli Stati medesimi, o da una banca centrale a cui la potestà medesima viene
demandata, il rischio di una crisi dei debiti sovrani è sempre presente.
E non esiste un
livello di debito pubblico (rispetto al PIL) che dia certezza sul fatto che il
mercato non scommetterà contro la solvibilità dello Stato. Rapporti del 30 o
del 40% non hanno impedito alla Spagna o all’Irlanda di andare in crisi nel
2011, come non l’avevano impedito all’Argentina nel 2001.
Se il whatever it takes viene meno, in altri
termini, i debiti sovrani dell’Eurosistema assumono immediatamente un grado di
rischio completamente diverso, enormemente più elevato. E le probabilità che il
sistema salti in tempi rapidissimi, come stava saltando nel 2012, diventano (a
quel punto) estremamente significative.
Semplicemente, il
whatever it takes non può venire meno
se si vuole preservare l’euro.
L’impegno della
BCE tuttavia è stato assunto nello stesso periodo in cui si introduceva il
Fiscal Compact. L’assetto attuale dell’Eurosistema in pratica prevede un
impegno reciproco: garanzia dei debiti sovrani da parte della BCE purché gli Stati raggiungano, nei tempi
più rapidi possibili, il pareggio di bilancio “strutturale” (corretto per le
condizioni congiunturali) e riducano gradualmente (fino al 60% nel giro di
vent’anni) il rapporto debito pubblico / PIL.
La Moneta Fiscale non rientra nel debito pubblico da garantire non solo perché, sul piano
formale e legale, non è debito. Non vi rientra perché non serve nessuna garanzia
da parte della BCE. Lo Stato che emette la Moneta Fiscale si impegna ad
accettarla a riduzione di impegni finanziari nei suoi confronti (in primo
luogo, relativi al pagamento di tasse e imposte). Nessuno può forzare lo Stato
a disconoscere questo impegno. Non ci sono euro da procurarsi per rimborsare un
debito nel momento in cui scade.
Se uno Stato
emette Moneta Fiscale e la utilizza per attuare le sue azioni di politica
economica (azioni espansive nella misura necessaria a riassorbire gli attuali,
enormi livelli di sottoccupazione e sottoutilizzo delle risorse produttive) e nello stesso tempo blocca la crescita
del debito pubblico, vengono raggiunti i risultati che il Fiscal Compact si
proponeva di ottenere.
Per recuperare l’attuale
enorme output gap dell’economia
italiana, e riportare la situazione del mercato del lavoro ai livelli pre-crisi
(quelli del 2007) riassorbendo tutta la disoccupazione e la sottoccupazione che
si è creata nel frattempo, occorre immettere maggiore potere d’acquisto fino a
un massimo di circa 100 miliardi annui. La crescita, sulla base di ipotesi
molto prudenziali (moltiplicatore keynesiano pari a 1x più una ripresa del
rapporto investimenti privati / PIL pari a metà della flessione registrata
rispetto al 2007), genera maggior gettito che compensa gli sconti fiscali
ottenuti mediante la MF.
Ed eventuali
discrasie dovute a situazioni congiunturali sfavorevoli sono facilmente
gestibili, dato l’amplissimo rapporto tra entrate lorde del settore pubblico
(oggi pari a circa 800 miliardi) e sconti fiscali conseguiti annualmente dai
possessori di MF: esiste un ampio ventaglio di azioni attivabili.
Tutto questo è attuabile immediatamente, senza bisogno di chiedere alcun ulteriore impegno
o garanzia, né alla UE, né alla BCE, né a nessun altro. Basta che rimanga in
essere il whatever it takes nella
forma in cui già oggi è stato assunto (e in assenza della quale l’Eurosistema
comunque non sopravviverebbe).
Antonio Zito: In cosa si differenzia un ciclo espansivo della domanda che si fonda sui CCF da uno che si fonda sulla riconquistata sovranità monetaria? Credo che nel caso dei CCF la domanda per beni di importazione dall'estero in Italia aumenterebbe molto di più. Favorendo ancora una volta i paesi esportatori nell'area euro più che l'Italia. Al limite potrebbero presentarsi problemi di bilancia dei pagamenti in deficit. Paradossalmente il maggior potere di acquisto degli italiani avvantaggiarebbe i paesi come la Germania. Cosa pensi di questa osservazione Marco?
RispondiEliminaChe non è così perché le assegnazioni di CCF vanno anche a beneficio delle aziende per ridurre il cuneo fiscale, permettendo quindi di fare espansione senza peggiorare i saldi commerciali esteri. Vedi post del 15.9.2013.
EliminaAntonio Zito: Se ho compreso bene il ragionamento è il seguente: gli italiani compreranno soprattutto in Italia in costanza di CCF perché i prezzi caleranno a seguito dello sgravio fiscale che con i ccf daremo alle imprese. Meno tasse (sul lavoro) per le imprese=prezzi più bassi in Italia= più vendite in Italia: giusto?
EliminaEsattamente ! usare una parte delle emissioni di CCF per ridurre il cuneo fiscale effettivo produce effetti simili a quelli di un riallineamento valutario.
EliminaPer prima cosa occorre spostare gradualmente, l'applicazione del cuneo fiscale a tutti i contribuenti alla soglia del reddito medio con l'introduzione dell'imposta piatta. Non importa chi sta al governo, basta che si faccia subito, in pieno accordo con Francia e Germania.
RispondiEliminaMeglio una riduzione degli oneri sui fattori produttivi, direttamente o mediante erogazione di MF.
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