domenica 20 luglio 2025

La moneta legale non è moneta obbligatoria

 

I sostenitori della “moneta sana” si scagliano costantemente contro la moneta di Stato perché è “manipolabile dai politici” nonché “imposta con la violenza”.

Tra loro si annovera un consistente numero di nostalgici del gold standard o (versione aggiornata dello stesso concetto) di entusiasti del bitcoin.

Mi pare opportuno ricordare ai monetasanisti che nessuna autorità pubblica impedisce di stipulare contratti denominati in moneta non di Stato. Niente vieta di firmare contratti, anche di lavoro o di collaborazione professionale, da regolare in bitcoin, in lingotti d’oro o in barili di petrolio.

In pratica non succede quasi mai, ma non a causa di una qualche ”imposizione violenta”. E’ che utilizzare in modo massiccio una moneta diversa da quella statale è estremamente poco pratico.

Per le esigenze di funzionamento di un’economia moderna, l’utilizzo di una moneta statale è in pratica indispensabile. Alla moneta statale si possono tranquillamente affiancare strumenti di scambi alternativi (personalmente sono un grande ammiratore del WIR e del Sardex): ma in funzione complementare, non sostitutiva.

sabato 19 luglio 2025

Quanto è diffusa la cattiveria ?

 

E’ un luogo comune, uno tra i tanti, dire che “al mondo c’è sempre più cattiveria”. Ma che cosa si intende per “persona cattiva” ?

Non è cattivo chi è occasionalmente (magari anche frequentemente) meschino, avido, gretto o insensibile. Sono comportamenti che di tanto in tanto abbiamo tutti. Per poi essere, in altri momenti, generosi, empatici, collaborativi e comprensivi.

Dipende dai momenti, dalle circostanze, dalle pressioni che subiamo, dai vincoli a cui siamo soggetti.

La mia definizione di cattivo è invece: qualcuno che trae piacere dal vedere il prossimo in difficoltà, dal fargli del male, dall’umiliarlo.

Esistono persone così ? purtroppo sì, ma per fortuna sono rare.

Il motivo per cui sembrano più numerose è che gli effetti dei loro comportamenti sono spesso molto visibili.

Perché non di rado ottengono più successo professionale, fanno più strada nelle organizzazioni, di quanto le loro capacità giustifichino.

Il motivo ? la stragrande maggioranza degli altri, con cui interagiscono, non riesce a capacitarsi che l'interlocutore possa essere così tanto sleale, bugiardo, prevaricatore. Perché se non ti viene spontaneo adottare certi comportamenti, non riesci neanche, emotivamente (intellettualmente sì, ma l’emotività in questi casi prevale sull’intelletto) ad aspettarteli dagli altri.

La buona notizia è che i cattivi sono pochi. La brutta notizia è che fanno più danno di quanto il loro numero farebbe pensare.

 

mercoledì 16 luglio 2025

Tennis e politica

 

Tutti contenti per la vittoria di Jannik Sinner a Wimbledon. Però, siccome senza un po’ di polemica non ci si diverte, nei giorni successivi si è parlato parecchio dell’assenza di rappresenti istituzionali / governativi italiani in occasione della finale.

Una constatazione però non l’ho letta, ed è tuttavia (mi sembra) pertinente.

Non è che domenica scorsa ci sia stata la prima finale Slam con presenza italiana degli ultimi anni. In effetti dal 2010 in poi se ne sono viste non poche:

Francesca Schiavone, Roland Garros 2010 (vinta).

Francesca Schiavone, Roland Garros 2011 (persa).

Sara Errani, Roland Garros 2012 (persa).

Flavia Pennetta, US Open 2015 (vinta).

Roberta Vinci, US Open 2015 (persa).

Matteo Berrettini, Wimbledon 2021 (persa).

Jannik Sinner, Australian Open 2024 (vinta).

Jasmine Paolini, Roland Garros 2024 (persa).

Jasmine Paolini, Wimbledon 2024 (persa).

Jannik Sinner, US Open 2024 (vinta).

Jannik Sinner, Australian Open 2025 (vinta).

Jannik Sinner, Roland Garros 2025 (persa).

Jannik Sinner, Wimbledon 2025 (vinta).

Un totale di tredici presenze, se non mi è sfuggito qualcosa. E quante volte sono stati presenti ad assistere il presidente della repubblica o il capo del governo ?

Risposta: una sola. A New York nel 2015. Perché Matteo Renzi, noto furbacchione, andava sul sicuro: giocavano due italiane e quindi quello Slam non si poteva perderlo.

In effetti la polemica è nata dalla constatazione che a Wimbledon, a tifare Alcaraz, c’era il re di Spagna. Però tra Nadal e Alcaraz gli spagnoli di finali Slam negli ultimi vent’anni ne hanno fatte una tonnellata e non risulta che reali o primi ministri siano stati sistematicamente in tribuna.

Per quanto ne sappiamo,  il re Filippo era magari a Londra per farsi prendere le misure di uno dei suoi raffinatissimi abiti di sartoria esclusiva, e già che c’era se ne è andato anche a vedere il match. Ma non risulta essere una prassi sistematica, neanche per gli spagnoli.

Per cui Filippo ha visto Alcaraz perdere, e peccato per lui. Mattarella e Giorgia Meloni non hanno visto Sinner vincere, o più probabilmente l’hanno visto in TV, e va bene lo stesso. E ragioni per far polemica proprio non ce ne sono.

 

domenica 13 luglio 2025

Tassare di più i ricchi: è giusto ?

 

La sperequazione tra redditi e ricchezze detenute dalle varie classi sociali suscita indignazione, e ne seguono richieste di introdurre meccanismi fiscali che in qualche misura riequilibrino la situazione. In particolare, introdurre e/o inasprire la tassazione su patrimoni e successioni.

Il problema di queste proposte è che tendono a far pensare che la disponibilità di potere d’acquisto sia un dato fisso, e che quindi per dare qualcosa in più ai meno ricchi sia necessario togliere qualcosa ai ricchi.

C’è un errore di fondo. La gestione del sistema economico nelle economie avanzate prende per un dato di fatto questo presupposto: ma il presupposto è sbagliato. Da diversi decenni, il potere d’acquisto in circolazione è artificialmente compresso e le economie vengono mantenute a livelli inferiori al pieno impiego.

Il che crea la sperequazione, perché i ceti sociali svantaggiati sono costretti ad accettare condizioni di lavoro e di reddito spostate verso la pura sussistenza. L’offerta di lavoro viene razionata senza che ce ne sia necessità, e la forbice dei redditi si allarga di conseguenza.

Ci sono buone ragioni, di equità e di giustizia sociale, per tassare di più i ricchi, ma il problema delle diseguaglianze si risolve molto più efficacemente generando e mantenendo condizioni di pieno impiego delle risorse produttive: in primo luogo, del lavoro. Condizioni in cui la domanda è forte e stabile, e in cui le aziende sono spinte a competere per ottenere le prestazioni dei lavoratori – e non viceversa.

sabato 12 luglio 2025

Sviluppare la borsa non è la soluzione

 

Uno dei luoghi comuni in voga nell’ambiente finanziario italiano è che molti problemi verrebbero risolti grazie allo sviluppo del mercato azionario nazionale.

Lo sento dire da quarant’anni perché la mia carriera professionale è partita, appunto, quarant’anni fa. Ma senza dubbio lo si diceva anche prima. Con la ricchezza del tessuto imprenditoriale, con la vitalità delle PMI che caratterizza l’Italia, come può il listino di borsa essere composto da poche centinaia di titoli ?

Quarant’anni dopo i titoli sono sempre poche centinaia.

Il motivo per la verità è semplicissimo. Le floride PMI italiane sono aziende che fatturano, nella stragrandissima maggioranza dei casi, pochi milioni o poche decine di milioni.

E aziende di quelle dimensioni in borsa non ha senso che ci vadano. Se lo fanno, i valori scambiati sono risibili. L’interesse degli investitori istituzionali, che hanno grosse somme da muovere, è pressoché inesistente: non perché le aziende non vengano apprezzate, ma perché se hai una corazzata non ti muovi in uno stagno. I costi indotti, legali, di comunicazione, di produzione di dati, sono pesanti, a fronte di utilità scarsa o nulla per la gestione societaria.

Le PMI italiane semplicemente non sono oggetti adatti al mercato azionario. Non è né un bene né un male. E’ un fatto.

domenica 6 luglio 2025

Euro e surplus commerciale

 

Utilizzare l’euro comporta due macroproblemi, di cui uno è forse il più evidente ed è stato il primo, storicamente, a essere identificato. Ma non è il principale, ed è bene avere le idee chiare in merito.

Anche un efficace divulgatore come Claudio Borghi ogni tanto cade nell’equivoco.


“Oggi rivaluteremmo” se uscissimo dall’unione monetaria ? rivaluteremmo perché l’Italia ha un surplus commerciale di 60 miliardi all’anno ?

No, non rivaluteremmo. Il surplus commerciale è una determinante dell’evoluzione del cambio, ma solo una di parecchie.

L’Italia, pur non essendo uscita dall’euro, ha trasformato, tra il 2011 e il 2013, un deficit commerciale in un surplus. Ma questo non significa che sia diventata più competitiva, né che la rottura dell’euro implicherebbe una rivalutazione della Nuova Lira.

Il surplus commerciale è stato conseguito a seguito delle feroci politiche di compressione della domanda interna, e quindi delle importazioni, attuate in quegli anni.

Se l’euro si rompesse, l’Italia non rivaluterebbe la sua moneta. Molto più plausibile è una svalutazione, anche se probabilmente non di grande entità.

Fermo restando che il problema principale dell’euro non è la mancanza di flessibilità del cambio. Che è un problema, grave, molto grave.

Ma non così grave come lo è il non disporre delle leve di azione per condurre una politica economica, e principalmente una politica fiscale, conforme al mandato degli elettori.


sabato 5 luglio 2025

La differenza tra il Superbonus e il PNRR

 

Il Superbonus ha prodotto un rimbalzo del PIL (dopo gli anni del Covid) molto superiore al previsto, senza alcun incremento del rapporto debito pubblico / PIL.

Il PNRR non ha generato nulla di tutto questo. Finito il Superbonus, quando dovevano entrare in azione i mirabili effetti del PNRR, la crescita si è nuovamente afflosciata all’usuale zero virgola (usuale da quando l’Italia è nell’euro, s’intende).

La differenza ?

Il Superbonus sono stati soldi in più entrati nel sistema economico.

Il PNRR no. La quantità di soldi che entrano nell’economia (il deficit pubblico) è invariata, siamo solo vincolati a spendere come da mirabili ricette UE.

Tutto qui.

martedì 1 luglio 2025

Il problema inesistente

 

Non passa giorno che non si legga un articolo, un tweet, un post, con contenuti grosso modo simili a questo (qui riferiti agli USA, ma potrebbe essere qualsiasi altro paese).


Già, perché nessun partito politico “affronta il problema” ?

Risposta: perché il problema NON ESISTE.

Il debito pubblico è semplicemente una forma di impiego, offerta alla collettività, del risparmio finanziario privato.

E in un’economia che si sviluppa, dove le grandezze monetarie e finanziarie aumentano di dimensione nel tempo (per effetto della crescita reale e dell’inflazione, poca o tanta che sia) è ASSOLUTAMENTE NORMALE CHE AUMENTI ANCHE LA DIMENSIONE DEL DEBITO PUBBLICO.

Al mondo ci sono molti problemi veri.

Quello del debito pubblico è un problema inventato.