venerdì 15 ottobre 2021

Climate change, le mie perplessità

 

Il tema del cambiamento climatico è al di fuori del mio circolo di competenza, quindi non ho nessuna pretesa di dire qualcosa di originale o di significativo. Però quello che sento sistematicamente esporre e affermare come verità incontrovertibile dai giornaloni e dai mezzi d’informazione paludati mi lascia perplesso, e potrebbe non essere inutile (a me stesso, quantomeno) spiegare perché.

Discorsi catastrofisti su clima e ambiente li sento da quando ero un ragazzino, quindi se non è mezzo secolo poco ci manca. Ai tempi per la verità il ritornello era il rischio di glaciazione del globo terrestre. Una ventina d’anni dopo si è passati a buco nell’ozono, effetto serra, riscaldamento del pianeta e varianti sul tema.

Adesso (da tre o quattro lustri, in effetti) è invalsa l’abitudine di parlare di climate change in senso generale. Il che vuol dire che dobbiamo preoccuparci anzi spaventarci anzi prendere misure drastiche se piove molto ma anche se piove poco, se fa molto caldo ma anche se fa molto freddo, se nevica a Roma ma anche se il sole scotta a Mosca.

Il problema, leggo, sono “gli eventi estremi”. Tipo le inondazioni in Germania (ma poi si scopre che i fiumi avevano raggiunto livelli più alti nel Settecento) o i cicloni nei Caraibi (ma poi leggi che negli ultimi quarant’anni sono diventati meno, non più frequenti).

Sì OK (continuo a leggere) i cambiamenti climatici c’erano anche prima (infatti Annibale attraversava le Alpi con gli elefanti, mentre qualche secolo fa ad Amsterdam si pattinava sui canali ghiacciati: oggi non più, meno male che ci sono i palazzi del ghiaccio se no i Paesi Bassi non vincerebbero medaglie alle Olimpiadi invernali).

I cambiamenti climatici c’erano anche prima ma “oggi la velocità del cambiamento è più rapida, quello è il problema”. Quindi in tutti i modi bisogna contenere il riscaldamento del globo “a non più di due gradi rispetto all’età preindustriale” perché se no rischiamo che diventino tre e mezzo alla fine di questo secolo.

E sarebbe un cambiamento repentino ?

Al mondo, mi pare, ha fatto a volte più caldo e a volte più freddo. Però le città costiere non sono state inondate. Le calotte polari non si sono sciolte.

Ne sono seguiti adattamenti (Groenlandia significa “terra verde”, quindi ai tempi delle epopee vichinghe c’erano meno ghiaccio di oggi e insediamenti agricoli che oggi non esistono più). L’umanità si è spostata, si è adattata, ha cambiato abitudini locali.

Già, sento dire, ma la crescita esponenziale della popolazione e della produzione industriale non la consideri ?

La considero, e considerandola faccio notare che quand’ero un ragazzino (appunto) al mondo eravamo in tre miliardi e spiccioli, oggi quasi otto. La crescita esponenziale c’è stata ma è alle spalle. La transizione demografica è avvenuta in tutto il mondo meno che in Africa, ma arriverà anche lì.

Infatti le previsioni sono per un livellamento della popolazione a 10, forse 11 miliardi di persone entro fine secolo. La crescita praticamente è tutta in Africa. Ma anche loro passano da uno a mezzo a quattro e poi si fermano.

E pazienza per Malthus, forse il profeta di sventura più smentito della, e dalla, storia.

Ma non c’è solo la popolazione (mi si dice), c’è anche la produzione industriale. Quella preoccupa. Quella è la grande produttrice di CO2. Certo: ma anche quella si va livellando. La crescita dell’economia è più lenta e concentrata nei servizi, molto meno nella manifattura.

Sbaglierò, ma la mia impressione è che se il mondo regge otto miliardi di persone con la produzione procapite odierna, ne reggerà anche 10 o 11 con un produzione procapite un po’ più alta tra 50 o 100 anni. Anche perché la tecnologia migliora, con benefici sugli impatti ambientali della produzione. Incrementalmente, senza bisogno di azioni drastiche.

Chiaro, posso sbagliarmi. Non sono un esperto. Ma se il problema è invece drammatico come l’IPCC ci dice nei suoi rapporti, che i giornaloni rilanciano con titoli a nove colonne, la soluzione qual è ?

Uscire dai combustibili fossili quando eolico e solare sono palesemente insufficienti ?

Ci si fida della fissione nucleare ? forse a torto, ma non mi pare proprio.

Ma non bisognerebbe allora investire pesantemente nella FUSIONE nucleare ? anche lì, da quando sono nato sento dire che i principi base sono noti e chiari, ma servono somme enormi per ingegnerizzare il processo e renderlo effettivamente utilizzabile. Bene, ma se le soluzioni devono essere “drastiche”, anche mettere 200 miliardi all’anno (il due per mille del PIL mondiale) per venti o trent’anni sullo sviluppo industriale della fusione sarebbe giustificato. Mi pare. Ma non ne parla nessuno.

Di drastico, senza virgolette, nel frattempo vedo la spinta a elettrificare tutto il parco veicoli. Con problemini, però, che non mi sembrano granché risolti: l’autonomia, lo smaltimento delle batterie, il sistema parcellizzato di ricarica, e il “dettaglio” che l’energia per alimentarli va COMUNQUE prodotta. Come ?

E con quali obiettivi ? contenere di un grado e mezzo la temperatura media del globo è indispensabile ? è utile ? non è che se larghe fasce di territorio diventano più temperate in Siberia o in Canada forse è addirittura un bene ?

Dice: ma poi altre parti della Terra diventano inabitabili. Boh, quando in Groenlandia si coltivava la Sicilia era abitabilissima, anzi Palermo era la città più importante di tutta Europa.

Vedo, insomma argomentazioni poco convincenti per giustificare azioni massicce, di cui l’unica cosa certa sono i costi economici e sociali. Paurosi, se veramente finiremo per dar retta ai catastrofisti di professione (d’altra parte finanziamenti e visibilità si ottengono sparandola grossa: se dici che “il problema in fondo non è drammatico” non ti fila nessuno).

Ah dimenticavo: le azioni drastiche le devono prendere, tutte insieme, tutte le nazioni di un qualche peso economico. Europa e America non bastano, ci vuole anche tutta l’Asia e tutta l’Africa.

Questo, sulla base di previsioni di evoluzione del clima a 30, 50, 100 anni da oggi. Non sappiamo se dopodomani pioverà, ma va bene così.

Sono un profano, la mia opinione non è neanche un’opinione, è un insieme di sensazioni.

Ma avverto una grandissima distonia tra evidenze (che non vedo) e azioni che si vorrebbero, dovrebbero assolutamente attuare. Pena l’estinzione dell’umanità, o qualcosa del genere.

 

3 commenti:

  1. Detto altrimenti: non so se il problema è veramente così drammatico, non so se è risolvibile, se lo è non so se bastano le azioni che nella realtà dei fatti sono attuabili. Ma sospetto che la risposta sia no alla prima e alla terza domanda - il che svuoterebbe di contenuto la seconda.

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  2. Lucida ed intelligente analisi.
    Lascia stare la fusione nucleare, però.
    Di metodi alternativi ed ecologici di produzione di energia, ce ne sono diversi, ma vengono lasciati morire nell'indifferenza.
    Del resto, trovare una alternativa ecologica ed anche economicamente vantaggiosa all'uso dei combustibili fossili, è un evento che nuoce gravemente alla salute.
    Ci sono gruppi o nazioni che fatturano miliardi ogni giorno e passare a zero dall'oggi al domani li renderebbe nervosi.
    In realtà, non c'è interesse nel risolvere questo problema.
    È la realtà del mondo della finanza.
    Dove il denaro comanda al solo scopo di creare altro denaro.
    È questo il problema alla base di tutto.
    Vivere in cooperazione invece che in competizione, con degli obiettivi volti al bene comune e non all'incremento di potere di pochi.
    È utopisico, lo so, ma questa è la via, secondo me.

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    1. Ma se gli interessi dietro i combustibili fossili sono così potenti, perché l’”agenda green” è diventata così centrale bei programmi di governi e istituzioni sovranazionali ?

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