martedì 2 dicembre 2014

La Moneta Fiscale


La situazione economica dell'Eurozona sta purtroppo gravemente peggiorando, come evidenziato dai principali indicatori relativi a PIL, occupazione, reddito, deficit e debito. In effetti, come sottolineano le maggiori autorità europee e i principali quotidiani finanziari esteri e nazionali, l'eurosistema stesso continua a correre seri rischi, se non si verifica una netta inversione di tendenza nell’andamento dell’economia.

 

Il contesto in cui ci troviamo è una classica “trappola della liquidità”. Nonostante gli sforzi effettuati della BCE per dare ossigeno all'economia, la domanda aggregata è insufficiente a promuovere lo sviluppo, le banche non erogano, o addirittura contraggono i crediti alle famiglie e alle aziende, e l'economia è bloccata.

 

Proposte recentemente formulate prevedono un taglio sostanziale delle tasse (5% del PIL), finanziato a deficit dalla BCE per un periodo temporaneo di tre anni, con un impegno a tagli di spesa pubblica nel caso in cui l'effetto espansivo della manovra non fosse sufficiente a far rientrare il deficit. L'obiettivo è di sollecitare la domanda, attivare il moltiplicatore fiscale e quindi sviluppare l'economia, e così diminuire il rapporto debito/PIL, allontanare il pericolo di default e garantire la copertura del debito pubblico.

 

Per ottenere obiettivi analoghi, noi puntiamo invece sulla graduale emissione di Certificati di Credito Fiscale, i CCF, ad uso differito – due anni – fino a un massimo di 200 miliardi all'anno, ritenendo che gran parte di questi CCF possano essere rapidamente convertiti in euro, in modo da aumentare in misura molto significativa la domanda e sollecitare una forte ripresa del PIL. I flussi annui di assegnazioni di CCF sarebbero infatti calibrati con riferimento alla risposta dell’economia in termini di domanda, output e occupazione. Il carattere di intensità e persistenza della manovra eliminerebbe gli effetti di equivalenza ricardiana, dando maggiore forza e certezza ai moltiplicatori del reddito.

 

Crediamo che la nostra proposta di nuova moneta fiscale sia più efficiente del progetto di sconto fiscale. La moneta fiscale viene concessa gratuitamente ai lavoratori e alle famiglie in maniera inversamente proporzionale al reddito, e quindi aumenta il reddito delle famiglie più disagiate, dove notoriamente la propensione al consumo è maggiore; reciprocamente la moneta fiscale viene concessa in proporzione minore ai redditi più alti, che hanno maggiore propensione al risparmio.

 

In questo modo la domanda riprenderebbe più rapidamente. Uno sconto fiscale, al contrario, tocca solo relativamente le famiglie a basso reddito e interessa soprattutto le famiglie con maggiori disponibilità, dove la propensione al risparmio è più alta. La moneta fiscale in effetti può (e riteniamo che debba) essere utilizzata anche per forme di sostegno al reddito di categorie particolarmente disagiate (disoccupati, pensionati ai minimi ecc.) che non hanno redditi e non pagano tasse (se non in ammontare modestissimo).

 

Riteniamo che gli operatori di mercato finanziario possano agevolmente e rapidamente comprendere che l'emissione dei CCF garantirebbe fin da subito la ripresa dell'economia, il riequilibrio della finanza pubblica e la diminuzione del rapporto debito/PIL, che peraltro sono l'obiettivo del Fiscal Compact. Il tutto, senza richiedere risorse finanziarie ai mercati (come accadrebbe in caso di espansione dei deficit pubblici) e creando forti difese dagli attacchi della speculazione finanziaria.

 

Più in specifico, la nostra manovra si basa sul fatto che le risorse attuali, capitale e lavoro, sono in Italia fortemente sottoutilizzate, e che la nuova domanda potrebbe rimetterle al lavoro senza però alimentare un’inflazione eccessiva, proprio a causa dell'esistenza di un massiccio output gap. Peraltro, la riattivazione di una moderata inflazione, e di aspettative inflazionistiche, è il principale attuale obiettivo delle politiche dalla BCE.

 

Inoltre l'emissione dei CCF a favore (anche) delle imprese andrebbe a coprire il gap di competitività nei confronti della Germania e dei partner europei ed extraeuropei in modo da sollecitare le esportazioni nette e mantenere la bilancia commerciale in sostanziale equilibrio (anche in presenza di una forte espansione della domanda interna).

 

Ovviamente è preferibile concordare con le istituzioni europee la maggiore collaborazione e il maggior supporto possibile. Non è tuttavia da escludere che, nonostante le sue valenze, questa proposta possa suscitare una reazione negativa da parte delle autorità UE. E’ peraltro nostra ferma convinzione che, in questo caso, il governo italiano dovrebbe comunque procedere e affrontare gli eventuali contenziosi politici. L’alternativa sarebbe l’accettazione di una perdurante condizione depressiva dell’economia, con pesanti e inaccettabili conseguenze economiche e sociali.

 

I punti critici del nostro progetto, su cui stiamo lavorando, sono i seguenti:

UNO, è possibile che l'emissione dei CCF venga computata sul piano contabile, a livello UE, come debito. Questa norma dovrebbe essere ovviamente modificata, o diversamente interpretata. Si tratterebbe però di una modifica politicamente sostenibile, in quanto la riforma consente di ottenere gli obiettivi sostanziali dei trattati (ripresa economica e rapida riduzione dell’ammontare di debito pubblico soggetto a rimborso, e quindi dei rischi di default).

DUE, i mercati potrebbero inizialmente reagire in maniera negativa di fronte alla novità del progetto. In questo caso però un fattore fortemente calmierante sarebbe costituito dalla concessione, ai titolari del debito pubblico attualmente in circolazione, di un’opzione (volontaria) di conversione in BTP fiscali, cioè in titoli accettati dallo Stato per pagare imposte. Potrebbe essere concesso anche un maggior rendimento, a fronte dell’accettazione di scadenze più lunghe. L’incentivo ad operare al ribasso sui titoli in circolazione è grandemente ridotto nel momento in cui il titolare sa di poterli comunque, in qualsiasi momento, trasformare in titoli senza rischio di default.

 

In tendenza, come è sottolineato e spiegato in maniera più articolata nel nostro appello, proponiamo il graduale rifinanziamento del debito in euro con BTP fiscali: è la via per ridurre e, alla fine, eliminare i rischi connessi alla volatilità dei mercati internazionali.

 

Crediamo che il recupero di forme anche solo parziali di sovranità monetaria – grazie all'emissione di titoli fiscali – sia decisivo per superare i rischi connessi all’esistenza di debito da rimborsare in una valuta che lo stato italiano non emette e non controlla. Il nostro progetto, peraltro, può essere attuato all’interno del quadro giuridico e istituzionale europeo attuale, evitando quindi il break-up dell'euro.

 

Un altro punto su cui riflettere è che la nostra proposta crea una serie di “linee di difesa” rispetto a una semplice riduzione immediata delle tasse, con un impegno a effettuare tagli di spesa successivamente, se l’effetto espansivo della manovra risultasse insufficiente. In quest’ultimo scenario, infatti, in pratica si direbbe:

 

Riduco le tasse – aumento PIL e gettito – la finanza pubblica si riequilibra per esempio nel giro di tre anni – se qualcosa va storto taglio la spesa.

 

Ma quest’ultimo impegno risulta scarsamente credibile perché implicherebbe una forte azione restrittiva in una fase negativa per l’economia: difficile, politicamente, da attuare e, con ogni probabilità, controproducente, perché avvierebbe un ulteriore avvitamento depressivo e deflattivo.

 

Altro impatto avrebbe un’impostazione di questo genere:

-emetto moneta fiscale e rilancio domanda e competitività delle aziende

-assumo impegni di contenimento (per esempio confermo quelli del Fiscal Compact) del deficit e del debito, definiti rispettivamente come saldo annuo entrate / uscite in euro e livello di debito da rimborsare in euro

-offro la possibilità di (ma non obbligo a) convertire debito in euro in BTP fiscali

-emetto, nella maggior misura possibile, BTP fiscali a rifinanziamento del debito in euro via via che scade

-do ai titolari di CCF in circolazione l’opzione di non utilizzarli nell’anno di scadenza, ma di rimandarne l’utilizzo a fronte della concessione di un rendimento

-se, e solo se, non c’è rilancio della domanda, e NULLA di tutto quanto sopra funziona, mi impegno non a tagliare spese pubbliche, ma a sostenerne una parte sotto forma di moneta fiscale.

 

Che si arrivi a quest’ultimo passaggio è un’ipotesi estremamente remota; tuttavia anche in questo caso si tratterebbe non di un taglio di spesa (per esempio) del 5%, ma di una conversione del suo meccanismo di erogazione. Banalmente, dire a un dipendente pubblico che la sua retribuzione mensile scende da 2.000 euro a 1.900 netti mensili è una cosa, continuare a dargliene 2.000 – salvo che 1.900 sono euro e 100 sono CCF – è decisamente più indolore.

 

Un impegno di questo tipo è nettamente più credibile appunto in quanto (i) è molto meno probabile che sia necessario (ii) politicamente è di gran lunga più fattibile, e (iii) l’impatto depressivo sull’economia è enormemente inferiore.

 

C'è un altro aspetto da sottolineare: la nostra manovra prevede l'emissione e la distribuzione diretta e a titolo gratuito – come illustrato nell'appello – di massimi 70 miliardi a favore dei lavoratori, 80 miliardi per le imprese (per la riduzione del cuneo fiscale e la competitività) e 50 miliardi per programmi di spesa pubblica (riassetto idrogeologico, forme di sostegno dei redditi, supporto alle imprese per programmi d’investimento, espansione delle attività di ricerca e sviluppo, assunzione di lavoratori disoccupati, ecc.). L'accettazione sociale della nostra manovra ci sembra quindi scontata. E questo fattore, soprattutto nella condizione attuale di crisi, di disagio, di timore per il futuro, di protesta diffusa, ci sembra possa diventare un fattore decisivo per il successo dell'iniziativa.

 

Qui di seguito, alcuni link:

 

al nostro Manifesto – Appello


 

a una pagina che raccoglie una serie di repliche a varie osservazioni e critiche formulate da lettori della proposta


 


 

a un articolo pubblicato su Repubblica, due anni fa, da Giorgio Ruffolo e Stefano Sylos Labini, che tra all’altro tratta più estesamente dei “MEFO bills” (un significativo precedente storico dei CCF) http://www.laqualitasociale.it/online/wp-content/uploads/2013/09/alti-spread2.pdf

 

a un ulteriore articolo di commento pubblicato da Micromega


 

infine, Berlusconi lo scorso sabato 29.11.2014 ha accennato alla possibilità di una moneta nazionale, complementare all’euro…


 

notizia commentata e ripresa anche stamattina dal Corriere della Sera, a cui non sono sfuggite le similarità tra l’accenno di Berlusconi e la nostra proposta

7 commenti:

  1. "salvo che 1.900 sono euro e 100 sono CCF – è decisamente più indolore"

    questo fa partire il bank run sull'euro in italia. non quindi ha alcun senso avere due monete perché si riequilibrano oppure nei casi peggiori una mangia l'altra. la proposta btp invece non sono moneta e quindi possono essere visti come una ristrutturazione del debito sovrano a lungo termine.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Chissà poi perché un'opzione unilaterale di conversione dovrebbe essere una ristrutturazione. E perché mai una modifica delle condizioni di pagamento di una retribuzione dovrebbe innescare un bank run...

      Elimina
    2. per lo stesso motivo per cui lo stato non ha mantenuto le promesse precedenti sul suo debito non manterrà neanche queste sui ccf. riguardo la corsa agli sportelli accade addirittura per motivi molto più semplici di questi.

      Elimina
    3. Quale impegno lo stato italiano non ha mantenuto sul suo debito ? L'Italia non è mai andata in default. La Germania, quattro volte...

      Elimina
  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. perché fa fallire il suo popolo. è per quello che deve cominciare a fallire chi provoca i disastri senza socializzarli. non mi sembra che le teocrazie, le monarchie, le dittature e le partitocrazie siano state abbattute festeggiando bensì con le bombe o i fallimenti. o no?

      Elimina