martedì 11 aprile 2017

CCF e Moneta Fiscale: obiezioni e confutazioni


L’inserimento del progetto Moneta Fiscale nel programma M5S per le prossime elezioni politiche ha dato luogo a un buon numero di commenti su stampa e media.

Vale la pena di sintetizzare le principali critiche che sono state sollevate, e le relative confutazioni.


Obiezione numero 1: CCF e Moneta Fiscale violano i trattati che disciplinano il funzionamento della moneta unica europea.

Confutazione: CCF / MF sono titoli che danno diritto a beneficiare di riduzioni di pagamenti altrimenti dovuti (in particolare, per tasse e imposte) alla pubblica amministrazione dello Stato che li emette. Sono quindi titoli di sconto fiscale, a utilizzo differito.

Non c’è alcuna violazione del monopolio di emissione monetaria della BCE. La BCE rimane l’unico soggetto emittente di moneta ad accettazione obbligatoria in tutti i 19 paesi dell’Eurozona. CCF / MF sono invece accettati dallo stato emittente solo sulla base di un impegno unilaterale, e solo per una particolare finalità (riduzioni di pagamenti, soprattutto per tasse e imposte).

Qualsiasi altro soggetto economico sarà libero di accettare i CCF / MF, o meno, come contropartita negli scambi di beni, servizi, investimenti finanziari ecc. L’accettazione sarà completamente volontaria (non ci sarà corso forzoso, in altri termini). Su base volontaria, nessuno vieta (né mai è stato vietato) di scambiare beni e servizi contro attività diverse dall’euro (valute straniere, altri beni e servizi in forma di baratto, azioni, obbligazioni o titoli di qualsiasi tipo, ecc.).


Obiezione numero 2: CCF e Moneta Fiscale violano i trattati che disciplinano la governance economica dell’Eurosistema e i relativi regolamenti attuativi.

Confutazione: trattati e regolamenti sono finalizzati a limitare i deficit di bilancio pubblico, in modo da raggiungere l’equilibrio tra entrate e uscite, di stabilizzare il debito in valore, e di ridurlo gradualmente ma costantemente in rapporto al PIL (che si suppone cresca nel tempo, per l’effetto combinato dello sviluppo economico e di un moderato ma positivo tasso d’inflazione). Questo è, in particolare, il senso del Fiscal Compact.

La governance dell’Eurosistema è stata impostata in questi termini per evitare turbolenze e potenziali dissesti derivanti dalla crescita dell’indebitamento pubblico in uno o più stati membri, in quanto non è prevista né la condivisione dei rischi legati a potenziali default, né una garanzia assoluta da parte della BCE (la garanzia c’è, ma in buona sostanza è collegata al rispetto del Fiscal Compact).

I CCF / MF non comportano, tuttavia, alcun impegno di rimborso: l’emittente non può quindi essere costretto al default. I CCF / MF, di conseguenza, non sono debito: i regolamenti Eurostat, coerentemente, precisano senza ambiguità che un non-payable tax credit – un titolo che dà diritto a ridurre pagamenti futuri verso la pubblica amministrazione, ma non a ricevere un rimborso cash – non debba essere computato nel debito. Vedi qui.


Obiezione numero 3: se anche i CCF / MF non sono debito al momento dell’emissione, incrementano il debito (a parità di condizioni) al momento dell’utilizzo. Il problema è quindi solo spostato nel tempo.

Confutazione: il CCF / MF ha valore autonomo fin dal momento dell’emissione perché incorpora il diritto a uno sconto fiscale futuro. Chi li riceve beneficia quindi di un immediato arricchimento patrimoniale e aumenta la propria capacità di spesa. L’economia italiana soffre in questo momento (in effetti da vari anni) di un pesante deficit di domanda, che causa disoccupazione elevata e sottoutilizzo del potenziale produttivo del paese. In queste condizioni, l’effetto espansivo di un’immissione di potere d’acquisto nell’economia è particolarmente elevato (moltiplicatore keynesiano superiore all’unità: purtroppo il moltiplicatore funziona anche al contrario, motivo per il quale – contrariamente a quanto allora si sperava – le manovre restrittive intraprese nel 2011-2012 per cercare di limitare deficit e debito pubblico hanno avuto effetti disastrosi, producendo un calo di PIL di oltre il 4%).

Peraltro, se i CCF / MF sono emessi con una dilazione temporale di utilizzo (per beneficiare degli sconti fiscali) di (ad esempio) due anni, anche un moltiplicatore keynesiano sotto l’unità è sufficiente per raggiungere a termine l’equilibrio tra maggior gettito lordo prodotto dall’espansione economica, e riduzione di gettito prodotta dagli sconti.


Obiezione numero 4: in ogni caso, si viola il principio costituzionale che prevede l’indicazione di coperture specifiche per ogni nuova spesa pubblica, o per ogni riduzione di entrata fiscale.

Confutazione: il principio viene totalmente rispettato se le coperture vengono previste, con attuazione però differita al momento in cui i CCF / MF diventeranno utilizzabili per conseguire sconti fiscali (non ha senso, peraltro, che le coperture agiscano prima). Per esempio, nel 2018 si emettono CCF / MF per 30 miliardi con scadenza di utilizzo (per conseguire gli sconti fiscali) al 2020; le coperture vengono immediatamente identificate, ma con attuazione (eventuale) nel 2020.

Nel caso limite in cui chi riceve CCF / MF non li utilizzi in alcun modo (li dimentichi in un cassetto per due anni, in pratica) per utilizzarli poi nel 2020, si farà “partita patta”: riduzione di gettito da un lato, coperture che scattano per pari importo dall’altro.

Questo è un caso limite del tutto inverosimile (e comunque non crea alcun effetto negativo rispetto a non attuare il progetto Moneta Fiscale). Con ogni probabilità, al contrario, l’espansione economica e il connesso maggior gettito faranno automaticamente decadere la necessità di attivare le coperture.


Obiezione numero 5: l’accettazione del CCF / MF richiede comunque che la collettività – cittadini, aziende, operatori finanziari - abbia fiducia nel valore del titolo.

Confutazione: il CCF / MF incorpora un diritto illimitato nel tempo, a partire da una data futura (peraltro vicina nel tempo: ad esempio, come detto, da due anni dopo l’emissione in poi) a beneficiare di uno sconto fiscale. Sotto questo aspetto è più sicuro di un titolo di Stato emesso dalla Repubblica Italiana con impegno al rimborso in euro. La Repubblica Italiana potrebbe non disporre degli euro per rimborsare un BTP, mentre non potrà mai essere forzata a disconoscere l’impegno ad accettare il CCF / MF per ridurre pagamenti di imposte o tasse. E un diritto di riduzione fiscale ha sempre un valore (appunto perché ci saranno sempre pagamenti fiscali da effettuare).


Obiezione numero 6: l’emissione di una rilevante quantità di CCF / MF metterà in agitazione i mercati finanziari.

Confutazione: al contrario, è altamente probabile che li tranquillizzi. Oggi l’impegno dell’Italia a portare in pareggio il saldo tra entrate e uscite pubbliche in euro è molto arduo da raggiungere, e nella misura in cui ci si prova rischia di aggravare le pesanti condizioni di depressione di cui l’economia italiana soffre ormai da anni. Il progetto Moneta Fiscale crea invece i presupposti per raggiungere l’equilibrio dei saldi di finanza pubblica, avviando contemporaneamente un processo di forte e rapido recupero dell’economia. Senza peraltro (vedi il punto 4) effetti negativi neanche nello scenario più pessimistico (e più inverosimile), cioè nell’ipotesi di effetto espansivo nullo.


Obiezione numero 7: la ripresa economica, in regime di cambi fissi, implica un peggioramento dei saldi commerciali esteri.

Confutazione: questo effetto è facilmente evitabile, erogando alle aziende una parte dei CCF / MF emessi, in funzione dei costi di lavoro da esse sostenuti (una stima plausibile può essere il 25% del totale, che all’incirca è l’incidenza sul PIL sia dell’export che dell’import). Questo crea un immediato recupero di competitività e consente di avviare una rilevante ripresa economica senza peggiorare la bilancia commerciale.

Va comunque ricordato che l’Italia non parte da una situazione di squilibrio nei flussi commerciali esteri, e neanche di pareggio, ma di forte attivo. Nel 2016 il saldo delle partite correnti è stato positivo per circa 45 miliardi; il puro interscambio di beni e servizi ha registrato un’eccedenza di quasi 60 miliardi.

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