Si parla sempre
più frequentemente, in Italia, di Moneta Fiscale come strumento di soluzione
della crisi economica. Crisi assolutamente non risolta: nonostante l’ottimismo
ostentato dal governo italiano e dalla UE, l’economia dell’Eurozona è ben
lontana da una condizione complessiva accettabile, e questo è particolarmente
vero per l’Italia.
Il PIL reale
italiano crescerà nel 2017 dell’1,5% rispetto all’anno precedente, ma rimarrà
comunque inferiore del 6% circa rispetto al 2007 – dieci anni dopo ! E sempre
rispetto al 2007 la disoccupazione è doppia e le persone in povertà assoluta
sono quasi triplicate, da meno di 1,8 milioni a quasi 5, e non accennano a
diminuire.
Il sistema economico
italiano viaggia molto al di sotto delle sue potenzialità: il gap si è creato per effetto della crisi
finanziaria mondiale del 2008-9, e poi delle politiche di austerità
“prescritte” dalla UE nel 2011-2.
L’Italia può
risolvere questo problema introducendo un’adeguata quantità di potere
d’acquisto nel suo sistema economico. Non può però farlo emettendo euro, né (a
causa dei meccanismi di funzionamento dell’Eurosistema) con incrementi di
deficit pubblico.
Tutte queste
difficoltà si ricollegano al fatto che l’Italia utilizza una moneta (l’euro)
che non emette. Una moneta non sovrana, quindi.
La Moneta Fiscale
consente di superare questo problema senza “rompere” l’euro.
La Moneta Fiscale
è un concetto riconducibile al “cartalismo”, teorizzato dall’economista tedesco
Georg Friedrich Knapp all’inizio del Novecento, e recentemente esteso e
sviluppato dagli economisti legati alla Modern Monetary Theory (MMT).
I principi base
della proposta Moneta Fiscale sono che:
PRIMO, un titolo
accettato dallo Stato per soddisfare le obbligazioni finanziarie nei suoi
confronti, in particolare quelle fiscali, ha un valore, anche se il titolo
stesso non è legal tender per nessun
altro operatore economico. In altri termini, solo lo Stato si vincola
(volontariamente) ad accettarlo, mentre aziende e cittadini sono libere di
utilizzarlo o meno. L’accettazione da parte dello Stato è però sufficiente a
conferire valore al titolo.
SECONDO, poiché il
titolo non è destinato a essere rimborsato in una moneta che lo Stato non emette
(quale l’euro), lo Stato è sempre in grado di onorare l’impegno preso. Appunto
perché s’impegna ad accettarlo ma non a rimborsarlo, lo Stato non può
essere forzato al default. Un titolo a
valenza fiscale è sotto questo profilo assimilabile alla moneta sovrana (= emessa
dallo Stato), o a un debito da rimborsare in moneta sovrana.
Come può
funzionare la Moneta Fiscale
Attualmente, in
Italia, tutti i tre principali partiti politici di opposizione stanno valutando
schemi di Moneta Fiscale.
Per quanto
riguarda Forza Italia, la proposta in esame è basata sui
Certificati di Credito Fiscale (CCF), originariamente concepiti da Marco Cattaneo e sviluppati insieme a vari altri economisti e ricercatori in numerosi
articoli, libri e in un ebook che ha raggiunto un’ampia diffusione.
I CCF sono un
titolo emesso dallo Stato, che dà diritto a riduzioni di pagamenti per imposte
(o per qualsiasi altro impegno finanziario nei confronti del settore pubblico)
a partire da due anni dopo la loro emissione.
I CCF possono
essere emessi e assegnati (senza contropartita) per una pluralità di scopi: ai
lavoratori per integrare i loro redditi; alle aziende per ridurre il carico
fiscale e contributivo sul lavoro (il che implica un immediato recupero di
competitività ed evita che la ripresa economica squilibri i saldi commerciali
esteri); ai ceti sociali disagiati per interventi di sostegno e di spesa
sociale; possono inoltre finanziare programmi di investimenti pubblici, ecc.
Il CCF è un titolo
di Stato (anche se non è un titolo di debito): potrà quindi essere venduto dall’assegnatario
in cambio di euro, presumibilmente con un modesto sconto rispetto al valore
facciale, utilizzando le piattaforme già ampiamente rodate e operative su cui
oggi si compravendono BTP, BOT ecc.
Inoltre, con ogni
probabilità molti operatori commerciali accetteranno (pur non essendovi
obbligati) i CCF come contropartita per la vendita di beni e servizi.
I due anni
intercorrenti tra l’emissione dei CCF e il loro utilizzo per conseguire sconti
fiscali permettono all’economia di riprendersi, incrementare PIL e gettito
fiscale, e compensare quindi l’effetto di riduzione delle entrate statali che
altrimenti i CCF produrrebbero.
Il M5S ha da
alcuni mesi reso noto il suo interesse per la Moneta Fiscale secondo le linee descritte da Gennaro Zezza. In questo caso
lo strumento è concepito come un’unità di valore destinata a circolare tramite
il supporto di un sistema di carte elettroniche diffuse presso il pubblico.
Resta fermo il
concetto, anche in questo caso, dell’utilizzabilità per conseguire sconti
fiscali. Non ci sarebbe un differimento temporale di due anni: l’utilizzabilità
avrebbe partenza immediata ma a tranches
scadenziate nel tempo (es. 20% all’anno per cinque anni, ma il primo 20% fin da
subito).
Anche in questo
caso, l’utilizzabilità fiscale garantisce il valore della Moneta Fiscale.
La Lega Nord e in
particolare il suo responsabile economico, Claudio Borghi, propone l'emissione di Minibot,
titoli di Stato destinati a circolare in forma cartacea e in piccoli tagli (gli
stessi delle banconote in euro). E’ prevista l’attribuzione di Minibot a titolari
di crediti verso il settore pubblico (aziende fornitrici, soggetti beneficiari
di detrazioni fiscali ecc.).
Il Minibot è
utilizzabile fin da subito per pagare tasse e imposte, e anche servizi erogati
da aziende statali. Non incrementa, in effetti, le disponibilità patrimoniali
del ricevente perché a fronte dell’erogazione si estingue un credito
preesistente; trasforma, tuttavia, un credito differito e illiquido in uno
strumento circolante e immediatamente utilizzabile.
Moneta Fiscale:
soluzione permanente o provvisoria ?
La Moneta Fiscale
è uno strumento gestibile da parte dei singoli governi nazionali, e consente
di espandere la domanda interna e di migliorare la competitività delle aziende
(abbassandone il carico fiscale effettivo).
Restituisce quindi
all’Eurosistema il livello di flessibilità necessario per superarne le
disfunzioni, senza che si debba arrivare a romperlo.
I livelli di
emissione e la composizione delle assegnazioni di Moneta Fiscale possono essere
dosati in modo da garantire nel tempo (i) alti livelli di occupazione (ii)
equilibrio nei saldi commerciali esteri e (iii) rispetto dei vincoli di finanza
pubblica.
Riguardo al punto
(iii), in particolare, dato un obiettivo di deficit pubblico (inteso come
differenza tra pagamenti e incassi dello Stato) il maggior livello necessario
per uscire da una fase ciclica negativa dell’economia sarà ottenibile mediante
un appropriato livello di emissione di Moneta Fiscale.
L’affiancamento
della Moneta Fiscale all’euro consente di creare un Eurosistema stabile. In
questo senso, la Moneta Fiscale deve costituire uno strumento disponibile in permanenza ai governi nazionali, per
effettuare le necessarie manovre anticicliche e superare fasi di difficoltà
dell’economia (a partire, naturalmente, dall’attuale).
E’ anche possibile
che le emissioni di Moneta Fiscale scendano a zero in una fase del ciclo
economico particolarmente favorevole. Lo strumento resterà comunque a disposizione
e potrà essere riattivato in caso di difficoltà successive.
Moneta Fiscale:
coerenza con trattati e regolamenti UE
La Moneta Fiscale
non confligge con nessuna regolamentazione dell’Eurosistema.
Non è moneta
legale in quanto la sua accettazione avviene su base volontaria e non è imposta
dalla legge. Non si viola, quindi, il principio del monopolio BCE riguardo
all’emissione della moneta legal tender,
che rimane l’euro.
Non è neanche
indebitamento pubblico, in quanto i regolamenti Eurostat chiariscono senza
ambiguità che non si ha debito se non quando il settore pubblico è impegnato a
effettuare pagamenti. La Moneta Fiscale è invece un non-payable tax credit: non dà diritto a pagamenti, ma a ridurre un
carico d’imposta altrimenti dovuto (non diversamente dalla possibilità di
ammortizzare un impianto, o di utilizzare una perdita fiscale pregressa, per citare due
casi di diritti di natura fiscale che non sono, ovviamente, debito dello
Stato).
Soprattutto, la
regolamentazione dell’Eurosistema è basata sul principio di non incrementare i
rischi di default sul debito pubblico
degli stati membri. Emettere Moneta Fiscale non confligge con questo obiettivo,
in quanto nessuno Stato può essere forzato all’inadempimento su un titolo che
incorpora il diritto a riduzioni fiscali future, ma non a essere rimborsato in
moneta che lo Stato non emette e di cui potrebbe non riuscire ad
approvvigionarsi.
Naturalmente
l’esistenza di una Moneta Fiscale nazionale può costituire un primo passo verso
la fuoriuscita dello Stato emittente dall’Eurosistema, se a un certo punto la
Moneta Fiscale fosse dichiarata legal
tender in sostituzione dell’euro.
Va però
sottolineato che quest’ultimo passaggio è comunque di complessa esecuzione.
L’esistenza di un titolo che circola e che aziende e cittadini sono abituati a
utilizzare lo agevolerebbe, ma tutta una serie di problemi giuridici e tecnici
(non insormontabili, ma tutt’altro che semplici) rimangono in essere, a partire
dalla ridenominazione dei contratti e dei rapporti di debito / credito
stipulati in euro.
D’altra parte, è
importante notare che i rischi legati all’assetto dell’Eurosistema non vengono
a crearsi in quanto viene emessa la
Moneta Fiscale. Questi rischi esistono già oggi, e rimarranno in essere fino a quando non
saranno risolte le attuali, gravissime disfunzioni del sistema odierno.
Disfunzioni che la Moneta Fiscale consente di superare.
" QULLI "" di Keynes Blog la pensano molto diversamente (come al solito ) sia sui minibot che sui ccf ..
RispondiEliminachi ha ragiane ...voi o Keynes Blog bastian contrario ??? o un po tutti e due e quindi la verità sui possibili scenari futuri conseguenti ai minibot ma anche ccf sta in mezzo ???
https://keynesblog.com/2017/09/05/il-boomerang-dei-minibot/
Brutta abitudine commentare le cose che non si capiscono. Mi limito al punto 2. dell'articolo linkato: Minibot e CCF non sono debito perché non sono soggetti a rimborso. In aggiunta, nel caso dei Minibot, sono erogati per estinguere debito GIÀ ESISTENTE. Se anche lì si considerasse debito, quindi, il totale rimane invariato... (in realtà scende).
EliminaNon sono debito diretto, ma creano potenzialmente un buco di bilancio perché ci puoi pagare le tasse in euro, il quale dovrà essere colmato facendo debito…se stampi una moneta autoctona allora non crei debito, se stampi una moneta legata ad una “estera” avrai bisogno di accumulare in qualche modo quella moneta estera come riserva, non si sfugge (ihavenodream)
EliminaNel caso dei Minibot no perché all'atto dell'emissione ESTINGUONO debito (vedi la mia risposta precedente). Nel caso dei CCF neanche se il programma è strutturato come descritto nel post del 18.2.2017.
EliminaDi sicuro, è piuttosto singolare avere una moneta unica come singolo trait d'union di alcuni paesi che, a parole, vorrebbero federarsi, ma, con i fatti, hanno preso la direzione opposta. Una moneta unica è funzionale solo a una politica (non solo economica) unica e realmente condivisa. Certo, da criticare gli aspetti negativi dell'€, a pensare che la soluzione dei nostri mali sia la semplicità con cui le svalutazioni della lira ci consentivano di tirare fuori la testa dal guano, ne passa. Si tratterebbe solo di un prolungamento di un'agonia, destinata a condurre a morte certa, senza misure strutturali.
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
EliminaLe cose stanno molto, molto diversamente. Con la lira, l'Italia teneva il passo anzi guadagnava terreno nei confronti di tutti gli altri principali paesi economicamente avanzati.. Con l'euro l'ha solo perso. E invito a non fare confusione sulle svalutazioni: la lira NON HA MAI EFFETTUATO svalutazioni competitive, casomai il contrario. Vedi il post del 23.1.2017.
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