venerdì 26 dicembre 2025

Moneta di Stato e appropriazione di beni e servizi

 

Molti critici della MMT affermano che l’emissione di moneta da parte dello Stato ha il fine di confiscare risorse al settore privato per dirigerlo verso finalità sottratte alle decisioni del libero mercato. Non a caso, da “confiscare” deriva “fisco”.

Lo Stato spende e indirizza la spesa verso la produzione di determinati beni e servizi. Non è una scelta individuale quali di questi beni e servizi vengano prodotti: è una decisione politica.

Ma approfondendo la riflessione si comprende che questa non è una conseguenza del fatto che lo Stato emetta moneta. E’ invece un effetto della decisione di affidare allo Stato determinate funzioni.

E’ una scelta politica che lo Stato gestisca l’istruzione, la sanità, l’ordine pubblico, la difesa nazionale, le infrastrutture eccetera.

In astratto si può immaginare un assetto politico in cui lo Stato non fa nessuna di queste cose.

Ma anche in questa situazione, avrebbe totalmente senso incrementare la circolazione di mezzi monetari di pari passo con la crescita del potenziale produttivo dell’economica, che a sua volta dipende dalla demografia, dall’accumulazione di capitale fisico e dalla tecnologia.

Se il PIL potenziale cresce, in termini nominali, del 5% all’anno, è giustificato che anche uno Stato che non svolge alcuna altra funzione aumenti la circolazione monetaria tramite il deficit pubblico.

E se lo Stato non svolgesse alcuna altra funzione, un paese come l’Italia, con circa 2.000 miliardi di PIL, dovrebbe quindi attuare un deficit di 100 miliardi. Se non ci fosse nemmeno alcuna politica di redistribuzione del reddito e della ricchezza, il governo dovrebbe emettere 100 miliardi di moneta e assegnarne circa 1.700 euro all’anno ad ognuno dei 59 milioni di cittadini italiani.

L’emissione di moneta statale ha un senso anche se lo Stato non fa altro che quello.

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