venerdì 14 novembre 2014

Risolvere la crisi con una nuova moneta fiscale


D1. Che cosa propone il progetto “moneta fiscale” riguardo all’Italia ?

R1. In primo luogo, di emettere fino a un massimo di 200 miliardi annui di titoli di Stato – i Certificati di Credito Fiscale, o CCF – aventi natura monetaria e non di debito.

 

D2. Che cosa significa “natura monetaria” ?

R2. Che lo Stato italiano non si impegnerà a rimborsare questi titoli, bensì ad accettarli, a partire da due anni dopo la loro emissione, a fronte del pagamento di tasse, imposte, contributi previdenziali e sanitari, multe eccetera: qualsiasi obbligazione finanziaria nei confronti della pubblica amministrazione italiana potrà essere estinta utilizzando indifferentemente CCF o euro.

 

D3. Un CCF è quindi una forma di moneta nazionale ?

R3. Può essere definita moneta italiana con utilizzo differito.

 

D4. Perché l’utilizzo è differito di due anni ?

R4. Perché, nel momento dell’utilizzo, i CCF a parità di condizioni riducono gli euro incassati dallo Stato italiano. Il differimento dà all’economia italiana il tempo di ottenere un significativo recupero di PIL, e quindi anche di entrate fiscali, compensando così l’effetto dell’utilizzo dei CCF quando giungeranno a maturazione.

 

D5. A chi verranno assegnati i CCF ?

R5. Il progetto attuale prevede tre destinazioni principali. Le aziende private, i lavoratori e lo Stato stesso.

 

D6. Per quali dimensioni ?

R6. Su 200 miliardi totali massimi all’anno, all’incirca 80 alle aziende private, 70 ai lavoratori e 50 allo Stato.

 

D7. Con quali finalità per le aziende private ?

R7. Le aziende private riceveranno CCF commisurati ai costi di lavoro da esse sostenuti. E’ previsto un meccanismo a scaglioni, con maggiore incidenza percentuale sui costi pagati a lavoratori con redditi meno elevati. Per ogni 100 euro pagati in retribuzioni, imposte e contributi, l’azienda riceverà 20 euro in CCF. Per i redditi più alti, la percentuale scenderà considerevolmente. Potranno essere previsti meccanismi incentivanti per le aziende che incrementano l’occupazione.

 

D8. E per i lavoratori ?

R8. Analogo meccanismo, sempre a scaglioni: il lavoratore percepirà, in aggiunta a una retribuzione netta di 100 euro, 20 euro in CCF – con percentuale in discesa per i redditi alti.

 

D9. Quindi aziende e lavoratori riceveranno gratuitamente un considerevole importo di CCF, in pratica di moneta utilizzabile due anni dopo l’assegnazione originaria. Che cosa ne faranno ?

R9. Chi non avrà esigenze finanziarie immediate, potrà mantenerli come forma di risparmio addizionale. Altrimenti potranno essere monetizzati in anticipo.

 

D10. In che modo ?

R10. Si svilupperà un attivo mercato finanziario, in quanto i CCF sono una categoria di titoli di Stato. Ci saranno a regime massimi 400 miliardi di CCF in circolazione (due anni di emissioni, dopo i quali le nuove assegnazioni sostituiranno quelle in scadenza).

 

D11. La monetizzazione anticipata comporterà una penalizzazione ?

R11. Comporterà uno sconto finanziario, in quanto 100 euro di CCF equivalgono a una banconota da 100 euro che non posso utilizzare se non tra due anni. Ma il valore finale è certo, addirittura più di quello di un BOT a due anni destinato a essere rimborsato in euro.

 

D12. Perché è più certo ?

R12. Perché lo Stato potrebbe andare in default sui suoi impegni di pagamento di euro, mentre il CCF avrà sempre e comunque un valore.

 

D13. Quindi lo sconto finanziario non sarà molto elevato ?

R13. Lo determinerà il mercato, ma approssimativamente lo si può stimare in linea con un tasso BOT a due anni.

 

D14. Ma chi sarà il compratore di questi CCF scambiati sul mercato ?

R14. Il compratore finale sarà un soggetto che avrà esigenze di pagamento nei confronti dello Stato italiano, per tasse o altro, e li utilizzerà quindi alla scadenza.

 

D15. Per quali motivo è prevista l’assegnazione di altri 50 miliardi, attribuiti direttamente allo Stato italiano medesimo ?

R15. Potranno essere utilizzati per altre forme di sostegno della domanda, quindi di spesa: integrazione di reddito alle categorie disagiate, investimenti pubblici, spesa sociale, interventi di ricostruzione in aree colpite da calamità naturali eccetera.

 

D16. Perché viene proposta un’emissione annua di 200 miliardi ?

R16. Perché a causa del calo di PIL prodotto nel 2008 dalla crisi finanziaria mondiale, e ulteriormente (soprattutto dal 2012 in poi) dall’eurocrisi, il PIL italiano è fortemente inferiore al suo potenziale.

 

D17. In che misura ?

R17. Se dal 2007 in poi si fosse avuta una crescita reale media dell’1,5% - tasso considerato già piuttosto modesto in condizioni normali – il PIL 2014 sarebbe più alto di oltre 300 miliardi. Questo è l’output gap da colmare. Una crescita media del 5% all’anno per tre anni è fattibile con la riforma proposta, e colma la maggior parte di questo deficit di PIL.

 

D18. Le assegnazioni annue massime previste però sono 200, non 300 miliardi.

R18. Perché un’immissione di domanda nell’economia avvia una catena di eventi – il percettore di maggior reddito a sua volta in parte lo spende, aumentando il reddito di altre aziende e/o individui, eccetera. Quindi l’effetto è più che proporzionale.

 

D19. La composizione dell’intervento di 200 miliardi – 80 alle aziende private, 70 ai lavoratori, 50 in spesa pubblica – è arbitraria ?

R19. La composizione esatta sarà il frutto di decisioni politiche. E’ però fondamentale l’ordine di grandezza destinato alle aziende.

 

D20. Perché ?

R20. Perché occorre riallineare il costo del lavoro per unità di prodotto italiano a quello dei membri più efficienti dell’eurozona, in particolare della Germania. 80 miliardi sono il 18% circa dei costi di lavoro delle aziende private italiane.

 

D21. E questo riporta la competitività italiana a livelli tedeschi ?

R21. Esattamente, in modo analogo (anche se con un altro meccanismo) a quanto farebbe la “spaccatura” dell’euro e il conseguente riallineamento valutario.

 

D22. Quindi viene meno una fonte di squilibri ?

R22. Esatto: se non viene migliorata la competitività italiana, buona parte del sostegno della domanda prodotto dai CCF va ad alimentare la domanda di prodotti esteri e squilibra la bilancia commerciale.

 

D23. Invece in questo modo…

R23. …le aziende italiane diventeranno immediatamente più competitive ed esporteranno di più, e guadagneranno mercato interno nei confronti delle importazioni.

 

D24. Non sarà un danno per la Germania ?

R24. No, perché in aggiunta a quanto sopra, l’Italia otterrà anche una forte ripresa economica, il che aumenterà il suo import, compreso di prodotti nordeuropei.

 

D25. Quindi rispetto a oggi…

R25. Oggi i saldi commerciali italiani sono positivi (partite correnti attive per l’1,5%-2% circa nel 2014), ma solo grazie a una domanda interna molto depressa, che limita le importazioni. Con la ripresa dell’economia, i due effetti si compenseranno – più import per la maggior domanda, maggior export netto per la maggior competitività. La bilancia commerciale italiana resterà in equilibrio, ma a livelli decisamente più alti sia di import che di export.

 

D26. Le erogazioni saranno pari a 200 miliardi fin dal primo anno ?

R26. E’ realistico scaglionare l’intervento nel tempo, perché la maggior domanda dovuta ai CCF stimolerà le aziende a produrre di più, ma rimettere in moto la capacità produttiva oggi inutilizzata richiede tempo. Si può pensare a erogare 90 miliardi il primo anno, salire a 150 il secondo e raggiungere 200 miliardi al terzo. I livelli effettivi e la distribuzione temporale saranno tarati in funzione della risposta dell’economia, facendo in modo che l’occupazione recuperi e senza che l’inflazione risalga in modo eccessivo.

 

D27. E la quota destinata alle aziende (ipotizzata, si diceva, in 80 miliardi su un massimo di 200) ?

R27. Potrà anch’essa essere modificata nel tempo, sempre con l’obiettivo di mantenere in pareggio i saldi commerciali esteri: né surplus né deficit, se non per importi modesti.

 

D28. Il progetto prevede anche l’introduzione dei cosiddetti “BTP fiscali”. Di che cosa si tratta ?

R28. Sono titoli di Stato con scadenze varie – anche pluriennali – che (analogamente ai CCF) non pagano interessi e capitale in euro. Interessi e capitali sono pagati in “moneta fiscale”, utilizzabile per onorare impegni finanziari verso la pubblica amministrazione. Esattamente come i CCF, appunto.

 

D29. Come verranno introdotti ?

R29. In primo luogo, al momento in cui cominceranno le assegnazioni dei CCF, si darà la possibilità a tutti i possessori di titoli di Stato “tradizionali” (BOT, CTZ, BTP, CCT eccetera) di convertirli in BTP fiscali, con scadenze più lunghe e con un tasso d’interesse più alto. Per esempio un BTP con tre anni di vita residua e cedola del 2,5% potrebbe essere convertibile in un BTP fiscale con sei anni di vita residua e cedola del 4,5%. Questa opzione di conversione rimarrà esercitabile (da parte del possessore del titolo) per tutta la vita residua.

 

D30. Qual è la finalità ?

R30. Si evita che l’annuncio della riforma dia luogo a movimenti speculativi sui mercati finanziari. Se il mercato dovesse reagire negativamente, si potrebbe creare una pressione al ribasso nel valore nei titoli di Stato in circolazione (quelli tradizionali) creando problemi, per esempio, ai bilanci degli investitori istituzionali (banche, assicurazioni eccetera) che li possiedono. Ma se un titolo di Stato è sempre convertibile in BTP fiscali – quindi in un titolo che mantiene sempre, con certezza, un valore, perché è utilizzabile per pagare tasse ecc. e non ha quindi rischio di default – la pressione al ribasso sopra citata incontra una soglia.

 

D31. Questo però non è l’unico scopo…

R31. No: tanti più titoli “tradizionali” vengono convertiti in BTP fiscali, tanto più diminuisce l’ammontare di titoli che possono dar luogo a default.

 

D32. E per quanto riguarda le nuove emissioni ?

R32. Anch’esse dovranno avvenire, nella maggior misura possibile, mediante BTP fiscali e non emettendo titoli “tradizionali” (da rimborsare in euro). Il debito in euro, quello che deve essere rimborsato e quindi può dar luogo a default, deve essere ridotto il più rapidamente possibile, idealmente a zero.

 

D33. Ci sarà interesse, sul mercato, per queste emissioni di BTP fiscali ?

R33. E’ prevedibile che ci sia, anche in funzione del fatto che verranno ridotte – idealmente azzerate – le emissioni di titoli “tradizionali”, e che i loro abituali compratori (specialmente gli investitori istituzionali italiani) dovranno reimpiegare la loro liquidità. Uno strumento d’investimento senza rischio di default è interessante per motivi analoghi a quelli che rendono appetibile un titolo di stato in moneta sovrana.

 

D34. Ma i CCF e i BTP fiscali non sono comunque debito pubblico ?

R34. Sono una forma di moneta nazionale. Lo Stato italiano li accetterà in pagamento di imposte e altre obbligazioni finanziarie nei suoi confronti, ma non dovrà mai rimborsarli in euro. L’emittente quindi non potrà mai essere forzato al default.

 

D35. Quale sarà la reazione dei partner europei ?

R35. Il progetto “moneta fiscale”, se adottato da tutti i paesi dell’Eurozona attualmente in difficoltà, è la via per rendere sostenibile il sistema monetario europeo, senza attuare una “transfer union” (che la Germania non accetta). Inoltre, elimina definitivamente il rischio di una deflagrazione dell’Eurozona. Tutto questo senza richiedere alcun contributo finanziario alla Germania, e senza convertire depositi bancari, titoli di Stato e altre attività finanziarie in una moneta destinata a svalutarsi.

 

D36. I trattati vanno riformulati ?

R36. Nella forma attuale, sono ineseguibili. D’altra parte sono stati concepiti su istanza dei paesi dell’ex area marco, che temono di doversi far carico dei debiti di uno o più paesi del sud. Il progetto “moneta fiscale” produce una forte ripresa economica dei paesi che lo adottano e nello stesso tempo riduce, con l’obiettivo realistico di azzerare, il debito che crea rischio di default.

 

D37. Non c’è quindi da attendersi che il progetto “moneta fiscale” venga attaccato in quanto non conforme ai trattati ?

R37. Naturalmente non si può escluderlo. Tuttavia il progetto rende possibile il conseguimento degli obiettivi economici che i trattati si prefiggono, in quanto consente sviluppo economico, occupazione, stabilità monetaria e riduce rapidamente, fino a eliminarli, i rischi di default sui debiti pubblici e i conseguenti dissesti finanziari. Gli obiettivi dei trattati sono conseguiti dal progetto “moneta fiscale”, mentre non lo sono da una serie di altre azioni – l’OMT e le iniziative di sostegno intraprese dalla BCE, in particolare – che peraltro, a loro volta, sono attualmente oggetto di azioni legali (anzi, sull’OMT esiste già una sentenza negativa della Corte Costituzionale tedesca, che ha rinviato il caso alla Corte di Giustizia UE). Si può affermare che il progetto “moneta fiscale” è, rispetto a queste iniziative, almeno altrettanto conforme ai trattati, nonché enormemente più efficace per quanto attiene al raggiungimento dei loro obiettivi.

 

D38. Che effetti si verificano riguardo al fiscal compact ?

R38. Il fiscal compact impone un percorso accelerato di riduzione del rapporto debito pubblico / PIL. Per l’Italia (e per vari altri paesi) si tratta di obiettivi totalmente irrealistici. Richiederebbero manovre fiscali pesantissime che abbatterebbero ulteriormente il PIL, e tra l’altro impedirebbero di conseguire la riduzione del rapporto debito / PIL.

 

D39. Quindi va abolito ?

R39. Oppure va chiarito in maniera inequivocabile che i CCF e i BTP fiscali non sono compresi nel debito, in quanto non creano rischio di default. In questo modo gli obiettivi di riduzione del rapporto debito pubblico / PIL sono raggiungibili. A questo punto gli interessi collimano: il debito pubblico italiano espresso in euro, che la Germania teme, un giorno, di doversi sobbarcare a seguito di un default italiano, scende rapidamente e viene sostituito da emissioni di moneta nazionale italiana (non soggetta a default). Situazione enormemente più tranquilla sia per la Germania che per l’Italia.

 

D40. L’emissione di “moneta fiscale” non produrrà inflazione eccessiva ?

R40. L’assegnazione di CCF produce un forte recupero della domanda e del PIL, ma questo non è inflazionistico perché in Italia c’è una fortissima quota di disoccupazione, quindi di capacità produttiva inutilizzata. Solo se l’ammontare emesso superasse i livelli che consentono il ripristino della piena occupazione si produrrebbe un eccesso d’inflazione. Va anche ricordato che attribuendo CCF alle aziende in funzione dei loro costi di lavoro, se ne riducono i costi produttivi, e questo ha un effetto mitigante sull’inflazione.

 

D41. In definitiva non ci si attende nessun effetto sull’inflazione ?

R41. Un qualche incremento è probabile, ma è esattamente quello che serve per riportarla dall’attuale livello zero (con rischio di cadere in deflazione) all’obiettivo BCE del 2%.

 

D42. Perché preferire il progetto “moneta fiscale” alla “spaccatura” dell’euro ?

R42. Perché è una riforma che può essere tranquillamente discussa e analizzata alla luce del sole e non una “deflagrazione” da attuare di sorpresa, in tempi rapidissimi, con rischi di panico bancario e sui mercati finanziari. Perché non costringe la Germania a lavorare, d’improvviso, con una moneta rivalutata. Perché non c’è svalutazione dei crediti stranieri verso l’Italia. Perché non ci sono effetti redistributivi su aziende e banche, e contenziosi (inevitabili, nel caso della “spaccatura”, in quanto non sarebbe esattamente chiaro quali crediti e debiti si convertono in “Euro Nord” o “Nuovi Marchi”, e quali in “Euro Sud” o “Nuove Lire”). Perché il cittadino italiano non si vede trasformare i suoi risparmi, il suo stipendio, la sua pensione, d’improvviso, in un oggetto diverso.

 

D43. Il progetto “moneta fiscale” è applicabile ad altri paesi ?

R43. Certamente: tutti i paesi dell’Eurozona che hanno oggi difficoltà, o comunque livelli di competitività inferiori a quelli tedeschi, nonché alta disoccupazione, possono introdurli (anzi è raccomandabile che lo facciano). Ciò nella misura, caso per caso, opportuna per ripristinare competitività e piena occupazione.

 

D44. I CCF diventeranno, dopo un certo periodo di tempo, una vera e propria moneta circolante ?

R44. Il progetto funziona anche a prescindere che i CCF vengano utilizzati per transazioni correnti. Tuttavia è probabile che l’utilizzo quotidiano prenda piede e si incrementi, ad esempio usandoli per pagamenti elettronici via carta di credito, e come sottostante nella definizione di contratti di lavoro, affitto, compravendita, eccetera. Dopo qualche anno, si può immaginare che il CCF diventi a tutti gli effetti la moneta circolante principale, riservando all’euro impieghi limitati (ad esempio per particolari transazioni finanziarie).

30 commenti:

  1. E se i cittadini non si fideranno dei ccf preferendo gli euro?

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    1. Il valore dei CCF e' dato dal fatto di poterli utilizzare per pagare tasse a due anni di distanza. Se un lavoratore riceve 300 euro di CCF al mese, questi avranno un valore fin da subito: per chi sa che avrà tasse da pagare in futuro, comprare 300 CCF contro euro a fronte di uno sconto finanziario e' un investimento sicuro. In una fase iniziale la novità dello strumento potrà al massimo far si' che lo sconto sia relativamente alto: ma se ho ricevuto 300 CCF gratuitamente, ho un grosso vantaggio anche se posso venderli per - poniamo - 250 euro. Se non subito, dopo pochi mesi (superato l'impatto della novità) c'è senz'altro da attendersi, comunque, che lo sconto sia molto inferiore.

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    2. è vero solo se l'emettitore non va in default e/o per non andarci dovrà alzare le tasse dello stesso importo dei ccf. come successo con gli 80 euro.

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    3. Non sarà così grazie alle entrate fiscali prodotte dalla ripresa e all'emissione di BTP fiscali che "rinazionalizzano" il debito.

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    4. e chi se lo compra? lo stato no. le banche no. i cittadini sanno bene che è carta straccia. se lo compra lei il cerino acceso?

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    5. Cerino acceso e' il debito pubblico attuale nel momento in cui ci fosse un dubbio sulla continuità della garanzia BCE. E il dubbio può esplodere in qualsiasi momento. Il debito pubblico in lire e' stato SEMPRE comprato (altrimenti non sarebbe stato al 120% del PIL quando abbiamo fatto la follia di entrare nell'euro...)

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    6. Perché era tenuto a freno prima dallo SME e poi dall'euro e prima ancora dalla NATO e dal comunismo.

      E' lo stato che per colpa del suo fallimento alza le tasse (non potendo fare altri debiti) distruggendo la domanda interna.

      Inflazione di Stato.

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    7. L'adesione allo SME ha costretto a subire alti tassi d'interesse reali, che sono la causa principale del raddoppio del debito rispetto al PIL (da 60% a 120%) tra fine anni Settanta a inizio anni Novanta.

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    8. perché non è stata abbassata la spesa pubblica.

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    9. Gli alti tassi reali sono stati un problema molto più serio.

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    10. se non entravamo nello sme il debito era al 500%. e l'oro pignorato e pronto per andare all'estero scortato dai militari.

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    11. Era al 60%, ed era in lire... Non servivano né oro né militari.

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    12. era al 90%. finita la paura del comunismo ci si è dati alla pazza gioia ovvero tutto a carico dello stato ricchi e poveri. poi per far accettare l'euro sono stati dati prestiti alle periferie senza chiedere nulla in cambio e questo è stato un grave errore di stile keynesiano e Knappsiano tipico tedesco cioè germania est e ovest.

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  2. Potrebbe esserci il rischio di costituzionalità dei CCF dal momento che sono destinati solo ad alcune categorie (lavoratori e imprese) e non ad altre (es: pensionati e disoccupati)?

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    1. No, perché la destinazione di sgravi fiscali e integrazioni di reddito si decide con leggi ordinarie e non è vincolata costituzionalmente. Peraltro, all'interno dei 50 miliardi di cui al punto 6 l'idea è di includere anche sostegni a pensionati e disoccupati.

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  3. Dott Cattaneo : un commento a questo puo' farlo?
    grazie

    http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/finiamola-alibi-dell-europa-vero-paese-recessione-88752.htm

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    1. "Il fatto che gli ultimi anni siano stati (peraltro non sempre e non ovunque) anni di rigore non implica che lasciando correre i conti pubblici le cose sarebbero andate meglio. Forse sarebbero andate ancora peggio, perché alcuni Stati sarebbero falliti e le loro economie non avrebbero più avuto accesso al credito." Già questa affermazione evidenzia una totale confusione sulla natura del problema: che alcuni Stati "senza rigore sarebbero falliti" non sarebbe mai stato possibile se questi Stati non fossero mai entrati nell'euro e avessero mantenuto i loro debiti pubblici in moneta nazionale - cioè nella moneta che avevano il potere di emettere.
      Come commento generale, l'Eurozona è un disastro: dall'introduzione dell'euro a oggi, ha perso il 10% di PIL rispetto al trend del Regno Unito (paese che è cresciuto a livelli non stellari, peraltro). Significa 1.000 miliardi di PIL all'anno in meno e 13 milioni di disoccupati in più.
      Il fatto poi che ci siano situazioni altamente difformi all'interno dell'area euro è un'ulteriore prova del FALLIMENTO del progetto. Che avrebbe dovuto assicurare crescita OMOGENEA, non aumento delle difformità tra Stati.
      Poi, che l'euro gestito diversamente potesse evitare (e possa risolvere) questi problemi sul piano tecnico è verissimo e io sono il primo ad affermarlo. Vedi per esempio il post del 20.10.2014. Ma occorre la volontà di farlo, e a livello di UE e organi dell'Eurozona manca totalmente. Non resta - salvo mutamenti totali di indirizzo - che svincolarsi e procedere paese per paese: cosa peraltro che è possibile e raccomandabile SENZA rompere l'euro, come proponiamo noi con il progetto moneta fiscale nazionale / Riforma Morbida.

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    2. Cattaneo non dice la verità. Il pil europeo è raddoppiato da 6mila a 12mila dal 2002 a oggi. L'euro non c'entra niente.

      La colpa è di paesi che producono e paesi che non fanno niente. In italia chi produce e lavora ed esporta va benissimo.

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    3. Sarà meglio che lei controlli i dati. Il confronto Eurozona / Regno Unito, dall'avvento dell'euro (1.1.1999) a oggi, è quello di cui ho detto sopra.
      Chi produce, lavora ed esporta se la cava, certo. Il problema è che non possono esportare tutti. E chi non esporta spesso ha dovuto chiudere o dimezzare l'utilizzo della sua capacità produttiva.

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    4. per colpa della germania non dell'euro. lei accusa un innocente.

      l'euro ha fatto crescere tutti anche l'italia che è affondata solo da quando la germania ha diminuito la sua esposizione verso l'italia invece di guidare l'europa e aiutare i paesi in difficoltà a fare riforme coi soldi e non togliendo soldi come il New England fece in America..

      se la germania non è capace a guidare l'europa ci penseranno i mercati.
      l

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    5. Per colpa di come e' condotto l'eurosistema. Sono d'accordo che l'euro gestito in modo appropriato poteva non fare danni (ma neanche dare vantaggi, rispetto a un sistema di cambi flessibili...). Se però la volontà politica di trovare dei meccanismi di funzionamento appropriati non esiste, non resta che sciogliere il sistema. Il tema e' trovare modalità efficienti per farlo: che, appunto, e' l'oggetto principale di questo blog.

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    6. I cambi flessibili hanno devastato gli anni 70 facendoci tornare al gold standard che oggi chiamiamo dollar standard ma non c'è differenza.

      La volontà politica non ci sarà mai proprio perché si batte contro l'unificazione. e l'unificazione si batte contro gli stati. ma gli stati stanno combattendo una guerra persa. i mercati sono già uniti.

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    7. Dollar standard ? è finito nel 1971...
      I mercati sono uniti ? appunto per questo servono forti democrazie nazionali che facciano loro da contrappeso.

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    8. nel 71 è solo stata ufficializzata la fine della convertibilità che di fatto era fittizia. il dollar standard sostituisce il pound sterling standard con bretton woods e perde la convertibilità nel 71 ma continua ad esistere a tutt'oggi essendo sia i dollari della fed e sia gli eurodollari la massa di denaro maggiormente riconosciuta come standard nel mondo. le altre monete seguono a ruota.

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  4. ciao marco, ho scritto una critica complessiva, siccome è troppo lunga per farla stare sono costretto a mettere il link
    http://www.monetazione.it/forum/topic.php?topic_id=2966&reply_id=123572642#123572642
    il piano di creare una moneta parallela tramite crediti fiscali serve a risollevare l'Italia, siamo d'accordo, ma è anche un passo che porta all'uscita dall'Euro, questo è sicuro al 100%

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  5. Crisi o no ...rimango PERUFFO COL CIUFFO

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  6. non c'è nessuna differenza tra la situazione della germania e quella delle altre nazioni del mostro massonico unione europea: andate a vedere i bilanci della deutsche bank e della commerzbank!!
    in italia come in tutta europa i politici ladri ci hanno fatto indebitare per poi farci lavorare come schiavi , tutta una vita di lavoro per i banchieri che ci pagano dandoci la moneta di carta o addirittura virtuale che le loro banche centrali private creano e stampano a costo zero.

    delle intere nostre vite di lavoro pagate col nulla, con pezzi di carta, con numeri su un computer.
    e allora ha straragione l'economista di destra filippo matteucci che vuole trasformare l'italia in un paradiso fiscale e non vuole ripagare il debito pubblico nazionale se non ai piccoli privati risparmiatori, non ai banchieri, l'ho letto qui http://TeaPartyFederazioneLiberista.ilcannocchiale.it/post/2826936.html

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