Giusto e doveroso
opporsi alla riforma MES: ma l’Italia deve procedere sulla strada dei CCF.
Senza bisogno di “battagliare” con nessuno.
La scena politica
di quest’ultimo paio di settimane è stata ampiamente occupata dai problemi
connessi alla “riforma MES”. E con ottimi motivi. L’intero processo si è fin
qui svolto in modo tale da prestare il fianco a serissime critiche, sia di
metodo che di merito.
Nel metodo, è del
tutto inaccettabile l’opacità con cui il governo Conte (sia I che II) ha
condotto le interlocuzioni a livello UE, nonostante gli esponenti della
maggioranza parlamentare gialloverde avessero espresso forti dubbi e riserve.
Nel merito, non si
vede come questa riforma dovrebbe migliorare la posizione italiana nel contesto
dell’eurozona. Mentre, al contrario, si delineano molteplici situazioni in cui
potrebbe risultare (ulteriormente) deleteria.
Chi difende la
riforma afferma, ad esempio, che il MES potrebbe supportare il fondo di risoluzione
unico per le banche, rafforzandone le capacità d’intervento. Ma possiamo
contarci, quando in passato è stata addirittura bloccata sul nascere (casi
Etruria – Marche - Carife – Chieti) la possibilità di attivare il fondo
interbancario italiano (organismo totalmente privato) adombrando (incredibilmente)
il dubbio che si sarebbe trattato di un aiuto di Stato ? E infliggendo, di
conseguenza, perdite a decine di migliaia di obbligazionisti ?
E’ molto più plausibile
che, come già accaduto soprattutto con i casi greco e spagnolo, i nuovi meccanismi
MES rendano ancora più facile addossare al “conto comune dell’Eurozona” e
quindi anche all’Italia le perdite subite da banche francesi e tedesche.
Addirittura
comica, poi, l’affermazione secondo la quale l’Italia non si deve preoccupare
perché “il nostro debito pubblico comunque è sostenibile”. Quindi dovremmo
impegnarci fino a un massimo di 125 miliardi per un meccanismo assicurativo del
quale ci viene detto che non avremo necessità ?
Vi è mai venuto a
trovare un agente assicurativo per dirvi “sottoscriva questa polizza, in teoria
se si verifica il sinistro potremmo espropriarle la casa prima di pagare il
rimborso, però non è un problema perché in realtà il sinistro è impossibile” ?
Tutto comico,
dicevo: se non fosse tragico.
Il risultato della
levata di scudi della Lega e anche di una parte del M5S è che la conclusione
dell’accordo è stata rinviata a inizio 2020. La classica tattica UE di calciare
il barattolo in avanti. E’ stato quindi evitato, per ora, il peggio, anche se
il problema tornerà in primo piano tra pochi mesi.
Nel frattempo
potrebbero essere accadute parecchie cose – tra cui magari la caduta del governo
Conte II e le elezioni anticipate.
Poteva andare
peggio. Però rimango estremamente preoccupato nel constatare che l’Italia
continua a muoversi, affannosamente e con il rischio di non riuscire a
tamponare le falle prima che la barca affondi, sempre e solo per evitare danni
peggiori. Perché, tra parentesi, mi auguro anzi conto sul fatto che si riesca a
non peggiorare il MES. Ma il MES comunque esiste, ed ha già fatto grossi danni
così com’è.
Nello stesso
tempo, continua a non vedersi una strategia di soluzione complessiva delle
eurodisfunzioni.
Lo strumento
esiste, ed è il progetto CCF. Ed esiste anche una significativa porzione di
parlamentari M5S (una novantina in tutto) che hanno sottoscritto la proposta di
legge che abbiamo presentato a Roma lo scorso 2 dicembre.
Non è poco, anzi
potenzialmente è un passo decisivo. Purtroppo novanta parlamentari non sono la
maggioranza della compagine M5S, e comunque il M5S al governo ci sta (per
quanto ancora ?) con il PD, la cui unica preoccupazione è ingraziarsi l’establishment di Bruxelles. E negoziare,
s’intende, contropartite non per il paese ma per i singoli. Un commissariato UE
qui, un posto nel consiglio di amministrazione della grande istituzione
finanziaria là.
Questo assetto non
durerà. Ma la futura compagine governativa, quale che sia, deve dimostrare una
chiarezza di idee che io continuo a non vedere.
La Lega per
esempio è molto efficace nella comunicazione, nella critica, nel battage mediatico. Ma immaginiamo che a
breve ci siano nuove elezioni e che Salvini diventi capo del governo, sostenuto
da una compatta maggioranza. Come intende muoversi ?
Rompe l’euro –
missione quasi impossibile, date le complessità politiche e operative ? rivede
i vincoli di deficit – missione del tutto
impossibile, dato che non c’è NESSUNA volontà da parte degli europartner di
aprire questo tavolo ?
Il progetto CCF,
invece, è sia attuabile che risolutivo. Non è una “battaglia da vincere”
(contro chi, poi ?). E’ un progetto perfettamente compatibile con trattati e
regolamenti UE, così come sono oggi.
Si tratta
semplicemente di introdurre i Certificati di Compensazione Fiscale, spiegando
con chiarezza (in termini tecnici, non strombazzati né imbonitori) che il
rapporto tra Maastricht Debt (quello da rimborsare e rifinanziare sul mercato)
e PIL calerà costantemente. E che questo sarà possibile in quanto le azioni
espansive necessarie saranno attuate con i CCF.
La spiegazione
serve non per chiedere autorizzazioni alla UE (non ce n'è alcuna necessità). Serve per chiarire ai mercati
finanziari che la loro posizione creditoria diventa più forte, non più debole
di prima.
E i mercati finanziari
sono gli unici interlocutori che realmente contano. La UE e la BCE non danno
soldi né garanzie. I mercati sì, da quando – errore ciclopico, catastrofico, ma
è successo – l’Italia ha convertito il proprio debito pubblico da lire a moneta
straniera.
Occorrono
chiarezza di idee e determinazione. Ma non c’è da scendere in guerra contro
nessuno.
La mia
preoccupazione è che vedo un considerevole attivismo nel fare polemica da talk-show. Che per molti fini è anche
utile, anzi indispensabile. Ma persone che abbiano (primo) identificato la
linea di azione corretta, e che (secondo) abbiano concrete possibilità di essere
alla guida (sui temi economici) del governo futuro, e quindi adottare la linea
d’azione corretta - quelle non le vedo.
Magari mi sfugge
qualcosa. Magari raffinate e abilissime strategie sono pronte per essere
introdotte, non appena ce ne saranno le condizioni politiche.
Ma dopo sette anni
di lavoro sul progetto CCF, durante i quali ho seguito da vicino
l’eurodibattito e le varie idee che affioravano, mi appare difficile che nulla sia
trapelato.
E questo mi lascia
molto, molto perplesso.
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