martedì 14 luglio 2020

Il non-aggiustamento strutturale


Tra le tante idiozie che si leggono sui giornaloni paludati – in particolare il quartetto Corsera / Repubblica / Stampa / Sole – una delle più irritanti è che il maggior debito pubblico contratto dall’Italia per fronteggiare l’impatto economico del Covid renderà inevitabile, successivamente, un “aggiustamento strutturale”.

Di aggiustamento si potrebbe parlare se il risultato fosse di ridurre il maggior livello del rapporto debito / PIL, riportandolo ai livelli pre-Covid – o qualcosa di simile.

Se l’Italia nel prossimo futuro riprenderà il percorso “tasse & tagli” che abbiamo sperimentato nel 2011-2013, l’aggiustamento, al contrario, non aggiusterà proprio nulla. Come allora, decine di migliaia di altre aziende falliranno, milioni di altre persone saranno gettate in povertà, il PIL avrà un’ulteriore caduta e il rapporto debito pubblico / PIL salirà ulteriormente.

Per quale motivo una parte così significativa dell’establishment politico-economico-mediatico italiano sia caratterizzato da questa cupio dissolvi non lo so con certezza. Ignoranza, servilismo, opportunismo, incompetenza ? un micidiale cocktail di tutto questo ?

La favola dell’”aggiustamento strutturale” va tra l’altro di pari passo con un’altra fandonia: il Covid avrebbe dimostrato l’assoluta necessità di ridurre il rapporto debito pubblico / PIL perché chi l’aveva più basso, vedi la solita Germania, ha potuto (al contrario di noi) effettuare interventi tempestivi e massicci.

Un commento di questo genere ignora le enormi risorse immesse nell’economia da paesi quali USA, UK e Giappone: caratterizzati da rapporti debito pubblico / PIL più alti rispetto alla media dell'Eurozona (addirittura del 260% nel caso giapponese) ma espressi nella propria moneta.

Per fronteggiare un’emergenza, non c’è bisogno di avere un debito pubblico basso: c’è bisogno della capacità di emettere la propria moneta nazionale.

A meno, aggiungo per completezza, che non si utilizzi, com’è il caso di paesi nord-eurozonici, una moneta sottovalutata rispetto ai propri fondamentali.

La rottura dell’eurozona non è un rischio per l’acquirente di titoli di Stato tedeschi perché al massimo si ritroverebbe con titoli in marchi, destinati a salire di valore rispetto al livello attuale dell’euro.

L’Italia è ovviamente nella situazione opposta: da qui nasce lo spread, nascono i vincoli all’indebitamento e nasce la tragica situazione in cui si trovava già prima del Covid (e oggi ovviamente è peggio) la nostra economia.

Ridurre il debito pubblico da rimborsare in euro senza passare tramite la rottura dell’Eurozona è possibile, ma per una strada completamente diversa: emettere Moneta Fiscale e rilanciare PIL, produzione e occupazione.

Ma questo, naturalmente, sui giornaloni paludati non lo leggete.


11 commenti:

  1. Per avere gli aiuti europei l'Italia deve presentare un insieme di progetti di sviluppo. Ma anche se l'Europa non lo esigesse, e perfino se nessuno ci aiutasse, sarebbe comunque necessario programmare le linee di ripresa del nostro sistema economico e sociale, disegnare l'Italia dei prossimi anni, decidere su che settori puntare prioritariamente, con che ruolo per lo stato, con quali sostegni per i privati, con che garanzie per le nuove generazioni. Un compito immane, dopo una caduta senza precedenti del nostro Pil, e con un paese che già soffriva, invecchiato e sfiorito, prima ancora di essere aggredito dal Covid.
    Eppure non c'è traccia di discussione su questo nel dibattito politico. Nulla, zero assoluto. I partiti e movimenti vecchi e nuovi hanno smesso da tempo di pensare al futuro, puntano al presente, ai bonus in funzione elettorale, a tutti i provvedimenti da cicala che si traducono in debito futuro. Spendiamo, senza seminare, tanto qualcuno pagherà. Sì, i bambini e i giovani di oggi, che erediteranno una montagna di debiti, ma non la certezza di un lavoro, né tanto meno di una pensione. Sembriamo il regno della Bella Addormentata, narcotizzato da un incantesimo. Non ci salverà un principe, ma semmai dei principii, quelli riformisti. Posto che qualcuno li coltivi ancora

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  2. "I bambini e i giovani di oggi, che erediteranno una montagna di debiti": erediteranno anche una montagna di crediti, la NIIP (Net International Investment Position) dell'Italia è positiva.

    "I partiti e movimenti vecchi e nuovi hanno smesso da tempo di pensare al futuro": perché quanto ci si lega al "vincolo esterno" caro ad Andreatta e a Carli (personaggi catastrofici per il paese) l'implicazione è che gli input debbano sempre arrivare dall'esterno. Dal vincolo esterno bisogna liberarsi e la via ovviamente non sono i programmi UE: sono i CCF.

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  3. Io sono per una rivoluzione che detronizzi l'oppressore e rompa i suoi manganelli. Distruggere la UE e rompere l'euro. Era complicato anche liberarsi dal nazismo, ma è avvenuto. In questo quadro i CCF possono servire a preparare il terreno.

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    1. Liberarsi dal nazismo è avvenuto, ma ci sono voluti l'Armata Rossa e gli Alleati...

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    2. Il problema è che oggi non abbiamo nè alleati nè armata rossa. Trump è fatica già a tenere a bada il deep state finanziario e all'opposto la Cina è un altro di quelli che ci vuole spolpare (e il governo traditore collabora e acconsente). Mi dica lei chi ci può liberare.. l'unica è davvero una rivoluzione (pacifica) e si dovrebbe andare in piazza a milioni con 2 bandiere: italiana e americana. A quel punto vediamo se l Ottava Flotta ci da una mano o no (il comandante è una donna italo-americana controlli). Poi lo so è un'utopia come un'altra, ma non vedo altre vie d'uscita (i ccf con questo governo o anche col cdx non li introdurranno a piena potenza lei lo sa. Deve esserci un'imposizione dal big brother e una grande protesta popolare che lo richieda)

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    3. All'Italia, credo, servirebbe uno statista. Di quelli che le alleanze le sanno tessere e far funzionare. Non basta neanche un De Gasperi però, ci vuole un Cavour.

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  5. Mi perdoni, visto la sua generosa disponibilità mi permetto di porle una domanda totalmente off topic, che è la seguente: si dice che l'inflazione favorisca le rendite piuttosto che i redditi da lavoro perché il denaro con l'inflazione perde di valore. L'obiezione che spesso viene fatta è che non è vero perché il debitore paga gli interessi+inflazione, e quindi per il creditore non ci sono perdite. Potrebbe chiarire gentilmente. Grazie

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    1. No, al contrario: l'inflazione danneggia le rendite, perlomeno quelle a tasso fisso (non gli investimenti in beni reali, tipo immobili e azioni). Certo, l'inflazione tenderà a far salire i tassi e quindi i rendimenti dei NUOVI investimenti a tasso fisso, ma non di quelli avviati in precedenza.

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  6. Sì, è chiaro, ho scritto il contrario del concetto che volevo esprimere: l'inflazione svantaggia i creditori e favorisce i debitori. Grazie molte per la risposta.

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