venerdì 23 aprile 2021

I keynesiani mainstream e la MMT


Ho letto con molto interesse questo articolo di Thomas Palley, pubblicato pochi mesi fa (fine 2020). Come indica il titolo, “What’s wrong with Modern Money Theory: macro and political restraints on deficit-financed fiscal policy”, si tratta di una disamina critica della MMT.

L’autore è un economista di impostazione keynesiana e di orientamento politico progressista. Pur condividendo le finalità generali di quanto gli economisti MMT propongono, Palley ritiene però sostanzialmente errata la base teorica della MMT.

L’articolo è interessante in quanto costituisce una sintesi, molto articolata, delle critiche alla MMT così come espresse da commentatori che non sono sospettabili di pregiudizi ideologici negativi nei confronti della MMT stessa (o più precisamente nei confronti delle sue finalità). Critiche, quindi, di natura essenzialmente tecnica e concettuale.

Come ho detto in altre sedi, mi riconosco al 95% nel pensiero MMT. Confutare le critiche di Palley mi pare un esercizio utile in quanto si tratta, in sostanza, delle medesime argomentazioni che spingono i governi e le istituzioni sovranazionali ad adottare un approccio ancora decisamente troppo timido nel contrastare i problemi dell’economia anche (ma non solo) in seguito alla crisi pandemica. Troppo timido, purtroppo per noi, soprattutto nel caso dell’Eurozona e in particolare dell’Italia.

Qui di seguito, i punti salienti (a mio avviso) dell’articolo di Palley, e le mie controdeduzioni.

Al capitolo 3.2.1 Palley afferma che “government is likely to face financial market blowback if financial markets believe it is engaging in excessive money issue. In particolar, long-term interest rates will tend to rise if financial market participants anticipate risks of future financial turmoil or higher future inflation… consequently, inflationary bias in MMT’s reliance on money-financed deficits will creep into present financial market conditions long before full employment”. Concetto rafforzato poco più avanti: “if private agents deem the bond rate too low given inflation expectations created by money-financed deficits, the government bond market will shrivel, in the sense of fewer private agents being willing to buy government bonds. More importantly, bond market repression does not prevent interest rates rising in private credit markets, and they may even overshoot owing to unfavorable expectations caused by money-financed fiscal policy”.

Queste argomentazioni sono in parte circolari e in parte autocontraddittorie. La prescrizione MMT è di espandere i deficit pubblici solo fino al livello in cui l’inflazione non si innesca, e di fermarsi a quel punto. Se le politiche dell’autorità pubbliche sono orientate in tal senso, le “aspettative d’inflazione” (generate non è chiaro da cosa) non troveranno riscontro nella realtà. Inoltre, il problema del “minor numero di operatori privati interessati a comprare titoli di Stato” non si porrà semplicemente perché non c’è necessità di emettere titoli a fronte del deficit (appunto perché si parla di “money-financed deficits”). E il rischio di “interest rates rising in private credit markets” non sussiste perché l’istituto di emissione può regolare a piacimento il tasso di rifinanziamento offerto alle banche (e volendo anche al pubblico), nonché controllare come preferisce la curva dei tassi d’interesse sui titoli di Stato (se proprio, ma non è affatto necessario, decide di emetterli). I tassi sul credito privato quindi dovrebbero crescere in funzione di un’aspettativa d’inflazione futura e qui l’argomento diventa appunto circolare: la MMT prescrive di limitare l’inflazione (se no non è MMT) ma il mercato alza i tassi reali (sul credito privato) perché non crede che verrà realmente attuata.

In definitiva l’argomentazione si riduce a “le aspettative d’inflazione saliranno perché lo dico io, che so come la pensano i mercati”. Non proprio molto scientifica né affidabile (non mi risulta che Palley sia diventato multimiliardario investendo sui mercati finanziari). E non stupisce quindi che Palley contraddica se stesso esattamente nel paragrafo successivo affermando che “increases in the money supply can also potentially cause asset price bubbles”. In altri termini, poche righe dopo essersi preoccupato per il potenziale incremento dei tassi reali, Palley si spaventa per il rischio di bolle di mercato finanziario create dal denaro facile. Quindi questa MMT deprime il mercato creando alti tassi reali o lo destabilizza producendo bolle ? non è che magari, al contrario, lo stabilizza proprio perché prescrive di raggiungere il pieno impiego mantenendo, nello stesso tempo, l’inflazione sotto controllo ?

Al capitolo 3.2.2 si legge poi che “expansionary budget deficits bleed into the trade deficit via their impact on income and the demand for imports. The deterioration of the trade deficits then tends to depreciate the exchange rate… Exchange rate depreciation can then cause inflation, which further aggravates the depreciation problem”.

Questa affermazione:

ignora che la MMT propone deficit di bilancio espansivi solo in presenza di sottoutilizzo delle risorse produttive e fintantoché non si verifichi innesco di inflazione;

trascura che la svalutazione del cambio tende a espandere le esportazioni e a sostituire le importazioni con produzioni interne, quindi migliora i saldi commerciali esteri - il che pone un limite alla svalutazione medesima;

non considera che la svalutazione non si trasla in inflazione finché le risorse produttive non sono prossime al pieno utilizzo;

non prende in considerazione la possibilità (prevista tra l’altro nel progetto CCF, di cui anzi è una dei capisaldi) di utilizzare come fattore compensativo delle maggiori importazioni nette non la svalutazione del cambio bensì la riduzione del cuneo fiscale a vantaggio delle aziende locali.

Poco più avanti si legge che “Keynesian macroeconomics emphasizes international constraints, and they are summarized in models via the idea of a balance of payment constraint. However, owing to its US-centric focus, MMT largely ignores such problems which are a first-order constraint on economic policy in many countries”. Questa è in effetti a mio parere l’unica critica realmente significativa agli autori MMT. Può però essere affrontata e superata inserendo nel framework MMT un vincolo di equilibrio dei saldi commerciali esteri finanziati in moneta straniera. Torno su questo tema (che ho trattato in altri due post, questo e questo) più avanti.

Curiosa poi l’affermazione di Palley che “a floating exchange rate has its own adverse financial and inflation complications”. Le esperienze di rotture o di pesantissime disfunzioni dei sistemi di cambi fissi (SME 1992, Argentina 2001, crisi dell’Eurosistema solo per citare i casi più recenti e significativi, ma un elenco completo coprirebbe tutta la storia economica del mondo…) indicano che gli assetti rigidi producono guai decisamente peggiori rispetto a quelli flessibili.

Al capitolo 3.2.4, leggiamo che “a government that is concerned about growth and future living standards will be concerned about budget deficits and their implications for interest rates, which in turn means it is financially constrained and concerned about bond market sentiments”. Citofonare Giappone per farsi raccontare come l’accumulo di un debito pubblico pari al 260% del PIL non abbia avuto alcun effetto di incremento dei tassi d’interesse.

Poi, lo sfondone tecnico e concettuale peggiore di tutto l’articolo: “if the demand for wealth is finite and government financial obligations are net wealth, governments deficits can crowd-out private capital accumulation by increasing the supply of government wealth that must be held in private portfolios”. Perché mai la “demand for wealth” dovrebbe essere finita non è dato saperlo. Quello che è certo (per chi conosce i saldi settoriali) è che i deficit pubblici aumentano il risparmio finanziario privato in termini nominali e peraltro (se non innescano inflazione, come la MMT prescrive di NON fare) anche reali. Il settore privato si troverà con più moneta (o più titoli di Stato) in tasca, senza che le attività finanziarie private debbano per questo diminuire neanche di un centesimo. Per cui, dove sta il crowding-out ?

Al capitolo 3.3, Palley attacca poi la MMT in quanto “it assumes taxes can be abruptly and precisely raised at full employment to contain excess demand, when the reality is taxes are politically contested and difficult to raise. Long ago [Milton] Friedman argued that fiscal policy was impractical for “fine-tuning” stabilization policy owing to inside (decision) and outside (implementation) lags”. Questa è una delle ragioni per cui Friedman sosteneva la maggiore efficacia della politica monetaria rispetto a quella fiscale per stabilizzare il ciclo economico. Il problema è che la politica monetaria perde trazione quando i tassi d’interesse sono prossimi a zero (ulteriori riduzioni “spingono la corda invece di tirarla”, secondo la nota metafora di Keynes).

I ritardi di implementazione della politica fiscale sono sicuramente un tema importante ma la risposta non è fare a meno della politica fiscale, ma potenziare il ruolo degli “stabilizzatori automatici”, cioè degli strumenti fiscali che svolgono una funziona anticiclica quando il livello di domanda aggregata si discosta da quello di pieno impiego. Ne esistono già parecchi – tra cui i sussidi di disoccupazione, la cassa integrazione, le imposte progressive sul reddito – ma un’architrave della MMT consiste appunto nell’introdurne uno molto più potente: il Job Guarantee Program (di cui nel seguito).

Alla nota 20 tra l’altro Palley fa notare che “the aversion to raising taxes is one reason why monetary policy is the preferred instrument of fine-tuning stabilization policy. Just as monetary policy is delegated to central banks to facilitate policy decisionmaking, so too tax policy could be delegated to a board of tax experts, but that would be a profoundly undemocratic turn”. Su quest’ultima affermazione sono d’accordo, ma questo vale anche per la politica monetaria, ed è in effetti un’ottima ragione per riportare le banche centrali sotto il controllo democratico dei parlamenti (e per sottoporvi anche il “board of tax experts”, se si ritenesse opportuno crearne uno).

Capitolo 3.5: Palley afferma che “taxes are needed to pay for ongoing programs, and money-financed deficit spending is at best a temporary free lunch”. No: i mezzi di pagamento in circolazione nel sistema economico devono crescere nel tempo perché il PIL potenziale cresce in termini reali (per i miglioramenti di produttività) e ancora di più in termini nominali (se l’inflazione ottimale non è ritenuta essere zero ma ad esempio il 2% a cui puntano le principali banche centrali). E se i mezzi di pagamento devono crescere nel tempo, i vari Stati devono mediamente avere un deficit di bilancio (questa infatti è da secoli la condizione normale delle economie). Diversamente, come si spiega qui, occorrerebbe fare affidamento solo sulla crescita del credito privato (che è prociclica e quindi destabilizzante), salvo per i paesi che generano massicci surplus commerciali verso l’estero (mettendo però in difficoltà altri che per evidenti ragioni algebriche devono allora essere in deficit).

Al 3.6, Palley ritorna sul tema della “US-centric nature of MMT’s theorizing”. Qui come accennavo prima la critiche agli autori MMT sono in parte giustificate nel senso che il tema dei vincoli di saldi commerciali finanziati da debito in moneta estera deve essere maggiormente approfondito e integrato nella struttura base della MMT. Va comunque notato che esistono paesi che finanziano senza problemi deficit commerciali persistenti pur non trattandosi di “countries whose currencies serve as international reserve currencies”. E’ il caso dell’Australia, che ha generato deficit commerciali per quarant’anni consecutivi, tra il 1980 e il 2019, ha prodotto una Net International Investment Position negativa per il ragguardevole livello del 50% del PIL, ma l’ha sostanzialmente finanziata emettendo debito in dollari australiani.

Ultimo punto di sostanza, le critiche al Job Guarantee Program di cui al capitolo 4. Qui basta notare che secondo Palley “one downside is the cost of JGP, which could displace other needed programs (though MMT denies that by assumption, because it asserts government is financially unconstrained)”. No: il JGP non impedisce di sviluppare altri programmi d’intervento pubblico ma non perché “government is financially unconstrained” bensì perché il JGP mette al lavoro risorse produttive, altrimenti dette persone, che in quel momento vorrebbero essere attive ma non trovano impiego nel settore privato (o in altri programmi pubblici). Nel momento in cui l’economia riparte e il settore privato riassorbe le persone temporaneamente impiegate nel JGP, il JGP si svuota (svolgendo anche, come detto in precedenza, un potentissimo effetto fiscale anticiclico – e svolgendolo automaticamente).

In conclusione, la MMT regge benissimo la “critica di Palley”, così come in generale le critiche che gli muovono gli economisti progressisti mainstream (quelli che a me piace chiamare “keynesiani da salotto”). Replicare a queste critiche con argomenti solidi e ben sviluppati però è importantissimo perché gli economisti progressisti mainstream vanno considerati una sorta di “fuoco amico”. In teoria hanno le stesse finalità di chi sostiene la MMT, in pratica offrono argomenti a sostegno dei policymakers che frenano l’adozione degli interventi di politica economica necessari per superare la crisi.

5 commenti:

  1. CHE COSA NON SA LA MMT ?

    La MMT non sa che la Moneta deve essere Pubblica, di proprietà popolare di proprietà dei cittadini e non bancaria, privata a debito !

    La MMT non sa che l'unica funzione delle tasse è quella di ritirre il denaro in eccesso, eventuale, dalla circolazione, tutte le altre funzioni che hanno imparato a memoria senza sapere argomentare sono colossali scemenze !

    La MMT non sa che abbiamo bisogno di una riforma fiscale, dimezzare le tasse al livello di Germania, Giappone, ma anche Inghilterra, Francia, dal 88% complessivo attuale al 42% e poi un ulteriore ribassamento al 28% con la Fiscalità a scambio che la MMT manco sa che caxxo è !

    La MMT non sa che va riformata l'inps, separata l'assistenza (64 MLd) dalla previdenza contributiva, ricalcolate tutte le pensioni dal retributivo al contributivo (70 MLD), rimessi in pensione 3 mln di lavoratori anziani over 60, istituita una Pensione di Base fiscale di 1.000 Eu mese a copertura della assistenza e delle pensioni ricalcolate, che rimangono molto basse.

    La MMT non sa che è necessario riformare la scuola e rimettere 2,5 mln di giovani a scuola fino a 18anni che oggi non lavorano e non studiano

    La MMT non sa che bisogna riformare l'esercito e la protezione civile e rimettere 500 mila giovani alla leva civile e militare,

    La MMT non sa che bisogna statalizzare tutti i servizi pubblici, le imprese strategiche, comprese banche ed assicurazioni, soprattutto le Generali che ci lavora io cugino, statalizzare il 3° settore, incamerando in totale 250 MLD di eu anno di utili di stato da scalare dalle tasse

    La MMT non sa che per combattere l'automazione industriale è necessario statalizzare parzialmente le grandi imprese monopoliste ad alta automazione, robotizzazione, intelligenza artificilale, e instituire un Reddito da Utili di Stato da ridistribuire ai cittadini in base al reddito, per un mondo che va verso le macchine che lavorano i cittadini incassano e spendono i loro soldi nel tempo libero comprando beni e servizi delle macchine, ed il ciclo economico si chiude, invece che lasciare tutto il lavoro nostro alle multinazionali che ci daranno 600 eu mese di Reddito UNIVERSALE della Gleba, e visto che ti pagano, vaccini, tamponi, app, microchip, lockdown, senza contante, e poi a lavorare per loro 8 ore gratis, altrimenti via il reddito !

    LA MMT LE SA QUESTE COSE, NE HA MAI SENTITO PARLARE ?? WHE WHE WHE MOSLER ANDO STAI DORMI IN PIEDI O SEI IN MALAFEDE !?

    Marco Cristofoli Moneta Pubblica

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  2. Luca Pieroni: Ti seguo. Ma ad esempio non ho visto considerare da nessuno il fatto che io e te siamo cresciuti con una sorta di proporzionalità tra tassi base e spread. Se il base era il 3% ad esempio, raramente lo spread passava il 2%, sia nel corporate che nell'interbancario. Non che fosse giusto ma era così. Oggi non è più così. C'è ancora poca raffinatezza nel determinare gli spread (si va spesso su medie) ma non c'è più quella sorta di cap dato dal base. Soprattutto nel corporate. Questo a mio avviso un po' spariglia i mercati e le logiche della teoria.

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    1. Per la verità ho appena chiuso un buyout e gli spread sono grosso modo quelli dei tempi andati (magari un po' più alti del periodo 2005-2006, ma quella era una bolla poi, infatti, esplosa). Sono più cauti i rapporti debt/equity quantomeno in Italia e anche i multipli debito / ebitda, ma non certo perché si è fatta MMT... casomai il contrario, è una delle varie conseguenze di dieci anni di euroausterità.

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  3. Vabbè, la prima critica è questa: "As regards injecting state money to pay taxes, MMT is strictly wrong with its claim that the public cannot pay taxes until government has first spent. In fact, the central bank is the source of such money. It can inject money into the system by buying existing government bonds, buying private sector assets, or by lending to private banks."
    Questo manco ha capito che quando gli autori MMT parlano di "government" intendono sostanzialmente l'ente che crea la moneta, e cioè la banca centrale in praticamente tutti i paesi moderni. Il resto dell'articolo è pieno zeppo di strawman simili.
    Nelle mense delle facoltà di economia devono dar da mangiare qualcosa di strano che porta a sotto zero l'elasticità mentale dei poveri studenti.

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    1. Sì, questa non l'ho nemmeno commentata perché non era neanche una critica, era un fraintendimento totale.

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