Cito da
Wikipedia: “Il rapporto di trasmissione
è un parametro utilizzato in meccanica per caratterizzare come il movimento si
trasferisce da una ruota dentata ad un'altra in un ingranaggio… In meccanica
l'uso di riduttori meccanici è molto
più frequente rispetto all'uso di moltiplicatori, dato che per natura i motori mantengono
regimi di rotazione elevati. Un esempio pratico del rapporto di trasmissione è
il cambio della bicicletta. Spostando la catena su una ruota dentata più
piccola l'avanzamento diventa più veloce, ma si fa più fatica a spingere sui
pedali. Con una ruota dentata piccola sul mozzo anteriore e una grande sul
mozzo posteriore invece la velocità è ridotta, ma la coppia permette di
superare salite maggiori con meno sforzo. Nelle auto, agendo sulle marce si varia
il rapporto di trasmissione tra l'albero motore e l'asse di trazione.”
Fermi tutti, non
si parlava di economia in questo blog ? di crisi dell’euro ? di soluzioni
possibili, e di temi politici connessi ?
Certo. Ma se ho
chiamato in causa l’ingegneria, è per chiarire che la crisi dell’euro è la
conseguenza di un meccanismo mal
progettato.
L’eurozona è
formata da diciassette paesi, ognuno dei quali ha le sue dinamiche, le sue
caratteristiche, le sue competenze produttive, i suoi livelli più o meno alti
di sviluppo economico.
Tra le tante
differenze, una in particolare è all’origine dei problemi della moneta unica. La
Germania e in generale i paesi della vecchia “area marco” sono in grado di
contenere e regolare i costi di produzione, in particolare il costo del lavoro,
evitando che aumentino molto più velocemente della produttività. E sono quindi caratterizzati
da livelli di inflazione, di crescita di costi e prezzi, più contenuti rispetto
ai paesi latini.
In genere questa
è considerata una qualità dell’economia tedesca, anche se c’è chi fa notare che
si traduce in livelli di retribuzioni più bassi di quanto il livello del
sistema produttivo tedesco giustificherebbe.
Il punto però è
un altro. Nell’epoca “ante euro”, ogni nazione aveva la sua moneta. I paesi
caratterizzati da minori crescite dei costi di produzione rivalutavano
gradualmente rispetto agli altri.
Questo
migliorava la capacità di spesa del cittadino tedesco e gli consentiva di
utilizzarla, in parte, per maggiori acquisti di prodotti dei loro partner
commerciali, inclusi in primo luogo i vicini europei. In pratica l’efficienza
produttiva tedesca si traduceva in capacità di spesa e propensione all’importazione.
I cambi
flessibili erano, in pratica, un efficiente meccanismo di trasmissione che consentiva alle economie dei vari
paesi europei di svilupparsi in modo sufficientemente armonico, senza
particolari attriti.
La moneta unica,
come è stato detto, scritto e argomentato infinite volte, prima e dopo la sua
introduzione, è un sistema rigido. La
rigidità non va confusa con la stabilità: una costruzione è stabile se ha la
flessibilità per assorbire gli urti. Altrimenti rischia di spaccarsi.
Spesso si legge
che l’euro, per alcuni anni dopo la sua introduzione, ha funzionato senza
evidenziare particolari difficoltà. Il problema è che le dinamiche dei costi di
produzione, in particolare la tendenza dei paesi “teutonici” a controllarli
meglio degli altri, sono un fenomeno cumulativo.
Il costo del lavoro per unità di prodotto in Germania è cresciuto, dal 1999 in
poi, a un tasso annuo inferiore dell’1%-1,5% circa rispetto all’Italia. La
differenza su un arco di tempo di due o tre anni si avverte poco. Dopo dieci e
più anni, arriva all’attuale 20% cumulato.
Nel breve
termine, la graduale perdita di competitività dei paesi latini è stata tra l’altro
mascherata dal fatto che la Germania si è trovata con grossi surplus
commerciali. Non essendo incentivata a utilizzarli per importare di più dal Sud
Europa, i cui costi di produzione erano poco competitivi, li ha “riciclati” in
finanziamenti. In pratica ha prestato al Sud i soldi per comprare i suoi
prodotti.
Oggi l’economia
europea è un macchinario in cui alcuni ingranaggi (la Germania) girano ad alta
velocità, altri (la Grecia) a velocità più bassa, altri ancora (l’Italia) a un
livello intermedio. Dall’inizio della crisi, i politici europei continuano a
ripetere che la soluzione passa attraverso “ambiziose riforme strutturali” che
dovrebbero portare tutti gli ingranaggi al regime di quello più veloce (la
Germania). In pratica queste riforme consistono nel ridurre il costo del lavoro
dei paesi in difficoltà: non esistono processi di riorganizzazione o di innovazione
tecnologica che possano, di colpo, migliorare del 20% la produttività di un intero
paese.
Ma questo riduce
la capacità di spesa e di conseguenza l’attività produttiva del Sud Europa. Anche
perché il Nord ha un altro problema: come visto prima, ha finanziato, accumulato
crediti verso il Sud. Di conseguenza ha imposto politiche di rientro che si
sono tradotte in manovre fiscali restrittive (tasse e tagli di spesa pubblica).
Tutto questo ha
alimentato un terribile circolo vizioso: austerità fiscale, minore potere d’acquisto
dei cittadini, caduta della produzione, mancato beneficio sul debito pubblico
il cui rapporto rispetto al PIL aumenta invece di diminuire. Il tutto
rafforzato dal blocco del credito: le banche hanno sempre meno possibilità di finanziare
aziende e privati quando i posti di lavoro sono sempre più precari, i redditi
in caduta, i valori immobiliari in discesa eccetera.
Il meccanismo è
progettato male, e la crisi è stata affrontata sulla base di diagnosi, e quindi
con modalità, sbagliate.
Occorre ricreare flessibilità all’interno del
sistema monetario europeo. I cambi flessibili erano un tipo di “riduttore” che
consentiva la trasmissione del movimento, all’interno della macchina Europa, in
modo sufficientemente armonico.
Tornare ai cambi
flessibili abbandonando l’euro è una strada. Se ogni nazione adotta, di nuovo,
la sua moneta, i paesi meno competitivi svalutano e compensano la differenza di
costi produttivi che si è generata dal 1999 a oggi.
Qualsiasi
alternativa deve ottenere un effetto analogo: riequilibrare i livelli di costi
per unità di prodotto, senza però abbattere i redditi e la capacità di spesa di
nessuno.
Il progetto
Certificati di Credito Fiscale ha queste caratteristiche.
La proposta di adottare i CCF è stata formalizzata nel forum M5S al link:
RispondiEliminahttp://www.beppegrillo.it/listeciviche/forum/2013/02/certificati-di-credito-fiscale.html
sfortunatamente Grillo si augura che i Tedeschi ci invadano... ma lo hanno già fatto con l'Euro+Trattati, forse non se ne è accorto...
EliminaNon c'è solo Grillo nel M5S...
Elimina... e non è detto che non fosse una provocazione...
Ciao Cattaneo,
RispondiEliminahai visto oggi sul Financial Times descritto il meccanismo per il finanziamento del deficit pubblico della Slovenia, ALL'INTERNO DELL'EURO e dei trattati dell'eurozona:
http://cobraf.com/forum/topic.php?topic_id=2966&reply_id=123522901#123522901
-----
il succo è :
("...Slovenia’s domestic banks then pledge these bills as collateral to the Banka Slovenije, Slovenia’s central bank. In exchange, Banka Slovenije gives claims on euro liquidity to the domestic banks, which then transfer those claims to the government.
The government then uses those claims to pay off its foreign bondholders through the ECB’s Target2..")
E' il meccanismo di cui io parlo sempre da accoppiare ai CCF..
Purtroppo sembra che non capiscano come funziona la moneta. dietro l'IMU sulla prima casa e ridurre l'IRAP come dicono Grillo, Berlusconi e anche altri ? Ieri il M5S ha proposto un emendamento in cui per "trovare" i 4 miliardi di IMU proponeva di "coprire" l'importo aumentando le tasse sul gioco d'azzardo e le transazioni di borsa nonchè i capital gain di borsa (hanno proposto che ogni volta che fai una transazione sui mercati paghi uno 0.6%). Questa è un idea che non funziona perchè nel caso del gioco il crollo dei ricavi che comporterebbe ridurrebbe gli introiti e nel caso delle transazioni finanziarie si spostano semplicemente a Londra, New York, Zurigo, Singapore e Hong Kong dove non applicano queste tasse. Inoltre se continui a ridurre una tassa e coprire il presunto "buco di bilancio" aumentandone un altra non vai da nessuna parte. Vuole dire che non hai capito come funziona la moneta. ...Gli Sloveni (e gli inglesi, giapponesi, americani...) sono più intelligenti
Il caso sloveno e' una prova in piu' che il vento sta cambiando. Non vorrei adesso essere troppo ottimista, ma dato il fallimento conclamato, teorico (vedi caso Reinhart - Rogoff) e soprattutto pratico dell'euroausterita', vedo segni di attivita' frenetica a Bruxelles e a Francoforte per invertire la rotta salvando la faccia. Le prossime settimane diranno qualcosa di interessante al riguardo, credo...
Elimina