mercoledì 24 aprile 2013

Riprogettare il meccanismo

Cito da Wikipedia: “Il rapporto di trasmissione è un parametro utilizzato in meccanica per caratterizzare come il movimento si trasferisce da una ruota dentata ad un'altra in un ingranaggio… In meccanica l'uso di riduttori meccanici è molto più frequente rispetto all'uso di moltiplicatori, dato che per natura i motori mantengono regimi di rotazione elevati. Un esempio pratico del rapporto di trasmissione è il cambio della bicicletta. Spostando la catena su una ruota dentata più piccola l'avanzamento diventa più veloce, ma si fa più fatica a spingere sui pedali. Con una ruota dentata piccola sul mozzo anteriore e una grande sul mozzo posteriore invece la velocità è ridotta, ma la coppia permette di superare salite maggiori con meno sforzo. Nelle auto, agendo sulle marce si varia il rapporto di trasmissione tra l'albero motore e l'asse di trazione.”

Fermi tutti, non si parlava di economia in questo blog ? di crisi dell’euro ? di soluzioni possibili, e di temi politici connessi ?

Certo. Ma se ho chiamato in causa l’ingegneria, è per chiarire che la crisi dell’euro è la conseguenza di un meccanismo mal progettato.

L’eurozona è formata da diciassette paesi, ognuno dei quali ha le sue dinamiche, le sue caratteristiche, le sue competenze produttive, i suoi livelli più o meno alti di sviluppo economico.

Tra le tante differenze, una in particolare è all’origine dei problemi della moneta unica. La Germania e in generale i paesi della vecchia “area marco” sono in grado di contenere e regolare i costi di produzione, in particolare il costo del lavoro, evitando che aumentino molto più velocemente della produttività. E sono quindi caratterizzati da livelli di inflazione, di crescita di costi e prezzi, più contenuti rispetto ai paesi latini.

In genere questa è considerata una qualità dell’economia tedesca, anche se c’è chi fa notare che si traduce in livelli di retribuzioni più bassi di quanto il livello del sistema produttivo tedesco giustificherebbe.

Il punto però è un altro. Nell’epoca “ante euro”, ogni nazione aveva la sua moneta. I paesi caratterizzati da minori crescite dei costi di produzione rivalutavano gradualmente rispetto agli altri.

Questo migliorava la capacità di spesa del cittadino tedesco e gli consentiva di utilizzarla, in parte, per maggiori acquisti di prodotti dei loro partner commerciali, inclusi in primo luogo i vicini europei. In pratica l’efficienza produttiva tedesca si traduceva in capacità di spesa e propensione all’importazione.

I cambi flessibili erano, in pratica, un efficiente meccanismo di trasmissione che consentiva alle economie dei vari paesi europei di svilupparsi in modo sufficientemente armonico, senza particolari attriti.

La moneta unica, come è stato detto, scritto e argomentato infinite volte, prima e dopo la sua introduzione, è un sistema rigido. La rigidità non va confusa con la stabilità: una costruzione è stabile se ha la flessibilità per assorbire gli urti. Altrimenti rischia di spaccarsi.

Spesso si legge che l’euro, per alcuni anni dopo la sua introduzione, ha funzionato senza evidenziare particolari difficoltà. Il problema è che le dinamiche dei costi di produzione, in particolare la tendenza dei paesi “teutonici” a controllarli meglio degli altri, sono un fenomeno cumulativo. Il costo del lavoro per unità di prodotto in Germania è cresciuto, dal 1999 in poi, a un tasso annuo inferiore dell’1%-1,5% circa rispetto all’Italia. La differenza su un arco di tempo di due o tre anni si avverte poco. Dopo dieci e più anni, arriva all’attuale 20% cumulato.

Nel breve termine, la graduale perdita di competitività dei paesi latini è stata tra l’altro mascherata dal fatto che la Germania si è trovata con grossi surplus commerciali. Non essendo incentivata a utilizzarli per importare di più dal Sud Europa, i cui costi di produzione erano poco competitivi, li ha “riciclati” in finanziamenti. In pratica ha prestato al Sud i soldi per comprare i suoi prodotti.

Oggi l’economia europea è un macchinario in cui alcuni ingranaggi (la Germania) girano ad alta velocità, altri (la Grecia) a velocità più bassa, altri ancora (l’Italia) a un livello intermedio. Dall’inizio della crisi, i politici europei continuano a ripetere che la soluzione passa attraverso “ambiziose riforme strutturali” che dovrebbero portare tutti gli ingranaggi al regime di quello più veloce (la Germania). In pratica queste riforme consistono nel ridurre il costo del lavoro dei paesi in difficoltà: non esistono processi di riorganizzazione o di innovazione tecnologica che possano, di colpo, migliorare del 20% la produttività di un intero paese.

Ma questo riduce la capacità di spesa e di conseguenza l’attività produttiva del Sud Europa. Anche perché il Nord ha un altro problema: come visto prima, ha finanziato, accumulato crediti verso il Sud. Di conseguenza ha imposto politiche di rientro che si sono tradotte in manovre fiscali restrittive (tasse e tagli di spesa pubblica).

Tutto questo ha alimentato un terribile circolo vizioso: austerità fiscale, minore potere d’acquisto dei cittadini, caduta della produzione, mancato beneficio sul debito pubblico il cui rapporto rispetto al PIL aumenta invece di diminuire. Il tutto rafforzato dal blocco del credito: le banche hanno sempre meno possibilità di finanziare aziende e privati quando i posti di lavoro sono sempre più precari, i redditi in caduta, i valori immobiliari in discesa eccetera.

Il meccanismo è progettato male, e la crisi è stata affrontata sulla base di diagnosi, e quindi con modalità, sbagliate.

Occorre ricreare flessibilità all’interno del sistema monetario europeo. I cambi flessibili erano un tipo di “riduttore” che consentiva la trasmissione del movimento, all’interno della macchina Europa, in modo sufficientemente armonico.

Tornare ai cambi flessibili abbandonando l’euro è una strada. Se ogni nazione adotta, di nuovo, la sua moneta, i paesi meno competitivi svalutano e compensano la differenza di costi produttivi che si è generata dal 1999 a oggi.

Qualsiasi alternativa deve ottenere un effetto analogo: riequilibrare i livelli di costi per unità di prodotto, senza però abbattere i redditi e la capacità di spesa di nessuno.

Il progetto Certificati di Credito Fiscale ha queste caratteristiche.

5 commenti:

  1. La proposta di adottare i CCF è stata formalizzata nel forum M5S al link:
    http://www.beppegrillo.it/listeciviche/forum/2013/02/certificati-di-credito-fiscale.html

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    1. sfortunatamente Grillo si augura che i Tedeschi ci invadano... ma lo hanno già fatto con l'Euro+Trattati, forse non se ne è accorto...

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    2. Non c'è solo Grillo nel M5S...
      ... e non è detto che non fosse una provocazione...

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  2. Ciao Cattaneo,
    hai visto oggi sul Financial Times descritto il meccanismo per il finanziamento del deficit pubblico della Slovenia, ALL'INTERNO DELL'EURO e dei trattati dell'eurozona:

    http://cobraf.com/forum/topic.php?topic_id=2966&reply_id=123522901#123522901
    -----
    il succo è :
    ("...Slovenia’s domestic banks then pledge these bills as collateral to the Banka Slovenije, Slovenia’s central bank. In exchange, Banka Slovenije gives claims on euro liquidity to the domestic banks, which then transfer those claims to the government.
    The government then uses those claims to pay off its foreign bondholders through the ECB’s Target2..")

    E' il meccanismo di cui io parlo sempre da accoppiare ai CCF..

    Purtroppo sembra che non capiscano come funziona la moneta. dietro l'IMU sulla prima casa e ridurre l'IRAP come dicono Grillo, Berlusconi e anche altri ? Ieri il M5S ha proposto un emendamento in cui per "trovare" i 4 miliardi di IMU proponeva di "coprire" l'importo aumentando le tasse sul gioco d'azzardo e le transazioni di borsa nonchè i capital gain di borsa (hanno proposto che ogni volta che fai una transazione sui mercati paghi uno 0.6%). Questa è un idea che non funziona perchè nel caso del gioco il crollo dei ricavi che comporterebbe ridurrebbe gli introiti e nel caso delle transazioni finanziarie si spostano semplicemente a Londra, New York, Zurigo, Singapore e Hong Kong dove non applicano queste tasse. Inoltre se continui a ridurre una tassa e coprire il presunto "buco di bilancio" aumentandone un altra non vai da nessuna parte. Vuole dire che non hai capito come funziona la moneta. ...Gli Sloveni (e gli inglesi, giapponesi, americani...) sono più intelligenti

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    1. Il caso sloveno e' una prova in piu' che il vento sta cambiando. Non vorrei adesso essere troppo ottimista, ma dato il fallimento conclamato, teorico (vedi caso Reinhart - Rogoff) e soprattutto pratico dell'euroausterita', vedo segni di attivita' frenetica a Bruxelles e a Francoforte per invertire la rotta salvando la faccia. Le prossime settimane diranno qualcosa di interessante al riguardo, credo...

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