sabato 13 dicembre 2014

Il primo paese a introdurre i CCF potrebbe essere


la Grecia, per una serie di motivi.

Intanto, tra dicembre e gennaio si terranno le elezioni del nuovo presidente della Repubblica. E’ probabile che il quorum di 180 voti parlamentari su 300 non venga raggiunto: il che comporterebbe, sulla base della Costituzione greca, lo scioglimento della Camera ed elezioni politiche anticipate, da tenersi probabilmente intorno a febbraio 2015. I sondaggi prevedono che la maggioranza relativa sia ottenuta da Syriza, partito anti-austerità e anti-troika.

Poi, la situazione economica. Attualmente (2014) il PIL greco è pari a circa 200 miliardi di euro, il debito pubblico a 350, il deficit è 3,5 miliardi risultanti da 3,5 circa di surplus primario e da 7 miliardi di pagamenti per interessi.

Syriza richiede una forte taglio del valore facciale del debito, fino al 70-80% secondo alcune voci. Va ricordato che, dopo il default del 2012, l’attuale debito è pressoché interamente detenuto da organizzazioni sovranazionali (principalmente agenzie dell’Unione Europea e Fondo Monetario Internazionale), ha scadenze molto lunghe e bassi tassi d’interesse (circa il 2%, in media). La Grecia oggi paga interessi ma non rimborsa il capitale, e non emette titoli di debito pubblico sul mercato.

La posizione di Syriza è di non voler abbandonare l’euro, ma di rivedere tutte le politiche di austerità in modo da effettuare azioni economiche espansive che consentano di avviare una forte ripresa dell’economia e dell’occupazione e di contrastare le gravissime conseguenze sociali della crisi. La Grecia ha perso un quarto del PIL dai massimi precrisi: per tornare a quei livelli dovrebbe incrementarlo dagli attuali 200 miliardi di euro a circa 270.

Un governo a guida Syriza potrebbe partire dalla richiesta di sconto del 70-80% del debito per poi concordare, come esito finale del negoziato, uno sconto inferiore, per esempio del 50%. A tassi d’interesse invariati, questo dimezzerebbe il costo annuo per interessi e porterebbe il bilancio pubblico in pareggio.

Continuerebbero però a mancare le risorse per effettuare azioni economiche espansive. Queste potrebbero essere ottenute mediante assegnazione di Certificati di Credito Fiscale, per un importo che potrebbe essere dell’ordine di 20 miliardi il primo anno, da incrementare a 40 miliardi il secondo e a 50 il terzo, per poi rimanere costante a quel livello.

L’ammontare delle assegnazioni potrebbe essere suddiviso tra integrazioni di reddito ai lavoratori, erogazioni alle aziende per ridurre il loro costo effettivo del lavoro (recuperando quindi competitività ed evitando di creare squilibri ai saldi commerciali esteri) ed altre azioni di sostegno alla domanda (spesa sociale, investimenti pubblici eccetera).

Ipotizzando un moltiplicatore fiscale un po’ più alto dell’unità, a regime si recuperano i livelli di PIL pre-crisi. Inoltre aumenteranno le entrate fiscali in euro e, tenuto conto che i CCF sono utilizzabili con due anni di differimento, nel primo periodo dell’applicazione del programma il governo greco avrà un saldo positivo tra incassi e pagamenti in euro.

Questo saldo potrà essere accantonato come garanzia di eventuali deficit di bilancio pubblico che potrebbero crearsi nel momento in cui l’ammontare a regime dei CCF in circolazione verrà utilizzato per pagare imposte. Questo avverrà solo il quinto anno (al terzo si raggiunge il livello a regime delle assegnazioni, e le assegnazioni del terzo anno non possono essere utilizzate prima del quinto). E’ una garanzia di cui, in effetti, non ci sarà necessità se il programma sarà efficace, anche su ipotesi molto cautelative: comunque costituirla potrà essere utile per dare ai partner europei, ai mercati finanziari ecc. altissimi livelli di fiducia in merito al successo dell’operazione.

La Grecia, per questa via, può recuperare un PIL di circa 270 miliardi di euro, riassorbire la disoccupazione generata dalla crisi e tornare su un percorso di sviluppo equilibrato e sostenibile.

Il debito verso le istituzioni sovranazionali, nell’ipotesi di uno stralcio iniziale del 50%, sarebbe pari a 175 miliardi ovvero a circa il 65% del PIL, e sussisterebbero livelli molto alti di affidabilità in merito al suo rimborso finale. Proseguendo con le attuali linee di politica economica (austerità / troika / memorandum) il debito in essere è destinato, al contrario, a subire un default pressoché totale.

4 commenti:

  1. ma cosa volete espandere in grecia? le spiagge?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il turismo, le produzioni alimentari, i materiali da costruzione, i servizi di trasporto marittimo: tutti settori che in Grecia esistono. E il 25% di PIL perso può e deve essere recuperato. Prima della crisi si faceva 100, oggi 75. Non esistono argomentazioni a supporto della tesi che non si possa tornare a 100...

      Elimina
    2. tutti settori concentrati in poche mani. ecco perché vanno liberalizzaati e fate leggi antitrust. che l'europa non fa perché tali settori sono gestiti da stato (partiti) e poche famiglie che pagano i governi.

      Elimina
    3. Un motivo in più per staccarsi dalla UE. Istituzione che quando non è dannosa è inutile.

      Elimina