lunedì 23 aprile 2018

CCF e detentori del debito pubblico italiano: un chiarimento


Ero in viaggio e ho risposto in modo molto sintetico al commento di un lettore (a quest'ultimo post). Uno dei suoi dubbi merita però una risposta meno sbrigativa.

Nelle sue parole: “Non capisco proprio come si possa sostenere che vendere un claim sulle mie entrate sia fondamentalmente diverso da un debito normale. Se faccio la cessione del quinto dello stipendio (esiste ancora ?) non lo considera come un incremento di debito ? Se ho un mutuo e faccio la cessione dello stipendio, il rischio di credito del mio creditore è salito. Anzi rischio pure che mi faccia causa se dichiaro che la cessione del salario è in qualche modo senior”.

Qual è la differenza tra cedere il quinto dello stipendio (che sì, è un’operazione ancora praticata, anzi da qualche informazione recente mi risulta che il mercato sia piuttosto vivace) ed emettere CCF ?

Molto semplice: lo Stato italiano non si è impegnato in alcun modo con i creditori (i sottoscrittori di titoli del debito pubblico) a utilizzare una quota delle sue entrate a soddisfazione del credito. Si è impegnato (sottoscrivendo il Fiscal Compact) a raggiungere l’equilibrio tra entrate e uscite, il che implica che il debito da rimborsare raggiunga un livello oltre il quale non si incrementa più.

Il Fiscal Compact, per la verità, non è un impegno direttamente stipulato con i sottoscrittori di titoli del debito pubblico né è incorporato nei relativi contratti di finanziamento. Ma partiamo pure dal presupposto che l’acquirente di BOT o BTP vi abbia fatto affidamento nel prendere la sua decisione d’investimento.

Pareggiare incassi di euro e pagamenti di euro è un risultato che si può raggiungere in vari modi. Incrementando le entrate grazie a nuove tasse (che hanno però un effetto negativo sul PIL), o grazie alla crescita dell’economia, o dismettendo attivi pubblici. Diminuendo le spese (ma anche i tagli hanno un effetto depressivo e rischiano di essere controproducenti per gli equilibri di finanza pubblica).

Oppure – e questo è l’elemento innovativo del progetto CCF – introducendo un nuovo strumento finanziario, che consente di rilanciare la domanda, incrementare il potere d’acquisto in circolazione e migliorare la competitività delle aziende senza assumersi ulteriori impegni di pagamento in euro.

I CCF consentono di effettuare azioni espansive che incrementano il PIL e l'occupazione. Sulla base di ipotesi più che ragionevoli, compensano il calo di gettito a termine che il loro utilizzo ceteris paribus produrrebbe. E se questo non fosse sufficiente, danno la possibilità di effettuare un ampio ventaglio di ulteriori azioni di riequilibrio, qui riassunte.

Al contrario del sottoscrittore di un contratto di “cessione del quinto”, l’Italia non ha “ceduto” ai propri creditori una quota di entrate pubbliche. Si è impegnata a ricercare l’equilibrio tra incassi e pagamenti: ricerca che sventuratamente (ma prevedibilmente) ha comportato azioni pesantemente restrittive sull’andamento dell’economia e sta impedendo al paese di uscire dalla depressione (senza peraltro che l’obiettivi di finanza pubblica siano stati raggiunti).

Se l’Italia raggiunge il pareggio tra incassi e pagamenti di euro, anno dopo anno, introducendo uno strumento che rende altamente plausibile la stabilità di questo risultato nel tempo, e contemporaneamente rilancia PIL, produzione e occupazione, per quale motivo i creditori si dovrebbero sentire meno tutelati di oggi ?

La loro posizione sostanziale in realtà migliora – e nettamente. E sul piano giuridico non si lede alcun accordo né si viene meno ad alcun impegno. Anzi: si creano le condizioni per rispettare rigorosamente il Fiscal Compact.


6 commenti:

  1. Dichiarare che un CCF non comporta un pagamento in euro e' in mio parere equivalente a dichiarare che un CCF e' senior ad un BOT o BTP. Richiede la promessa assoluta che lo stato italiano accetti il pagamento in CCF allo stesso livello del pagamento in euro. A mio parere una simile promessa e' intenibile. L'idea che il governo italiano possa emettere un titolo che in pratica promette di non decurtare in caso di fallimento sarebbe incredibilmente esplosivo. La cessione del quinto non prevede questa seniority per esempio.

    Tale promessa non potrebbe essere mai fatta. Anche se fosse fatta, un creditore si potrebbe appellare alla corte di giustizia europea per renderla inammissibile. La garanzia assoluta di utilizzo renderebbe i CCF troppo vicini al legal tender (e quindi in violazione dei trattai euro) e sarebbe a mio parere (per quello che vale) quasi certamente bocciata dall'ECJ.

    Tra l'altro mentre cercavo piu' informazioni sulla cessione del quinto, ho scoperto che per la normativa italiana corrente gli incentivi e i sussidi fiscali sono incedibili (dalla stessa legislazione che crea il quinto a quanto pare). I CCF sarebbero quindi in diretto contrasto con quella legislazione. Ovviamente e' legislazione domestica ed e' stata recentemente cambiata quando hanno permesso ai pensionati di cedere il quinto della pensione, ma lo trovo comunque interessante.

    In ogni caso se un aumento della spesa pubblica ha veramente l'effetto che prevede, rompere il fiscal pact mi sembra molto piu' semplice. Dubito che la reazione degli altri stati europei richiderebbe meno di un paio d'anni per cui alla fine dei conti il tempo che pensa sia necessario creare c'e' gia'...

    Non vedo che meccanismi gli altri stati europei potrebbero utilizzare per fermare il governo italiano nel breve termine, specialmente se l'economia italiana dovesse esplodere come lei sostiene...

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    2. "Dichiarare che un CCF non comporta un pagamento in euro e' in mio parere equivalente a dichiarare che un CCF e' senior ad un BOT o BTP": senior è quello che viene pagato prioritariamente, il CCF non comporta nessun tipo di pagamento. Mi scusi tanto ma non vedo nessuna equivalenza tra le due cose: al contrario...

      "Richiede la promessa assoluta che lo stato italiano accetti il pagamento in CCF allo stesso livello del pagamento in euro. A mio parere una simile promessa e' intenibile": è esattamente lo stesso impegno che lo Stato italiano si assume quando riconosce l'esistenza di una deduzione o detrazione fiscale: ne esiste già oggi un ventaglio amplissimo di casistiche.

      "L'idea che il governo italiano possa emettere un titolo che in pratica promette di non decurtare in caso di fallimento sarebbe incredibilmente esplosivo. La cessione del quinto non prevede questa seniority per esempio": lei continua a confrontare un impegno a cedere entrate con un diritto di sconto fiscale. Sono due situazioni diverse, e l'impegno a cedere entrate lo Stato italiano non se lo è mai assunto, in alcun modo.

      "La garanzia assoluta di utilizzo renderebbe i CCF troppo vicini al legal tender (e quindi in violazione dei trattati euro)": legal tender è ciò che si è OBBLIGATI per legge ad accettare. Strumenti di pagamento che ci si impegna ad accettare su base VOLONTARIA già esistono - vedi il Sardex - e la loro legalità non è minimamente in dubbio. Il CCF rientra in quest'ultima fattispecie.

      "Tra l'altro mentre cercavo piu' informazioni sulla cessione del quinto, ho scoperto che per la normativa italiana corrente gli incentivi e i sussidi fiscali sono incedibili (dalla stessa legislazione che crea il quinto a quanto pare)": di questo non sono al corrente, in ogni caso la legislazione che introdurrà i CCF potrà - se necessario - emendare gli eventuali impedimenti oggi esistenti (trattandosi di legislazione domestica).

      "In ogni caso se un aumento della spesa pubblica ha veramente l'effetto che prevede, rompere il fiscal pact mi sembra molto piu' semplice. Dubito che la reazione degli altri stati europei richiederebbe meno di un paio d'anni per cui alla fine dei conti il tempo che pensa sia necessario creare c'e' gia'...": è una via anche quella, ma oltre a rompere i trattati vuol dire mettere in circolazione ulteriore debito (quello vero, da rimborsare in euro). Due cose che, entrambe, personalmente preferisco di gran lunga evitare.

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    3. Sempre sul tema dell'incedibilità di incentivi e sussidi fiscali, tra parentesi, immagino che la normativa da lei citata la preveda solo per i soggetti che ricevono finanziamenti a fronte di operazioni di cessioni del quinto: perché cessioni di crediti fiscali (sia rimborsabili, che - come i CCF - non rimborsabili) si effettuano quotidianamente (per combinazione, è una delle cose di cui mi occupo nell'ambito della mia attività professionale).

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  2. Ma quale e' la differenza tra la promessa assoluta di onorare i CCF e l'obbligo di accettare i CCF? Sinceramente non la vedo: la volontaria promessa di accettare i CCF implica l'obbligo di accettarli. Se prometto di compiere un azione (specialmente se la promessa e' parte di uno scambio), ho l'obbligo di adempiere a quella azione. Con tutta la buona volonta' non riesco a vedere l'errore in questo semplice ragionamento.

    Se lo stato italiano dichiarasse: emetto questi titoli e al momento sono disposto ad accettarli come pagamento delle imposte, ma riservo di revocare questa promessa unilatermente. Questo sarebbe uno strumento completamente differente.

    Sarebbe anche uno strumento interessante... Non mi e' chiaro quale sarebbe l'effetto finale. Un tale titolo avrebbe un valore molto difficile da stabilire in anticipo. Di sicuro sostenere che il valore e' zero non e' assurdo. Ma non e' detto che zero sia il valore effettivamente assegnato dal mercato (e magari sarebbe anche vicino al pari se lo stato dimostrasse la volonta' di ripagare anche senza l'obbligo). Non e' lontano da alcune altre proposte di mutualizzazione del debito, dove solo una parte e' garantita e il resto e' esplicitamente junior.

    Si potrebbe perfino paragonarlo ai co-co bond nelle banche, dove l'autorita' di vigilanza puo' piu' o meno arbitrariamente convertire il debito in equity...

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    1. La promessa assoluta di onorare i CCF e l’obbligo di accettarli sono la stessa cosa, effettivamente. Ma è un impegno che lo Stato italiano assume su base unilaterale. Ed è in grado di rispettarlo senza mai incrementare il debito (quello che tale è: i titoli da rimborsare in euro).

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