venerdì 9 febbraio 2024

Compromessi e assurdità

 

Uno dei ritornelli più frequenti degli europeisti è che “l’integrazione politica è indispensabile altrimenti l’Europa diventa marginale, in un mondo in cui le nazioni più grandi hanno centinaia di milioni se non miliardi di abitanti. Ci sono visioni e interessi differenti, certo, ma occorre trovare una linea di compromesso accettabile per tutti e poi fondersi in un’entità unica”.

Di fronte a questa argomentazione, il mio primo commento è che le megapotenze di cui si parla sono tre. Gli USA, la Cina e l’India. Che certo, fanno il 40% della popolazione mondiale. Però poi ci sono una duecentina di altre nazioni che sul piano economico e anche demografico pesano in genere meno, spesso molto meno, dei singoli maggiori Stati europei.

Per cui, perché solo per noi europei dovrebbe essere vitale “integrarsi politicamente” ?

L’altro commento è che i compromessi sono utili e spesso anche indispensabili. Ma i compromessi hanno un senso se costituiscono una mediazione tra posizioni sufficientemente sensate.

In ambito UE, e con riferimento alla governance economica, la posizione euroausterica non è “sufficientemente sensata”. E’ completamente priva di logica. Affermare che un sistema economico debba avere come obiettivo primario la riduzione del debito pubblico perché ci si costringe ad utilizzare una moneta non controllata da nessuno Stato; lasciare campo libero alla speculazione nel condizionare la finanza pubblica; imporre politiche procicliche in contesti recessivi o depressivi: sono tutte posizioni infondate, assurde.

Ma su queste assurdità è impostata la definizione delle politiche economiche dell’Unione Europea.

La via di mezzo tra una posizione sensata e una assurda è un’impostazione un po’ meno assurda, ma comunque disfunzionale. E’ come pensare che un compromesso accettabile tra prendere l’ascensore e buttarsi dall’ottavo piano sia buttarsi dal quarto piano.

Quand’anche l’integrazione politica fosse realmente un’esigenza vitale (e non lo è); quand’anche popoli e Stati europei la desiderassero (e non la desiderano); quantomeno riguardo alla dimensione economica, il “compromesso” sulle regole di funzionamento non è una possibilità concreta, non è uno scenario sensato: né sul piano pratico, né su quello politico.

1 commento:

  1. Se la proposta di compromesso fosse almeno "scendiamo a piedi perché soffro di claustrofobia", vabbè... ma no, è proprio "buttati dal quarto piano" :))))

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