In questa intervista (Radio24, settimana scorsa) Passera dichiara che “quando per così
tanti anni si va giù, per mobilitare un’economia grande come quella italiana,
servono almeno 200 o 300 miliardi. A gennaio li mobiliterò.”
Matteo Sacchi,
che ha segnalato l’intervista, commenta “ha in mente i CCF di Marco Cattaneo o
simili, altrimenti spara a vanvera”.
Allora, penso
sia interessante segnalare quanto segue. Non ho mai incontrato Corrado Passera.
Il progetto CCF, tuttavia, è stato portato alla sua attenzione, diversi mesi
fa, da un comune conoscente (Alberto Nosari, per molti anni firma del Sole 24
Ore).
Tramite Alberto,
Passera mi aveva richiesto alcuni chiarimenti, sotto forma di tre domande che
(senza citare il retroscena) avevo poi pubblicato in questo post.
La prima domanda
era stata, appunto, come erano state determinate le dimensioni delle emissioni
annue di CCF. Potete leggere che si parla, appunto, di 200 miliardi per
ottenere un beneficio sulla domanda, e quindi di recupero di PIL, in grado di
colmare (grazie agli effetti moltiplicativi dovuti alla ripartenza dell’economia
rispetto a una situazione depressa) sostanzialmente tutto o quasi l’attuale
output gap.
Le altre due
domande riguardavano la natura dei CCF. Sono moneta e non debito in quanto il
titolare li potrà utilizzare per pagare imposte e obbligazioni finanziarie. Questo
è il motivo per il quale non devono rientrare nei parametri di deficit / PIL e
di debito pubblico / PIL.
Aggiungo qui una
considerazione. I parametri di Maastricht e il fiscal compact nascono da un
timore. Se uno dei grandi stati membri dell’unione monetaria andasse in
default, ne seguirebbe una catena di insolvenze – in particolare andrebbe in
crisi l’intero sistema bancario di quello stato, dato che gli istituti di
credito di ogni singolo paese hanno al loro attivo una grossa parte del debito
pubblico dello stato dove hanno sede.
Il fiscal
compact fissa obiettivi di riduzione del rapporto debito pubblico / PIL appunto
per ridurre questo rischio di insolvenza. Ora, non avrebbe nessuna logica e
nessuna coerenza ricomprendere i CCF nel debito pubblico, appunto perché nessun
rischio di insolvenza è associabile ai CCF. Quando l’Italia emetteva lire,
non esisteva “rischio di insolvenza” connesso al fatto che fosse in
circolazione un biglietto da centomila. Lo stato italiano gli attribuiva corso
legale – lo accettava in pagamento – e questo era tutto. Il biglietto da
centomila lire non doveva “essere rimborsato”.
Per i CCF, vale
esattamente lo stesso concetto.
L’ultima domanda
riguardava la compatibilità dei CCF con il trattato di Maastricht. Non ci sono
incompatibilità in quanto il trattato (articolo 105) riserva alla BCE l’emissione
(o l’autorizzazione a far emettere) monete e banconote. Non è previsto che i
CCF circolino in questa forma.
E’ possibile,
peraltro (come suggerito da Giovanni Greco, Giorgio Schembari, Alessandro
Pedone e scusate se mi dimentico di altre persone con cui si è discusso il
tema) utilizzare i CCF per forme di pagamento elettronico, collegate a carte di
credito. E questo sarebbe sicuramente utile per aumentarne l’efficacia.
Commenti finali:
l’attuale crisi (come ben noto ai frequentatori di questo blog…) è risolvibile
solo con una forte azione di sostegno della domanda, che richiede di modificare
l’architettura del sistema euro, ripristinando il grado di flessibilità che
esisteva ai tempi delle valute nazionali.
Ma NON è
indispensabile “spaccare” l’euro per ottenere questo risultato. E’ vero che
occorre anche far sì che il sostegno della domanda, introdotto nei paesi oggi
in difficoltà, non si traduca in squilibri commerciali dovuti alla crescita
delle importazioni. Ma il progetto CCF evita anche questo problema, a condizione
che una quantità sufficiente di assegnazioni di CCF sia destinata a ridurre il
costo del lavoro sostenuto dalle aziende.
Quanto alle
affermazioni di Passera, mi pare positivo, de
minimis, che finalmente si parli delle effettive cifre in gioco – 200, 300
miliardi, non le frattaglie (2, 3, 5) di cui si legge con riferimento al
dibattito politico sulla legge di stabilità.
Questo è quanto,
per ora. Vi tengo aggiornati…