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venerdì 25 ottobre 2013

Euroexit: la differenza tra Francia e Italia


L’altra domenica ero a Roma al convegno Reimpresa Italia, durante il quale si sono poste le basi per la costituzione della Rete sovranista L.I.R.A. (che punta a diventare un riferimento politico - partito o movimento d’opinione, si vedrà – sui temi del recupero dell’indipendenza monetaria, e non solo, italiana).
 
Uno dei perni di questa rete sarà A.R.S. (Associazione Riconquistare la Sovranità) e nell’occasione ho avuto il piacere di scambiare alcune opinioni con il suo fondatore, Stefano d’Andrea.
 
Tra lui e me c’è un punto di (amichevole s’intende) dissenso. La mia posizione è riformista e non rivoluzionaria. Nel senso che io analizzo il problema euro partendo principalmente dalla mia esperienza di tecnico (delle materie economiche e finanziarie). Il sistema monetario europeo è per me, in primo luogo, una macchina che non funziona, e mi concentro quindi su quale sia il modo migliore (più efficace e più rapido) per risolverne le disfunzionalità.
 
Questa è una visione parziale del problema, ne sono ben conscio. Perché sia nato e come si sia sviluppato l’euro-così-com’è-oggi, e come e perché si risolverà la crisi che ne è nata, dipende da fattori storici, politici e sociali ben più ampi.
 
Tuttavia, sarebbe un errore sottovalutare la componente tecnica del problema. I creatori dell’euro non ne hanno mai fatto mistero: hanno sprangato la porta e buttato via la chiave, confidando che nessuno l’avrebbe più ritrovata. E che si sarebbe andati avanti per mancanza di alternative.
 
In questo hanno commesso un errore di presunzione (non l’unico…). Non esistono porte chiuse per l’eternità. Però identificare il modo migliore per far saltare i chiavistelli è importante.
 
Allora, un punto chiave è: cambiare il sistema monetario senza un consenso forte e ampiamente maggioritario della pubblica opinione è difficilissimo.
 
E ottenere questo consenso è tutt’altro che banale, se si parla di ipotesi di break-up, ritorno improvviso alla moneta nazionale, conversione di debiti e crediti, svalutazione: soprattutto per un motivo.
 
Una parte amplissima del pubblico capisce, di tutto questo, UNA cosa sopra tutte le altre. Mi addormento una sera e la mattina dopo mi dicono che i miei soldi sono diventati un’altra cosa. E che quell’”altra cosa” si è svalutata, cioè che vale meno di prima.
 
Ora: non statemi a ripetere che la svalutazione non produce affatto inflazione nelle stesse proporzioni; che senza avere una moneta propria è impossibile avviare politiche di pieno impiego e far ripartire l’economia; che se possedete azioni, aziende e immobili il recupero del loro valore, con un’economia che torna in condizioni normali, sarà ben superiore alla svalutazione.
 
IO lo so. Tanti altri anche. Altri ancora arriveranno a capirlo. Ma ottenere un “consenso forte e ampiamente maggioritario della pubblica opinione” ? è possibile ? in quanto tempo ?
 
Su questo punto, Stefano d’Andrea mi faceva notare che il Front National di Marine Le Pen, stando ai sondaggi, oggi è il primo partito francese e propone l’uscita tout court della Francia dall’euro. Vero, ma…
 
Che cosa succede se le varie nazioni dell’eurozona tornano, ognuna, alle proprie monete nazionali ? Il Nuovo Marco si rivaluta rispetto ai livelli attuali. Su questo nessuno ha dubbi.
 
La Nuova Lira, Peseta, Escudo, Dracma si svalutano. Nessun dubbio neanche qui.
 
E il Nuovo Franco Francese ? starà in una qualche posizione intermedia tra la situazione tedesca e quella “mediterranea”. Se siete economisti e analizzate i dati di competitività dei vari paesi, arrivate alla conclusione che la Francia oggi è in una situazione più vicina a quella dell’Italia che alla Germania.
 
Per cui dovrebbe subire una svalutazione, anche se più modesta. Ma le parole chiave sono “dovrebbe” e “più modesta”. Ovvero: la svalutazione della Nuova Lira rispetto all’euro di oggi è certa. La svalutazione del Nuovo Franco Francese no, e comunque la misura sarebbe senz’altro inferiore.
 
Anche la Francia è fortemente danneggiata dall’attuale sistema monetario europeo, ma NON tanto perché abbia bisogno di una forte svalutazione. Per l’economia francese questo non è così importante.
 
La Francia è danneggiata soprattutto dall’altro problema dell’attuale sistema monetario europeo: i vincoli di Maastricht, e la costrizione a effettuare politiche di compressione della domanda e del deficit pubblico, in un contesto in cui l’economia sta lavorando molto al di sotto del suo potenziale e dei livelli compatibili con un’adeguata situazione di occupazione.
 
Naturalmente il francese medio non è un economista, come non lo è l’italiano  medio. Ma un’intuizione generale di queste cose, grosso modo corretta, ce l’ha.
 
Aggiungiamo (saranno magari stereotipi, ma un fondo di verità, e anche di più, c’è…) le caratteristiche delle due nazioni. L’orgoglio nazionale transalpino da un lato, la nostra cronica tendenza all’autodenigrazione dall’altro.
 
Ma ve lo immaginate un vicedirettore del principale giornale economico francese dire in TV che uscendo dall’euro la benzina “costerebbe sette volte tanto” ?
 
E il fondatore di uno dei più importanti giornali d'opinione affermare che fuori dall’euro la Francia “diventerebbe come l’Egitto o il Marocco ?”
 
Non lo dicono perché non è vero, certo. Ma non è vero neanche nel caso dell’Italia, e Plateroti e Scalfari però lo affermano, e qualcuno ci crede pure, e molti altri pensano che sia “magari un po’ esagerato, però…”
 
Costruire un forte consenso di pubblica opinione sul break-up “secco” è più difficile in Italia che in Francia. Questo è non l’unica, ma sicuramente un’importante ragione per la quale preferisco una strada "morbida" e riformista.
 
Poi, se pensiamo che sarà Marine Le Pen o chi per essa a far saltare il banco, possiamo anche non fare niente se non attendere pazienti.
 
Ma non è scontato, nulla lo è. E comunque il break-up è una via del tipo “il palazzo brucia, buttati dalla finestra, non siamo così in alto e sotto c’è un telone.”
 
La riforma “morbida” è: “c’è una scala di servizio agibile. Scendi veloce a piedi.”
 
Ne riparliamo presto.