mercoledì 18 gennaio 2017

Alcune (ulteriori) considerazioni sul progetto CCF


Clausole di salvaguardia: i CCF dovranno essere messi in circolazione mediante assegnazione gratuita a varie categorie (lavoratori a reddito basso e medio-basso, fasce sociali disagiate, aziende per riduzione impatto cuneo fiscale, sostegno a investimenti ecc.).

A fronte delle assegnazioni, è possibile prevedere – anche con interventi normativi già predisposti – azioni di segno opposto e pari importo (clausole di salvaguardia), con la stessa decorrenza temporale dei CCF assegnati.

In pratica, se nel 2017 vengono assegnati 30 miliardi di CCF, si prevede fin d’oggi di attuare azioni fiscali compensative di pari importo con effetto 2019, perché solo nel 2019 i CCF diventeranno utilizzabili per conseguire sconti fiscali.

Idem per gli anni successivi – le assegnazioni 2018 avranno copertura 2020, le assegnazioni 2019 avranno copertura 2021, eccetera.

I CCF hanno valore autonomo fin dal momento dell’emissione e potranno essere convertiti in euro cedendoli sul mercato finanziario, o alternativamente circolare come mezzo di pagamento nei confronti di esercizi commerciali e imprenditoriali che li accetteranno (vedi seguito). C’è quindi un immediato incremento del potere d’acquisto in circolazione, che stimola domanda, produzione e occupazione.

Gli obiettivi che l’Italia deve conseguire, alla luce del Fiscal Compact e dei trattati UE, in buona sostanza sono il pareggio di bilancio annuo – quindi l’equilibrio tra euro incassati ed euro pagati da parte della pubblica amministrazione – e la costante riduzione del rapporto tra debito pubblico e PIL.

L’equilibrio tra euro incassati ed euro pagati implica naturalmente che il debito non aumenti in valore assoluto.

Nel momento in cui i CCF cominceranno a essere utilizzati per conseguire gli sconti fiscali, quindi nell’ipotesi a partire dal 2019, si potrà verificare una delle seguenti ipotesi.

La ripresa ha prodotto un maggior livello di gettito fiscale lordo tale che, nonostante l’effetto dell’utilizzo dei CCF per conseguire sconti, l’equilibrio tra entrate e uscite in euro della pubblica amministrazione sarà raggiunto. In questo caso le clausole di salvaguardia verranno automaticamente disattivate, in quanto prive di necessità.

Oppure:

Il maggior gettito non ci sarà, o sarà insufficiente. In questo caso le clausole di salvaguardia resteranno in essere per l’importo necessario, totale o parziale.

In nessuna circostanza si potrà verificare una mancata copertura dell’emissione di CCF. La copertura sarà assicurata o dalla ripresa economica, o dalle clausole di salvaguardia (o da un misto delle due cose).

Conversione dei CCF e conseguenze sulla loro natura debitoria: i CCF non sono debito in quanto non sussiste alcun impegno, da parte della pubblica amministrazione, a rimborsarli in euro. Incidono sul gettito fiscale futuro, ma questo effetto è compensato, come visto sopra, o dalla ripresa o dalle clausole di salvaguardia.

Nel corso dei nostri contatti con la Ragioneria Generale dello Stato, ci è stato espresso il dubbio che, mentre è indubbio che i CCF all’atto dell’emissione non concorrono ad aumentare il deficit pubblico annuo, potrebbero dover essere ricompresi nello stock di debito pubblico, nella misura in cui siano detenuti da istituti di credito.

A quanto abbiamo compreso, il dubbio nasce dal fatto che gli istituti di credito devono dichiarare il possesso dei CCF all’attivo. L’Istat, ricevendo le relative comunicazioni, deve a questo punto prendere atto dell’esistenza di questi titoli e quindi registrare il corrispondente impegno del settore pubblico come componente del debito.

Questo tema non ci è risultato chiaro in quanto non ci sono stati forniti precisi riferimenti normativi o regolamentativi. Ci appare illogico che uno stesso titolo (i CCF) sia o non sia debito in funzione di chi lo detiene (una banca o un altro soggetto) nel momento in cui la natura del titolo medesimo è esattamente la stessa.

Ulteriori interazioni con la Ragioneria Generale dello Stato potranno fare chiarezza sull’argomento.

In ogni caso, una serie di altri soggetti diversi dagli istituti di credito – fondi d’investimento, compagnie assicurative, holding finanziarie, investitori privati eccetera – potrebbero essere compratori dei CCF senza incorrere nel problema sopra ipotizzato.

Inoltre, è comunque di grande utilità, per rendere più funzionale il progetto, sviluppare le possibilità di utilizzo dei CCF per effettuare transazioni e compravendite dirette, senza passare tramite una conversione mediante cessione sul mercato finanziario.

In particolare, le fasce sociali disagiate e i lavoratori a basso reddito potrebbero trovare poco pratico e/o poco conforme alle loro abitudini effettuare una vendita di CCF contro euro passando per meccanismi di mercato finanziario.

Si può quindi prevedere un sistema di accordi con una serie di operatori commerciali e imprenditoriali che svolgano attività di vendita di beni e servizi al pubblico su vasta scala.

Tra questi: operatori della grande distribuzione organizzata; società di erogazione di acqua, gas ed elettricità; catene di distribuzione di carburanti; compagnie assicurative attive (tra le altre cose) nella vendita di polizze RC auto obbligatorie; strutture pubbliche o convenzionate che forniscono servizi sanitari; ecc.

L’assegnatario di CCF potrebbe riceverli sotto forma di accredito su una carta elettronica. Tutti i soggetti sopraindicati hanno flussi rilevanti e costanti di pagamenti verso la pubblica amministrazione, non solo a titolo di imposte dirette ma anche e soprattutto di IVA, nonché di imposte e contributi versati in conseguenza dei rapporti di lavoro dipendente (anche come sostituto d’imposta per conto del loro personale.).

E’ quindi naturale che tali operatori accettino i CCF in quanto a loro volta hanno certezza dell’utilizzo per conseguire sconti fiscali futuri, anche senza passare tramite la loro conversione sul mercato finanziario.

Si potrebbe prevedere che i CCF utilizzati via carta elettronica maturino un tasso d’interesse, corrispondente al tasso di attualizzazione finanziaria in caso di cessione, per far sì che l’opzione “pagamento in euro” o “pagamento in CCF” sia neutrale e quindi indifferentemente accettata dall’operatore commerciale. Operatore commerciale che peraltro ha un forte incentivo all’accettazione, in quanto costituisce un veicolo di promozione delle proprie vendite.

8 commenti:

  1. Paradossalmente potremmo diventare un "Paradiso fiscale" o, sulla falsariga di quanto fatto dall'Irlanda con Apple, ridurre il prelievo fiscale alle imprese in cambio di posti di lavoro. Scherzi a parte, mi sembra ovvio che se non c'è una ripresa economica più che consolidata nessun imprenditore sarà mai disposto a fare nuovi ed ulteriori investimenti (anche in presenza di un super ammortamento) per aumentare la produzione se non riparte il mercato interno dei consumi. Purtroppo continuiamo ad avvitarci nel nostro incremento di PIL da prefisso telefonico e il Ministro Padoan continuerà a cercare giustificazioni per differire i pesanti sacrifici che taluni impegni sottoscritti con l'Europa prima o poi ci imporranno di rispettare.

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    1. I "pesanti sacrifici" sarebbero quelli derivanti dall'applicazione del Fiscal Compact, che è stata continuamente differita. Ma sarebbero di impatto così catastrofico, e peraltro del tutto controproducente ai fini anche del contenimento del debito, che spero e credo si arrivi prima a una risoluzione di questa situazione sciagurata, in cui ci siamo infilati entrando nell'euro e più ancora con i provvedimenti introdotti dal 2011 in poi...

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  2. Purtroppo chi ha fatto approvare il Fiscal Compact (con la scusa che "ce lo ha chiesto l'Europa" e la compartecipazione di quasi tutto l'arco costituzionale) insegna in una prestigiosa Università ma non ha scritto un solo testo di economia a conferma che la nostra classe politica ha sempre considerato l'Europa alla stregua di un palcoscenico dove soddisfare il proprio "ego" presenzialista. L'importante è sempre stato essere presente nelle foto di gruppo e non di curare gli interessi del proprio paese (tanto siamo sempre tra amici e tutti pensano al bene degli altri). Di ben altra pasta sono i nostri cari amici tedeschi che si sono sempre ben guardati le spalle e curati esclusivamente dei propri interessi nazionali. D'altra parte la differenza di preparazione e di statura politica tra un politico nostrano e uno tedesco lo si comprende da come si esprimono in inglese...il nostro ha quasi sempre un inglese un pò abborracciato...

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    1. La competenza linguistica è il meno... il problema del politico italiano è che fa gli interessi propri e non quelli nazionali. Perché lo spirito di nazione in Italia semplicemente non c'è. Intendiamoci, non è necessariamente sempre un male (è uno dei motivi per cui come paese siamo poco bellicosi e non ci siamo macchiati delle peggiori nefandezze durante il periodo coloniale). Lo è all'interno di una costruzione come la UE che si pretende debba essere una casa comune europea e che invece è solo uno strumento per perseguire interessi particolari. E quest'ultima è la ragione per cui o cambia (ma non ci credo proprio) o è meglio che duri il meno possibile.

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  3. Il Prof. Antonio Maria Rinaldi in un'intervista concessa a margine di un convegno
    sull'Euro lo scorso anno, ha rivelato che il presidente della Confindustria tedesca ha confessato che quando gli industriali tedeschi hanno appreso che nell'Euro sarebbe entrata anche l'Italia hanno stappato bottiglie di champagne. D'altra parte basta leggere il libro di Vladimiro Giacchè "Anschluss. L'annessione. L'unificazione della Germania e il futuro dell'Europa" per capire come la spoliazione dell'economia della RDT era stata programmata dalla Germania Ovest sin dal 1990. E che quel tipo di politica sarebbe stata poi applicata all'Unione Europea soprattutto con i paesi c.detti PIIGS era facilmente prevedibile. Kohl fece credere ai tedeschi della RDT che stava facendo loro un regalo con il marco federale...lo stesso regalo, anzi favore, che i nostri politici hanno creduto facendoci entrare nell'Euro senza prevederne le reali conseguenze.

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    1. Prodi e Ciampi sono stati i più catastrofici personaggi nella storia dell'economia italiana, quantomeno dal 1945 ad oggi.

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  4. Guido Carli di Ciampi non ne aveva alcuna stima (dal punto di vista professionale) e Prodi è stato "accontentato" dai tedeschi facendolo entrare in Europa per "alt(r)i meriti" dalla porta principale ma poi tenendolo a bada... solo che nessuno gli ha mai presentato il conto...

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    1. Altro che conto, ha fatto un lavoro fantastico... per chi voleva mettere in piedi questo sistema scellerato.

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