Arlette Zat mi
sottopone questa obiezione in merito al progetto Certificati di Credito Fiscale.
“Questo
intervento è dal lato dell’offerta. Quando sei in depressione devi intervenire
sulla domanda. Le diceva già Keynes queste cose…
In questo
momento il problema è comunque un costo del lavoro troppo alto SE VOGLIAMO “OBBEDIRE”
ALLA LOGICA DEI CREATORI DELL’EURO, perché purtroppo, seppure intervieni sulla
domanda, tendi a generare poi una fuga di quei redditi verso la Germania, che
inonda letteralmente il mercato di suoi prodotti… quindi tu dai redditi per poi
fare un bel favore “in export”alla Germania, in un’area valutaria costruita
proprio affinchè tutto converga a favore della Germania”.
Il progetto
Certificati di Credito Fiscale è costruito proprio tenendo conto di, e
risolvendo, entrambe le necessità: mettere in atto una forte azione di sostegno
della domanda (commisurata a quanto necessario a recuperare gli effetti che la
crisi ha prodotto dal 2007 a oggi) E
NELLO STESSO TEMPO ridurre i costi del lavoro lordi per le aziende,
riportandoli al livello della Germania (ma senza comprimere i salari netti,
anzi migliorandoli).
Il primo
intervento è lo stimolo keynesiano della domanda, ottenuto assegnando CCF ai
lavoratori e a supporto di vari altri interventi di spesa.
Il secondo
intervento è l’assegnazione di CCF alle aziende. Se non la si effettuasse,
effettivamente buona parte dello stimolo alla domanda si “disperderebbe” andando
a squilibrare la bilancia commerciale.
L’azione
contemporanea dai due lati è quanto rende i CCF un progetto completo e
sostenibile.
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