giovedì 24 giugno 2021

Politica monetaria e politica fiscale

 

Più ci rifletto, più una cosa mi appare evidente in merito alla demarcazione (non in linea teorica ma in linea pratica, operativa) tra politica monetaria e politica fiscale.

Da un lato, questa demarcazione è priva di senso; dall’altro, è potenzialmente (e gravemente) nociva.

Mi spiego.

La politica monetaria è sostanzialmente il controllo del credito privato (inclusa la vigilanza sul sistema bancario e finanziario) e dei tassi d’interesse.

La politica fiscale è la determinazione della spesa pubblica e della tassazione.

La politica monetaria è affidata alle banche centrali, che agiscono con livelli di autonomia e di indipendenza più o meno ampi dai rispettivi governi, e hanno sempre tra gli obiettivi principali (spesso in modo nettamente prioritario rispetto a tutti gli altri) il controllo dell’inflazione.

La politica fiscale è invece di competenza dei governi, che se però rinunciano a essere emittenti di moneta possono mettere in atto deficit di bilancio solo indebitandosi.

Quest’ultima limitazione è di scarso o nullo rilievo pratico se la banca centrale si impegna, formalmente e/o sostanzialmente, a garantire il debito pubblico. Ma non è sempre così, e in particolare non lo è per gli Stati membri dell’Eurozona.

Ora, mi pare evidente che distinguere e separare i due soggetti e i ruoli che svolgono porti a situazioni disfunzionali. E di conseguenza, che la politica MACROECONOMICA debba essere condotta con un approccio unitario.

La leva del credito e dei tassi d’interesse, in particolare, è efficace quando l’economia è vicina al pieno impiego (se rischia di surriscaldarsi, è utile alzare i tassi e calmierare il credito), ma perde pressoché totalmente di trazione se la domanda è fortemente depressa e i tassi d’interesse sono già scesi nell’intorno dello zero.

La leva fiscale, da parte sua, ha una fortissima efficacia nello stimolare produzione ed occupazione, ma solo (e la ragione è evidente) fino a quando si è sostanzialmente raggiunto il pieno impiego delle risorse produttive (manodopera e impianti). Oltre quel livello, l’espansione fiscale si scarica sui prezzi e non sulle quantità prodotte.

Da un lato, quindi, è insensato pensare che la politica monetaria abbia sempre efficacia nel controllare l’inflazione. Aiuta molto a contenerla quando è troppo alta, ma pochissimo ad accrescerla quando è troppo bassa.

Dall’altro lato, la politica fiscale non è in grado di agire come necessario se il finanziamento dei deficit pubblici è in dubbio: ovvero, se occorre fare affidamento sui mercati senza una garanzia piena e incondizionata dell’istituto di emissione.

Gli obiettivi della politica macroeconomica sono la piena occupazione e la stabilità monetaria. Esistono vari strumenti per raggiungerli. Ma vanno assolutamente visti in chiave unitaria e l’autorità pubblica deve essere in grado di utilizzarli tutti. Separare politica monetaria e politica fiscale non sul piano concettuale ma sul piano attuativo, affidandone una a un soggetto totalmente indipendente da chi gestisce l’altra, è un errore.

Se le separiamo, rischiamo di trovarci con una banca centrale che vorrebbe alzare l’inflazione ma non ne ha i mezzi; e con governi che vorrebbero stimolare produzione e occupazione ma non hanno un istituto di emissione che garantisca i livelli di deficit pubblico necessari – NONOSTANTE non ci siano rischi di portare l’inflazione a livelli troppo alti (anzi, al contrario).

Quanto espresso in quest’ultimo paragrafo non è teoria: è avvenuto in buona parte dell’Eurozona dal 2012 al 2020. Ci siamo trovati in condizioni di pesante depressione. NELLO STESSO TEMPO, l’inflazione era a livelli troppo bassi.

L’assetto disfunzionale dell’Eurozona è in larga misura dovuto all’aver consentito ai mercati finanziari di costituire un fattore condizionante. Ai mercati è stata attribuita una funzione di “controllo”: ma non sono assolutamente controllori affidabili. Spesso, infatti, agiscono in modo speculativo e irrazionale. Nel medio-lungo periodo poi si correggono, ma la loro “schizofrenia di breve termine”, il loro comportamento maniaco-depressivo, rischia nel frattempo di creare guai enormi, spingendo all’attuazione di politiche antitetiche rispetto a quelle necessarie.

L’abbiamo constatato, in Italia, nel 2011-2013, con effetti assolutamente catastrofici. E la situazione di allora può benissimo ripetersi: per evitarla occorre rivedere in profondità le regole di funzionamento dell’Eurosistema, cosa per la quale non esiste nessun consenso.

I tedeschi (vedi anche la recente intervista sul Financial Times al probabile futuro cancelliere, Armin Laschet) non si staccano minimamente dal concetto che vada “evitata una situazione in cui un paese è responsabile per i debiti di un altro”.

Il progetto Moneta Fiscale / CCF risolve questo stallo appunto perché la Moneta Fiscale non incorpora un rischio di default (non è un debito che richieda pagamenti in cash) e quindi non incrementa il rischio che un paese debba pagare per i debiti altrui.

Il principio è molto semplice. La domanda riceve il livello di espansione necessario via emissione di Moneta Fiscale, mentre il debito da rimborsare cala gradualmente (in proporzione al PIL).

È un progetto che risolve totalmente sia le disfunzioni del sistema, sia la depressione economica di vari paesi (e dell’Italia in particolare), sia le preoccupazioni di Laschet.

Se Draghi ha di meglio, bene. Se no, è inaccettabile che non introduca la Moneta Fiscale.

 

7 commenti:

  1. Luigi Secchi: Buongiorno, bell'articolo, come sempre. Una nota: a mio parere, le politiche fiscali e monetarie possono portare al pieno impiego, solo se ci sono caratteristiche strutturali della domanda compatibili. Ad esempio: io ti posso anche "regalare" dei soldi (politica fiscale) ma se tu hai già una lavatrice, un'auto, una casa, etc. non comprerai una secondo lavatrice. (per motivi che mi sono incomprensibili, nessun economista, mainstream o eterodosso, pensa questo) Quindi presumo che un assunto del suo ragionamento è che la differenza tra domanda potenziale e domanda attuale sia significativa?

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    1. Questo è un tema forse più filosofico che economico: esiste un limite al desiderio di soddisfare bisogni materiali ? se c'è, è sicuramente molto più alto dei livelli di reddito medio attuali. Tema profondo e interessante quindi, ma direi non di impatto sul piano pratico.

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  2. La proposta di cessione del credito sui bonus trasformazione tecnologica è stata bocciata dalla Ragioneria dello stato, l'Eurostat ha altresì bocciato la proposta. Non illudiamoci, con Draghi il liberismo e il capitalismo finanziario saranno feroci: le due bocciature sono politiche. Ma era ovvio: Draghi non è mica Gramsci. Al via anche ai licenziamenti. Nuovi lockdown in arrivo in autunno proprio per evitare l'autunno caldo della protesta sociale (ci pensa l'agente Delta per il popolo "variante"). Lo stanno già scrivendo, se non ci credete.

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    1. Intanto i bonus ci sono, non c'è stata nessuna bocciatura ma dibattito in corso sulle condizioni per non considerarli debito pubblico. Problema che nell'immediato tra l'altro non è nemmeno attuale perché per il 2021 e il 2022 il patto di stabilità è ancora sospeso. Poi Draghi continua a ripetere che non potrà essere riattivato con la struttura precedente. Vediamo.

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  3. La confusione dell'autore nasce da due concetti malcompresi: 1 - L'emissione monetaria - creazione e spesa - è di per sé una manovra fiscale poiché sottrae risorse alla comunità in cambio del simbolo monetario per conferirle all'agente emittente (oggi: banche commerciali e banche centrali, oltre ai pionieri delle criptovalute). 2 - La tassazione tradizionale è inflattiva: aumenta i prezzi di servizi e prodotti che altrimenti costerebbero meno (vedi i rprezzi dei Duty-free e immagina di togliere l'IVA che aumenta i prezzi del 23%).
    Quindi il gioco del sistema è scoperto: nulla cambia rispetto al 1300, si toglie ai poveri per dare agli amici redditieri. Vedi in proposito: Note sulla finanza dello Stato fiorentino, 1350-1700 https://www.academia.edu/9499775/Finanza_stato_fiorentino?email_work_card=view-paper "nteressa, piuttosto, sottolineare come il caso fiorentino sia stato generalizzato tanto da assumerlo come indicativo delle dinamiche finanziarie più generali delle grandi città dell’Italia centro-settentrionale. Così, l’imposizione diretta sui contribuenti rurali e l’incremento dei dazi sui generi di prima necessità sono stati considerati come uno strumento di sfruttamento a scapito degli strati inferiori della popolazione e a tutto vantaggio dei prestatori del governo, che ricevevano gli interessi sui prestiti grazie agli introiti assicurati dalle gabelle. La costituzione del Monte nel 1345, infatti, oltre a rendere il debito irredimibile, garantiva a coloro che versavano i prestiti forzosi una rendita annua del 5%. Così, invece di pagare tasse a fondo perduto i cittadini avrebbero ottenuto un rendimento discreto sino alla restituzione del capitale prestato.Un meccanismo, questo, assai vantaggioso per i prestatori, ma regressivo e largamente iniquo per l’intero sistema." Considerate che i prestatori sono quelli che creano denaro dal nulla - clandestino, rispetto alla contabilità.

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    1. "L'emissione monetaria - creazione e spesa - è di per sé una manovra fiscale poiché sottrae risorse alla comunità in cambio del simbolo monetario per conferirle all'agente emittente": vero se le risorse produttive sono già pienamente occupate, falso se ci sono risorse inoperose che si mettono al lavoro con l'immissione di potere d'acquisto.

      "La tassazione tradizionale è inflattiva: aumenta i prezzi di servizi e prodotti che altrimenti costerebbero meno": ma non può non avere tassazione se esistono beni e soprattutto servizi che si ritiene opportuno far erogare dal settore pubblico.

      "Un meccanismo, questo, assai vantaggioso per i prestatori, ma regressivo e largamente iniquo per l’intero sistema. Considerate che i prestatori sono quelli che creano denaro dal nulla - clandestino, rispetto alla contabilità": eccellente argomentazione a favore della generazione di deficit pubblico NON con debito che frutta interessi, ma via emissione diretta di moneta.

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  4. .... Basterebbe "Fare come fa la Germania " ( cit. Nino Galloni ) . Es.: abolire le - Aste Marginali - & ripristinare le Banke "pubbliche "/ statalizzate ( es.: MPS , CDP , MCC , ecc. ) in più : separare le Banche Commerciali dalle Banke "di investimento " di speculazione finanziaria . Basterebbero 3/4 semplici accorgimenti/modifiche per abbassare il così detto D.P. di 60/80 miliardi all'anno & equiparare l'Italia alla Germania ( ... + o - ) : : ART.11 della Costituzione : ... consente, IN CONDIZIONI DI PARITA' con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che ASSICURI LA PACE & LA GIUSTIZIA FRA LE NAZIONI (( i "trattati UE/EUROzona "(firmati dai politici abusivi traditori italiani con conflitti di interesse ) NULLA c'entrano con " la Pace & Giustizia fra le Nazioni" )) ,... !!!

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