martedì 2 luglio 2013

La finta assennatezza di Angelo Panebianco


Angelo Panebianco, noto editorialista del Corriere della Sera, espone in questo articolo una tesi formulata, da lui e da molti altri, in tantissime occasioni.
 
Se ci fossero le condizioni politiche per ridurre in modo significativo la spesa pubblica da un lato, e le tasse dall’altro, ne seguirebbe un grosso passo avanti verso la soluzione della crisi.
 
E’ una tesi che suona saggia, avveduta, assennata. Ed è completamente sbagliata.
 
La spesa pubblica - così come il gettito fiscale - in Italia ammontano a un ordine di grandezza di circa 800 miliardi annui. Immaginiamo che sia possibile fare ciò che Panebianco auspica (senza peraltro ritenerlo, sul piano politico, possibile o plausibile). Tagliare, per esempio, il 10% di questo importo, e utilizzare le risorse per ridurre la tassazione.
 
Avremmo a questo punto 80 miliardi di euro che potrebbero essere riallocati da una forma di spesa (si suppone) poco efficiente, a beneficio di consumi e investimenti privati che si ritengono essere meglio gestiti e più efficaci sul piano economico.
 
Panebianco (e chi sostiene questa linea di intervento) è apparentemente convinto che si avrebbe un vantaggio economico, traducibile in maggior PIL, pari all’importo della spesa riallocata, cioè a tutti gli 80 miliardi. E’ un ragionamento privo di senso.
 
Il beneficio economico va stimato sulla base delle differenze di efficienza. E anche la spesa pubblica più inefficiente e parassitaria mette in moto un volano di consumi che vanno a sostenere la domanda e la produzione di beni e di servizi, anche e soprattutto forniti da aziende e operatori economici efficienti e competitivi.
 
Nella spesa pubblica si annidano grandi aree di spreco, non c’è dubbio. In quanto vogliamo quantificare il vantaggio della riallocazione che ipotizzano i vari Panebianco: facciamo un’ipotesi ottimistica – il 20% ?
 
Sono 16 miliardi annui di maggior efficienza, competitività, PIL. Non dico che sia poco, né che sia un obiettivo che non si deve perseguire. Ma a quanto ammonta l’attuale “output gap” italiano, l’incremento di PIL che va ottenuto per assicurare un soddisfacente stato di occupazione, di utilizzo del potenziale produttivo dell’economia italiana ? 300.
 
Questo rende evidente l’errore logico di Panebianco. La crisi si risolve solo con una forte azione sulla domanda, che a sua volta richiede il ripristino dell'autonomia monetaria italiana, in modo da poter effettuare interventi di spesa e di riduzione della tassazione. Oggi il problema è al 90% INCREMENTARE la domanda, al 10% riallocare la spesa.
 
I Panebianco di questo mondo delineano invece percorsi tecnicamente difficilissimi, politicamente non fattibili, e per di più – soprattutto – fuori scala rispetto alle reali dimensioni del problema. E’ preoccupante che la loro “analisi” della situazione sia così sconnessa con la realtà.

2 commenti:

  1. Ludovico Fulci: Bravo Marco, mi permetto di concordare in pieno con la tua tesi... Inutile ridurre le tasse se la domanda langue per i salari sempre piu' bassi e la disoccupazione!

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    1. O meglio: risolvi poco o nulla se CONTEMPORANEAMENTE tagli tasse e spesa.

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